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Sul virus

Quante cose

Quante cosa si capiscono sul virus e, guardando quello che succede a causa sua, anche sugli uomini.

Che piccoli gli uomini, che non cresceranno mai. Che meschini gli uomini, che non miglioreranno mai. Che uomini gli uomini, che non ci deluderanno mai.

La pandemia ha migliorato il mondo ha tolto il traffico convulso a cui eravamo abituati, ha smorzato i rumori quotidiani e serali, togliendo la gente in giro, ma… ma chi è costretto a casa, senza lavoro, senza risorse deve essere aiutato,confido lo faccia il governo, vedremo.
Per ora gli vada il mio pensiero, anche se non è molto, e i migliori auguri per il futuro.

Anche soddisfazioni

Dobbiamo essere contenti del nostro governo, sembrano tutti seri, il presidente del consiglio sicuramente lo è, meno male.

Dobbiamo essere soddisfatti dei sanitari, fanno quello che possono con quello che hanno e finalmente è arrivato anche il loro momento di gloria. Non più scansafatiche, fannulloni e mangiapane a tradimento.

Sono sorpreso dei cittadini, fanno la fila, mantengono la distanza, anche se, insomma, è la fila per la fifa.

Di chi dobbiamo lamentarci?

Sportivi, politicanti e giornalisti.

Professionisti e società miliardarie che potrebbero fare tanto, anche solo mettendo a disposizione i soldi, pensano solo a riaprire competizioni e campionati, che non possono essere riaperti, purtroppo.

Politicanti, tanti, troppi, che non stanno zitti, come invece dovrebbero. Con la loro voce, becera, contribuiscono solo a far stare male quei pochi o tanti che gli danno (ancora) retta. Che parlano, parlano, parlano male di altri politici, per coprire la loro incapacità, la loro pochezza, la loro impreparazione, la loro inpresentabilità.

I giornalisti che ancora gli fanno da supporto, ai politicanti. Che non raccontano le cose come stanno, che non si limitano a fare cronaca, come sarebbe giusto facessero ora.

Mi rendo conto che dovrei fare esempi concreti, invece di chiacchiere generiche, ma non posso, ognuno interpreti il messaggio come vuole.

Colpito sul virus

A parte l’apprendimento dell’arte della fila, il popolo Italiano in quarantena non è cambiato in niente altro.

Lodiamo i sanitari che stanno facendo il loro lavoro, che son pagati per questo e non ci incazziamo con chi non paga le tasse, ne con chi, rubando, ha depotenziato la sanità pubblica, che ora ci avrebbe fatto tanto comodo.

Aderiamo, ora come sempre dopo terremoti, alluvioni e disastri vari, a varie raccolte fondi.

Fondi da destinare alla protezione civile, agli ospedali, ai vigili del fuoco eccetera eccetera.

Raccolta fondi

Fondi che non serviranno a niente, che non arriveranno in tempo e che non saranno mai disponibili per gli scopi richiesti.
Aderiamo invece di incazzarci con chi evade e con chi ruba i soldi delle tasse invece di destinarli in maniera strutturale a protezione civile, ospedali e quant’altro ci possa servire.

Ma da buoni cattolici gli italiani pensano di lavarsi l’anima con una piccola elemosina.

D’altronde, mi consolo, siamo in buona compagnia basta vedere che cosa (non) fanno gli europei, incapaci di non pensare che ai loro o vostri soldi.

Povera Italia.

Povera Europa.

Ceppoduro

Competizione

Uno contro tutti

La vita è competizione. Si lotta per il cibo, per la riproduzione, per vivere sin dagli albori del tempo, da quando sono apparse le prime strutture viventi, forse anche da prima.

La chiamano anche lotta per la sopravvivenza. Non è una cosa cattiva, è naturale, ma nel tempo e da tempo è cambiata.

All’inizio per lungo tempo, per tempi lunghissimi, è bastato poco, un po di nutrimento, che forse era anche abbondate e facile da reperire, non c’era riproduzione sessuata, quindi un organismo si bastava da se per riprodursi, come nella suddivisione cellulare. Non servivano ripari, ne ambienti particolari in cui vivere, tutto era semplice ma pur sempre competitivo.

Andando avanti la cosa si è complicata, nelle strutture, nelle relazioni tra esseri viventi aumentando la competizione. La complicazione ha portato anche alla evoluzione di comportamenti collaborativi. Organismi viventi si sono messi assieme con differenti competenze migliorando l’efficienza di entrambi vincendo la sfida globale. E’ il caso delle cellule: composte da diversi organismi divenuti organi della cellula stessa sviluppando funzioni specifiche con performance maggiori, mettendole in comune con quelle diverse degli altri.

Quindi la competizione ha portato anche allo sviluppo della collaborazione e della condivisione.

La competizione nella società moderna

Tra gli uomini non è diverso abbiamo concorrenza e collaborazione, quello che cambia è che oggi siamo tutti spinti verso la competizione esasperata e la non condivisione.

Fin da piccoli ci insegnano a primeggiare: a scuola, nello sport, sul lavoro, nel divertimento e nella ricreazione.

I voti a scuola, sono l’incentivo competitivo.

Non basterebbe che ci insegnassero a leggere, scrivere e far di conto? Magari anche a ragionare con la nostra testa, basandoci sulla nostra cultura (sulle nostre conoscenze) e non su quella di altri (gli opinionisti, gli influencer).

Non sarebbe sufficiente che potessimo lavorare per poter mangiare, bere e dormire? E non per comprare l’auto più bella, arredare sfarzosamente la casa, vestire alla moda e fare vacanze in paradisi tropicali fino al giorno prima incontaminati e sconosciuti.

Non sarebbe meglio investire i capitali generati dalle nostre società in istruzione, salute e miglioramento dell’ambiente in cui viviamo? Invece di buttarli in guerre, terrorismo ed inquinamento globale.

Competere per migliorare

Non sarebbe meglio stare tutti meglio?

Sarebbe meglio.

Ma ci vogliono competitivi, agguerriti, individualisti, così possono esserlo anche loro, giustificandolo col fatto che lo siamo tutti.

Così se resti indietro è colpa tua, non della società.

Che pena.

Ceppoduro

Il MOBA

E’ un gioiello poco conosciuto

Il MOBA. Museum Of Bad Art ovvero il museo dell’arte brutta. Arte troppo brutta per essere ignorata.

E’ un museo vero, anche se in condominio con un teatro.

Si trova in Massachusetts a Somerville nei sotterranei del teatro cittadino.

L’ingresso è compreso nel costo biglietto cinematografico e l’orario coincide con l’apertura per le proiezioni dei film.

La collezione del museo è di circa 600 pezzi (ad oggi) e ne vengono mostrati circa un decimo per volta.

Il museo è mantenuto da volontari tramite un’associazione senza scopo di lucro che si è data lo scopo di collezionare, preservare, esibire e celebrare l’arte brutta in tutte le sue forme ed in tutta la sua gloria.

Le opere non sono solo brutte, in un modo o nell’altro si discostano dalla mera incompetenza, diciamo che l’artista nell’eseguirle non è stato capace di tenere a bada la passiore artistica ne di frenare la propria esuberanza e neppure il pennello che è risultato nettamente fuori controllo.

Il MOBA è il solo museo

Il MOBA è il solo museo dedicato a detenere la migliore arte brutta per la maggiore fruizione possibile.

Agli inizi, 1993, è stato un clamoroso successo mediatico, del MOBA hanno parlato prestigiose riviste e programmi televisivi, tutt’oggi la sua audience continua a crescere.

I suoi estimatori si possono collegare tramite Facebook o YouTube, inoltre ci son a disposizione MOBA News e MOBA Books.

Nella parte prettamente commerciale del sito avrete la possibilità di acquistare tutto il merchandising che desiderate: Calendari, tazze, magliette e stampe per un regalo, per voi o per i vostri amici, davvero speciale.

Se possedete un quadro brutto, brutto per tutto quello che riguarda l’esecuzione, la tecnica, l’inquadratura, la riuscita dell’opera, potreste effettuare una donazione ed oltre a conservare l’opera ampliarne la visibilità e la platea degli estimatori.

Giancarlo

Per i contatti vedi sito internet del MOBA

Fatto

E’ già stato tutto scritto

Fatto !

Più volte riandando colla mente ai periodi epici, in cui i pionieri del libero pensiero dovettero far getto della loro vita per difendere od affermare una verità, arrivavo alla logica conclusione che il genere umano non si sarebbe potuto affrancare dai dogmi religiosi e politici, se prima non venivano abbattuti i simboli che davano ai dogmi veste e riconoscimento di potenza suprema, universale. (1)

Fatto

Una domenica ai Santi Apostoli, mentre la messa era già cominciata, il Santasillia vide entrare nella chiesa, già tutta piena di gente, una giovinetta bionda, aggraziata assai, in una vesticciuola di percallina bianca, a fiori azzurri, e seguita da una donna di età, linda, composta, che pareva essere qualche cosa meno di una istitutrice, qualche cosa più di una cameriera.

La fanciulla s’era fatta in viso di fuoco, vedendo che i devoti, raccolti nel silenzio della preghiera, volgevano il capo verso di lei, disturbati dalla sua venuta in ritardo. Essa, in fretta, voleva trovare un posto ove mettersi, ma i banchi erano tutti occupati. (2)

fatto
Morandi Natura morta 1961 Olio su tela
fatto
Morandi Natura morta 1960 Olio su tela

Fatto

Allontanarsi era facile: ma le rise di quelle donne certo riempivano tutta la muta campagna, perché come io discendeva giù per il sentiero, così quelle mi seguivano, e mi pareva che dietro la bica le due procaci sapessero di essere scoperte e pure non arrossissero; ma mi venivano dietro con le loro risa, ed esse mi schernivano ed io ne aveva vergogna. Io ne aveva vergogna, non esse, e pure la loro impurità era bestiale ed orribile, orribile al punto che vinceva la ragione e incuteva un vaneggiamento di precipitarvi, come a chi contempla gli abissi.

E non v’era nessuna immagine o voce di purità e di virtù che si levasse al mio soccorso, io che le invocavo! (3)

Fatto

E se due donnicciuole toscane favellassino, non favellarebbeno altrimenti che si abbia favellato la Nanna, la Pippa, la Comare e la Balia: e se la sua patria, madre degli ingegni, se Arezzo, già capo di Toscana, fu inanzi a la città da cui si tolgono le leggi del parlare, perché non gli è lecito usare la lingua del paese? Come si sia, andate altero poiché il folgore di verità e di poesia fa ombra, con l’ali de la sua fama, a lo esser vostro; e verrà tosto il tempo che i guiderdoni aparecchiatigli dal Cielo e da la Fortuna vi felicitaranno, onde poterete vivergli gloriosamente apresso. VALETE. (4)

Giancarlo

1) titolo:

Abbattiamo il Vaticano

titolo per ordinamento:

Abbattiamo il Vaticano

autore:

Pasquale Binazzi

opera di riferimento:

Abbattiamo il Vaticano / Pasquale Binazzi. – La Spezia : Tip. La sociale, 1910. – 32 p. : ill. ; 17 cm.

licenza:

Creative Commons “Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale”

2) titolo:

Baby e i tiranni minimi

titolo per ordinamento:

Baby e i tiranni minimi

autore:

Gerolamo Rovetta

opera di riferimento:

Baby e i tiranni minimi – Baldini e Castoldi, 1913 – 226 p. ; 20 cm.

licenza:

Creative Commons “Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale”

3) titolo:

La cagna nera

titolo per ordinamento:

cagna nera (La)

autore:

Alfredo Panzini

opera di riferimento:

La cagna nera: racconto / Alfredo Panzini. – Roma : La Voce, 1921. – 148 p. ; 18 cm.

licenza:

Creative Commons “Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale”

4) titolo:

Dialogo nel quale la Nanna insegna alla Pippa

titolo per ordinamento:

Dialogo nel quale la Nanna insegna alla Pippa

autore:

Pietro Aretino

opera di riferimento:

“Sei giornate”. Grande Universale Mursia, nuova serie, 211, Milano, 1991

cura:

Angelo Romano

licenza:

Creative Commons “Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale”

Un eroe

Di seguito il post di un tizio su FB

“Che cos’è un eroe?

Un eroe è colui che, per qualcuno, rappresenta un modello, un esempio da ammirare e da imitare. Può essere un amico, un genitore, un cantante, uno sportivo, uno scrittore, un insegnante… non importa. Non importa se non l’hai mai potuto conoscere di persona: un eroe te lo senti vicino dentro. Non importa nemmeno se lui non saprà mai chi sei: importa solo quello che ti dà, quello che ti spinge a fare nella tua di vita, quanto ti aiuta a credere che anche tu ce la puoi fare, nei tuoi progetti, nei tuoi obiettivi. È questo che fanno gli eroi: ti fanno sognare e credere che ne vale la pena. Grazie Caio per essere stato il suo eroe.”

Non importa chi sia l’eroe, nemmeno chi sia il tizio che ha scritto queste parole: io non mi sento tale.

Neppure mi piacciono gli eroi.

Capisco che molti abbiano bisogno di un modello, da imitare, ma non sopporto che non siano loro stessi a farsi modello, a dirsi come si devono comportare e perché.

Un eroe di me stesso

Eroe solo per me, questo voglio essere io. Sicuro che vorrei dare l’esempio, ai miei figli ed anche a tutto il mondo, se ci riesco.

Se ci riesco anche solo con i miei figli sarò già pienamente soddisfatto.

Ma un eroe, nel senso che dice il tizio, uno che si fa ammirare, non sarà mai uno che si comporta bene, sarà un ribelle, uno schizzato, un pazzo. Non avrà paura delle conseguenze delle sue parole e dei suoi gesti. Per (di)mostrare il suo eroismo metterà in pericolo tutto e tutti.

Che eroe

Poi se avrà successo, diremo: “come è stato bravo, lungimirante, innovativo… eroico”. Se fallirà pagheremo noi le conseguenze del suo ardire, della sua intemperanza della sua pazzia.

Non voglio eroi.

Voglio gente per bene.

Gente che sappia quel che fa, ne ponderi bene le conseguenze e se ne assuma tutte leresponsabilità.

Non si possono fare rivoluzioni per i rivoluzionari.

Le rivoluzioni si fanno per il popolo, ma tanto poi lui non capisce.

E’ sempre successo così.

Rassegnamoci.

Meglio un eroe in meno e qualche azione concreta in più.

Ceppoduro.

Pittori

Dipingono tutti

Ci sono quelli che lo fanno bene, quelli che lo fanno così così e quelli che lo fanno male, sono tutti pittori.

Oltre ai pittori ci sono gli altri. Gli altri potrebbero/dovrebbero essere interessati ad acquistare le opere dei pittori.

Naturalmente un pittore può regalare un suo lavoro, se vuole, più difficile è che ne regali tanti o addirittura tutti. Ragionevolmente qualcuno vorrà venderlo.

Cioè vorrà una dazione di denaro in cambio dell’opera, la quantità richiesta dipende dal pittore.

Sostanzialmente quelli bravi hanno una quotazione tale che, se non sei un museo o non disponi di un bel patrimonio, può essere arduo riuscire a comprare una loro opera.

Quelli così così vendono a meno, a molto meno, di quelli bravi e di solito non è difficile disporre della cifra richiesta per acquistare qualcosa di loro.

Di quelli che dipingono male non so che dire, lasciamoli stare.

Gli altri e i pittori

Oggigiorno gli altri disposti a spendere sono sempre meno, forse ciò dipende dal fatto che i pittori sono tanti, troppi, forse dal fatto che oggi ci sono tante cose in più da comprare.

Oggi tutti hanno bisogno di una macchina, a volte di due.

Tutti hanno bisogno di un telefonino, a volte di due, e tutti vogliono cambiarlo spesso per avere sempre il top della gamma anche se non sanno usarlo.

Oggi tutti hanno un tatuaggio, a volte diversi, ed è l’unica forma di “avvicinamento all’arte” che conoscano.

Oggi tutti vogliono farsi la settimana bianca, o la crociera, o altro perché devono staccare dal lavoro e dalla vita social(e) per tuffarvisi ancora, ma in un posto diverso da dove abitano e lavorano.

E quasi tutti non possono permettersi di spendere anche in o per un dipinto.

E allora

Tutti pittori, sia chi a fatto “l’artistico” o l’accademia, sia chi è artista, sui social, a prescindere da quel che fa e quasi nessuno che riesca a vendere un quadro.

Tutti ignoranti quelli che dovrebbero fruire della pittura, sia chi ha i soldi sia chi non ce li ha e quasi nessuno che compri le opere di quelli bravi, ma poco conosciuti.

Insomma…

Siamo un paese di morti di fame che non spendono una lira per l’Arte, quella con la A maiuscola, ne per l’arte, quella minore.

Un paese diviso tra estimatori di poster e di tatuaggi, che non trovano qualche centone per appendere un bel quadro in sala.

Non un quadro che non varrà milioni alla morte del pittore ma che ci consola e ci accompagna per quei pochi giorni che ci restano ancora da vivere.

Ma c’è chi preferisce inchiostrarsi la pelle prono su un telefonino luminoso.

Giancarlo

Gioiello (detto Joy)

Nascere poveri è brutto (*)

Gioiello, Joy come lo chiamavano gli amici, era nato povero, i suoi genitori erano contadini smessi, che nel ‘70 lasciarono il casolare per trasferirsi in paese, per trovare la felicità.

Contrariamente agli altri vicini, i suoi non avevano rubato niente al padrone della fattoria dove erano a mezzadria, ne gli rubarono qualcosa al momento di lasciare il podere, ne chiesero niente o fecero causa a lui o a chicchessia, come tanti a quel tempo.

Insomma da poveri contadini tristi divennero poveri operai, ma felici. Felici di poter garantire un avvenire al figlio.

Il padre che faceva il manovale in una ditta edile, la madre restò a casa ad accudire Gioiello. Allora non c’erano gli asili nido ne altre comodità odierne.

Comunque il babbo si ammazzò di lavoro per farlo crescere felice, che stesse meglio di lui, almeno.

Si ammazzò nel vero senso della parola quando, un giorno, cadde dal ponte che stava montando ed andò a battere la testa sulla betoniera, 7 o otto metri più sotto.

Gioiello di mamma

La mamma, disperata, superò a stento il dramma di quanto successo. Quando andò a servizio, la vita ricominciò a sorriderle. Riuscì anche a far studiare Joy, in modo che potesse trovar lavoro in banca ed essere felice.

Joy studiò sodo, voleva far contento la madre e poi voleva emergere, voleva lasciare quella condizione economica precaria.

Fu felice quando entrò in Banca, come cassiere, i soldi cominciarono ad arrivare e la miseria era ormai un ricordo.

Fu triste quando morì mamma ma la vita deve continuare come lo spettacolo.

Cominciò la sua carriera: tanti i cambi di ufficio, tanti quelli di mansione, tante automobili nel frattempo. Si sentì appagato e felice solo quando le fecero direttore generale, riuscendo a farsi una bella macchina, una casa grande in collina, una bella moglie giovane ed anche dei figli, che erano un amore: Belli ed intelligenti anche loro. Era finalmente felice, ricco e felice, non avrebbe desiderato altro, se non che anche i figli si sistemassero; in prospettiva, meglio di lui.

Ma un giorno, la mazzata. I figli erano stati arrestati per droga, non solo consumo ma anche spaccio. Droga pesante, di quella che si inietta.

Quando riuscì ad incontrarlo chiese al figlio maschio perché? E lui facendo spallucce “Oh babbo, per noia”.

Joy, Ohi.

A Joy crollò il mondo, sentì che nonostante tutti i soldi che aveva, e che aveva dato alla famiglia, che non aveva reso felice nessuno, nemmeno se stesso. Nepure conosceva i suoi figli, sua moglie, non aveva amici se non quelli interessati agli affari o che interessavano a lui per i suoi affari.

Non conosceva nessuno, veramente.

Non era nessuno, realmente.

Non era felice come non lo era nessuno intorno a lui, con lui.

Giancarlo

(*) Racconto basato sul paradosso di Easterlin.

Dodicesimo secolo

Bucine città murata

E’ arroccata su un piccolo colle e cinta da mura enormi. Bucine nel dodicesimo secolo ha solo tre porte per comunicare con l’esterno.

Inoltre sono porte doppie, tanto è ciclopico lo spessore delle mura.

Un ponte levatoio fa accedere alla porta da un lato e ne fa scendere dall’altro permettendo in questo modo di attraversare i due larghi e profondi fossati presenti da ambo i lati delle porte.

In poche parole per entrare a Bucine si doveva abbassare un ponte levatoio per superare il fossato esterno ed accedere alla porta esterna.

L’apertura della porta faceva alzare il ponte levatoio abbassato e quindi permetteva l’accesso alla porta successiva dopo l’attraversamento delle mura. L’apertura della successiva permetteva di calare l’altro ponte e superare il fosso interno ed entrare in paese.

Era una sicurezza contro eserciti invasori con avrebbero mai potuto entrare in massa.

Cerchie di mura interne permettevano un ulteriore difesa.

Ma le porte servivano anche ad altro.

Bucine, dodicesimo secolo

A quei tempi la pena capitale non era stata ancora abolita in Toscana, ma i reggenti di Bucine, illuminati anzitempo, offrivano sempre una chance di salvezza al condannato anziché ucciderlo.

L’uso era questo:

In pratica il condannato veniva esiliato, quindi doveva lasciare il paese, passando da una porta.

Vi ho detto che dentro le mura venivano allevati animali. Erano capre, maiali, buoi e cavalli; ma per quella occasione dietro una porta venivano celati dei leoni affamati, trattenuti in lunghe catene e solo il custode sapeva dove.

A quel punto il condannato doveva scegliere una porta di uscita ed oltrepassarne il ponte levatoio. Solo allora poteva chiedere aiuto ed il custode in risposta avrebbe aperto una delle due porte rimaste, una che lui sapeva custodire solo animali domestici. A quel punto al condannato veniva chiesto se volesse cambiare porta, e passare da quella delle due rimasta chiusa o preferisse mantenere la scelta iniziale e proseguire da li.

I più scaltri cambiavano idea ed in gran parte riuscivano a raggiungere l’esilio. I più fessi mantenevano la scelta e venivano in gran parte divorati dalle fiere affamate nascoste dietro la porta.

Morale della storia:

Cambiare da maggiori probabilità di successo (*).

Giancarlo

(*) Una storia di Bucine basata su un’elaborazione del paradosso delle tre carte.

Sansepolcro

Due mostre

A Sansepolcro ci sono due mostre organizzate da Michele Foni.

Creativo disegnatore e pittore che da anni organizza il panorama culturale della Valtiberina e non solo.

Michele si dedica a varie associazioni di volontariato ed è responsabile della Compagnia Artisti.

E’ l’organizzatore della tradizionale Collettiva d’arte Varia che si svolge da 23 anni a Sansepolcro a cavallo delle festività natalizie.

Le 23esima collettiva di arte varia si tiene in due diversi siti, in uno dei quali è presente una mostra aggiuntiva:

La 23° EDIZIONE DELLA COLLETTIVA D’ARTE VARIA DELLA COMPAGNIA ARTISTI Collettiva d’Arte Varia.

Ecco, a Sansepolcro

Mostra che ha luogo nella Sala Esposizioni Comunale di Palazzo Pretorio e nella Galleria dell’Associazione Franco Alessandrini. Sono esposte le pere di numerosi artisti Italiani.

In una sezione nella Galleria dell’Associazione Franco Alessandrini, nella Collettiva (ospite della edizione in corso) composta dalle opere di ben 120 autori diversi:

“L’Ecologia, la sacralità della natura, il Cantico delle creature e la nascita di una moderna cultura ecologista”.

Realizzata in collaborazione con La Pro Loco La Verna presieduta da Aldo Cerofolini.

Si tratta di una mostra di quadri a tema (unico) ed ISO-dimensionali (50×50 cm).

La mostra sta per terminare avete ancora qualche giorno per vedere le più recenti produzioni dei seguenti creativi: Valentina Antonelli, Jennifer Barnard, Josiane Bianconi, Joy Stafford Boncompagni, Giuseppe Boriosi, Francesca Calabrò, Luciana Casacci, Giuliana Casi, Janine Castex, Giuseppina Castigliego, Alessandra Cesari, Iwan Chiodini, Evangelista Felici in arte Cico, Alfiero Coleschi, Conti Anna Maria Artista, Anna Degaudenzi, Gregorio Del Furia, Diego Della Rina, Enzo Della Rina, Ines Dionigi, Laura Dolcini, Mario Dolfi, Sandro Epi, Fabrizio Fabbroniarte, Luisella Fiorucci, Michele Foni, Angela Franquillo, Marisa Gambini, Arianna Gasperini, Valerio Gherardini, Gianfranco Gobbini, Daniele Guerrini, Patrizia Latini, Lisetta Magrini, Enzo Marchesi, Mauro Marinelli, Giulia Masciale, Sergio Massetti Riciclart, Pino Nania, Fausto Panichi Pittore, Giulio Perisci, Lelia Riguccini, Alfio Samarati, Raoul Scarponi, Giorgio Sensi, Nicoletta Spinelli, Moira Lena Tassi, Roger Taylor, Armando Tondo, Franco Vannini, Heidi von Johnston e Annamaria Veccia.

Andateci è bella.

Giancarlo

Montevarchi

A Montevarchi

Montevarchi, una ridente cittadina del Valdarno superiore, è un comune con poco meno di 25.000 abitanti disteso sul lato sinistro del fiume Arno, dove un tempo era presente un lago pliocenico.

Montevarchi è un paese ricco di architettura religiosa:

Chiese parrocchiali

Oratori

Monasteri

Conventi

Un po meno numerose quelle civili

Palazzi pubblici

Residenze private

L’economia ha visto

Ha visto prevalere il commercio, le attività industriali si sono limitate al cappellificio, alla fabbrica magnesia e poco più.

Ma ora anche il commercio sta soffrendo. Via Roma, il cure nevralgico del paese vede sempre più negozi vuoti per cessata attività, per trasferimento altrove. I cartelli “Vendesi” o “Affittasi” sono onnipresenti.

Allora il comune e Montevarchi Arte hanno cercato di rendere più colorate le vetrine o gli ingressi dei negozi sfitti, almeno per queste feste.

Dei dipinti appositamente realizzati ne sono stati scelti tre, con i quali sono stati stampati manifesti da appendere nei negozi che dicevo prima.

Licio li ha messi su cavalletti e piazzati sul posto.

Ecco il risultato.

Licio Casini, presidente di Montevarchi Arte ha realizzato anche un presepe animato per allietare le feste dei Montevarchini.

Lo ha allestito nella galleria San Lorenzo, in cima a via Bracciolini, ed è spettacolare, non credete?

Ecco le foto

ed ecco il video.

Scusate i fuori fuoco, ma non ho potuto fare di meglio.

Ma se andrete a visitarlo lo potrete vedere in tutto il suo splendore.

Giancarlo