Si, mi manca un padre, che mi faccia vedere come si vive. Mi manca un riferimento, un uomo.
Uno onesto ed altruista.
Un ragazzo non può formarsi da solo.
Un uomo diventa come l’uomo che ha ammirato e seguito mentre era ragazzo.
Si può fare anche da soli, come in tutte le cose, ma è dura e con un modello è meglio.
Sarete d’accordo con me che non ci sono più i maestri di una volta. Il maestro può essere il tuo padre putativo. Può sostituirlo, può fare meglio, addirittura. Può essere più colto, può stimolarti meglio, di più.
Ma anche il mesto è sparito, tuttalpiù abbiamo delle maestre, nessuna con le palle. Poi la donna non è uomo. Non ho bisogno di una madre, ho voglia di un padre. Il babbo, il maestro, l’uomo.
Ma no! Non ce l’ho. Non ho neppure un amico, ne più grande ne più piccolo.
Ah, l’ultimo amico è sparito nel nulla, come si fosse sciolto al sole, come un pupazzo di neve. Nessuno fa più pupazzi di neve e nemmeno l’amico.
Anche qui una donna non serve, un’amica si scopa, o no, per amicizia. Ma ti insegna cose che non hanno senso nel tuo stato, tu hai bisogno di altro. Italo.
Italo
Sei un giovane stato, Italo, ancora non hai raggiunto la maturità, ti serve tempo, esempio, ti servirebbe quello che non hai.
Chi dovrebbe guidarti non c’è. Non hai un padre, non hai un fratello, ne maestri ne amici, sei solo.
Sei circondato da prevaricazioni degli altri stati. Non ce n’è uno che condivida qualcosa con te. Tutti a prendere. Come i politici.
Politici torbidi, interessati, a volte dementi. Mai costruttivi.
Chi ti mostra attenzione lo fa per succhiarti il sangue, spolparti e poi buttarti addosso ossi e rifiuti del lauto pasto.
Italo, sveglia.
Disconosci i finti padri.
Mandali via.
Pretendi gli onesti.
Pretendi i disinteressati.
Falli spogliare prima di accoglierli.
Falli poveri.
Togligli ogni avere e per cinque anni fatti servire come deve essere. Poi scrivi il loro nome nell’albo d’oro e scegline altri.
Nell’attentato rimasero uccise 85 persone e oltre 200 rimasero ferite. >>
La strage! Cosa possiamo aggiungere?
Posiamo aggiungere una cosa vergognosa, indegna di un paese civile, che continua a ripetersi, anno dopo anno da 37 anni.
A parte la verità processuale, stabilita finora, ci sono carte secretate. Sono state secretate dai servizi, dai governi, dalle autorità, per non turbare troppo lo spirito di coesione democratica nazionale. Immagino. O per coprire uomini, servizi e parti politiche per pensarla più prosaicamente. Carte che non vengono tuttora mostrate, nonostante le promesse di Renzi al suo insediamento a Palazzo Chigi. I nomi non vengono svelati. I nomi dei mandanti, degli organizzatori, dei fiancheggiatori degli attentatori, che probabilmente sono scritti, nero su bianco, in quelle risme.
Questo è inaccettabile e bene hanno fatto i parenti delle vittime ad uscire dal luogo della commemorazione al momento che il rappresentante del governo doveva prendere la parola. La strage di Bologna ha aperto una ferita che non può essere colmata con i silenzi, con le omissioni. Potremo far pace con noi stessi, forse, solo dopo che avremo conosciuto la verità.
Gli incedi non sono spontanei, si sa, anche l’uomo preistorico ha avuto enormi difficoltà ad accendere il fuoco, poi ha imparato. Basta una tanichetta di benzina, ma meglio un mix 1:1 col gasolio, prende meglio.
Ma perché si appiccano gli incendi?
Beh, c’è gente malata, gli piace vedere ardere qualcosa, specie se non è suo, gli piace distruggere. E’ una forma di potere.
Poi ci sono gli interessi, gli interessati, gli interessanti racconti di fuoco.
Anni fa si diceva che fossero i forestali Calabri ad appiccare gli incendi. Si diceva che venissero pagati per ripiantare il bosco bruciato e tanto gli bastasse per cercare di procurarsi e mantenersi il lavoro.
Oggi c’è chi collega il fuoco improvviso di questi mesi con la forestale smantellata, non che siano loro a rivolere il lavoro, ma non ci sarebbe più chi controlla.
Per me son tutte bufale, il bosco ricresce anche se non lo pianti, anzi francamente ho visto tanti boschi bruciati ma mai qualcuno che li ripiantava. Lasciate fare, ci pensa la natura. Il danno è grosso, flora e fauna distrutta, ma, lasciandolo fare, il bosco, piano piano, magari in più di vent’anni, si riforma, la vita ritorna sia quella vegetale che quella animale.
Di protezione, di guardie, il bosco non ha bisogno, casomai ha bisogno di esser coltivato.
Le piante più vecchie ogni dodici anni possono esser tagliate, lasciando le salve, piante più giovani, vigorose, che in altri dodici anni saranno pronte per il taglio. Magari si può tagliare con regolarità una parte del sottobosco, l’erica per esempio. Magari l’erba tutt’intorno. Nella stagione secca, facile preda di fiamme “accidentali”. Ma magari no, non si deve fare nulla. Meno che meno incendiarlo. Ma forse è meglio non dare fuoco alle sterpaglie, ai greppi, ai resti di battitura, specie se non siamo capaci e, forse, anche se lo siamo. Il fuoco non si controlla, il fuoco divampa, e non servono secchi, scope o Canadair.
Ah, dimenticavo, in Italia non abbiamo un catasto dei boschi, aiuterebbe a non dimenticarci che quello era un bosco, ma non serve contro gli incendi. Basterebbe ragionare.
Purtroppo l’uomo, animale tra gli animali, è l’unico a saper ragionare ma anche a saper usare l’accendino.
Scritti contro la Guerra dal profilo FB di Santino Gallorini, copio un suo post, dove spiega:
“Pubblico un altro drammatico racconto di Romano Salvi, che da bambino fu testimone dei ‘GIORNI DELLA CHIASSA’ e di altre tragiche storie.
GRAZIE Romano, per la condivisione. (Pubblicali questi tuoi ricordi!)”
.LE SCARPE DI CAMOSCIO…………..
….Sullo stradone che scorre in fondo alla collina del casolare, passano sempre più spesso motociclette a tre ruote con a bordo due tedeschi. Uno è alla guida, un altro è seduto su una carrozzina. In testa hanno un elmetto e a tracolla un grosso fucile. Un giorno una di quelle moto a tre ruote si ferma. I tedeschi scendono e sparano. Dalla finestra del casolare si sentono gli spari. Si vedono solo i tedeschi che ripartono con la motocicletta.
Bruno si riaffaccia alla finestra e vede il babbo e gli zii che scendono verso lo stradone.
Laggiù, proprio dove si erano fermati i tedeschi, c’è tanta gente. Anche Bruno segue, senza raggiungerli, il babbo e gli zii. Arriva fino alla strada e s’infila in mezzo a un gruppo di persone in silenzio. Davanti al fossetto che delimita la strada c’è un mucchio di ghiaia. Uno dei tanti disseminati lungo la strada, che gli stradini spargono ad ogni stagione sul tracciato per tenerlo ben livellato.
Bruno si fa largo.
Nessuno lo ferma, neppure il babbo e gli zii, tutti in silenzio. Si affaccia sul fossetto e ci vede disteso un uomo, molto giovane e ben vestito. Ha le scarpe di camoscio, sembra che dorma. Ma le formiche gli scorrono sul viso e sugli occhi aperti. Lui non si muove. Sulla fronte ha un rivolo di sangue secco che parte da due piccoli fori. È a lui che i tedeschi hanno sparato dopo averlo messo in piedi sopra il mucchio di ghiaia.
Lo capisce anche Bruno. Anche se non sa che il ragazzo è un partigiano sceso dalla montagna. Le Ss lo sapevano. L’hanno catturato e ucciso sul posto. Anche se era disarmato e ben vestito per non essere riconosciuto. Dal paese dove Bruno la domenica va a messa con la mamma. Arriva un uomo che spinge un carretto. Altri uomini sollevano il ragazzo e lo adagiano sul carro. Lo porteranno al cimitero per seppellirlo.
Al ragazzo con le scarpe di camoscio le Ss hanno almeno risparmiato le torture.
le Ss hanno almeno risparmiato le torture, non il massacro dei suoi cinque compagni. Tutti partigiani non ancora ventenni. Tutti dello stesso paese. Quando Bruno sarà grande leggerà i loro nomi su una lapide che ricorda il massacro. Affissa davanti al cancello di una villa, lungo la salita di una collina, da dove era riuscito a fuggire a piedi. Il ragazzo ucciso sopra il mucchio di ghiaia.
Gli altri cinque erano già stati catturati e trascinati contro il muro della villa, dai tedeschi che stavano saccheggiando le case dei contadini. Non li avevano uccisi fucilandoli, li avevano impiccati al cancello della villa. Uno per volta. Infierendo sul corpo di ogni vittima con colpi di pistola. Ai parenti fu impedita perfino la sepoltura dei corpi, massacrati con ferocia disumana. Forse avevano finito di sfogarla quando hanno ucciso il ragazzo con le scarpe di camoscio. Lasciando, almeno, ai contadini la pietà di seppellirlo.
Signor residente del consiglio, banca d’Italia, BCE o chiunque sia l’interessato.
In occasione dell’offerta pubblica per le due banche venete, Intesa Sanpaolo si fa avanti per Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Prezzo simbolico di 1 euro, completa ripulitura degli Npl, nessun impatto sul patrimonio e quindi nessuna necessità di aumentare il capitale o di ridurre i dividendi. Non solo: «L’operazione è subordinata all’incondizionato placet di ogni Autorità competente anche con riferimento alla relativa cornice legislativa e regolamentare», puntualizza la banca in una nota, lasciando così intendere che il disegno rimarrà in sospeso finché i (numerosi) interlocutori non si saranno espressi. Un passaggio che, visti i precedenti, non può considerarsi scontato. Così riporta il sole 24 ore in un articolo.
Io,
Giancarlo Arrigucci, direttore di questo blog raddoppio l’offerta: offro 2 euro.
Considerando l’impegno necessario alla ripulitura dei “bad segments” delle due banche, sono disposto a arrivare a 2 euro per Banca, per un totale di 4 euro. Naturalmente il tutto al netto delle spese notarili, che saranno commisurate al costo dell’operazione.
Credo che un rilancio del genere, prima doppio e poi addirittura quadruplo, non possa essere assolutamente sostenuto da altri offerenti. Considero concordato il patto ed attendo vostre notizie per organizzare il ritiro di documenti, chiavi ecc.
Sono certo che tutto è a posto, ma vorrei comunque visitare sedi e succursali, per inventariare al meglio le dotazioni presenti. Non sia mai che qualche dipendente si appropriasse di posa ceneri e cancelleria nel momento caotico del passaggio di proprietà.
Certo di aver fatto un buona affare ringrazio per l’opportunità datami.
Sono altresì certo che la prima offerta, che era stata fatta della maggior banca Italiana, fosse un tantino bassa. A me è subito apparsa incongrua un’offerta di soli 50 centesimi per banca. Certo fosse stato per una sola delle due, 50 centesimi sarebbero stati pure troppi. Ma le due assieme sicuramente non valgono meno dei miei due Euro iniziali. Offerti in prima istanza. Per questo mi sono sentito in dovere, per il bene della Nazione e senza guardare troppo ai miei interessi personali, di raddoppiare ancora. Arrivando alla incredibile cifra di 4 Euro.
2 Euro + 2 Euro!
Bene sono contento di poter aiutare l’Italia in momenti così difficili.
Se avete intenzione di cedere altre attività o immobili io sono qua.
Ho sentito voci sulle poste, che mi pare abbiano un discreto numero di sportelli. Con quelle sono certo che possiate realizzare somme anche fino a due cifre).
Io sarei disposto a farlo, se decidete qualcosa possiamo sentirci.
Il roseto Fineschi è un giardino botanico privato, situato a Cavriglia in provincia di Arezzo. Vi sono presenti innumerevoli specie di rose, tutte accuratamente catalogate che nei mesi di Maggio e Giugno risplende nella fioritura delle sue piante.
In Aprile si può ammirare la fioritura delle rose antiche.
Il roseto può essere visitato seguendo percorsi specifici o random, seguendo l’istinto e la visione dei fiori.
In entrambi i casi se ne esce migliorati e rinfrancati.
Il roseto inizia, abbiate pazienza sono molte foto.
10 Un pavone c’entra poco con il roseto, ma c’era, ed è molto bello.
Mi! Mi par di vederli, questi populisti, governarci negli ultimi trent’anni. E, mi! Mi sembra che oggi siano ancora lì, al governo.
Prendono Trump per incompetente.
Perché non sa nulla di politica.
Mi! Gli incompetenti mi sembra di vederli qua. Ma magari è vero. Mi! Magari fosse vero anche qui. Voi dite che è vero anche da noi? Mi! Se lo dite voi.
Prendono Trump per protezionista.
Perché vuole metter dazi in un mondo globalizzato. Mi! Che senza dazi la fabbrichetta, o la fabbricona, l’han portata in Romania, Polonia e Bulgaria. Che poi se si va a vedere ben bene, son già arrivati anche in Bielorussia e tutt’attorno.
Qualunque cosa ne pensino i nostri eroi della finanza, coi dazi in entrata le fabbriche restavan qui, sicuro. Però domandandoci a chi giovino i dazi rispondono: “Non ai ticoon finanziari”. E allora giù a globalizzare, che è bello. Bello, bello, bello! Soldi che girano, vorticosamente. Soldi che vanno, soldi che vengono, impacchettati discretamente. In buste, bustine e bustarelle.
Soldi, tanti soldi, un fiume vorticoso, un fiume in piena. Soldi di tutti, che tutti stan bene, anche tu. Sinché non ti ti accorgi che i soldi son finiti. Soldi non hai. Soldi non fai! Chi ha un laghetto, di liquidità, continua a pescare e prendere pesci. Chi è al verde si può solo sparare.
Il risultato di questa liberalizzazione, globalizzazione e plutodemocrazia è la ghettizzazione della società. O stai nel ghetto dei ricchi o in quello dei poveri.
Nel ghetto dei ricchi si sta bene, tra i poveri c’è gara alla sopravvivenza.
I più poveri lavorano a meno ed impoveriscono di più.
I più poveri comprano a meno ma spendono tutto per comprare quel poco a meno.
La merce a meno si produce dove il lavoro costa meno (gli uomini che lavorano costano meno) e si consuma dove gli uomini che hanno meno sono di più e guadagnano sempre meno. E si continua così finché i sempre più numerosi poveri se lo potranno permettere. Mentre i dazi, che non ci sono, non riaggiusteranno mai il tiro. Mentre il lavoro si sposterà ancora ad est per scansare le richieste dei poveri e creare nuovi poveri. Sempre più in là.
Prendono Trump per il culo
Perché definisce il campo di gioco, le regole e le squadre a modo suo, senza sentire il parere dei politici.
Quando i politici dovrebbero imparare da lui.
Le fabbriche delocalizzate in Messico tornano in Texas, gli Statunitensi troveranno lavoro a casa e non all’estero, se vuoi investire ti conviene investire negli Stati Uniti per non pagare il dazio, i prodotti senza dazio, fatti in USA si venderanno meglio, a prezzi inferiori e ci si guadagnerà di più.
Bravo Trump, non credo che tu sia un benefattore, ma almeno dici le cose come stanno, prendendo a schiaffi questi signori, servi di chiunque, ma grandi maestri di vita.
C’è un media, la TV, che ha rappresentato molto nella vita della gente.
La televisione, l’apparecchio su cui si guarda la TV, è un bell’oggetto di arredamento, lo è sempre stato, molto bello ed anche costoso. Tutti lo acquistano al disopra delle loro possibilità, non vogliono apparire poveri o meno ricchi di quanto non siano.
Apparecchi TV
Oggi la classe sociale possiamo misurarla con i pollici e le forme dell’apparecchio: Sotto i 50″ non sei nessuno, ma ti distingui a seconda dello spessore (basso) dello schermo e cominci ad essere “inn” se hai lo schermo “Curved”. Naturalmente anche il numero degli apparecchi contribuisce, ma come è quello principale conta molto di più.
La risoluzione è ormai altissima, l’immagine è più definita della realtà, sia sia per apparecchi LCD, plasma, LED o OLED.
Canali TV
Così alla televisione danno molti programmi, l’offerta è ampia: ci sono canali di informazione, di musica, di film, canali sportivi, naturalistici, di cucina, sulla salute e i polizieschi, o “crime story” come si dice ora. Il segnale può arrivare in vari modi, via etere, dove le frequenze sono aumentate a dismisura dopo la digitalizzazione, via cavo, poco usata in Italia, ma che come per via satellite, anche essa con numero esagerato di canali.
Bene abbiamo tanti canali disponibili su ogni apparecchio TV, molti più di pochi anni fa, la tecnologia è andata avanti, ma cosa trasmettono tutti questi canali?
Merda!
Mettono in scena un mondo alterato, irreale, perverso e falso.
Falso.
Questo media è sostanzialmente falso, in tutto quello che fa, in tutto quello che dice, anche quello che mostra è falso, distorto truccato. Non serve scagionare qualche programma, che non è così, la maggior parte del totale è negativa.
-L’informazione è plasmata, almeno fino al punto di non nuocere al potere, la realtà è completamente travisata per dare un’idea diversa del mondo e farti credere vero quello che non è.
-La musica è solo una marmellata di note e di ritmi sparati a volume altissimo, senza senso, senza cuore, senza amore. Che non diffonde cultura, ma la disperde.
-I film, rassegna di persone morte che sembrano vive e ancora mostrano il meglio di se. Ci stiamo guardando allo specchio pensando di essere davanti alla TV.
-Lo sport, un business per pochi, strapagati, un bromuro economico, un doping efficiente e una droga di massa invasiva.
-I documentari ci mostrano bellissimi paesaggi ed animali, esotici, in via d’estinzione o destinati ad esserlo, tutto bello, tutto il contrario delle brutture dei nostri paesi e delle nostre città, luoghi troppo antropizzati per convivere con la natura.
-La cucina, ti mostrano quello schifo che chiamano cibo, cibo globale, carne e verdura tritata, riempita di salse impossibili, omologazione mondiale della ipernutrizione forzata, per tutti la stessa sbobba. Propongono merda. Buon appetito.
-I programmi sulla salute; le malattie in piazza, pornografia della salute, Viagra per malati nel loro percorso terminale. Godere vedendo altri malati, per ora in condizioni peggiori delle loro.
Insomma la TV non sembra essere molto più
Cos’altro? Ah, si! I polizieschi, gli unici programmi seri, raccontano la morte, l’unica cosa vera di cui si parli in televisione. Raccontano dei criminali, delle pulsioni omicide della gente, delle vittime, delle loro sofferenze, di cui non parla altrimenti nessuno.
Ecco dicono che il mondo si divide in vittime e carnefici, raccontano la verità, la verità ultima, la verità vera.
Insomma la TV non sembra essere molto più che un oggetto d’arredo, in realtà, grazie alle nuove connettività l’apparecchio può collegarsi a internet e vedere film (altri film), video (altri video) o testi o altro. Le pessime performance del media si possono ora mediare con quelle del web, dove il caos regna sovrano, ma dove almeno uno può valutare e verificare.
Non è da prendere per buono tutto quello che passa la rete, anzi occorre verificarlo in altri siti, seguendo i link, usando i motori di ricerca.
Per ora, in rete, si riesce a capire meglio il mondo.
Ci sono le bufale che danno il latte per fare la mozzarella di bufala Campana e le bufale via WEB.
Le prime bufale ci piacciono, meritano un “like” grosso grosso con il ditone all’insù. Oramai protetta dal DOP non ci dovrebbero essere sorprese nel consumare la mozzarella di Bufala Campana, magari è discutibile come possano dirsi, anche semplicemente “mozzarelle” le altre. Spesso sono dei pezzi di plastica duri e gommosi che non hanno neppure il sapore della busta in cui sono confezionati. Buste che contengono un siero, almeno qualcosa che dovrebbe assomigliargli, che è così limpido e trasparente da poter essere acqua distillata. Va beh, non polemizziamo troppo sulle mozzarelle, se qualcuno le compra e continua a comprarle dopo il primo assaggio, appare evidente che anche la plastica gommosa ha i suoi estimatori.
Anche le bufale via web hanno una pletora di estimatori, altrimenti non se ne comprenderebbe la vasta diffusione. La definizione di bufala via web deriva direttamente da quella di bufala. che descrive la pratica di truffare i consumatori offrendo mozzarelle dette di bufala che il latte della stessa non hanno visto neppure passare per il caseificio accanto.
Quindi bufala è sinonimo di affermazione falsa, più o meno inverosimile ma che, contrariamente alla evidenza, è ritenuta vera da tanti (quelli che cadono nella truffa e/o quelli che vogliono continuarla). Questi, convinti per incompetenza o malafede, rilanciano la notizia, l’affermazione, la foto sul web creando disinformazione e/o calunniando altre persone.
Oggi c’è un gran dibattito sopra le bufale, tutti indignati, tutti che vogliono sanzioni, per chi le scrive, per chi le rilancia, per il sito o per la piattaforma che le ospita, una vera crociata, una caccia alle streghe.
Puttanate.
Colpire chi le immette in rete è difficile, le bufale sono tante. I bufalari sono tanti. A volte i bufalari sono amici dei bufalati. Altre volte sono la stressa persona che si bufalano per innescare reazioni, pulsioni e meccanismi di difesa inconsci nei lettori.
La bufale sono truffe o diffamazioni sofisticate ma possono essere anche stupide e puerili. Insomma una giungla difficilmente penetrabile, sicuramente inestricabile. Per questo dico “puttanate”. Per alcuni questa è l’occasione, la scusa, il “casus belli” per mettere un bavaglio al web. Perché la furia censoria deve essere appagata. Perché di tutte le storie che girano non tutte sono bufale, non tutte sono false. Ci sono anche notizie vere ad essere condivise e, guarda caso, queste sono notizie sgradite ai censori, agli inquisitori, ai tenutari della verità. E quando sono invise, sgradite, sfottenti, ma vere, nulla di meglio che fare tutta l’erba un fascio. Nulla di meglio che chiudere la bocca a tutti.
Le bufale si riconoscono subito, se uno non è ebete,
ci sono dei siti apposta per smontarle il prima possibile (bufale.net o Bufale Un Tanto Al Chilo BUTAC. Ma anche una semplice ricerca su Google può essere sufficiente a farci capire il grado di attendibilità di una notizia in rete. Poi se abbiamo i paraocchi gli crederemo sempre ed incondizionatamente.
Poi, se una volta sbagliamo e diamo credito a qualcosa di falso, non succederà nulla lo stesso, non andremo per questo all’inferno, credetemi. Non diamo fiato alle trombe dei tromboni che vogliono mettere a tacere il web.
In realtà non dovrei, secondo una linea di pensiero corrente, occuparmi di bufale. Non conoscendole bene non dovrei giudicarle, lasciando questo compito ad altri, più istruiti di me. Che magari le bufale le scrivono e, per questo, le conoscono meglio. Ricordo che nella passata campagna referendaria, bufale madornali giravano a favore e contro i due schieramenti.
Ma io non voglio far parte del coro, non faccio nemmeno il controcanto, io canto da tenore e non rinuncerò a cantare.
Leggo, penso, verifico ed esprimo opinioni cantando.
Sono e voglio continuare ad essere un uomo libero.
Sono e voglio continuare ad essere contro la censura.