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Sul nucleare

Bisogna ancora dire qualcosa sul nucleare .

Eppure sembrava di aver già detto tutto. Il discorso sembrava chiuso. Abbiamo fatto due referendum, nel 1987 e nel 2011, per decidere se gli italiani volessero o meno permettere la produzione di energia da fonti nucleari con le centrali costruite sul territorio nazionale: in entrambi i casi la risposta è stata la stessa: ”In Italia non vogliamo la produzione di energia nucleare”.
Ora basta!

Non può arrivare un ministro (prone al volere delle lobby del fossile e del nucleare?) e proporre il nucleare con centrali di quarta generazione, definite “sicure”. Le centrali di cui parla sono quelle di piccole dimensioni, studiate in via sperimentale da decine di anni senza che abbiano evidenziato vantaggi particolari ne dimostrato la loro sicurezza. Il World Nuclear Industry Status Report 2021 1 riporta che i piccoli reattori modulari “Small Modular Reactors (SMRs)” hanno una grande eco sui media, prendono sovvenzioni pubbliche, ma non sono ancora commercializzati e non lo saranno ancora per altri 10-15 anni e che i progetti pilota costruiti in Argentina, China, e Russia hanno sin qui dato risultati deludenti.

Nemmeno la “Commissione Europea” può permettere che con i fondi stanziati per NEXT GENERATION YOU per l’energia “green” che si finanzi lo sviluppo del nucleare.

Ma via, siamo seri (almeno sul nucleare).


Se siamo in un paese, ancora, democratico non possiamo reintrodurre il nucleare.
E se ci sono fondi europei dedicati alle energie rinnovabili e pulite non si possono usare per il nucleare.

Se la Francia intende mantenere le sue centrali nucleari attive non possiamo evitarlo ma possiamo auspicare che faccia come la Germania che, autonomamente, le ha dismesse tutte.

Il nucleare è pericoloso, come hanno dimostrato gli incidenti devastanti di Černobyl’ e, più recentemente, di Fukushima Dai-ichi.

In molte aree solare ed eolico producono a prezzi garantiti molto al di sotto dei costi di funzionamento e di manutenzione dei reattori nucleari, come riportato anche nel 2“The World Nuclear Industry Status Report 2019”.

Le scorie residue dal combustibile nucleare utilizzato negli impianti infine sono radioattive e pericolosissime per l’uomo, gli animali e l’ambiente in generale. Dovrebbero essere stoccate in luoghi sicuri per centinaia, se non migliaia di anni. Per ora ne è stato individuato solo uno, negli USA. Ma nulla sappiamo se sarà veramente sicuro per le future generazioni per gli anni a venire. Lo stoccaggio di queste scorie radioattive è una bomba destinata a scoppiare nelle mani dei nostri figli o nipoti: vogliamo davvero lasciargliela?

Diciamo di no.

Facciamo sentire la nostra voce a chi temporaneamente ci rappresenta.

Noi vogliamo un mondo migliore e pulito.
Non può esserlo se “sporcato” dai reattori nucleari di qualsivoglia generazione.

Giancarlo

1 https://www.worldnuclearreport.org/World-Nuclear-Industry-Status-Report-2021-773.html

2 https://www.worldnuclearreport.org/The-World-Nuclear-Industry-Status-Report-2019-HTML.html#ccanp

Come al solito

La verità viene sempre a galla, come al solito, come la merda.
Tutta questa enfasi contro Putin assassino e invasore a cosa mira? A sostenere i poveri Ucraini? Ma no! Ma figurati. Serve a vendere armi, ma è ovvio.

In questo caso le armi saranno fornite gratis “of course”, tanto qualcuno le ha già pagate, almeno tra chi paga le tasse in Italia.

Mario vuole assolutamente inviarle in Ucraina, e il nostro parlamento (con la p minuscola) subito dice si, scordandosi della Costituzione, tanto chi se ne frega della Costituzione (in parlamento)?

Allora mi vien da pensare…

Forse che stessero per scadere un sacco di bombe e munizioni?

O forse che i Sauditi non volessero più acquistare materiale in scadenza da lanciare in Yemen?

Forse che per trovare un impiego per questi botti invenduti causa la pandemia, nella finanza interconnessa, sia toccato a Putin di aprire un nuovo mercato: quello Ucraino?

Se e non stesse così, ma si cercasse solo di fermare il sanguinario Zar, allora dovremmo chiudere noi i rubinetti del gas, isolare la Russia in Russia, non muovere più una lira russa, non mandare merce in ne prenderla dalla Russia.
Chiudere i conti correnti della Russia (tutti, non solo quelli che non hanno niente a che vedere con i pagamenti del gas) e le transazioni da e verso la Russia (senza mantenere nello swift la Gazprombank).

Ma no, e poi come facciamo per il freddo, e come facciamo per l’economia e come facciamo con i soldi? Meglio inviare armi, che si scannino per un po’, così si alza il livello della guerra, l’intensità dei combattimenti, il numero dei morti; poi facciamo finta che non sia successo nulla, Putin si rifarà dei costi col gas alle stelle e gli altri rinnoveranno il parco armi e munizioni, morirà tanta gente e tutti felici e contenti.

Pensate

Pensate veramente che l’Ucraina armata dagli europei possa resistere al colosso Russia? Illusi, imbecilli, ipocriti. La guerra guerreggiata la vincerà comunque la Russia; noi possiamo solo vincere l’ipocrisia e stare dalla parte giusta della storia con i comportamenti giusti, senza armi e senza darle a qualcun altro.
Lo so gli Ucraini no; non saranno felici, ma anche loro, mettersi così in mezzo, se anni fa fossero rimasti russi o con la Russia ora non sarebbero nei guai.

Dai che poi facciamo un bel torneo di calcio da quelle parti e ci scordiamo tutto.

Come al solito

Sembrava un colpo di scena di un vecchio dittatore ansioso di riprendersi il palco e invece no. Era solo quello che spara con un colpo in canna alla roulette russa del mercato delle armi, è toccato a lui salvare il mondo trovando un sito dove scaricare tutta l’immondizia bellica russa ed europea, e vuoi vedere che ce ne finirà anche di quella americana?

Mario finiscila.

Non si danno le armi “per la risoluzione delle controversie tra i popoli”.

Mario torna a fare il banchiere o mettiti il cuore in pace o fai il nonno, che altro non sei capace di fare.

Il blog di Bucine è sempre stato, è e sempre sarà contro qualsiasi guerra.

Anche se guerreggiata da altri con armi pagate a noi.

Giancarlo

E’ morto

E’ morto, ma non doveva.

Lavorava, impastava il cemento. Ma è morto. Non si dovrebbe morire per impastare cemento, quante volte lo abbiamo detto, quante volte lo abbiamo sentito.

“Bibbiena Arezzo, 25 gennaio 2022 – Tragedia sul lavoro: un altro incidente gravissimo e la morte di un operaio di 51 anni, malgrado l’arrivo in massa dei mezzi di soccorso”.

Non era uno sprovveduto, non era un ragazzino, anche se non lo conoscevo, non era colpa sua.

Non si può morire al lavoro.

Il lavoro ci serve per vivere, per partecipare alla società; non può servirci per questo.

Non è stata colpa sua, è caduto in una tramoggia, dove si macinano gli inerti, ma lui non avrebbe dovuto arrivare agli ingranaggi.

La morte sul lavoro è una tragedia che si ripete ogni giorno e se non si ripete ne salta pochi prima di ripresentarsi.

Lui è morto a 51, ma in azienda si muore anche a 18, anche se non lavori, anche se il 21 Gennaio del 2022 sei li a Lauzzacco Udine a fare l’ultimo giorno del tuo “stage” di alternanza scuola lavoro, che ora sembra chiamarsi PETO (*), e una trave d’acciaio ti cade addosso.

Non era colpa sua. La trave non doveva cadere, non dovrebbe mai cadere, e lui non doveva essere li. Non doveva essere in pericolo.

E’ morto direte voi

Ormai sono morti in tanti ed a tutti questi morti che c’è da aggiungere?

Niente!
Alla morte di un uomo non si può aggiungere niente, se non le lacrime dei parenti, degli amici, degli altri uomini.

Nel 2021 sono morti 1.404 lavoratori per infortuni sul lavoro, di questi 695 sui luoghi di attività (+18% rispetto all’anno 2020), mentre i rimanenti ‘in itinere’, vale a dire nel tragitto verso o dal posto di lavoro.

Uno al giorno andando o tornando dal lavoro e due lavorando.

Nonostante tutte le leggi, le regole, le protezioni, le procedure.

Non c’è un ministro del lavoro che dovrebbe dimettersi? Un presidente dell’INAIL? Un presidente di una qualsiasi cazzo di associazione imprenditoriale? Non c’è veramente nessun colpevole?

Che squallore, che vergogna.

La sola regola, il solo obiettivo di ogni impresa o attività umana è diventato il profitto, il resto sono solo incidenti e danni collaterali accettabili.

Ceppoduro (**)

(*) PETO Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento.

(**) Mi ero ripromesso di non scrivere più, ma…

Immagine originale per la copertina:

Di רנדום – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=10119764

Lavoro e lavoratori

Lavoro e lavoratori.

“Lavoro! Raccolgo foglie di tabacco, anzi non lo faccio, non ne ho voglia! Ma chi me lo fa fare? Sto sul divano, fumo con i 50 Euro del babbo e vivo col reddito di cittadinanza”.

In un articolo vergognoso del corriere aretino “on line”, si vaneggia di come nella Valtiberina, nella piana di Sansepolcro in particolare, non riescano a trovare personale per la raccolta delle foglie del tabacco (quello da sigari: il Kentucky). La raccolta del tabacco è un’attività stagionale di questo periodo.

Qualche imprenditore agricolo della zona sproloquia su come non si trovino giovani, ne italiani ne stranieri, per soddisfare le esigenze contingenti della filiera del tabacco. Quindi afferma perentorio, senza che l’intervistatore (un giornalista???) autore dell’articolo dica pé (in toscano ribatta, dica qualcosa di contro, osi controbattere), che i suddetti giovani preferiscono oziare sul divano e godersi i soldi di “mammà” e il reddito di cittadinanza piuttosto che andare a cogliere le foglie di tabacco.
Ma come si possono affermare, senza essere presi a calci, certe madonne?

Ma come si fa a riportarle in un articolo di giornale, seppur di provincia, seppur digitale, senza domandarsi se sia vero, senza esibire prove documentali o intervistare anche l’altra parte?

Mi viene spontaneo pensare.
Che giornale di m., che giornalista di m. che articolo di m. quante bugie di m..

Lavoro e lavoratori e letame

Il letame si sparge prima di arare il terreno dove si pianterà il tabacco, la merda evidentemente dopo, quando si deve raccogliere.

Questi imprenditori, che vorrebbero avere schiavi al posto degli operai, dovrebbero stare muti e invece berciano le loro bestemmie: possibile che nessuno li sputtani.

Quanto pensano sia attraente il salario che offrono se, veramente, gli aspiranti stagionali gli preferiscono il reddito di cittadinanza?

Ma che siano in malafede su lavoro e lavoratori, che siano tutte balle inventate per farsi compatire ed ottenere gli schifati ristori statali, si capisce immediatamente. Sappiamo che il reddito di cittadinanza è un integrazione al reddito familiare per colmare il divario tra reddito reale e livello minimo di povertà della gente, quindi immagino che i più prenderanno meno di 300 Euro per uno (per arrivare a 700 devono essere completamente privi di reddito, cioè alla fame nera). I soldi percepiti col RC sono destinati a varie voci fisse, come l’affitto, il cibo e altro e non spendibili come cazzo ci pare, ad esempio per la birra da bere sul divano mentre guardiamo divertiti la TV.
Sono in malafede perché non vogliono pagare la gente che lavora per loro occasionalmente, facendosi un culo così; più gretti di così: offrire meno dell’integrazione al reddito minimo.

Sono in malafede perché se avessero bisogno di operai li assumerebbero, così da fargli togliere quel cazzo di reddito di cittadinanza che tanto li offende e li scandalizza.

Sono in malafede perché se avessero operai stabili e laboriosi non potrebbero più chiedere contributi e sussidi a Pantalone.

Imprenditori agricoli e non solo


Imprenditori che quando viene una gelata o un virus o non vendono abbastanza prodotti vogliono i soldi dallo stato e quando va tutto bene non pagano, e vorrebbero essere giustificati a non pagare, le tasse.
Che uomini rampanti!

Che esempi per la gioventù da divano.

Ancora giornali e giornalisti su lavoro e lavoratori

Ma qualcuno tra quelli che hanno raccolto le notizie, le anno impaginate e redatte in forma di articolo ha mai raccolto il tabacco da sigari? Qualcuno lo ha mai caricato e scaricato nei carrelli e poi trasportato in tabaccaia? Lo ha mai cucito ed impilato nei seccatoi e fatto fuoco e vapore giorno e notte per settimane per curarlo? A qualcuno è mai rimasto attaccato alle mani, ai guanti, ai calzoni alle scarpe la montagna di resina e nicotina che esce dalle belle e larghe foglie mature del tabacco appena colto?

Qualcuno di voi

Qualcuno ha mai colto le olive, l’uva, le mele o i pomodori?


Allora, voi che non lo avete fatto, andate tutti aff…..o e non parlate, non scrivete, non discutete più di queste cose.
Questi sono lavori di merda, stagionali, appunto, che durano poco nel lungo periodo, ma dove non c’è orario durante il giorno, dove non c’è limite alla fatica, dove la sera sei “sderenato”, “stronco”, “sfinito”, “cotto”.
Questi lavori di merda, pericolosi perché non può essere garantita una preparazione adeguata contro gli infortuni, occorrerebbe più tempo alla formazione sulla sicurezza di quanto ce ne sia per fare il lavoro occasionale. Perdinci!

E allora come si fa? Si fa in qualche maniera, chiudendo un occhio sperando non muoia nessuno.

Dicevo, questi lavori stagionali di merda dovrebbero essere pagati almeno tre volte più di quanto viene dato ad un operaio fisso, allora potrebbe convenire farli, allora si troverebbero i giovani disposti a farli. Perché i gestori (oramai abusivi) degli stabilimenti balneari si fanno un culo così per i tre quattro mesi della stagione? Perché con quello che prendono poi campano per il resto dell’anno, ma ai dipendenti vorrebbero dargli l’osso del pollo.
Bravi!
E quelli che gli danno spago e giustificazione per queste cazzate sono delle emerite teste di cazzo.

E pure quelli che non ci trovano niente da ridire.

Diverso è il discorso per chi offre lavoro come svago, come vacanza, attività fisica e si fa giustamente pagare (e anche qui i giornalisti agricoli… fanno una figura del cazzo).

Comunque


Sarebbe bello sentire qualcuno, magari un politico italiano, che si scagli contro queste cose, che smerdi chi fa queste affermazioni del cazzo e che dica a questi avvoltoi “Basta! Avete già avuto, adesso dovete pgare di tasca vostra, pagare il giusto, pagare le tasse e non rompere i coglioni”.
Sarebbe un sogno.
Non lo sentirò mai, ma…

…è così bello sognare!


Giancarlo

Oggi vorremmo tornare a parlare di guerra

Oggi vorremmo tornare a parlare di guerra, anzi non vorremmo proprio farlo ma forse dobbiamo.

Lo abbiamo già fatto varie volte in questo blog, e lo faremo ancora se sarà necessario. Se riterremo che il sentimento comune sia più incline alla guerra, alla sua giustificazione, che alla pace e alla sua difesa.

Non che oggi ci si senta più guerrafondai di ieri, ma sono successe cose che vanno stigmatizzate, vanno denunciate, vanno semplicemente dette e quindi torniamo a parlare di guerra.

In un articolo precedente scrivemmo: “Quando si abbatte un ponte, come fecero a Mostar, quando si prendono a cannonate statue di Budda, come in Afghanistan, quando si mitraglia una scuola, come nella striscia di Gaza, siamo caduti nella trappola siamo diventati o ritornati belve, belve umane, fiere della nostra potenza, tronfie delle nostre certezze.”

Oggi vorremmo tornare

Anzi siamo tornati a parlare di Afghanistan, come tutti i media del mondo, da dove gli americani e tutti i loro pseudo alleati portatori e difensori di niente stanno fuggendo.
L’abbandono della missione internazionale era stato annunciato da tempo, ma come sempre il momento di andarsene arriva all’improvviso e, come a Mostar crollano i ponti. Si tratta dei ponti aerei di evacuazione, dove non c’è posto, non per tutti i collaboratori locali che rischiano le rappresaglie talebane. Rappresaglie che saranno come le rappresaglie tedesche di Civitella, San Pancrazio, Marzabotto e via elencando, con in gioco la vita.

Ponti aerei mancanti che rivelando l’ipocrisia che ci contraddistingue; imbarchiamo tutti finché siamo li e ci servono aiuti logistici, collaboratori, traduttori, guide, e tutti gli altri mestieri necessari, e poi “chissenefrega”, non li imbarchiamo per fuggire per portarli in Italia con noi, tanto sono loro che restano li, “cazzi loro”.
Le cannonate di quelli che chiamiamo talebani sono rivolte solo verso altri afghani, poi riprenderanno anche verso di noi, verso le idee e la cultura, contro l’autodeterminazione dei popoli (pur essendo esse stesse oggetto, o almeno conseguenza, dell’autodeterminazione del “popolo” Afghano). Ma tanto allora saremo già a casa, al sicuro, magari a cercare un altro scopo per la nostra vita.

Che fare? Che dire?

Fare non possiamo fare niente, dire dobbiamo dirlo, ripetendolo e ribadendolo fino alla noia.
Quello che lasciamo in Afghanistan è la guerra. La guerra non serve! Quanti anni siamo rimasti li ad esportare la libertà e la democrazia? Quanta libertà gli abbiamo dato? Quanta democrazia abbiamo esportato? Quali risultati abbiamo raggiunto?

Per tutte queste domande la risposta è ZERO!
Abbiamo fatto e lasciato solo GUERRA.

Ma con un costo enorme umano (le nostre e le loro vittime) ed economico (i soldi spesi per l’intervento).

Non si potevano usare meglio i quasi 10 miliardi che abbiamo speso?

E cosa ci siamo andati a fare in missione di guerra in Afghanistan noi italiani, noi che la guerra la dovremmo aborrire?
Per che cosa abbiamo forzato, ignorato, vilipeso la nostra Costituzione ed il suo articolo 11?

Perché non siamo intervenuti con l’esercito prima che prendessero a cannonate le statue di Budda nella parete della montagna. In difesa della cultura della civiltà del patrimonio artistico mondiale dell’umanità? E ricordate che passarono giorni dalle dichiarazioni alla messa in pratica del cannoneggiamento del sito. L’unico intervento afgano giusto da fare non siamo stati capaci di farlo, forse nemmeno di pensarlo.
E allora a cosa serve il nostro apparato militare, professionista, se non è capace di difendere, di difenderci, di difendere gli altri (ad esempio i collaboratori afghani che lasceremo a Kabul in aeroporto, in attesa di un volo italiano che non partirà)?

Cosa aspettiamo a liberarci di un apparato militare inutile, inefficace e costoso?

Povera Italia!

Che vergogna!

Giancarlo

Scontato

Scontato

Lo so, è scontato.

E’ ovvio.
Non c’è nulla di scontato in un articolo scontato.

Lo sconto è sempre stato utilizzato per vendere più facilmente un prodotto o un servizio.

Un prezzo migliore, rispetto ad un concorrente, è uno sconto solo se permette di ottenere la “stessa” merce.
Ma si può valutare se lo sconto è reale?

Si, confrontando gli oggetti o i servizi offerti e ascoltando il senso delle parole.

Comunque dopo la verifica l’acquirente può accontentarsi di pagare poco per ottenere altrettanto poco, la valutazione costi/benefici potrebbe essere a favore del prodotto che costa meno.

Ma…

Occorre sempre ragionare per capire se c’è uno sconto e quanto vale.

Ma come viene scontato un prodotto?

Oggi il venditore non è quasi mai il proprietario della merce oggetto di scambio, quindi non può rimetterci di tasca propria per farci pagare meno.

Abbiamo merce prezzata e registratori di cassa automatici a lettura ottica delle etichette, quindi dei prezzi applicati, che emettono uno scontrino dettagliato della spesa effettuata.

Si paga in moneta elettronica e il fisco pretende che scontrino e ricevuta di pagamento coincidano perfettamente.

Non è possibile acquistare, ad esempio, delle scarpe e chiedere uno sconto sul prezzo al momento del pagamento, sicuramente non dopo l’emissione dello scontrino.
Si può chiedere prima ma il commesso di solito non è autorizzato a fare sconti imprevisti a richiesta.

A volte lo sconto è già sovrimpresso nel cartellino del prezzo, ad esempio negli articoli a saldo.

Inoltre esiste lo sconto extra, a prescindere, che è annunciato già in fase di pubblicizzazione del prodotto e che è la base effettiva di calcolo del prezzo. La merce viene offerta con uno sconto preimpostato, di solito molto elevato. In aggiunta al prezzo proposto si offrono anche altri beni omaggio tra cui scegliere.

Che cosa possiamo scontare da questo sistema?

I prezzi a saldo possono essere ottimi: Noi acquirenti accettiamo l’obsolescenza commerciale dell’articolo pagandolo meno. Se non ci sono stati trucchi nel “prezzare” il prodotto è un sistema di sconto da “apprezzare”. Anche se presuppone che chi acquista un prodotto di moda lo paghi molto più del dovuto ed il giusto accontentandosi degli avanzi di magazzino solo l’anno successivo.

Lo sconto extra è in genere una fregatura (tende a farci credere di essere maggiore del reale), in pratica ci danno del cretino.
Quando propongono, ad esempio, un mobile con il 50% di sconto e poi ci aggiungono uno sconto ulteriore fino al 40% di getto possiamo pensare di avere il 90% di sconto, in realtà si tratta al massimo del 70% (che il 40% aggiuntivo è applicato sull’importo già scontato).

Ma è uno sconto del tutto virtuale perché anche il valore commerciale è del tutto ipotetico. Infatti quel prodotto non può che valere meno del prezzo realmente praticato (dopo tutti gli sconti applicati) altrimenti come farebbe l’organizzazione che lo vende a continuare l’attività. Consideriamo anche che, in aggiunta al grande sconto ed al prezzo basso, vengono spesso offerti omaggi e regali che confermano il reale minor valore dell’oggetto venduto.

Alla fine quindi non si può avere lo sconto?

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Per me è scontato, la bionda non è vera, è una fregatura.


Si possiamo avere e chiedere lo sconto, ma non illudiamoci che sia uno sconto reale.
Possiamo ottenere solo il miglior prezzo a parità di qualità, ma per sapere se è realmente il miglior prezzo dobbiamo avere un’idea precisa del valore del bene o del servizio che vogliamo acquistare, in altre parole dobbiamo acquistarlo già regolarmente, meglio se da più di un fornitore.

Certo se vogliamo qualcosa pagandola poco o niente possiamo:

Rapinarla, estorcerla, minacciare o ricattare il venditore, acquistarlo nella filiera del lavoro nero o del caporalato.

Insomma tutti modi brutti, illegali o che calpestano la dignità e/o i diritti dei lavoratori.

Vorresti veramente uno ottenere sconto del genere?

Lo sconto reale è un’utopia, in genere lo sconto è una fregatura, uno specchietto per le allodole, stanne lontano.

Altrimenti è scontato che sei fregato.

Ceppoduro

PS: questo post non pretende di essere preciso nelle definizioni ne nei calcoli, è semplicemente uno sfogo per la maniera becera e volgare con cui vorrebbero invogliarmi a comprare roba di cui non ho bisogno, con il pretesto della occasione unica ed irripetibile di acquisto per via dello sconto.
Io non voglio sconti, voglio pagare quello che devo e voglio in cambio quello che chiedo o quello che mi è stato offerto. Io non sono finto e non voglio finzioni altrui.
Vorrei che mi si dicesse questa cosa costa tot per questo, questo e questo.
E vorrei che fosse vero.
Basta, non mi serve altro, è così semplice… ma non scontato.

Effetto virale

Siamo arrivati alla riapertura

Ora possiamo valutare l’effetto virale, l’effetto del virus sulla nostra società.

Ci sono stati tanti morti e questo è un male, i morti non tornano, non possiamo che rammaricarci per l’effetto principale del virus.

Tanta compassione, tanto cordoglio anche se molti di questi ci dicono sarebbero morti comunque per le complicazioni di qualsivoglia altra malattia li avesse colpiti.

Peggio è andata a chi invece è caduto per soccorrere gli altri ammalati, magari sarebbe ancora in vita se negli ultimi trent’anni non si fossero svenduti la sanità a mangiati tutti i soldi che erano necessari a tenerla come si deve.

Queste sono vite che non dovevano, in tempi brevi, cadere come le altre. Forse dovremmo mostrare un po di rabbia per queste ma arrabbiarci con chi? Quelli che sono stati beccati in fragranza di reato e condannati non riusciamo nemmeno a tenerli dentro se non por pochi mesi.

Allora vediamo questo effetto virale

Molti di voi non saranno d’accordo, ma io non posso che essere crudo e sincero.

L’aria che respiriamo si è pulita come non lo era da decenni.

Il paesaggio sia rurale che cittadino era sgombro da rumori, sgombro da macchine e persone, Si potevano sentire i suoni della natura in sottofondo, finalmente non coperti dai rumori della nostra frenetica attività quotidiana.

Abbiamo imparato tutti a rispettare le regole, file per accedere al supermercato e file per pagare alla cassa.

Per due mesi interi non abbiamo più frequentato bar e ristoranti con grande giovamento per i nostri fegati.
Non abbiamo più giocato alle slot macchine, nessuno che praticasse, discutesse, blaterasse di calcio, di motori, gran premi e formule x.

Il mondo e soprattutto noi, ci siamo disintossicati di dipendenze da sostanze e di dipendenze comportamentali.

Bello!

Bellissimo.

Poi hanno riaperto, ho visto gente a bere al bar, ho visto gente senza regole, sbracati come prima, in preda alle stesse paranoie di prima.

Peccato.
Veramente.

Ceppoduro

Autore dell’immagine originale in copertina:
Di CDC/ Alissa Eckert, MS; Dan Higgins, MAM – This media comes from the Centers for Disease Control and Prevention’s Public Health Image Library (PHIL), with identification number #23312.Note: Not all PHIL images are public domain; be sure to check copyright status and credit authors and content providers., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=86444014

Sul virus

Quante cose

Quante cosa si capiscono sul virus e, guardando quello che succede a causa sua, anche sugli uomini.

Che piccoli gli uomini, che non cresceranno mai. Che meschini gli uomini, che non miglioreranno mai. Che uomini gli uomini, che non ci deluderanno mai.

La pandemia ha migliorato il mondo ha tolto il traffico convulso a cui eravamo abituati, ha smorzato i rumori quotidiani e serali, togliendo la gente in giro, ma… ma chi è costretto a casa, senza lavoro, senza risorse deve essere aiutato,confido lo faccia il governo, vedremo.
Per ora gli vada il mio pensiero, anche se non è molto, e i migliori auguri per il futuro.

Anche soddisfazioni

Dobbiamo essere contenti del nostro governo, sembrano tutti seri, il presidente del consiglio sicuramente lo è, meno male.

Dobbiamo essere soddisfatti dei sanitari, fanno quello che possono con quello che hanno e finalmente è arrivato anche il loro momento di gloria. Non più scansafatiche, fannulloni e mangiapane a tradimento.

Sono sorpreso dei cittadini, fanno la fila, mantengono la distanza, anche se, insomma, è la fila per la fifa.

Di chi dobbiamo lamentarci?

Sportivi, politicanti e giornalisti.

Professionisti e società miliardarie che potrebbero fare tanto, anche solo mettendo a disposizione i soldi, pensano solo a riaprire competizioni e campionati, che non possono essere riaperti, purtroppo.

Politicanti, tanti, troppi, che non stanno zitti, come invece dovrebbero. Con la loro voce, becera, contribuiscono solo a far stare male quei pochi o tanti che gli danno (ancora) retta. Che parlano, parlano, parlano male di altri politici, per coprire la loro incapacità, la loro pochezza, la loro impreparazione, la loro inpresentabilità.

I giornalisti che ancora gli fanno da supporto, ai politicanti. Che non raccontano le cose come stanno, che non si limitano a fare cronaca, come sarebbe giusto facessero ora.

Mi rendo conto che dovrei fare esempi concreti, invece di chiacchiere generiche, ma non posso, ognuno interpreti il messaggio come vuole.

Colpito sul virus

A parte l’apprendimento dell’arte della fila, il popolo Italiano in quarantena non è cambiato in niente altro.

Lodiamo i sanitari che stanno facendo il loro lavoro, che son pagati per questo e non ci incazziamo con chi non paga le tasse, ne con chi, rubando, ha depotenziato la sanità pubblica, che ora ci avrebbe fatto tanto comodo.

Aderiamo, ora come sempre dopo terremoti, alluvioni e disastri vari, a varie raccolte fondi.

Fondi da destinare alla protezione civile, agli ospedali, ai vigili del fuoco eccetera eccetera.

Raccolta fondi

Fondi che non serviranno a niente, che non arriveranno in tempo e che non saranno mai disponibili per gli scopi richiesti.
Aderiamo invece di incazzarci con chi evade e con chi ruba i soldi delle tasse invece di destinarli in maniera strutturale a protezione civile, ospedali e quant’altro ci possa servire.

Ma da buoni cattolici gli italiani pensano di lavarsi l’anima con una piccola elemosina.

D’altronde, mi consolo, siamo in buona compagnia basta vedere che cosa (non) fanno gli europei, incapaci di non pensare che ai loro o vostri soldi.

Povera Italia.

Povera Europa.

Ceppoduro

Competizione

Uno contro tutti

La vita è competizione. Si lotta per il cibo, per la riproduzione, per vivere sin dagli albori del tempo, da quando sono apparse le prime strutture viventi, forse anche da prima.

La chiamano anche lotta per la sopravvivenza. Non è una cosa cattiva, è naturale, ma nel tempo e da tempo è cambiata.

All’inizio per lungo tempo, per tempi lunghissimi, è bastato poco, un po di nutrimento, che forse era anche abbondate e facile da reperire, non c’era riproduzione sessuata, quindi un organismo si bastava da se per riprodursi, come nella suddivisione cellulare. Non servivano ripari, ne ambienti particolari in cui vivere, tutto era semplice ma pur sempre competitivo.

Andando avanti la cosa si è complicata, nelle strutture, nelle relazioni tra esseri viventi aumentando la competizione. La complicazione ha portato anche alla evoluzione di comportamenti collaborativi. Organismi viventi si sono messi assieme con differenti competenze migliorando l’efficienza di entrambi vincendo la sfida globale. E’ il caso delle cellule: composte da diversi organismi divenuti organi della cellula stessa sviluppando funzioni specifiche con performance maggiori, mettendole in comune con quelle diverse degli altri.

Quindi la competizione ha portato anche allo sviluppo della collaborazione e della condivisione.

La competizione nella società moderna

Tra gli uomini non è diverso abbiamo concorrenza e collaborazione, quello che cambia è che oggi siamo tutti spinti verso la competizione esasperata e la non condivisione.

Fin da piccoli ci insegnano a primeggiare: a scuola, nello sport, sul lavoro, nel divertimento e nella ricreazione.

I voti a scuola, sono l’incentivo competitivo.

Non basterebbe che ci insegnassero a leggere, scrivere e far di conto? Magari anche a ragionare con la nostra testa, basandoci sulla nostra cultura (sulle nostre conoscenze) e non su quella di altri (gli opinionisti, gli influencer).

Non sarebbe sufficiente che potessimo lavorare per poter mangiare, bere e dormire? E non per comprare l’auto più bella, arredare sfarzosamente la casa, vestire alla moda e fare vacanze in paradisi tropicali fino al giorno prima incontaminati e sconosciuti.

Non sarebbe meglio investire i capitali generati dalle nostre società in istruzione, salute e miglioramento dell’ambiente in cui viviamo? Invece di buttarli in guerre, terrorismo ed inquinamento globale.

Competere per migliorare

Non sarebbe meglio stare tutti meglio?

Sarebbe meglio.

Ma ci vogliono competitivi, agguerriti, individualisti, così possono esserlo anche loro, giustificandolo col fatto che lo siamo tutti.

Così se resti indietro è colpa tua, non della società.

Che pena.

Ceppoduro

Pittori

Dipingono tutti

Ci sono quelli che lo fanno bene, quelli che lo fanno così così e quelli che lo fanno male, sono tutti pittori.

Oltre ai pittori ci sono gli altri. Gli altri potrebbero/dovrebbero essere interessati ad acquistare le opere dei pittori.

Naturalmente un pittore può regalare un suo lavoro, se vuole, più difficile è che ne regali tanti o addirittura tutti. Ragionevolmente qualcuno vorrà venderlo.

Cioè vorrà una dazione di denaro in cambio dell’opera, la quantità richiesta dipende dal pittore.

Sostanzialmente quelli bravi hanno una quotazione tale che, se non sei un museo o non disponi di un bel patrimonio, può essere arduo riuscire a comprare una loro opera.

Quelli così così vendono a meno, a molto meno, di quelli bravi e di solito non è difficile disporre della cifra richiesta per acquistare qualcosa di loro.

Di quelli che dipingono male non so che dire, lasciamoli stare.

Gli altri e i pittori

Oggigiorno gli altri disposti a spendere sono sempre meno, forse ciò dipende dal fatto che i pittori sono tanti, troppi, forse dal fatto che oggi ci sono tante cose in più da comprare.

Oggi tutti hanno bisogno di una macchina, a volte di due.

Tutti hanno bisogno di un telefonino, a volte di due, e tutti vogliono cambiarlo spesso per avere sempre il top della gamma anche se non sanno usarlo.

Oggi tutti hanno un tatuaggio, a volte diversi, ed è l’unica forma di “avvicinamento all’arte” che conoscano.

Oggi tutti vogliono farsi la settimana bianca, o la crociera, o altro perché devono staccare dal lavoro e dalla vita social(e) per tuffarvisi ancora, ma in un posto diverso da dove abitano e lavorano.

E quasi tutti non possono permettersi di spendere anche in o per un dipinto.

E allora

Tutti pittori, sia chi a fatto “l’artistico” o l’accademia, sia chi è artista, sui social, a prescindere da quel che fa e quasi nessuno che riesca a vendere un quadro.

Tutti ignoranti quelli che dovrebbero fruire della pittura, sia chi ha i soldi sia chi non ce li ha e quasi nessuno che compri le opere di quelli bravi, ma poco conosciuti.

Insomma…

Siamo un paese di morti di fame che non spendono una lira per l’Arte, quella con la A maiuscola, ne per l’arte, quella minore.

Un paese diviso tra estimatori di poster e di tatuaggi, che non trovano qualche centone per appendere un bel quadro in sala.

Non un quadro che non varrà milioni alla morte del pittore ma che ci consola e ci accompagna per quei pochi giorni che ci restano ancora da vivere.

Ma c’è chi preferisce inchiostrarsi la pelle prono su un telefonino luminoso.

Giancarlo