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Ditta SpA

Ditta SpA

Lavoro in Ditta SpA.

La Ditta è una bella azienda, nello stabilimento toscano lavorano circa 500 dipendenti, di cui 50 tra impiegati e quadri e 5 dirigenti. A seguito di una recente ristrutturazione, che ha generato un importante taglio dei costi, le vendite sono esplose. La produzione ha dovuto fare miracoli per stargli dietro. Per questo il venduto ha superato ampiamente il budget previsto.

Il sistema è andato in crisi ed ai dipendenti sono stati affidati compiti non gravosi ma precisi. Inoltre è a loro chiesto di seguire scrupolosamente le politiche aziendali per aumentare la produttività, mantenendo un livello di sicurezza elevato. “Infortuni zero” è il nuovo motto. Gli impiegati ed i quadri si sono subito dati da fare per creare le condizioni che ciò si realizzasse. Tutti hanno dato il massimo e la crisi è stata velocemente e brillantemente superata. In Ditta, ora, si lavora a pieno ritmo. Il budget per il prossimo anno, redatto da poco, è ancora più ambizioso.

spiaggia
Mare, sole, ferie! Ferie?

Sembrerebbe tutto a posto, invece, all’improvviso, sono sorti dei problemi, dei seri problemi. Dati gli ottimi risultati di vendita, per soddisfare le conseguenti maggiori esigenze produttive, i dipendenti hanno dovuto fare molto lavoro straordinario. Lavoro straordinario urgente e non derogabile. Il che non ha permesso a nessuno di godere delle ferie maturate.

Ma…

Ma per contratto tutti i dipendenti di Dita devono godere di  un adeguato periodo di ferie, a meno di urgenti ed inderogabili necessità aziendali. Ora è diventato urgente ed inderogabile, per l’azienda, che i dipendenti facciano il loro periodo di ferie residue. Ma non si può a causa di queste urgenti ed inderogabili necessità produttive.

Penso che alla fine dovremo assumere un consulente, uno bravo, per risolvere la questione, che al momento non siamo in grado di affrontare da soli.

Giancarlo

 

Source:

Catch 22

Io sono il presidente del consiglio dei ministri

Io sono il presidente del consiglio dei ministri

Ho scoperto di essere io il presidente del consiglio dei ministri, io non Renzi, non è stata una bella scoperta, non ci tenevo affatto. Il suo è un lavoro duro ed ingrato: dover mentire sempre, raccontare frottole come i dottori, perché la verità fa male ed il paziente, i cittadini, preferisce non saperla.

Ma sarete curiosi di sapere come l’ho scoperto? Seguitemi, cerco di spiegarvelo il più chiaramente possibile.

Leggevo su internet notizie riguardo l’economia Italiana. Il PIL è misero, siamo i peggiori d’Europa. Non riusciamo più a produrre ricchezza. Nemmeno bellezza riusciamo più a realizzare, figuriamoci ricchezza. Guardate le opere pubbliche che si vedono in giro (come detto nel post precedente: “Monumenti”). La ricchezza ogni anno aumenta, ma di uno zero virgola (0,…).

Ripresina

Il nostro primo ministro è però ottimista ci dice che la ripresa è iniziata e che gli Italiani si stanno arricchendo.

Ora per Renzi il risultato economico è maggiore di quel che sembra,

cioè 2+2 non fa 4 ma 5 e questo mi ricorda Bertrand Russell ed un suo ragionamento famoso. Come lui, anch’io, partendo da queste basi posso dimostrarvi di essere, il presidente del consiglio dei ministri, non Renzi.

Allora, logicamente sappiamo che per Ex falso sequitur quodlibet, da (A e non A) –> (consegue) B.

Tornando alle affermazioni di Renzi, che deve falsificare i risultati per non dire di aver, in qualche modo, fallito la sua politica o che la sua politica ha fallito. Deve dire che  2+2 fa 5. Noi sappiamo che è falso, ma supponiamo che sia vero.

Possiamo affermare che da A 2+2 ≠ 5 e non A, (la sua negazione),–> B, (B è 2+2=5).

Perché, come suddetto, per logica da A e non A consegue B, se ora semplifico il valore di B conseguente 4=5, a cui posso sottrarre 3 da ambo i membri, ottenendo: 1=2.

Ecco che io sono 1 e, con il presidente del consiglio dei ministri, siamo 2; cioè 1=2, io = il presidente del consiglio dei ministri.

IO RENZI 2

Vi ho appena dimostrato, quello che affermavo all’inizio, di essere io il presidente del consiglio dei ministri. Non me ne vanto, per carità, anzi scusatemi. Credo, come presidente del consiglio dei ministri, di non averne indovinate molte per voi. Ma forse era mancanza di consapevolezza di quello che stessi facendo che non mi ha portato a grandi risultati. Ora lo so, ora che ho capito, vedrete, farò meglio, non sbaglierò più, almeno i conti. Quelli, giuro, li farò col telefonino.

io renzi conta
Renzi, per il momento conta molto, ma da domani conterà meno.

Il vostro PdCdM preferito

Giancarlo

 

 

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Interrogazione a sorpresa, scopriamo quando ci sarà.

Interrogazione a sorpresa

interrogazione alunnIl professore di geografia, anzi la professoressa, ha detto all’Irene che la prossima settimana farà un’interrogazione a sorpresa, ma non gli ha detto quando. Anzi ha detto perentoria: “la farò solo quando non ve lo aspetterete”.

Ora Irene si chiede, e così come lei i suoi compagni, quando mai sarà interrogata? Beh, da quando, alle medie, il Sabato non vanno più a scuola, almeno siamo sicuri che non lo farà Sabato prossimo.

Ma se non Sabato, quando? Ne abbiamo discusso a lungo, cercando di capire se potessimo prevedere quando sarebbe stata interrogata, perché Irene sarà interrogata solo se, e quando, lei non se lo aspetta, e questo non ci facilita il compito.

Certo, ora, dopo la riforma della scuola, il Venerdì è l’ultimo giorno della settimana scolastica. La prof non potrà interrogare Venerdì, almeno non a sorpresa. Venerdì niente interrogazione. Infatti gli alunni della classe se non fossero stati ancora interrogati il Giovedì, sarebbero certi di esserlo il giorno dopo, ultimo giorno utile. Quindi non sarebbe più un’interrogazione inaspettata.

Sabato e venerdì siamo tranquilli non può esserci interrogazione a sorpresa. Ora come non può essere inaspettata il Venerdì, con lo stesso ragionamento, l’interrogazione non può esserlo il Giovedì, il Mercoledì eccetera.

Che cosa se ne deduce?

Quindi è corretto, è logico, ritenere che non ci sarà nessuna interrogazione a sorpresa la prossima settimana e magari la Professoressa dirà che interrogherà la settimana successiva o quando riterrà opportuno.

Quindi Irene ed i suoi compagni di classe potrebbero evitare di studiare Geografia e dedicarsi ad altro o forse… o forse è bene che si mettano subito a studiare. Perché l’interrogazione a sorpresa sarà Lunedì, primo ed unico giorno in cui, a causa del ragionamento fatto, non ci si aspetterà di essere interrogati.

interrogazione 111

Io un consiglio ad Irene voglio darlo: “Studia Irene, studia che lunedì, a causa del paradosso dell’impiccagione sarai sicuramente interrogata a Geografia”.

Accidenti, è proprio paradossale, sapere con certezza quando saremo interrogati a sorpresa.

Giancarlo

Addio alle Poste. Ecco i numeri.

Addio alle Poste

Le poste italiane non sono più le nostre, addio alle Poste, il governo ha dato il via libera alla loro privatizzazione, il 40% finirà sul mercato a breve.

“Eh ma allora? Più della metà resta pubblica, dai!” Mi sembra di sentirvi.

“Prima non funzionavano, forse ora miglioreranno!” diranno altri.

Va beh! Non gliene frega niente a nessuno, lo immaginavo.

D’altronde non suona più due volte, il postino, anzi non suona mai, qualche volta lascia la posta altre volte… “le poste? Che sono le poste?”.

Intanto, per metterle in borsa non hanno badato a spese: Una ricca campagna promozionale in TV (tho!). Consegna a giorni alterni nei paesini e case sparse (tho e ancora tho!). Sparizione dei francobolli nei vari tabacchini e negozi di souvenir d’Italia (aha, insomma, basta!). Stabilizzazione dei precari (con contratti a tutele crescenti, presumo).

Ma questa è una bella notizia? No era brutta quella dell’impiego dei precari, gente che non sapeva neppure dove abito, che ora non si possono chiamare più così, li chiameremo fissi a tutele precarie, speriamo imparino almeno il mio indirizza di casa nei lunghi anni di lavoro che li attende.

A parte le notizie altalenanti:

Poste Italiane: crollo dell’utile nel 2014, ma PosteMobile tiene ()

31 luglio 2015 Poste Italiane: fatturato e risultato operativo in crescita Il Consiglio di Amministrazione approva i risultati semestrali 2015

ecco i risultati ufficiali:

– Ricavi totali: €16 miliardi, +7% (€15 miliardi al 30.06.2014)
– Risultato operativo: €638 milioni, +26% (€506milioni al 30.06.2014)
– Utile netto: €435 milioni (€222 milioni al 30.06.2014)
– Masse gestite/amministrate: €469 miliardi, +1,5% (€462 miliardi a fine 2014)¹
– Raccolta diretta Bancoposta: €45 miliardi, +2,7% (€44 miliardi al 30.06.2014)²
– Raccolta premi Poste Vita €9,4 miliardi, +15% (€8,2 miliardi al 30.06.2014)
– Ricavi per corrispondenza: -6,5%, rallentamento del calo (-9% al 30.06.2014)

Da cui si deduce che:

Dalla privatizzazione si potrebbero ottenere fino a 8 miiardi, ma ne otterremo, ragionevolmente 4 se va tutto bene.

Venderemo un gioiellino, la più grande azienda Italiana, o una delle più grandi, ed useremo i 4 miliardi per ridurre il debito pubblico. Addio alle Poste.

Debito pubblico

Il debito pubblico è pari al valore nominale di tutte le passività lorde consolidate delle amministrazioni pubbliche (amministrazioni centrali, enti locali e istituti previdenziali pubblici). Il debito è costituito da biglietti, monete e depositi, titoli diversi dalle azioni – esclusi gli strumenti finanziari derivati – e prestiti, secondo le definizioni del SEC 2010.

Il valore si riferisce al 31 dicembre di ciascun anno.

Anno Debito Pubblico (milioni di €) PIL (milioni di €)
2011 1,907,479 1,638,857
2012 1,988,901 1,615,131
2013 2,068,722 1,609,462
2014 2.134.920 1.616.048

Che da 2 mila 134 miliardi passerà, speriamo d’amblé, a 2 mila 130 miliardi di Euro (in culo alla Merkel che ci tratta da pezzenti).

Ma siamo ridicoli, siamo veramente ridicoli, le Poste fruttano 222 milioni, ma nulla toglie che  potrebbero fruttare molto di più se amministrate meglio, un miliardino ogni quattro anni 4 miliardi in sedici e noi la vendiamo per sempre.

Anzi credo che ora la vendiamo e poi la ripagheremo, come Alitalia come le Ferrovie come tutto il pubblico privatizzato in Italia. E in più c’è un tesoro, non vorranno mica rubarcelo? Il tesoro sono le Masse gestite/amministrate: €469 miliardi, la Raccolta diretta Bancoposta: €45 miliardi, la Raccolta premi Poste Vita €9,4 miliardi.

Ma non credeteci, non ne ho mai indovinata una, come mai ho azzeccato un terno al lotto. Addio alle Poste.

Godetevi l’ebrezza dell’inversione di tendenza del debito pubblico, che invece di salire, salire, salire, salire, salire, calerà. Come nelle migliori giostrine del lunaparck, prima si sale su e poi si cade giù.

Addio alle Poste La nave dei Pirates
La nave dei Pirates

 

Addio alle Poste

Saluti
Giancarlo

Fonte: Il giornale.it

Dipartimento del tesoro

Il sole 24 ore

Talete. E’ stato un filosofo greco antico il primo a cui

Talete

E’ stato un filosofo greco antico. Il primo a cui fu dato l’attributo di “sapiente” come attesta Platone che, nel dialogo, lo inserisce in una lista di nomi (i cosiddetti Sette savi). « Talete di Mileto, Pittaco di Mitilene, Biante di Priene, Solone, Cleobulo di Lindos, Misone di Chene e Chilone di Sparta. Tutti quanti furono emuli, ammiratori e discepoli della costituzione spartana »

Erodoto attribuisce a Talete la previsione dell’eclissi di sole verificatasi il 28 maggio 585 a.C. Che avrebbe impressionato talmente i Medi e i Lidi, in guerra tra loro, da smettere di combattere.Nonché l’elaborazione d’un espediente che avrebbe permesso all’esercito di Creso, il re della Lidia in guerra contro il persiano Ciro il Grande, di attraversare il fiume Halys.

Racconta Erodoto che abbia fatto guadare l’esercito, dividendo il fiume halys in due bracci. Con un’abile scavo sulla riva a monte dell’accampamento delle truppe. I due bracci, suddividendo la portata del fiume, sarebbero entrambi divenuti guadabili.

Talete

Egli scrisse ma non è rimasto nulla dei suoi scritti.

Gli sono attribuite varie opere letterarie e alcune sentenze. Tra queste mi piacciono:

 

  • Il più veloce è l’intelletto, perché passa attraverso tutto.
  • Il più forte è la necessità, perché tutto domina.
  • Che il tempo è più saggio di tutti, scopre sempre tutto.
  • La cosa più sgradevole è vedere un tiranno esser potuto invecchiare.
  • Che si vive virtuosamente non facendo quello che rinfacciamo agli altri.
  • Di non abbellirsi nell’aspetto ma nei comportamenti.
  • Sosteneva che la morte non è diversa in nulla dalla vita. A chi gli obbiettava perché allora non morisse, rispondeva che era perché non c’era alcuna differenza.
Si diceva che

Talete avesse misurato l’altezza della piramide di Cheope. Calcolando il rapporto tra la sua ombra e quella del suo corpo. Nel momento del giorno in cui la sua ombra ha la stessa lunghezza della sua altezza. In questo caso l’angolo tra altezza e larghezza della piramide è esattamente 45°C. Relazionando l’ombra della piramide ad un ombra di un’altezza nota si può agevolmente calcolare l’altezza ignota. Perché i triangoli generati da ombra, altezza e larghezza sono simili. Per similitudine esistono relazioni tra le varie misure.

Giza_piramidi_di_Henutsen_e_CheopeProclo, il commentatore di Euclide, attribuisce a Talete anche cinque teoremi di geometria elementare:

  • Un cerchio è diviso in due aree uguali da qualunque diametro“.
  • Gli angoli alla base di un triangolo isoscele sono uguali“.
  • In due rette che si taglino fra loro, gli angoli opposti al vertice sono uguali“.
  • Due triangoli sono uguali se hanno un lato e i due angoli adiacenti uguali“.
  • Un triangolo inscritto in una semicirconferenza è rettangolo“.
Talete aveva anche interessi astronomici.

Stabilì, tra l’altro, che alcune stelle non erano, come sembravano, fisse rispetto ad altre. Chiamandole pertanto pianeti, ossia corpi erranti. Avrebbe anche fissato in trenta il numero dei giorni del mese. Constatò che l’anno era composto da 365 giorni e un quarto. Poi per primo disse che la luna è illuminata dal sole.

Talete pensava che il principio di tutto, il nutrimento delle cose, fosse l’acqua o l’umido. In ogni caso l’acqua e le sue trasformazioni pesavano nella realtà delle cose. La sua ricerca della verità ne tenne sempre conto.

Il motivo della scelta dell’acqua deriva indubbiamente dalla sua importanza nella crescita e nell’alimentazione delle cose viventi. Della sua funzione nella vita quotidiana degli uomini, come dalle osservazioni che Talete avrebbe fatto in Egitto sull’importanza del Nilo. Ma l’originalità di Talete sta nell’aver trasformato questa spiegazione mitica in un principio di conoscenza fisica e metafisica. L’unità dell’elemento acqua è anche l’unità del mondo. L’analogia con le spiegazioni mitologiche orientali esiste indubbiamente, ma il principio utilizzato da Talete non è mitico ma fisico. Questa tesi innovativa presuppone affermazioni di verità non a partire da alcuni oggetti particolari. Come avveniva per gli Egiziani e i Babilonesi, ma per un’infinità di oggetti contenuti nel mondo. E per il mondo stesso. Egli enuncia verità che riguardano tutti gli esseri. L’apporto di Talete sta nell’aver generalizzato e concettualizzato le sue osservazioni. Giungendo al concetto dell’Uno senza perdersi nell’accumulazione di osservazioni disparate.

Insomma tutto ha origine dall’acqua e l’acqua è l’origine del mondo. Argomento che farà discutere i filosofi per tanti anni a venire.

Anche questo mostra la grandezza di Talete.

Giancarlo

 

Il paradosso di Berlusconj, che insegnò legge gratis a Renzj

Riceviamo e, volentieri, pubblichiamo.

Il paradosso di Berlusconj

di Rosy Bindj

Bindy, Il paradosso di Berlusconj

Il grande sofista Berlusconj accettò di insegnare legge a uno studente di nome Renzj.
Poiché questi era povero, i due presero i seguenti accordi: Renzj avrebbe ricompensato Berlusconj non appena avesse vinto la sua prima causa in tribunale.
Terminati gli studi, Renzj decise di seguire la carriera politica, abbandonando il proposito di praticare la professione legale. Berlusconj, che non aveva ancora ricevuto l’onorario pattuito, chiese a Renzj il pagamento. Quest’ultimo rispose che avrebbe dovuto pagare solo dopo aver vinto la sua prima causa. E ciò non era ancora avvenuto. Allora Berlusconj, irritatissimo, decise di citare Renzj in giudizio. Per fargli mantenere la promessa.

In dibattimento.

Di fronte alla corte, Berlusconj disse che se Renzj avesse perso la causa, allora avrebbe dovuto obbedire al giudizio della corte. E quindi pagare il dovuto. Se, invece, Renzj avesse vinto, allora avrebbe appunto vinto la sua prima causa. E quindi, in base al vecchio accordo, avrebbe dovuto versare a Berlusconj la cifra pattuita.
Renzj, in maniera altrettanto impeccabile, dimostrando di aver appreso brillantemente quanto insegnatogli dal Maestro, ribatté che se avesse vinto la causa, la corte avrebbe dato ragione a lui, quindi non avrebbe dovuto nulla a Berlusconj. Se, invece, avesse perso la causa non avrebbe dovuto pagare comunque il suo vecchio Maestro. Non avendo ancora vinto la sua prima causa.

Il verdetto.

A chi dareste ragione?
Quale decisione prese la Corte?


Berlusconi, Il paradosso di Berlusconj Renzi, Il paradosso di Berlusconj

Riflessioni

Ringrazio infinitamente Maria Elena Boschj, Pier Luigi Bersanj, Massimo Da-lemà per il contributo che segue. Questo preziosissimo lavoro fa finalmente luce sulle origini del paradosso di Berlusconj.

Rosy

Boschi, Il paradosso di Berlusconj
Maria Elena Boschj,
Bersani, Il paradosso di Berlusconj
Pier Luigi Bersanj
Dalema, Il paradosso di Berlusconj
Massimo Da-lemà

Gent.ma Rosy,

Pier Luigi Bersanj, Massimo Da-lemà e io abbiamo contattato, tramite posta elettronica, il prof. Odifreddi. Cercando di trovare la fonte latina del “Paradosso di Berlusconj”. Il quale non appare negli “Academica II, 95” di Cicerone.

Odifreddi, con squisita gentilezza, ci ha immediatamente risposto. Rimanendo in contatto con noi, per collaborare nel portare a termine la ricerca. Ci ha soccorso citando “Le notti aretine” di Aulo Ljcjo Gellj.

gelli, Il paradosso di Berlusconj
Aulo Ljcjo Gellj

In queste ultime siamo riusciti a trovare il brano ricercato. Precisamente nel libro quinto, al capitolo 10. Trascriviamo il testo latino:

(NOCTIUM ARETIARUM V, X)

De argumentis quae Graece «antistréphonta» appellantur, a nobis «reciproca» dici possunt.

1. Inter vitia argumentorum longe maximum esse vitium videtur quae “antistréphonta” Graeci dicunt.

2. Ea quidam e nostris non hercle nimis absurde “reciproca”appellaverunt.

3. Id autem vitium accidit hoc modo, cum argumentum propositum referri contra convertique in eum potest a quo dictum est, et utrimque pariter valet; quale est pervolgatum illud quo Berlusconjm, sophistarum acerrimum, usum esse ferunt adversus Renzhlum, discipulum suum.

4. Lis namque inter eos et controversia super pacta mercede haec fuit.

5. Renzje, adulescens dives, eloquentiae discendae causarumque orandi cupiens fuit.

6. Is in disciplinam Berlusconje sese dedit daturumque promisit mercedem grandem pecuniam, quantam Berlusconjs petiverat, dimidiumque eius dedit iam tunc statim priusquam disceret, pepigitque ut reliquum dimidium daret quo primo die causam apud iudices orasset et vicisset.

7. Postea cum diutule auditor adsectatorque Berlusconje fuisset et in studio quidem facundiae abunde promovisset, causas tamen non reciperet tempusque iam longum transcurreret et facere id videretur, ne relicum mercedis daret, capit consilium Berlusconjs, ut tum existimabat, astutum;

8. petere institit ex pacto mercedem, litem cum Renzjo contestatur.

9. Et cum ad iudices coniciendae consistendaeque causae gratia venissent, tum Berlusconjs sic exorsus est:”Disce, inquit, stultissime adulescens, utroque id modo fore uti reddas quod peto, sive contra te pronuntiatum erit sive pro te.

10. Nam si contra te lis data erit, merces mihi ex sententia debebitur, quia ego vicero; sin vero secundum te iudicatum erit, merces mihi ex pacto debebitur, quia tu viceris”

11. Ad ea respondit Renzje:”Potui, inquit, huic tuae tam ancipiti captioni isse obviam, si verba non ipse faceret atque alio patrono uterer.

12. Sed maius mihi in ista victoria prolubium est, cum te non in causa tantum, sed in argomento quoque isto vinco.

13. Disce igitur tu quoque, magister sapientissime, utroque modo fore uti non reddam quod petis, sive contra me pronuntiatum fuerit sive pro me.

14. Nam si iudices pro causa mea senserint, nihil tibi ex sententia debebitur, quia ego vicero; sin contra me pronuntiaverint, nihil tibi ex pacto debebo, quia non vicero.”

15. Tum iudices, dubiosum hoc inexplicabileque esse quod utrimque dicebatur rati, ne sententia sua, utramcumque in partem dicta esset, ipsa sese rescinderet, rem iniudicatam reliquerunt causamque in diem longissimam distulerunt.

16. Sic ab adulescente discipulo magister eloquentiae inclutus suo sibi argumento confutatus est et captionis versute excogitatae frustratus fuit.

Traduzione

Sugli argomenti che in greco si chiamano “antistréphonta”. Che da noi (Latini) possono essere detti “reciproca”

Fra gli argomenti errati, il più errato sembra quello che i Greci chiamano “antistréphon” (convertibile). Questo dai nostri, non certo senza ragione, è chiamato “reciprocum”. Cioè facile da ritorcere. Ora questo errore avviene nel seguente modo:

Quando un argomento esposto si può ritorcere in senso opposto. Ed usare contro chi se ne è servito e ha uguale valore in entrambi i casi. Tale è quello, molto conosciuto, di cui dicono si sia servito Berlusconj, il più sottile di tutti i sofisti, contro il proprio discepolo Renzj.

La discussione e la lite (nate) tra loro a proposito della mercede pattuita era questa:

Renzj, giovane ricco, desiderava essere istruito nell’eloquenza e nell’arte di discutere le cause. Egli era venuto da Berlusconj per essere istruito. E si era impegnato a corrispondere, quale mercede, l’ingente somma che Berlusconj aveva richiesto. E ne aveva versata la metà subito, prima di incominciar le lezioni. Impegnandosi a versare l’altra metà il giorno in cui avesse discussa e vinta la prima causa davanti ai giudici. Ma, pur essendo stato a lungo ascoltatore e discepolo di Berlusconj. E pur avendo fatto notevoli progressi nell’arte oratoria, non gli era toccata alcuna causa. E poiché era ormai passato molto tempo, sembrava facesse ciò a bella posta, per non pagare il saldo a Berlusconj.

Questi allora ebbe una trovata che gli parve astuta: chiese il pagamento del saldo e intentò un processo a Renzj.

Quando venne il momento di esporre e contestare il caso davanti ai giudici. Berlusconj così si espresse: “Sappi, giovane assai insensato, che in qualsiasi modo il tribunale si pronunci su ciò che chiedo, sia contro di me sia contro di te, tu dovrai pagarmi. Infatti, se il giudice ti darà torto, tu mi dovrai la somma in base alla sentenza, perciò io sarò vittorioso. Ma anche se ti verrà data ragione mi dovrai ugualmente pagare, perché avrai vinto una causa”. Renzj gli rispose: “Se, invece di discutere io stesso, mi avvalessi di un avvocato, mi sarebbe facile di trarmi dall’inganno pericoloso.

Ma io proverò maggior piacere avendo ragione di te non soltanto nella causa, ma anche nell’argomento da te addotto.

Apprendi a tua volta, dottissimo maestro, che in qualsiasi modo si pronuncino i giudici, sia contro di te sia in tuo favore, io non sarò affatto obbligato a versarti ciò che chiedi. Infatti, se i giudici si pronunceranno in mio favore nulla ti sarà dovuto perché avrò vinto; se contro di me, nulla ti dovrò in base alla pattuizione, perché non avrò vinto. I giudici, allora, considerando che il giudizio in entrambi i casi era incerto e di difficile soluzione, giacché la loro decisione, in qualunque senso fosse stata presa, poteva annullarsi da se stessa, lasciarono indecisa la causa e la rinviarono a data assai lontana. Così un famoso maestro di eloquenza fu sconfitto da un giovane discepolo che, servendosi dello stesso argomento, scaltramente prese nella trappola chi l’aveva tesa.

In attesa di una tua risposta, t’invio i migliori saluti, unitamente a Pier Luigi Bersanj e a Enrico

Maria Elena Boschj


Analisi effettuata da Taluno.
Il testo è poco dettagliato, o troppo generale, come dir si voglia: non viene specificato se Renzj (ahi, che nome, sciogli lingua di vocali) avesse dovuto vincere la sua prima causa da avvocato o da imputato.
E il gioco fonda il suo tentativo paradossale sullo scambio di dette situazioni.
Innanzitutto anticipo il risultato, e cioè che ha ragione Renzj in quanto nell’accordo non sono stati posti limiti di tempo. (questo secondo logica, anche se qualcuno potrebbe umanamente parteggiare per Berlusconj, non digerendo la furbizia di Renzj)

Caso 1)
Renzj potrebbe eludere la richiesta di Berlusconj (pur avendo vinto la causa in tribunale) affermando di aver vinto da imputato e non già da avvocato secondo i termini dell’accordo. (nella soluzione data dal testo invece si afferma che Renzj dovrebbe pagare, proprio perché si gioca sulla transitorietà dei ruoli imputato/avvocato)
Caso 2)
Il tribunale dà ragione a Berlusconj! (è un caso anomalo poiché il verdetto dovrebbe essere a favore di Renzj per i motivi di cui sopra, comunque………)
In questo caso Berlusconj potrebbe richiedere il pagamento di Renzj ricorrendo al potere esecutivo del tribunale che gli ha dato ragione ma contravvenendo ai patti presi ai tempi delle lezioni. (se volesse restare ai patti Berlusconj dovrebbe rinunciare ai soldi di Renzj o restituirglieli in un secondo tempo, nonostante il verdetto a suo favore da parte del tribunale)

Caso 3)
Renzj si presenta in veste di avvocato difensore di se stesso! In questo caso se il tribunale gli dà ragione, per rispettare l’accordo con Berlusconj Renzj dovrebbe pagare; è il caso in cui Renzj si trova a cadere nella trappola di Berlusconj.

Si potrebbe anche ritenere che nel testo non si faccia distinzione tra perdere (o vincere) da imputato o da avvocato; in ogni caso dopo che il tribunale ha emesso la sentenza bisogna fare i conti con i termini dell’accordo che sarà in ultima analisi quello che conta. È una questione di tempi; prima c’è il verdetto del tribunale (che decreta se Renzj vince o perde la causa), poi in base al responso si procede a risolvere secondo l’accordo preso; non si può altalenare tra le due cose fingendo il paradosso.

Ma.

Tornare indietro e pretendere le richieste del verdetto andando contro l’accordo preso è un atto di forza che la logica non considera.
Sottolineo ancora il fatto che la corte dovrebbe dare ragione a Renzj; in quel caso Renzj vince la causa ma da imputato e non da avvocato; quindi Berlusconj non becca il becco di un quattrino!

Forse non ho scritto didatticamente bene!
Pazienza!
Accetto domande!

(mi basta un bicchiere di vino e mi addormento assai)


Ringrazio Elena Maria, esperta in legge, per il simpatico (e tecnico) scioglimento del paradosso.

Talaltro.

Buongiorno! Mi sono imbattuto nel Paradosso di Berlusconj riportato sulle vostre pagine, e mi sono divertito a ipotizzare una soluzione “giuridica”, con il sorriso sulle labbra…

L’accordo stretto tra Berlusconj e Renzj ai giorni nostri si definirebbe contratto condizionale (art. 1353 c.c.), perché l’esigibilità della prestazione da parte di Berlusconj (la somma dovuta dal suo allievo per le lezioni), sarebbe subordinata al verificarsi della condizione secondo cui Renzj intraprenda o meno la carriera forense, e vinca la sua prima causa. Non è pertanto in discussione il “se” Renzj debba dei soldi a Berlusconj, o il “quanto” denaro gli debba, bensì unicamente il “quando” glieli darà.

Tale condizione oggi si definirebbe “meramente potestativa”, giacché il suo verificarsi dipenderebbe unicamente dalla volontà di Renzj. La situazione, infatti, gli consentirebbe di far si che la condizione non si verifichi mai, per esempio scegliendo un’altra professione, il che lo lascerebbe pertanto libero da obblighi verso il suo maestro.

Ad evitare tale pericolo, il nostro codice civile (art. 1355 c.c.) sanziona con la nullità tale tipo di condizione, che si considera pertanto come non apposta, il che consentirebbe a Berlusconj di esigere immediatamente la prestazione dal suo allievo. Renzj pertanto perderebbe la causa. Apparentemente, la sentenza non porrebbe la parola fine circa l’interpretazione dell’accordo, ma andrebbe a costituire un elemento del medesimo, perché statuirebbe che la condizione non si è verificata (Renzj non ha vinto). Riempirebbe cioè di significato (negativo) la domanda, contenuta nel contratto, “si è verificato l’avvenimento previsto dalle parti?”. Avremmo cioè una sentenza che dice una cosa, e un contratto che dice il contrario proprio a seguito di quella sentenza.

Allorché in forza della sentenza Berlusconj richieda la prestazione a Renzj. E

gli tuttavia non potrebbe opporre l’eccezione relativa al mancato verificarsi della condizione “ho vinto la mia prima causa” contenuta nel contratto, proprio perché tale condizione è nulla per i motivi già visti. La sentenza agirebbe cioè “a monte” del verificarsi della condizione, rendendola nulla, e Berlusconj avrebbe via libera al soddisfacimento del proprio credito, indipendentemente dal fatto se Renzj abbia vinto o meno la sua prima causa… 🙂

Giancarlo

Civati, Il paradosso di Berlusconj
Giusephphe Civatj Non c’entra gran che ma c’avevo la foto.

Il Barbiere. Avete mai sentito del barbiere di Capraia?

Il Barbiere

Sono stato nel piccolo paese di Capraia nell’omonima isola di Capraia. Immersa nel Tirreno e nel parco naturale dell’arcipelago Toscano. A Capraia, son venuto a sapere, che vi è un solo barbiere. L’ho incontrato anche al bar, è un uomo minuto, ben curato e ben sbarbato. Egli mi ha detto, tra l’altro, di radere solo e tutti gli uomini del paese che non si radono da soli. Riflettendoci mi sono chiesto se il barbiere rada se stesso? »

Paradossi.

Beh, io sono di Bucine e non conosco bene Capraia, ma se lo facesse verrebbe meno alla premessa di radere solo quelli che non si radono da soli. Lui, infatti, si raderebbe da solo. Ma se non lo facesse ci dovrebbe essere un altro barbiere a Capraia. Lui non sarebbe il solo barbiere. Neppure raderebbe tutti quelli che, sull’isola, non si radono da soli.

Il barbiere di CapraiaSono caduto in una trappola?

No è il famoso paradosso del barbiere. La contraddizione che si esplicita nell’enunciato del problema. Deriva, diciamo che è una versione più semplice, dell’antinomia di Russell.

Bertrand Russell, famoso filosofo Inglese, la enunciò all’inizio del secolo scorso, rivoluzionando le conoscenze logico matematiche del tempo.

L’antinomia di Russell deriva dal tentativo di un matematico illustre del tempo, Gottlob Frege, di rifondare la matematica dal punto di vista della logica. Frege aveva già pubblicato il primo volume dei suoi Principî dell’aritmetica, in cui procedeva alla vera e propria “logicizzazione” della matematica, quando Russell gli scrisse una lettera. Enunciando l’antinomia in cui era incappato leggendo quel primo volume. Frege, che aveva in stampa il secondo volume non poté che riportare, in appendice, la scoperta di Russell. Scusandosi, non per aver commesso lui degli errori, ma perché risultava impossibile ridurre la matematica alla logica.

Il pardosso di Russell si applica nel campo degli insiemi  di Cantor, che per definizione possono essere definiti liberamente.

Pensiamo, come fece il nostro Russell, di dividere gli insiemi in due categorie distinte:

  1. Gli insiemi che tra i loro elementi hanno loro stessi. Cioè gli insiemi che appartengono a sé stessi. Ad esempio chiamando “breve” l”insieme di tutte le cose che hanno un nome breve. Che appartiene a sé stesso perché, a sua volta, ha un nome breve.  Composto di solo 5 lettere “breve” è certamente un nome breve.
  2. Gli insiemi che tra i loro elementi non hanno loro stessi. Cioè gli insiemi che non appartengono a sé stessi. Ad esempio, chiamando “lungo” l’insieme delle cose dal nome lungo. Composto sempre di 5 lettere, non possiamo certo definire “lungo” un nome lungo.

A questo punto se riusciamo a definire più insiemi che rispondono al secondo requisito possiamo definire un’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a sé stessi. Che chiameremo Russell o, più brevemente “R”. Il problema posto da Russell fu se questo nuovo insieme appartenesse o meno a sé stesso.

Supponendo che vi appartenga, si avrebbe che:

  • R appartiene a sé stesso.
  • Quindi R soddisfa la definizione che ne abbiamo appena dato.
  • Ma R, per la definizione che ne abbiamo dato al momento della sua creazione, deve essere uno degli “insiemi che non appartengono a sé stessi”.
  • Quindi R non appartiene a sé stesso. Il che contraddice quanto appena supposto nel primo enunciato.
Partendo invece dall’affermazione contraria, cioè supponendo che R non appartenga a sé stesso, si avrebbe che:
  • R non appartiene a sé stesso;
  • Quindi R non soddisfa la definizione;
  • R, pertanto, non è uno degli “insiemi che non appartengono a sé stessi”;
  • Quindi R deve essere un insieme “che appartiene a sé stesso”, il che contraddice il primo enunciato.

In sintesi, il paradosso di Russell si può enunciare così: l’insieme di tutti gli insiemi che non appartengono a sé stessi appartiene a sé stesso se, e solo se, non appartiene a sé stesso. Ovvero se appartiene ad un livello di insiemi superiore.

Il Bibliotecario di Capraia

Il paradosso del bibliotecario è un’altra versione del paradosso di Russell dovuta al logico matematico norvegese Thoralf Skolem.

Qui il responsabile di una grande biblioteca (di Capraia?) comincia a catalogare ogni libro presente. Utilizzando diversi argomenti: autore, titolo, anno di edizione, pagine, casa editrice ecc. Dato il gran numero di cataloghi prodotti, si rende necessaria una catalogazione dei cataloghi stessi. Per una migliore fruizione degli stessi. Nella catalogazione di questi cataloghi definisce un criterio. I cataloghi che catalogano anche se stessi. Es. il catalogo dei volumi con meno di 100 pagine. I cataloghi che non includono loro stessi nella lista dei cataloghi catalogati. Per una catalogazione esaustiva il bibliotecario giunge a fare il catalogo di tutti i cataloghi. Comprensivo della lista di tutti i cataloghi che riportano se stessi e di tutti i cataloghi che non riportano se stessi.

Ma, a questo punto della catalogazione il bibliotecario non riesce a definire se in quest’ultimo catalogo dovrà o meno riportare questo stesso catalogo in elenco, ed abbandona l’impresa.

Capraia è un’isola meravigliosa.

Commenti?

Giancarlo

Riflessioni

Stamani 1 Gennaio 2015 riflettevo…

non che improvvisamente mi sia trasformato in uno specchio, solo che il primo dell’anno, si è tutti portati a riflettere, a fare riflessioni, un po più del solito, non trovate anche voi?

Pensavo alla nostra bellissima costituzione, la carta che definendo chi siamo ci indica diritti e doveri: ci obbliga e ci tutela. Il tutto con concetti semplici, discorsi chiari e comprensibili a tutti.

Riflessioni
F l a n k e r from the original paint of Paolo Paschetto – www.quirinale.it, web site of the President of the Italian Republic. emblema della Repubblica Italiana

Riflettendo su questo mi sono reso conto come chi, in nome di essa, ci guida, non faccia lo stesso: spesso parlandoci in modo ambiguo, ammonendoci (minacce) o tutelandoci (decidendo per noi).

Loro non parlano di estendere la platea degli aventi diritto ma quella dei senza diritto, come possiamo accettarlo? Loro non ci elencano i nostri doveri, che sono anche i loro, ma, forse per questo, cercano di giustificarne il mancato rispetto (da parte loro), come possiamo accettarlo?

E comunque è chiaro quello che temono di più: quando non estendono i diritti, per rendere più persone uguali e migliori, ma riescono solo a tutelare, dopo aver azzerato tutto, rendendoci inermi ed indifesi, bisognosi di guida e tutela crescente.

Come concludere.

Che delusione questo 2015.

Tutto si è ribaltato.

Il mondo è tornato in bianco e nero e quel che sembrava nero potrebbe essere bianco. Anche la definizione di bianco è quella di nero oramai coincidono tra loro e con quelle del loro contrario.

Ragazze Italiane

Ragazzi Italiani

imparate dai nostri errori, non credete in chi vi lusinga, è lui che probabilmente vi vuole ingannare. Come capirlo bene non è facile ma sono certo che porsi sempre una domanda e darsene la risposta onesta è un potente filtro anti fregatura.

La domanda è: “a chi serve?” Cui prodest?

Ovvero: chi ci guadagna, fatelo e vedrete come le cose assumeranno prospettive nuove. Insomma ragionate, SEMPRE, con la vostra testa. E se dovete proprio sbagliare, sbagliate da soli, le proprie idee non sono mai sbagliate.

Viva il LIBERO ARBITRIO.

Viva la COSTITUZIONE della REPUBBLICA ITALIANA

Riflessioni di Giancarlo

POSTE ITALIANE

POSTE ITALIANE (31 Luglio 2014)

Che le Poste Italiane non facessero più le poste ce ne eravamo accorti da tempo, ora stanno facendo anche le assicurazioni, le banche, le biblioteche, le ludoteche ecc. ecc. e lo fanno per bene eh! Sono dei maghi, manipolano tutto e, come re Mida, lo trasformano come lo toccano. Come certi bambini, sono iperattivi e non stanno mai fermi.

Ora, incredibile, ho sentito dire che vogliono fare anche gli aviatori. Gli aviatori, si.

POSTE ITALIANE Sono entrati nel capitale sociale di Alitalia. Hanno portato un mare di soldi. Soldi sublimi (qualcuno dice sublimati, ma non so perché), come una lettera d’amore che ancora qualcuno si ostina a scrivere ed inviare (tramite le Poste).

Ma non basta, la finanza si sa è un gioco, ed il gioco, non si stancheranno mai di ripetercelo, può dare dipendenza. Quindi hanno giocato a fare i finanziari, hanno perso, come era chiaro. Ma rigiocheranno ancora, tentando la fortuna, come anno molti buoni padri di famiglia che, sotto questa dipendenza, si giocano la vita. La loro e quella delle loro famiglie. Ma solo perché sentono di poter vincere. Questa sarà la volta buona, così risolveranno ogni cosa, definitivamente.

Comunque sono stati bravi.

Non hanno ancora perso sul serio. I soldi ce li hanno, tanti da non saper dove metterli. Almeno così sembra da voci di corridoio. Le poste ci riprovano. Daranno soldi all’Alitalia o all’Ethiad, o comunque si chiamerà la nuova co. Soldi buttati, ma per farne tanti di più, tanti, tanti, ma tanti.

Ma che c’azzeccano le poste con l’Alitalia? Si chiederà qualcuno. Alitalia ormai compagnia sempre meno aerea e sempre meno italiana. Ma nemmeno pensando alla posta aerea, mi par di poter accomunare le due cose. E perché due governi a fila la vogliono convincere ad investire in cielo? Che sia vero che, nonostante i tanti mestieri innaturali, le Poste hanno tanti soldi. Ma quei soldi di chi sono? Della banca d’Italia? Del governo? Forse del presidente, del CEO o dell’AD di Poste Italiane?

Non credo. Forse sono dei correntisti, dei clienti, di chi si affida ancora ai postini. Professionali, professionisti, ma anche a precari. Postini che sono diventati perfetti sconosciuti, che ignorano l’area dove operano e chi vi abiti. Molti di loro cambiano di tre mesi in tre mesi. Accettano il lavoro precario per sopravvivere, a volte miseramente. Per poi, magari passare al “call center”, in centro, dalla padella nella brace.

POSTE ITALIANEIl postino precario fa guadagnare bene le Poste. Se le poste guadagnano bene allora: perché  non investire i soldi in attività ancora più redditizie? Per moltiplicarli e stabilizzare i postini. Che metteranno su famiglia e spedendo gli inviti di nozze, facendo rifiorire un business “letterario” che auto alimenterà la vocazione “postale” di Poste Italiane, rigenerandole.

Le operazioni redditizie su cui basare la rinascita delle Poste ci sono.

Sono molteplici. A scegliere la migliore ci pensa il governo. Sembra che permanga nell’intento di far investire Poste Italiane in Alitalia che s’offre o in Ethiad che gioisce, ancora non si capisce bene.

POSTE ITALIANE

Alta finanza, suppongo, ma non ci ‘chiappo un gran che in queste cose. Ma il membro del governo che ha avuto l’idea, e quando dico membro sapete a cosa mi riferisco, è un genio della finanza. Dell’alta finanza. Mi chiedo se non sia sottopagato? Non sarebbe il caso di promuoverlo? Di elargirgli qualcosa? Un premio di partecipazione, un “incentive”, una una tantum?

Mi faccio portavoce di questa  mozione sicuramente condivisa da molti. Devo dire che Renzi è proprio bravo, non si limita a rottamare, come promesso, ma disfà, macina, polverizza, smonta questo vecchiume, che non se ne può più. Tutta ferraglia arrugginita. Via! Sciò!

POSTE ITALIANESono proprio contento.

Sono sereno e fiducioso in un futuro radioso.

Vado a letto a dormire.

Domani, forse, piove. ma resta Luglio  lo stesso, anche se per un ultimo giorno.

Domani sarà bello, lo sento, anzi, voglio mandarmi una cartolina per vedere quando arriva. Un attimo, c’è sempre al posta aerea? Se c’è arriverà in un lampo.

Saluti

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A proposito di quanto sta accadendo in Ucraina…

A proposito…

A proposito di quanto sta accadendo in Ucraina

La Russia, scontenta della cacciata di Janukovič e della conseguente perdita potere, vuole rifarsi, almeno in Crimea. Poi che si limiti ad al controllo tattico militare del territorio oppure arrivi all’annessione dipenderà da vari fattori, diplomatici e non, vedremo come va a finire.

Ora, perché mi sono allacciato a questa notizia?

Perché ho sentito tanti commenti alla radio, tra questi chi vorrebbe un intervento dell’ONU, della EU, magari del Papa e via elencando.

Adesso, potrei essere favorevole all’intervento del Pontefice, del Dalai Lama e/o di qualsiasi altro Sant’uomo, le cui parole o i fatti non faranno male anche se facilmente non saranno risolutivi del problema.

Ancora mi preoccupa l’idea che tutto possa risolversi in un conflitto, fratricida, una faida tra Ucraini e Crimei russofoni, e poi Tatari, Bulgari, Rumeni, Turchi e tutte le minoranze di cui la Crimea si nutre, fomentata dall’Europa, dagli USA e dalla Russia.

Le guerre non servono a niente, come recita il bel articolo 11 della nostra bella Costituzione, il cui incipit: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali…”

Le guerre, in fondo, possono anche servire, se ricordate, ad evitarne di nuove.

Allora bisogna ricordarsi di ricordarle.

Stamani sono andato a visitare il cimitero di Guerra di Arezzo…

A proposito Arezzo War cemeteryEcco la guerra, qui si può vedere in un colpo d’occhio cosa sia la guerra.

A proposito EntranceUna bella fila d croci, ogni croce un uomo.

A proposito elencoEcco cos’è, una lista di nomi, di ragazzi, di uomini morti, dei loro paesi di origine.

Si può capire facilmente quanto poco abbiano vissuto e quanto non abbiano vissuto.

Non dimenticatelo.

altareNon fatela la guerra, non vorrete essere visitati assieme a tanti altri.

A proposito aP1220826 A proposito aP1220824 aP1220823Tutti in fila, allineati e coperti a dimostrare che voi c’eravate, voi avete combattuto.aP1220822 aP1220818 aP1220817Che tristezza.

aP1220816 aP1220815Un soldatoGiancarlo

aP1220829