Quest’anno ho mangiato di nuovo le “crognole” o corniole, frutti meravigliosi, quasi sconosciuti ai più, di un alberello del sottobosco, il corniolo.
Non si trovano in negozio, bisogna andarsele a cercare, anche se non sono difficili da trovare.
Una bella passeggiata, lungo una strada che costeggia un bosco, ce ne farà, quasi certamente, incontrare uno.
Il corniolo può essere alto alcuni metri , ma di solito non supera i tre ed è facile piegarne i rami per raccogliere i frutti, drupe rosse, di forma leggermente allungata, che diventano più scure con la maturazione. Quindi non raccogliete quelle rosso vivo che sono aspre. Il gusto è comunque aspro, astringente, ma unico e merita sicuramente di essere conosciuto.
Non illudetevi le dimensioni delle crognole sono ridotte: 10÷15 mm di lunghezza per 7÷10 mm di diametro (leggermente più grandi se le condizioni orografiche e climatiche lo consentono)con il volume quasi interamente occupato dal nocciolo.
Nocciolo duro come poco altro; tant’è che si dice: “sei (di) crognolo” per dire poco malleabile, ma anche tardo, duro a capire, che non impara o appende nulla.
Comunque, a parte le ingiurie provare le crognole, vale la pena di cercarle, la parte carnosa è poca ma buona, maturano a fine agosto, ricordatevene la prossima volta.
(Naturalmente occhio a cosa ingerite, ci sono molti frutti e bacche nel bosco che assomigliano alle crognole e possono essere pericolose, accertatevi che siano crognole (o corniole) fatele vedere a, fatevi accompagnare da, chi le conosce o portatele da un esperto botanico, meglio avere paura e rinunciarvi se non siete sicuri).
Giancarlo Arrigucci
Insomma le crognole sono qualcosa di unico, un frutto più esotico di tutti quelli che potrete mai comprare eppure quasi sconosciuto. Cercatele e godetevele.
Mi domando mentre cammino lungo la strada che porta al lago.
In circa tre anni si sono moltiplicati, hanno percorso una ventina di metri lungo il margine della strada, l’hanno, infine, attraversata e si stanno propagando anche di la.
Compaiono a metà settembre, forse già a fine agosto e restano fioriti fino ai primi di ottobre, non assomigliano a niente visto prima, ma ci sono e non c’erano mai stati.
Ma sono belli e potrebbero essere anche buoni, se fosse zafferano.
2. Toglietele dalla pentola e pelate la buccia con il coltello. (Occhio bruciano da matti).
3. Rompetele sul tagliere con la forchetta trasformandole in pasta.
4. Impastatele con la farina, fino ad ottenere un impasto consistente.
5. Fate riposare l’impasto per un po.
6. Spolverate la spianatoia o il tavolo con la farina.
7. Prendete un pugno di impasto e arrotolatelo con i palmi uniti delle due mani fino ad ottenere uno spaghetto cilindrico di circa un centimetro di diametro.
8. Mettetelo in una parte della spianatoia inutilizzata e spolverata di molta farina.
9. Trasformate tutto l’impasto in questi cilindri.
10. Fateli riposare.
11. Mettetene 4 o 5 paralleli vicino al bordo della spianatoia e tagliateli a tocchetti (gnocchi) di circa un centimetro con il coltello a lama lunga. Allontanandoli ad ogni taglio dagli spaghi non tagliati.
12. Quando li avete tagliati tutti spolverate la spianatoia con farina e disponeteli diradati ad asciugare.
Note
1. Per cuocerli prendeteli senza farli attaccare e buttateli nell’acqua bollente.
2. Cuociono in 2-3 minuti. come vengono a galla sono cotti.
3. Conditeli a piacimento.
4. Se le patate sono del vostro orto o dei vostri vasi o ve le ha date un vicino che le ha coltivate così, non hanno prezzo.
Da bere
1. Anche qui acqua di rubinetto o di fonte.
2. Il vino suggeritelo voi.
3. Niente bevande gassate.
Quest’opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 3.0 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA.
Sono felice di essere Italiano, così come Bucinese, ma qualche volta me ne vergogno anche.
Atterro a Roma, la città più bella d’Italia, all’aeroporto più bello d’Italia (ma se non conosci gli altri aeroporti Italiani non ci crederesti). Esco dall’aeromobile seguo le indicazioni per il ritiro bagagli, distrattamente. Dico distrattamente perché sono in compagnia di un’altra persona, con la quale, ovviamente, interloquisco.
Arriviamo ad un tornello che ci permette di entrare nella zona dei nastri riconsegna bagagli, strano che ci sia un tornello ma… ma sono stanco, dopo tre voli e oltre 24 ore di viaggio, passo il tornello per guardare sul tabellone, sul muro li vicino, su quale nastro arriverà la mia bella valigia rosso fuoco.
Peccato che sul tabellone compaiano tanti voli, alcuni già atterrati, ma del mio da Francoforte non ci sia traccia. Ho sbagliato qualcosa? Chiedo lumi ad una signora, in divisa, che ha appena attraversato il tornello. Mi dice che la mia area ritiro bagagli è un’altra, devo uscire salire al primo piano, rientrare ed andare a quella giusta.
Ma come è possibile che sia arrivato qui? Ho seguito sempre le frecce con la scritta “baggage claim – exit” per il ritiro bagagli e l’uscita. Cerco di tornare indietro dal tornello, c’è tanto spazio tra la sbarra e d il palo che all’uscita non mi è neppure girato. Mi bloccano subito:
“Non si può tornare indietro!”.
“Ma…la mia valigia, sono appena passato…”.
“Non si può esca e rientri! Guardi, subito a destra e poi rientra.”
Esco, ma non c’è niente, solo il lungo corridoio esterno, rientro da dove sono uscito quando la porta si apre per il passaggio di un viaggiatore, ma mi bloccano subito. Mostro il mio biglietto:
“Vengo da Francoforte, ho seguito le frecce… la mia valigia.”
“Guardi è semplicissimo esce a destra e rientra, ci sono dei colleghi, poi va al ritiro bagagli.”
Esco, cammino sulla destra, finché trovo un’entrata decine di metri più avanti a destra, è l’entrata partenze, qualcosa non va (???), entro nell’area partenze, passo dai check-in, proseguo fino al controllo passaporti.
Provo ad entrare, da dove ero entrato la settimana prima, alla partenza, spiego la situazione alla coppia del desk, sono gentilissimi ma non sono nel posto giusto, arriva un terzo, mi dice come fare:
“Torni giù, da dove è uscito, rientri, ci sono dei finanzieri che controllano i documenti e la fanno passare.”
“Ma sono gli stessi che mi hanno fatto arrivare qua?…e non mi hanno fatto rientrare prima”.
“Non si preoccupi, faccia come le ho detto”.
“Vabbè, grazie, ma credo che ci rivedremo presto”.
Esco, stavolta da una scala e non rifaccio le decine di metri indietro, rientro con lo stesso trucchetto della prima volta, lo stesso militare, sempre gentile, mi dice che non posso rientrare da li ma devo uscire, poi rientrare subito a destra, dai suoi colleghi che mi fanno accedere all’area bagagli giusta.
Sono frastornato ma deciso a riavere ciò che è mio, la mia bella valigia rossa con i manici gialli, ad ogni costo.
Esco , mi giro a destra, mi fermo, studio la situazione.
Ci sono transenne alla mia sinistra, che portano ad uscire lateralmente nel corridoio, dove di solito stazionano quelli che attendono all’uscita i passeggeri, C’è una transenna anche sulla mia destra, fatta con del nastro adesivo (???) e più corta dell’altra, che porta il flusso delle persone che escono nella direzione giusta e, presa nell’altro senso permette di accedere ed aprire una porticina con sopra un cartello che dice “Personale di servizio- Staff only”. Vuoi vedere che?…
E’ sulla destra dell’uscita, subito dopo l’uscita, (qualche metro), provo ad entrare, e, sorpresa, vinco. C’è uno scanner per le cose uno per le persone, mostri i documenti, il “boarding pass” e la ricevuta del bagaglio passo dallo scanner, e mi fanno accedere all’area giusta.
Trovo la mia valigia esco, con il mio collega prendiamo la macchina al parcheggio e torniamo a casa.
Ma perché ho intitolato questo post “Ma dobbiamo sempre farci riconoscere?”.
Per due motivi.
1- Le frecce mi hanno portato in un’area sbagliata dell’aeroporto, non dovrebbe essere possibile. Intravedo aree di miglioramento: per me, la prossima volta che volo su Roma, ma soprattutto per l’aeroporto di Roma che di passeggeri ne ha, per sua fortuna, ancora molti altri da condurre al ritiro bagagli, quello giusto.
2- Il personale poteva essere più chiaro : bastava dire “entri dalla porta qui accanto, quella del personale di servizio”. Uno “straniero” non sarebbe mai entrato da una porta con scritto “STAFF ONLY”, se non adeguatamente informato, ma forse neppure mai uscito da quella sbagliata, se le indicazioni delle frecce fossero corrette.
Che penserà di noi un turista straniero che dovesse trovarsi all’aeroporto di Roma, nelle mie stesse condizioni?
Fuori dall’Italia ho sempre raggiunto, senza difficoltà, il nastro bagagli giusto.
(*) Va bene di grano duro o tenero, tipo “0” o “00”, a me piace quella di grano tenero.
2. Uova di gallina
Ferramenta
1. Matterello
2. Spianatoia o tavolo
3. Coltello a lama liscia lunga
4. Telo di cotone.
5. Essiccatoio (*)
(*)Per essiccatoio intendo un oggetto o un’area dove mettere distesa o appesa la pasta ad essiccare. Quindi deve essere adatto.
Preparazione
1. Versare la farina in una spianatoia.
2. Dare forma a vulcano e romperci dentro le uva.
3. Rompere tuorlo con albume con le dita ed impastare il tutto con le mani, aggiungendo farina se necessario.
4. Far riposare l’impasto in un telo umido per qualche tempo (dipende dal tempo che avete). L’impasto si uniforma e si perdono i grumi.
5. Spolverate la spianatoia di farina e prendere una palla di pasta da stendere, prima grossolanamente con le mani, poi con il matterello.
6. Se non sapete usare il matterello non potete fare la pasta all’uovo da voi a meno di utilizzare una macchinetta a mano o a motore od un robot da cucina, ma allora che gusto c’è?
7. Affinate la pasta con il matterello, arrotolandola su di esso ed allargandola con i palmi dalle mani.
8. Rigiratela più volte srotolandola e riarrotolandola in direzione a 90° rispetto a quella precedente.
9. Spolverate sempre con la farina.
10. Tirate la sfoglia più che potete.
11. Fatela riposare ed asciugare un po.
12. Spolveratela di farina.
13. Piegate un bordo al centro.
14. Ripetete l’operazione dalla parte opposta.
15. Avete due semicerchi che vanno a ricoprire (parzialmente) la sfoglia.
16. Ripiegate i nuovi bordi verso il centro.
17. Ora avete un budello schiacciato con quattro sfoglie sovrapposte.
18. Ripetete l’operazione per avere un salame più stretto e la sfoglia ad otto strati.
19. Fermatevi prima che le pieghe siano troppo strette.
20. Dovreste avere un doppio tubo, largo 5-10 cm, secondo la vostra abilità.
21. Tagliatelo a fette sul tagliere o sul tavolo con il coltello a lama lunga, aiutandovi con le nocche della mano con cui non tenete il coltello per la direzione e la distanza delle fette.
22. Quando ne avete affettate alcune infilate il coltello con la lama parallela al tavolo, centrale rispetto al doppio tubo e quindi sollevatelo dalla parte della costola, tra le due metà della fetta ed apritela facendo srotolare le strisce.
23. Secondo la distanza di taglio avrete fatto pappardelle, tagliatelle o tagliolini.
24. Riponetele, disponetele, appendetele nell’essiccatoio per far evaporare l’umidità e seccare la pasta.
25. Questa pasta si cuoce in qualche minuto (3-5) se fatta con grano tenero, più lentamente se fatta con farina di grano duro.
Note
1. E’ un lavoro impegnativo e faticoso ma vuoi mettere il gusto.
2. Si condisce con quello che volete.
3. Buon appetito.
Da bere
1. Che posso dirvi, io ci berrei un buon vino.
Quest’opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 3.0 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA.
L’anno scorso in Novembre ho partecipato al premio Roberto Quacquarini, un evento importantissimo che si tiene a Bastia Umbra ogni anno ormai da nove edizioni, quest’anno sarà la decima.
Ogni pittore è ammesso con un’opera singola realizzata apposta per l’evento o meno.
Infine il giudizio della giuria indicherà un vincitore ed altri di seguito classificati.
E’ un premio importantissimo, vincere il “Roberto Quacquarini” è il sogno di ogni pittore.
Purtroppo io non posso sperare tanto ma già parteciparvi è un onore incredibile.
Ma chi era Roberto Quacquarini?
Ecco come lo descrive il maestro Marco Giacchetti:
“Roberto Quacquarini (Tora e Piccilli 1941 – Foligno 1974) è stato “cantautore e musicista raffinato, animatore sociale, pittore di rare qualità. Le sue soluzioni metafisiche, le oniriche visioni di un mondo dilaniato, i suoi soggetti drammatici, trasfigurati con impasti cromatici di forte tonalità e dai contrasti incendiati, affascinano tutti coloro che cercano nella pittura non la stantia iconografia, ma il messaggio valoriale.[…] Per questo suo essere e il suo fare, Roberto Quacquarini è nel cuore di tutti coloro che amano l’arte, quella del messaggio e non dell’effimero e dell’evasione.
Pittura che fa pensare, anche soffrire. E’ pittura che non passa inosservata.”
Forse tu
che sei qui a guardare
dentro i miei occhi,
già sai perché
io parlo molto di mistero.
Forse tu vuoi
ch’io parli d’altro
questa sera.
Ma dimmi,
come posso,
se anche intorno a te
trovo ogni giorno
le cose che mai
son capace di capire?
Preparazione
1. Pulite tutte le verdure che avete (anche di più o anche di meno di quelle elencate).
2. Sbucciate quelle da sbucciare.
3. Tagliatele a tocchetti (belli grandi) quelle da tagliare.
4. Mettete abbastanza acqua in pentola (ma se risulterà insufficiente l’aggiungerete in qualsiasi momento).
5. Mettete le verdure più dure per prime.
6. Il pomodoro (maturo ma fresco) può essere aggiunto ora per far colorare meglio il brodo.
7. La cipolla migliore è la fresca con tutte le “fronze” (*) tagliate a tocchetti.
8. Aglio, abbondate.
9. Fate bollire.
10. Aggiungete le verdure più morbide.
11. Fate bollire fino a raggiungere la cottura e la quantità d’acqua desiderata ( a piacere).
12. Aggiungete sale.
13. Aggiungete Origano.
14. Aggiungete olio extravergine di oliva e togliete dal fuoco.
Note
1. Si può aggiungere del pane (arrostito) sul piatto, ma anche no.
2. Durante la cottura si può aggiungere della pasta, ma è più buono senza,
comunque sta a voi.
3. Se avete fatto dei tagliolini all’uovo con farina di grano tenero, mettetene
pochi perché ingolfano tutto.
4. Piatto vegetariano gustosissimo.
5. Se le verdure, se sono del vostro orto o dei vostri vasi, è ancora più
buono, se un vicino o un conoscente ve le offre dal suo orto, fate conto di
averle coltivate voi, ma offritegli una scodella di minestrone.
6. L’origano è la morte sua.
7. Alla fine grattateci del formaggio pecorino o parmigiano, ma se non vi
va non grattatecelo, è già buono così.
8. (*) Foglie verdi tubolari della cipolla fresca. Da bere
1. Acqua del rubinetto o di fonte.
2. Per il vino (buono mi raccomando) attendo suggerimenti da qualche
amico o da chi ne abbia voglia.
3. No bibite gassate.
Quest’opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 3.0 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web
http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street,
Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA.
1. Tagliate uno o alcuni pomodori a quadretti (io prima li pelo per togliere la buccia).
2. Mettete un filo d’olio in padella e mettetela al fuoco.
3. Ad olio caldo aggiungete i pomodori.
4. Rompete le uova e mettetele in padella sul pomodoro.
5. Fate bollire fino a cottura delle uova.
6. Se necessario, aggiungete un po d’acqua perché il contorno del pomodoro sia molto morbido.
7. Salate a piacere (poco mi raccomando).
8. Prima di servire nel piatto o di mangiare nel tegamino aggiungete un filo d’olio crudo.
Note
1. Si mangia con tanto pane. si ripulisce tutto.
2. Non è vegetariano puro, per via delle uova, ma ci si avvicina molto.
3. L’olio (se non lo fate voi) prendetelo buono, da un coltivatore di fiducia.
4. Il pomodoro si pela con il coltello. Prima si passa con la lama perpendicolare sopra la buccia, senza romperla. Una volta passata tutta la superficie, si intacca una parte e si pela, togliendo più buccia possibile. Dalla polpa si tolgono i semi, ma potete anche lasciarli. Sicuramente si tolgono le parti giallognole callose, che sono dure.
Da bere
1. Acqua del rubinetto o di fonte.
2. Vino bianco fresco (poi però non guidate o prendetevi il tempo necessario a smaltirlo).
Quest’opera è stata rilasciata con licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 3.0 Italia. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/licenses/by-nc-sa/3.0/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA.