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Tutti i Levanesi

Tutti i Levanesi sono castani

Ma sarà vero?

Sono stato molte volte a Levane, un paesone del Valdarno superiore sud situato tra Arezzo e Firenze, lungo la Statale 69 del Valdarno. Non ci avevo fatto caso, ma poi mi hanno fatto notare che tutti i Levanesi (gli abitanti di Levane) sono castani. Oh sembra sia proprio vero, ogni volta che vedo un levanese, questi ha i capelli castani, immancabilmente, quindi, induttivamente, mi viene naturale affermare che tutti i Levanesi sono castani.

Tutti i levanesi

Personalmente sono portato verso il pensiero scientifico, logico o matematico, purché sostenuto da prove chiare.

Certo per essere sicuro che tutti i levanesi sono castani dovrei incontrarli uno ad uno e verificare, troppo difficile anche appostandomi al bar o all’incrocio.

Tutti

Potrei, più comodamente, usare la logica, usando altre prove. Se è vero che tutti i levanesi sono castani deve essere vero anche il suo contrario logico. Cioè che tutti i non Levanesi sono non castani. Infatti, io che sono di Bucine, sono moro. Cioè io non Levanese sono non castano. Conosco anche uno di Montevarchi biondo, altra prova a sostegno della tesi induttiva che siccome un Montevarchino è biondo un non levanese è non Castano quindi tutti i Levanesi sono castani.Tutti i Non Levanesi

Non farebbe una piega, se non avessi incontrato uno di Laterina con una bella chioma castana, allora se un non Levanese è castano almeno un Levanese è non castano.

Ma perché ho sbagliato così clamorosamente le mie conclusioni? Il processo di induzione, derivare regole generali da una singola prova è un metodo usato da tutti, ogni giorno, per stabilire cosa fare. Se al mattino scendiamo dal letto e poggiamo i piedi nel pavimento senza sprofondare al piano inferiore. Significa che ci aspettiamo, correttamente, che ogni mattina successiva possiamo alzarci nello stesso modo senza preoccuparci della presenza o solidità del pavimento.

Ragioniamoci bene

Beh, a volte il nostro ragionamento è troppo affrettato e ci fidiamo troppo delle poche prove che il metodo induttivo ci da. Infatti non basta che si rompa l’auto partendo il martedì mattina per le vacanze, per confermare il detto che “Di Venere e di Marte, ne si torna ne si parte”.

Comunque senza il metodo induttivo molte cose non riusciremmo a farle. Infatti dopo un primo insuccesso generalizzeremo che l’azione connessa è impossibile o pericolosa. Meglio non farla. Allora conviene sempre valutare quanto sia probabile che un accadimento si ripeta. Se valuteremo bene, come quasi tutte le persone sono in grado di fare le nostre previsioni saranno mediamente corrette e non avremo problemi.

Tutti brilliA

Ma se il Montevarchino è biondo significa che tutti i non Montevarchini sono non biondi? Il fatto che tutti i non Levanesi siano non castani ne è un conferma, una plateale conferma direi?

Voi che ne pensate?

Giancarlo

Io sono il presidente del consiglio dei ministri

Io sono il presidente del consiglio dei ministri

Ho scoperto di essere io il presidente del consiglio dei ministri, io non Renzi, non è stata una bella scoperta, non ci tenevo affatto. Il suo è un lavoro duro ed ingrato: dover mentire sempre, raccontare frottole come i dottori, perché la verità fa male ed il paziente, i cittadini, preferisce non saperla.

Ma sarete curiosi di sapere come l’ho scoperto? Seguitemi, cerco di spiegarvelo il più chiaramente possibile.

Leggevo su internet notizie riguardo l’economia Italiana. Il PIL è misero, siamo i peggiori d’Europa. Non riusciamo più a produrre ricchezza. Nemmeno bellezza riusciamo più a realizzare, figuriamoci ricchezza. Guardate le opere pubbliche che si vedono in giro (come detto nel post precedente: “Monumenti”). La ricchezza ogni anno aumenta, ma di uno zero virgola (0,…).

Ripresina

Il nostro primo ministro è però ottimista ci dice che la ripresa è iniziata e che gli Italiani si stanno arricchendo.

Ora per Renzi il risultato economico è maggiore di quel che sembra,

cioè 2+2 non fa 4 ma 5 e questo mi ricorda Bertrand Russell ed un suo ragionamento famoso. Come lui, anch’io, partendo da queste basi posso dimostrarvi di essere, il presidente del consiglio dei ministri, non Renzi.

Allora, logicamente sappiamo che per Ex falso sequitur quodlibet, da (A e non A) –> (consegue) B.

Tornando alle affermazioni di Renzi, che deve falsificare i risultati per non dire di aver, in qualche modo, fallito la sua politica o che la sua politica ha fallito. Deve dire che  2+2 fa 5. Noi sappiamo che è falso, ma supponiamo che sia vero.

Possiamo affermare che da A 2+2 ≠ 5 e non A, (la sua negazione),–> B, (B è 2+2=5).

Perché, come suddetto, per logica da A e non A consegue B, se ora semplifico il valore di B conseguente 4=5, a cui posso sottrarre 3 da ambo i membri, ottenendo: 1=2.

Ecco che io sono 1 e, con il presidente del consiglio dei ministri, siamo 2; cioè 1=2, io = il presidente del consiglio dei ministri.

IO RENZI 2

Vi ho appena dimostrato, quello che affermavo all’inizio, di essere io il presidente del consiglio dei ministri. Non me ne vanto, per carità, anzi scusatemi. Credo, come presidente del consiglio dei ministri, di non averne indovinate molte per voi. Ma forse era mancanza di consapevolezza di quello che stessi facendo che non mi ha portato a grandi risultati. Ora lo so, ora che ho capito, vedrete, farò meglio, non sbaglierò più, almeno i conti. Quelli, giuro, li farò col telefonino.

io renzi conta
Renzi, per il momento conta molto, ma da domani conterà meno.

Il vostro PdCdM preferito

Giancarlo

 

 

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Interrogazione a sorpresa, scopriamo quando ci sarà.

Interrogazione a sorpresa

interrogazione alunnIl professore di geografia, anzi la professoressa, ha detto all’Irene che la prossima settimana farà un’interrogazione a sorpresa, ma non gli ha detto quando. Anzi ha detto perentoria: “la farò solo quando non ve lo aspetterete”.

Ora Irene si chiede, e così come lei i suoi compagni, quando mai sarà interrogata? Beh, da quando, alle medie, il Sabato non vanno più a scuola, almeno siamo sicuri che non lo farà Sabato prossimo.

Ma se non Sabato, quando? Ne abbiamo discusso a lungo, cercando di capire se potessimo prevedere quando sarebbe stata interrogata, perché Irene sarà interrogata solo se, e quando, lei non se lo aspetta, e questo non ci facilita il compito.

Certo, ora, dopo la riforma della scuola, il Venerdì è l’ultimo giorno della settimana scolastica. La prof non potrà interrogare Venerdì, almeno non a sorpresa. Venerdì niente interrogazione. Infatti gli alunni della classe se non fossero stati ancora interrogati il Giovedì, sarebbero certi di esserlo il giorno dopo, ultimo giorno utile. Quindi non sarebbe più un’interrogazione inaspettata.

Sabato e venerdì siamo tranquilli non può esserci interrogazione a sorpresa. Ora come non può essere inaspettata il Venerdì, con lo stesso ragionamento, l’interrogazione non può esserlo il Giovedì, il Mercoledì eccetera.

Che cosa se ne deduce?

Quindi è corretto, è logico, ritenere che non ci sarà nessuna interrogazione a sorpresa la prossima settimana e magari la Professoressa dirà che interrogherà la settimana successiva o quando riterrà opportuno.

Quindi Irene ed i suoi compagni di classe potrebbero evitare di studiare Geografia e dedicarsi ad altro o forse… o forse è bene che si mettano subito a studiare. Perché l’interrogazione a sorpresa sarà Lunedì, primo ed unico giorno in cui, a causa del ragionamento fatto, non ci si aspetterà di essere interrogati.

interrogazione 111

Io un consiglio ad Irene voglio darlo: “Studia Irene, studia che lunedì, a causa del paradosso dell’impiccagione sarai sicuramente interrogata a Geografia”.

Accidenti, è proprio paradossale, sapere con certezza quando saremo interrogati a sorpresa.

Giancarlo

Addio alle Poste. Ecco i numeri.

Addio alle Poste

Le poste italiane non sono più le nostre, addio alle Poste, il governo ha dato il via libera alla loro privatizzazione, il 40% finirà sul mercato a breve.

“Eh ma allora? Più della metà resta pubblica, dai!” Mi sembra di sentirvi.

“Prima non funzionavano, forse ora miglioreranno!” diranno altri.

Va beh! Non gliene frega niente a nessuno, lo immaginavo.

D’altronde non suona più due volte, il postino, anzi non suona mai, qualche volta lascia la posta altre volte… “le poste? Che sono le poste?”.

Intanto, per metterle in borsa non hanno badato a spese: Una ricca campagna promozionale in TV (tho!). Consegna a giorni alterni nei paesini e case sparse (tho e ancora tho!). Sparizione dei francobolli nei vari tabacchini e negozi di souvenir d’Italia (aha, insomma, basta!). Stabilizzazione dei precari (con contratti a tutele crescenti, presumo).

Ma questa è una bella notizia? No era brutta quella dell’impiego dei precari, gente che non sapeva neppure dove abito, che ora non si possono chiamare più così, li chiameremo fissi a tutele precarie, speriamo imparino almeno il mio indirizza di casa nei lunghi anni di lavoro che li attende.

A parte le notizie altalenanti:

Poste Italiane: crollo dell’utile nel 2014, ma PosteMobile tiene ()

31 luglio 2015 Poste Italiane: fatturato e risultato operativo in crescita Il Consiglio di Amministrazione approva i risultati semestrali 2015

ecco i risultati ufficiali:

– Ricavi totali: €16 miliardi, +7% (€15 miliardi al 30.06.2014)
– Risultato operativo: €638 milioni, +26% (€506milioni al 30.06.2014)
– Utile netto: €435 milioni (€222 milioni al 30.06.2014)
– Masse gestite/amministrate: €469 miliardi, +1,5% (€462 miliardi a fine 2014)¹
– Raccolta diretta Bancoposta: €45 miliardi, +2,7% (€44 miliardi al 30.06.2014)²
– Raccolta premi Poste Vita €9,4 miliardi, +15% (€8,2 miliardi al 30.06.2014)
– Ricavi per corrispondenza: -6,5%, rallentamento del calo (-9% al 30.06.2014)

Da cui si deduce che:

Dalla privatizzazione si potrebbero ottenere fino a 8 miiardi, ma ne otterremo, ragionevolmente 4 se va tutto bene.

Venderemo un gioiellino, la più grande azienda Italiana, o una delle più grandi, ed useremo i 4 miliardi per ridurre il debito pubblico. Addio alle Poste.

Debito pubblico

Il debito pubblico è pari al valore nominale di tutte le passività lorde consolidate delle amministrazioni pubbliche (amministrazioni centrali, enti locali e istituti previdenziali pubblici). Il debito è costituito da biglietti, monete e depositi, titoli diversi dalle azioni – esclusi gli strumenti finanziari derivati – e prestiti, secondo le definizioni del SEC 2010.

Il valore si riferisce al 31 dicembre di ciascun anno.

Anno Debito Pubblico (milioni di €) PIL (milioni di €)
2011 1,907,479 1,638,857
2012 1,988,901 1,615,131
2013 2,068,722 1,609,462
2014 2.134.920 1.616.048

Che da 2 mila 134 miliardi passerà, speriamo d’amblé, a 2 mila 130 miliardi di Euro (in culo alla Merkel che ci tratta da pezzenti).

Ma siamo ridicoli, siamo veramente ridicoli, le Poste fruttano 222 milioni, ma nulla toglie che  potrebbero fruttare molto di più se amministrate meglio, un miliardino ogni quattro anni 4 miliardi in sedici e noi la vendiamo per sempre.

Anzi credo che ora la vendiamo e poi la ripagheremo, come Alitalia come le Ferrovie come tutto il pubblico privatizzato in Italia. E in più c’è un tesoro, non vorranno mica rubarcelo? Il tesoro sono le Masse gestite/amministrate: €469 miliardi, la Raccolta diretta Bancoposta: €45 miliardi, la Raccolta premi Poste Vita €9,4 miliardi.

Ma non credeteci, non ne ho mai indovinata una, come mai ho azzeccato un terno al lotto. Addio alle Poste.

Godetevi l’ebrezza dell’inversione di tendenza del debito pubblico, che invece di salire, salire, salire, salire, salire, calerà. Come nelle migliori giostrine del lunaparck, prima si sale su e poi si cade giù.

Addio alle Poste La nave dei Pirates
La nave dei Pirates

 

Addio alle Poste

Saluti
Giancarlo

Fonte: Il giornale.it

Dipartimento del tesoro

Il sole 24 ore

Talete. E’ stato un filosofo greco antico il primo a cui

Talete

E’ stato un filosofo greco antico. Il primo a cui fu dato l’attributo di “sapiente” come attesta Platone che, nel dialogo, lo inserisce in una lista di nomi (i cosiddetti Sette savi). « Talete di Mileto, Pittaco di Mitilene, Biante di Priene, Solone, Cleobulo di Lindos, Misone di Chene e Chilone di Sparta. Tutti quanti furono emuli, ammiratori e discepoli della costituzione spartana »

Erodoto attribuisce a Talete la previsione dell’eclissi di sole verificatasi il 28 maggio 585 a.C. Che avrebbe impressionato talmente i Medi e i Lidi, in guerra tra loro, da smettere di combattere.Nonché l’elaborazione d’un espediente che avrebbe permesso all’esercito di Creso, il re della Lidia in guerra contro il persiano Ciro il Grande, di attraversare il fiume Halys.

Racconta Erodoto che abbia fatto guadare l’esercito, dividendo il fiume halys in due bracci. Con un’abile scavo sulla riva a monte dell’accampamento delle truppe. I due bracci, suddividendo la portata del fiume, sarebbero entrambi divenuti guadabili.

Talete

Egli scrisse ma non è rimasto nulla dei suoi scritti.

Gli sono attribuite varie opere letterarie e alcune sentenze. Tra queste mi piacciono:

 

  • Il più veloce è l’intelletto, perché passa attraverso tutto.
  • Il più forte è la necessità, perché tutto domina.
  • Che il tempo è più saggio di tutti, scopre sempre tutto.
  • La cosa più sgradevole è vedere un tiranno esser potuto invecchiare.
  • Che si vive virtuosamente non facendo quello che rinfacciamo agli altri.
  • Di non abbellirsi nell’aspetto ma nei comportamenti.
  • Sosteneva che la morte non è diversa in nulla dalla vita. A chi gli obbiettava perché allora non morisse, rispondeva che era perché non c’era alcuna differenza.
Si diceva che

Talete avesse misurato l’altezza della piramide di Cheope. Calcolando il rapporto tra la sua ombra e quella del suo corpo. Nel momento del giorno in cui la sua ombra ha la stessa lunghezza della sua altezza. In questo caso l’angolo tra altezza e larghezza della piramide è esattamente 45°C. Relazionando l’ombra della piramide ad un ombra di un’altezza nota si può agevolmente calcolare l’altezza ignota. Perché i triangoli generati da ombra, altezza e larghezza sono simili. Per similitudine esistono relazioni tra le varie misure.

Giza_piramidi_di_Henutsen_e_CheopeProclo, il commentatore di Euclide, attribuisce a Talete anche cinque teoremi di geometria elementare:

  • Un cerchio è diviso in due aree uguali da qualunque diametro“.
  • Gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono uguali“.
  • In due rette che si taglino fra loro, gli angoli opposti al vertice sono uguali“.
  • Due triangoli sono uguali se hanno un lato e i due angoli adiacenti uguali“.
  • Un triangolo inscritto in una semicirconferenza è rettangolo“.
Talete aveva anche interessi astronomici.

Stabilì, tra l’altro, che alcune stelle non erano, come sembravano, fisse rispetto ad altre. Chiamandole pertanto pianeti, ossia corpi erranti. Avrebbe anche fissato in trenta il numero dei giorni del mese. Constatò che l’anno era composto da 365 giorni e un quarto. Poi per primo disse che la luna è illuminata dal sole.

Talete pensava che il principio di tutto, il nutrimento delle cose, fosse l’acqua o l’umido. In ogni caso l’acqua e le sue trasformazioni pesavano nella realtà delle cose. La sua ricerca della verità ne tenne sempre conto.

Il motivo della scelta dell’acqua deriva indubbiamente dalla sua importanza nella crescita e nell’alimentazione delle cose viventi. Della sua funzione nella vita quotidiana degli uomini, come dalle osservazioni che Talete avrebbe fatto in Egitto sull’importanza del Nilo. Ma l’originalità di Talete sta nell’aver trasformato questa spiegazione mitica in un principio di conoscenza fisica e metafisica. L’unità dell’elemento acqua è anche l’unità del mondo. L’analogia con le spiegazioni mitologiche orientali esiste indubbiamente, ma il principio utilizzato da Talete non è mitico ma fisico. Questa tesi innovativa presuppone affermazioni di verità non a partire da alcuni oggetti particolari. Come avveniva per gli Egiziani e i Babilonesi, ma per un’infinità di oggetti contenuti nel mondo. E per il mondo stesso. Egli enuncia verità che riguardano tutti gli esseri. L’apporto di Talete sta nell’aver generalizzato e concettualizzato le sue osservazioni. Giungendo al concetto dell’Uno senza perdersi nell’accumulazione di osservazioni disparate.

Insomma tutto ha origine dall’acqua e l’acqua è l’origine del mondo. Argomento che farà discutere i filosofi per tanti anni a venire.

Anche questo mostra la grandezza di Talete.

Giancarlo

 

Il Barbiere. Avete mai sentito del barbiere di Capraia?

Il Barbiere

Sono stato nel piccolo paese di Capraia nell’omonima isola di Capraia. Immersa nel Tirreno e nel parco naturale dell’arcipelago Toscano. A Capraia, son venuto a sapere, che vi è un solo barbiere. L’ho incontrato anche al bar, è un uomo minuto, ben curato e ben sbarbato. Egli mi ha detto, tra l’altro, di radere solo e tutti gli uomini del paese che non si radono da soli. Riflettendoci mi sono chiesto se il barbiere rada se stesso? »

Paradossi.

Beh, io sono di Bucine e non conosco bene Capraia, ma se lo facesse verrebbe meno alla premessa di radere solo quelli che non si radono da soli. Lui, infatti, si raderebbe da solo. Ma se non lo facesse ci dovrebbe essere un altro barbiere a Capraia. Lui non sarebbe il solo barbiere. Neppure raderebbe tutti quelli che, sull’isola, non si radono da soli.

Il barbiere di CapraiaSono caduto in una trappola?

No è il famoso paradosso del barbiere. La contraddizione che si esplicita nell’enunciato del problema. Deriva, diciamo che è una versione più semplice, dell’antinomia di Russell.

Bertrand Russell, famoso filosofo Inglese, la enunciò all’inizio del secolo scorso, rivoluzionando le conoscenze logico matematiche del tempo.

L’antinomia di Russell deriva dal tentativo di un matematico illustre del tempo, Gottlob Frege, di rifondare la matematica dal punto di vista della logica. Frege aveva già pubblicato il primo volume dei suoi Principî dell’aritmetica, in cui procedeva alla vera e propria “logicizzazione” della matematica, quando Russell gli scrisse una lettera. Enunciando l’antinomia in cui era incappato leggendo quel primo volume. Frege, che aveva in stampa il secondo volume non poté che riportare, in appendice, la scoperta di Russell. Scusandosi, non per aver commesso lui degli errori, ma perché risultava impossibile ridurre la matematica alla logica.

Il pardosso di Russell si applica nel campo degli insiemi  di Cantor, che per definizione possono essere definiti liberamente.

Pensiamo, come fece il nostro Russell, di dividere gli insiemi in due categorie distinte:

  1. Gli insiemi che tra i loro elementi hanno loro stessi. Cioè gli insiemi che appartengono a sé stessi. Ad esempio chiamando “breve” l”insieme di tutte le cose che hanno un nome breve. Che appartiene a sé stesso perché, a sua volta, ha un nome breve.  Composto di solo 5 lettere “breve” è certamente un nome breve.
  2. Gli insiemi che tra i loro elementi non hanno loro stessi. Cioè gli insiemi che non appartengono a sé stessi. Ad esempio, chiamando “lungo” l’insieme delle cose dal nome lungo. Composto sempre di 5 lettere, non possiamo certo definire “lungo” un nome lungo.

A questo punto se riusciamo a definire più insiemi che rispondono al secondo requisito possiamo definire un’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a sé stessi. Che chiameremo Russell o, più brevemente “R”. Il problema posto da Russell fu se questo nuovo insieme appartenesse o meno a sé stesso.

Supponendo che vi appartenga, si avrebbe che:

  • R appartiene a sé stesso.
  • Quindi R soddisfa la definizione che ne abbiamo appena dato.
  • Ma R, per la definizione che ne abbiamo dato al momento della sua creazione, deve essere uno degli “insiemi che non appartengono a sé stessi”.
  • Quindi R non appartiene a sé stesso. Il che contraddice quanto appena supposto nel primo enunciato.
Partendo invece dall’affermazione contraria, cioè supponendo che R non appartenga a sé stesso, si avrebbe che:
  • R non appartiene a sé stesso;
  • Quindi R non soddisfa la definizione;
  • R, pertanto, non è uno degli “insiemi che non appartengono a sé stessi”;
  • Quindi R deve essere un insieme “che appartiene a sé stesso”, il che contraddice il primo enunciato.

In sintesi, il paradosso di Russell si può enunciare così: l’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a sé stessi appartiene a sé stesso se, e solo se, non appartiene a sé stesso. Ovvero se appartiene ad un livello di insiemi superiore.

Il Bibliotecario di Capraia

Il paradosso del bibliotecario è un’altra versione del paradosso di Russell dovuta al logico matematico norvegese Thoralf Skolem.

Qui il responsabile di una grande biblioteca (di Capraia?) comincia a catalogare ogni libro presente. Utilizzando diversi argomenti: autore, titolo, anno di edizione, pagine, casa editrice ecc. Dato il gran numero di cataloghi prodotti, si rende necessaria una catalogazione dei cataloghi stessi. Per una migliore fruizione degli stessi. Nella catalogazione di questi cataloghi definisce un criterio. I cataloghi che catalogano anche se stessi. Es. il catalogo dei volumi con meno di 100 pagine. I cataloghi che non includono loro stessi nella lista dei cataloghi catalogati. Per una catalogazione esaustiva il bibliotecario giunge a fare il catalogo di tutti i cataloghi. Comprensivo della lista di tutti i cataloghi che riportano se stessi e di tutti i cataloghi che non riportano se stessi.

Ma, a questo punto della catalogazione il bibliotecario non riesce a definire se in quest’ultimo catalogo dovrà o meno riportare questo stesso catalogo in elenco, ed abbandona l’impresa.

Capraia è un’isola meravigliosa.

Commenti?

Giancarlo

Numeri triangolari, numeri che portano lontano.

Numeri triangolari

Ieri non vi ho parlato dei numeri triangolari ma di quelli quadrati; i quadrati sono più difficili. Comunque i numeri triangolari sono anch’essi, in matematica, numeri poligonali rappresentabili in forma di triangolo. Su una griglia sono disposti triangolarmente.Numeri triangolari

 

Il successivo numero triangolare si calcola con la formula di Gauss

T_n = \frac{n(n+1)} {2} .

Quindi il sesto numero triangolare sarà 6(6+1)/2 –> 6×7/2 –> 42/2 –>21; si moltiplicano due numeri successivi e si divide per due, perché è intuitivo, anche graficamente:

Numeri triangolari 2

Si accoppiano due triangoli uguali si ottiene un rettangolo con un lato lungo come l’indice del numero triangolare e l’altro aumentato di uno. Dividendo per due si ottiene l’ennesimo numero triangolare.

Come abbiamo visto ieri nei numeri quadrati, la somma di due triangolari successivi è un numero quadrato.

Ma che bello trovare proprietà comuni ai numeri, a numeri diversi:
  • esistono infiniti numeri triangolari che sono anche numeri quadrati;
  • ogni numero naturale si può scrivere come somma di al massimo tre numeri triangolari (eventualmente ripetuti, come in 20 = 10 + 10; questa proprietà fu scoperta da Gauss nel 1796, ed è un caso particolare del teorema di Fermat sui numeri poligonali;
  • la somma dei primi n\ numeri triangolari è pari all’n-esimo numero tetraedrico;
  • l’n-esimo numero pentagonale è un terzo del numero triangolare per 3n - 1; ogni altro numero triangolare è un numero esagonale;
  • la differenza tra l’n-esimo numero m-gonale e l’n-esimo numero (m+1)-gonale è uguale all'(n-1)-esimo numero triangolare.
  • T_{a+b} = T_{a} + T_{b} + ab (somma di triangolari);
  • T_{ab} = T_{a}T_{b} + T_{a-1}T_{b-1}, (prodotto di questi triangolari); tutti i numeri perfetti sono triangolari;
  • i reciproci di questi numeri formano la serie di Mengoli moltiplicata per 2; la loro somma vale pertanto 2;
  • il quadrato dell’n-esimo numero triangolare è uguale alla somma dei primi n\ cubi: T_n^2 = \sum_{k=1}^n k^3 Questo risultato è noto sotto il nome di teorema di Nicomaco.
  • i numeri triangolari si susseguono sempre alternando due numeri dispari a due numeri pari.
Poi esistono anche i numeri triangolari centrati, come erano centrati i numeri quadrati  di ieri. Si calcolano con la formula

{3n^2 - 3n + 2} \over 2

E si rappresentano così:

Numeri triangolari Centrati

I primi numeri triangolari centrati sono:

1, 4, 10, 19, 31, 46, 64, 85, 109, 136, 166, 199, 235, 274, 316, 361, 409, 460, 514, 571, 631, 694, 760, 829, 901, 976, 1054, 1135, 1219, 1306, 1396, 1489, 1585, 1684, 1786, 1891, 1999, 2110, 2224, 2341, 2461, 2584, 2710, 2839, 2971

Ogni numero triangolare centrato dal 10 in poi è la somma di tre numeri triangolari regolari consecutivi. Inoltre, ogni numero triangolare centrato ha resto 1 se diviso per tre e il quoziente è il numero triangolare regolare precedente.

Sommando i primi n numeri triangolari centrati si ottiene la costante di un quadrato magico di lato n (con n > 2).

Insomma che volete di più?

Beh, i numeri triangolari, in genere, ma  anche tutti gli altri numeri poligonali, sono stati i primi numeri studiati algebricamente, i Fenici li usavano per calcolare i terreni e giocando, giocando… con i numeri si arriva lontano.

Enjoy

Giancarlo

 

Numero quadrato centrato. Ovvero la bellezza della matematica.

Numero quadrato centrato

Prendiamo un punto, e disponiamoci intorno altri quatto punti, a formare un quadrato con al centro il punto iniziale. Abbiamo il nostro numero quadrato centrato

1 Quadrato Numero quadrato centrato

5 Quadrato Numero quadrato centrato

Abbiamo scritto il primo numero quadrato l’1 ed il secondo, il 5.

Un numero quadrato centrato è un numero poligonale centrato che rappresenta un quadrato con un punto al centro e tutti gli altri attorno.

I primi numeri quadrati centrati sono: 1, 5, 13, 25, vediamoli:

13 Quadrato Numero quadrato centrato

Ma come si calcola la serie dei quadrati centrati?

Generalizzando così

n2 + (n – 1)2

quindi il quarto numero quadrato sarà

42 + (4 – 1)2 → 16 + 9 → 25

Scrivendo l’addizione precedente così.

(n – 1)2 + n2

si vede che ogni numero quadrato è la somma dei quadrati di due numeri successivi.

infatti: 1+4 –> 4+9 –> 9+16 –> 16+25…

1,2 –>  2,3 –>   3.4 –>    4,5…

Da ultimo avrete notato che tutti i numeri quadrati centrati sono dispari.

Enjoy.

Giancarlo

 

 

 

I numeri primi.

I numeri primi.

Sapete che i numeri primi (detti anche primi) sono quei numeri, della serie infinita dei numeri naturali, che: maggiori di uno, sono divisibili solo per uno o per se stessi.
Qualsiasi altro numero è detto composto.
I primi primi sono 2 (l’1 si è già detto non si considera), 3, 5, 7, 11, 13, 19…

Si nota subito che, escludendo il primo,  tutti i numeri pari non sono primi. Infatti ci ricordiamo tutti che si definisce numero pari quel numero che è divisibile per due: il primo primo.

Quindi possiamo già decimare la lista dei primi venti numeri naturali

2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20,

2 si divide per se stesso ed è l’unico pari, primo.

3 si divide solo per se stesso ed è primo, ma tutti i numeri che si dividono per 3 vanno eliminati.

2 3 5 7 9 11 13 15 17 19.

E giù un’altra serie eliminata oltre quelli spariti prima.

5, altro numero che non si divide che per se e che elimina tutti i suoi multipli successivi. Quei numeri che terminano per 0 o per 5.

2 3 5 7 11 13 17 19.

Il 10 , il15 e il 20 erano comunque già andati.

Il 7 è primo e l’11 anche, indubitabilmente, come il 13 il 17 ed il 19.

Ma non è così facile trovare i numeri primi superiori a quelli già visti. Gli scarti, contrariamente alle prime due decine, crescono e i numeri primi si diradano, anche se ce ne sono ben 25 fino a 100.

2, 3, 5, 7, 11, 13, 17, 19, 23, 29, 31, 37, 41, 43, 47, 53, 59, 61, 67, 71, 73, 79, 83, 89, 97, 101.

Perché i primi sono interessanti?

Beh! perché con essi si possono costruire tutti i numeri interi moltiplicando i primi tra loro (fattorizzazione). Ogni fattorizzazione è unica, cioè ogni numero intero è costruito sulla moltiplicazione unica di numeri primi.

Curiosamente, per modo di dire, i numeri primi, che sono solo una parte dei numeri naturali, un sottoinsieme, sono infiniti come l’insieme originale.

I numeri primi sono stati sempre nell’interesse umano, le prime tracce di questa consapevolezza si ritrovano nell’Osso d’Ishango.

Alle medie insegnano a fattorizzare i numeri, non prendetelo alla leggera è una delle basi le della teoria fondamentale dell’aritmetica.

Ci sono diversi metodi di fattorizzazione, più o meno efficienti, il più vecchio conosciuto è il crivello di Erastotene che non è altro che quello usato sin qui.

Si cancellano i numeri pari, poi i multipli di 3, poi quelli di 5, e così via per tutti i numeri primi che si incontrano fino a quello che è uguale al numero restante.

Fattorizzazione e numero di divisioni.

Ma per fattorizzare bisogna tener conto delle volte che il numero è diviso per un primo, es il numero 100 si fattorizza così:

100/2=50

50/2=25

25/5=5

quindi

2x2x5

o

22x5

Cioè 100 è definito univocamente dal prodotto di 2 per 2 per 5, che è lo stesso della forma alternativa 2 per 5 per 2 o 5 per 2 per 2.

Da questi concetti derivano molti teoremi e congetture, difficili da spiegare, ma una volta approfonditi fanno subito apprezzare la bellezza della matematica.

Divertitevi

Giancarlo

numeri primi

I primi numeri di Fibonacci.

I primi numeri di Fibonacci sono:

1,1,2,3,5,8,13,21,34,55,89,144, 233,377,610, 987, 1597…

Tutti i numeri, diversi dal numero 1, possono essere scomposti in fattori primi; cioè possono essere ottenuti moltiplicando una combinazione unica di fattori primi, ovvero, può cambiare solo l’ordine dei fattori ma non il numero ed il valore dei fattori stessi. Ogni numero della sequenza di Fibonacci ha almeno un fattore diverso da qualsiasi fattore di un numero di Fibonacci precedente.

1- I numeri primi sono quelli che possono essere divisi solo per 1 e per se stessi senza ottenere resti. Ma 1, in realtà non è un  numero primo, infatti porremmo moltiplicarlo e dividerlo un numero di volte a piacere ed ottenere sempre 1, ottenendo una fattorizzazione variabile, che non garba, ne è elegante, insomma non va bene. Quindi il numero 1 sarebbe facile da scomporre  in 1×1, ma 1 non è un  numero primo, anche se un tempo era considerato il primo dei numeri primi.

2 – è in realtà il primo numero primo, perché a parte che per 1, per il quale tutti i numeri sono divisibili una o più volte, è divisibile solo per 2. E’, per me, interessante notare che questo numero primo, il primo, è anche l’unico numero primo pari. Tutti gli altri pari saranno infatti divisibili almeno per 1, per 2  e per se stessi. (I numeri primi appartenenti alla serie di Fibonacci li scriverò in Rosso).

3 – il quarto della serie, è divisibile per 1 e per se stesso, ed è, anche lui, un numero primo.

5 – è primo e ovviamente, unico e non ancora incontrato tra i divisori dei numeri della successione.

I primi numeri di Fibonacci
http://commons.wikimedia.org/wiki/File%3APascalFibonacci.svg

Ancora su i primi numeri di Fibonacci:

Adesso incontriamo la prima anomalia, il sesto numero di Fibonacci, così come il 12esimo e nessun altro, non ha(nno) almeno un fattore diverso da quelli di un precedente numero di Fibonacci.

8=2x2x2

13 – Numero primo.

21=3x7

Siamo arrivati al settimo numero di Fibonacci. Si può scomporre in una sequenza unica di fattori, di cui almeno uno unico,  cioè non ancora comparso tra quelli dei numeri di Fibonacci precedenti, il 7. (I fattori che non dividono numeri di Fibonacci precendenti li scriverò in azzurro)

34=2x17

55=5x11

89

ed ecco l’altro numero anomalo.

134=24×32

poi, fino all’infinito.

233

377 = 13 x 29
610 = 2 x 5 x 61
987 = 3 x 7 x 47
1597
2584 = 23 x 17 x 19
4181 = 37 x 113
6765 = 3 x 5 x 11 x 41
10946 = 2 x 13 x 421
17711 = 89 x 199
28657
46368 = 25 x 32 x 7 x 23
75025 = 52 x 3001
121393 = 233 x 521
196418 = 2 x 17 x 53 x 109
317811 = 3 x 13 x 29 x 281
514229
832040 = 23 x 5 x 11 x 31 x 61

Questi sono solo i primi numeri di Fibonacci, solo i primi trenta, ma va avanti così per sempre.

Da notare quanti numeri primi si incontrino nella sequenza di Fibonacci, questo la rende molto interessante.

Giancarlo