Corciano

Corciano , secondo un’antica leggenda, è sorta per opera di Coragino, mitico compagno dell’eroe greco Ulisse.

Le tracce più antiche della presenza dell’uomo risalgono al Neolitico.

Si tratta di alcuni frammenti di utensili su lama di selce e vari frammenti di vasi in impasto non tornito.

La scoperta di due vasi cinerari (conservati nell’Antiquarium del palazzo Comunale) segnalano la presenza umana in un periodo compreso tra il IX e l’VIII secolo a.C.

Tra il III e il I secolo a.C. si formarono numerosi nuclei abitati dediti prevalentemente all’attività agricola e a quella artigianale.

Probabilmente in relazione alla crescente richiesta di travertino. Utilizzato per la produzione di urne, cippi funerari, ma soprattutto per la costruzione della città urbana di Perugia.

Corciano e Braccio da Montone

Tra il 1415 e il 1416 il Capitano di ventura Braccio da Montone, espulso da Bologna, con le sue truppe si dirige in Umbria seminando distruzione e morte.

Tenta di conquistare Corciano, ma la cittadina si difende valorosamente e mette in fuga le truppe di Braccio. I Magistrati perugini, come compenso per l’eroica difesa, esentarono Corciano da ogni tassa per cinque anni.

Ma Braccio non si ferma: dopo aver conquistato 120 castelli nel territorio perugino, torna a Corciano che, non potendo sopportare un nuovo assedio, gli apre spontaneamente le porte.

Nel XIV secolo Corciano passò, come quasi tutta l’Umbria, nell’orbita dello Stato della Chiesa e divenne feudo dei Duchi della Corgna.
Essi avevano la loro residenza nell’attuale palazzo Comunale.

Nel 1809 l’esercito napoleonico stabilì a Perugia il Governo imperiale e Corciano venne eretta a Mairie.

Il 9 novembre 1860 viene pubblicato il plebiscito per l’annessione della Provincia di Perugia al Regno d’Italia: 97.000 voti favorevoli e 386 contrari.

Detto questo domenica 29 Agosto hanno fatto un’estemporanea a Corciano a cui ho partecipato.

Non ho vinto nulla ma mi son divertito.
Eccovi i quadri realizzati da me e glia altri partecipanti.

Se cliccate sopra ad un’immagine la potrete ingrandire o scaricare.


Giancarlo

Altro su Corciano nel Blog di Bucine

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Cosa sbagliano le giurie dei concorsi di pittura

Cosa sbagliano le giurie?
Prima conviene premettere che il loro responso è sempre insindacabile, quindi non ci si può far niente, sono come il Papa, infallibili per concessione divina.
Ma io non intendevo, ne intendo, ne tanto meno intenderò in futuro sindacare il loro responso, il loro giudizio, la loro classifica. Anche se io non sarò inserito in quella lista d’eccellenza, accetterò il misero destino che sono andato cercandomi e non criticherò.

Non che non ci sia da criticare, nevvero? Ma non importa non è la posizione in classifica che ti fa fare un bel quadro o meno, casomai non ti rimborsa le spese del viaggio, della mensa, dei materiali, ma chissenefrega.

Si vive una volta sola e si dipinge per sempre. Prima o poi sarò ben giudicato… o forse non lo sarò mai… mah!

Ma anche se nulla si può eccepire sul risultato, lo si può sul metodo, sul comportamento, sulle motivazioni. Per me è tuttora un mistero come giurie così malmesse riescano pur sempre a compilare un’ineccepibile lista dei più bei quadri. Collegata, incredibilmente, ad una lista parallela dei più bravi pittori, almeno i più bravi del concorso giudicato certamente.

Cosa sbagliano

Beh non è che sbaglino sempre, non è che sbaglino tutto, ma sbagliano.
Okkey, okkey ora ve lo dico, lo so che ho tirato anche troppo la corda, ma non posso fare l’articolo in dieci parole, lo devo strutturare, almeno un po.
Devo creare un minimo di suspense, devo darvi modo di indovinarlo da soli…
Aha! Cci siete arrivati? Bene allora posso dirvelo anch’io.

– Sbagliano a giustificarsi affermando che c’erano tante opere meritevoli ed è stato difficile decidere”.

– Sbagliano a giustificarsi spiegando i meccanismi, perversi, usati per definire la insindacabile lista.

– Poi sbagliano a giustificarsi per la loro incompetenza o a ribadire la loro competenza specifica.

– Infine, ma non meno importante sbagliano a motivare.

Magari motivare un giudizio non è sbagliato in se ma è quasi sempre sbagliata la motivazione.

Il buon Pistoni mi disse” Se non sai una cosa non ne parlare, se ti chiedono di quel che non sai di che non lo sai, che ti informi e poi rispondi, ma non aprire la bocca come un ciuco che raglia”.

La motivazione non è una bella prosa.
Non deve piacere, ma essere colta e veritiera.

Per essere ineccepibile e concreta.
Meglio se non la dicono, credetemi.

Ci vuole coraggio

Vorrei una giuria che pur negandomi il premio dicesse apertamente che:

La loro lista rispecchia i quadri più belli e/o i migliori tecnicamente.

E’ stato arduo fare la graduatoria, ma solo perché non c’erano abbastanza opere degne di essere premiate.

Ci aspettano il prossimo anno, ma solo se avremmo migliorato sostanzialmente le nostre capacità pittoriche.

Non esprimano giudizi e motivazioni sui premiati.

Ecco una giuria infallibile, insindacabile e credibile.

Giancarlo

I volti del mio paese

I volti del mio paese non è un’estemporanea, è una competizione pittorica a tema.
Il tema sono i volti del mio paese, riferito a Monteverdi Marittimo e le sue frazioni, Canneto ecc.

Non è un’estemporanea.

I quadri si fanno con comodo a casa (o in studio per i più professionali). Abbiamo circa un mese di tempo; ci forniscono le foto degli abitanti del paese, tra cui scegliere chi si vuol ritrarre e, se non l’ha già scelto qualcun altro, si parte a dipingere.

Come si vuole, dove si vuole, quando si vuole… ma che vogliamo di più.

Naturalmente se il soggetto, in un primo tempo prescelto, se lo è aggiudicato un altro se ne sceglie un secondo. Se siamo sfortunati che anche quello è già sotto il pennello di un altro, si va per un terzo.

Insomma se siamo più pittori che abitanti non se ne fa nulla, altrimenti ci si imbarca all’avventura.

E allora via alla pittura de i volti del mio paese

Beh del volto, e quanti ne vogliamo fare? Già farne uno è complicato e difficile.

Anzi non è complicato, è un ritratto, ma è difficile perché non si conosce il personaggio, non si sa nulla di lui tranne la foto e il nome proprio.
Io ho scelto Francesco, un bel signore allegro. Non ride ma si vede che è allegro e sicuramente sarà anche simpatico. Peccato non averlo incontrato e conosciuto in occasione della premiazione, ci ho passato tante ore assieme, che ormai ci stavo bene. Sarà per la prossima volta.

Per quest’anno mi devo accontentare di aver conosciuto Stefano, colui che ho ritratto nel 2019, durante l’ultima edizione della manifestazione prima di questa e che allora non avevo conosciuto.

Ed ora bando alle ciance vi faccio vedere cosa hanno realizzato i miei concorrenti, ed anch’io naturalmente:

E’ un peccato che tutti questi ritratti vadano dispersi e solo i premiati restino.
Tra qualche hanno sarebbero un prezioso documento storico.

Va beh, cosi è la vita.
Giancarlo

P. S. cliccate su una foto per ingrandirla o scaricarla.

Silvia

Silvia Carizia è una pittrice, una pittrice di Città di Castello (Perugia).

La conosco da tanto tempo e l’ho vista dipingere sempre, sempre bene, sempre originale; l’ho sempre ammirata per questo.

A Città di Castello ha organizzato una mostra che ho visitato.
Direi che si tratta di una retrospettiva, non so quanto vada addietro nel tempo ma mostra un percorso, l’evoluzione del suo dipingere.

Vi metto le foto dei quadri esposti, ma le opere esposte sono molto più belle viste dal vivo.
D’altronde la giornata non era delle migliori per fotografare e le luci interne non tanto forti da farmi fotografare al meglio.
Ma vi garantisco che i colori, la loro combinazione, le forme e le strutture che il pennello modella sul quadro sono meravigliosi.

La prima parte delle opere esposte:

La mostra di Silvia Carizia prosegue:

Altre opere

Le nature morte e le Madonne dipinte da Silvia

Ora la parte onirica


Silvia insomma ci sa fare, d’altronde quando la pittura viene dal cuore, non possiamo aspettarci di meno.
La mostra è in Corso Vittorio Emanuele a Città di Castello e rimarrà aperta per quindici giorni.
Se potete fate una visita.

Io alla fine

Io, alla fine del percorso, mi sono preso un ricordo, un piccolo regalo per la mia collezione personale.

Bella mostra, in una bella città, assolutamente da vedere:
Assolutamente da non perdere.
Giancarlo

Lavoro e lavoratori

Lavoro e lavoratori.

“Lavoro! Raccolgo foglie di tabacco, anzi non lo faccio, non ne ho voglia! Ma chi me lo fa fare? Sto sul divano, fumo con i 50 Euro del babbo e vivo col reddito di cittadinanza”.

In un articolo vergognoso del corriere aretino “on line”, si vaneggia di come nella Valtiberina, nella piana di Sansepolcro in particolare, non riescano a trovare personale per la raccolta delle foglie del tabacco (quello da sigari: il Kentucky). La raccolta del tabacco è un’attività stagionale di questo periodo.

Qualche imprenditore agricolo della zona sproloquia su come non si trovino giovani, ne italiani ne stranieri, per soddisfare le esigenze contingenti della filiera del tabacco. Quindi afferma perentorio, senza che l’intervistatore (un giornalista???) autore dell’articolo dica pé (in toscano ribatta, dica qualcosa di contro, osi controbattere), che i suddetti giovani preferiscono oziare sul divano e godersi i soldi di “mammà” e il reddito di cittadinanza piuttosto che andare a cogliere le foglie di tabacco.
Ma come si possono affermare, senza essere presi a calci, certe madonne?

Ma come si fa a riportarle in un articolo di giornale, seppur di provincia, seppur digitale, senza domandarsi se sia vero, senza esibire prove documentali o intervistare anche l’altra parte?

Mi viene spontaneo pensare.
Che giornale di m., che giornalista di m. che articolo di m. quante bugie di m..

Lavoro e lavoratori e letame

Il letame si sparge prima di arare il terreno dove si pianterà il tabacco, la merda evidentemente dopo, quando si deve raccogliere.

Questi imprenditori, che vorrebbero avere schiavi al posto degli operai, dovrebbero stare muti e invece berciano le loro bestemmie: possibile che nessuno li sputtani.

Quanto pensano sia attraente il salario che offrono se, veramente, gli aspiranti stagionali gli preferiscono il reddito di cittadinanza?

Ma che siano in malafede su lavoro e lavoratori, che siano tutte balle inventate per farsi compatire ed ottenere gli schifati ristori statali, si capisce immediatamente. Sappiamo che il reddito di cittadinanza è un integrazione al reddito familiare per colmare il divario tra reddito reale e livello minimo di povertà della gente, quindi immagino che i più prenderanno meno di 300 Euro per uno (per arrivare a 700 devono essere completamente privi di reddito, cioè alla fame nera). I soldi percepiti col RC sono destinati a varie voci fisse, come l’affitto, il cibo e altro e non spendibili come cazzo ci pare, ad esempio per la birra da bere sul divano mentre guardiamo divertiti la TV.
Sono in malafede perché non vogliono pagare la gente che lavora per loro occasionalmente, facendosi un culo così; più gretti di così: offrire meno dell’integrazione al reddito minimo.

Sono in malafede perché se avessero bisogno di operai li assumerebbero, così da fargli togliere quel cazzo di reddito di cittadinanza che tanto li offende e li scandalizza.

Sono in malafede perché se avessero operai stabili e laboriosi non potrebbero più chiedere contributi e sussidi a Pantalone.

Imprenditori agricoli e non solo


Imprenditori che quando viene una gelata o un virus o non vendono abbastanza prodotti vogliono i soldi dallo stato e quando va tutto bene non pagano, e vorrebbero essere giustificati a non pagare, le tasse.
Che uomini rampanti!

Che esempi per la gioventù da divano.

Ancora giornali e giornalisti su lavoro e lavoratori

Ma qualcuno tra quelli che hanno raccolto le notizie, le anno impaginate e redatte in forma di articolo ha mai raccolto il tabacco da sigari? Qualcuno lo ha mai caricato e scaricato nei carrelli e poi trasportato in tabaccaia? Lo ha mai cucito ed impilato nei seccatoi e fatto fuoco e vapore giorno e notte per settimane per curarlo? A qualcuno è mai rimasto attaccato alle mani, ai guanti, ai calzoni alle scarpe la montagna di resina e nicotina che esce dalle belle e larghe foglie mature del tabacco appena colto?

Qualcuno di voi

Qualcuno ha mai colto le olive, l’uva, le mele o i pomodori?


Allora, voi che non lo avete fatto, andate tutti aff…..o e non parlate, non scrivete, non discutete più di queste cose.
Questi sono lavori di merda, stagionali, appunto, che durano poco nel lungo periodo, ma dove non c’è orario durante il giorno, dove non c’è limite alla fatica, dove la sera sei “sderenato”, “stronco”, “sfinito”, “cotto”.
Questi lavori di merda, pericolosi perché non può essere garantita una preparazione adeguata contro gli infortuni, occorrerebbe più tempo alla formazione sulla sicurezza di quanto ce ne sia per fare il lavoro occasionale. Perdinci!

E allora come si fa? Si fa in qualche maniera, chiudendo un occhio sperando non muoia nessuno.

Dicevo, questi lavori stagionali di merda dovrebbero essere pagati almeno tre volte più di quanto viene dato ad un operaio fisso, allora potrebbe convenire farli, allora si troverebbero i giovani disposti a farli. Perché i gestori (oramai abusivi) degli stabilimenti balneari si fanno un culo così per i tre quattro mesi della stagione? Perché con quello che prendono poi campano per il resto dell’anno, ma ai dipendenti vorrebbero dargli l’osso del pollo.
Bravi!
E quelli che gli danno spago e giustificazione per queste cazzate sono delle emerite teste di cazzo.

E pure quelli che non ci trovano niente da ridire.

Diverso è il discorso per chi offre lavoro come svago, come vacanza, attività fisica e si fa giustamente pagare (e anche qui i giornalisti agricoli… fanno una figura del cazzo).

Comunque


Sarebbe bello sentire qualcuno, magari un politico italiano, che si scagli contro queste cose, che smerdi chi fa queste affermazioni del cazzo e che dica a questi avvoltoi “Basta! Avete già avuto, adesso dovete pgare di tasca vostra, pagare il giusto, pagare le tasse e non rompere i coglioni”.
Sarebbe un sogno.
Non lo sentirò mai, ma…

…è così bello sognare!


Giancarlo

Guardare un’opera d’arte

Guardare un’opera non è difficile, ci mettiamo davanti ad un dipinto, alla giusta distanza, e lo ammiriamo. Nel caso di una statua dovremo scegliere anche la posizione attorno o, meglio, cambiarla più volte. Quindi osserviamo quello che c’è e quello che non c’è. Cambiamo più volte anche la distanza dall’opera, almeno passiamo da più lontano a più vicino. Il gioco è fatto: secondo quello che ci avrà trasmesso, piacere o dispiacere, sapremo se l’opera è un’opera d’arte o meno.

In realtà non voglio insegnarvi a guardare un’opera d’arte.

Voglio insegnarvi a valutare se l’opera è arte. Per voi, certo, ma se non lo è per voi non ha senso dedicargli altro tempo, almeno non subito. Magari in futuro la situazione potrebbe cambiare, ma questo è un altro discorso.

E’ noto che un’opera d’arte si guarda con gli occhi, con il cuore e con la testa.
Voi limitatevi a guardarla con gli occhi, se volete anche con il cuore. Per osservarla con la testa bisogna conoscere tante cose: Storia dell’arte, dell’artista, del movimento artistico oltre alla situazione politico-economica e sociale del periodo in cui è stata fatta. Ma osservarla con la testa non è veramente necessario, ci può far cambiare idea come ho detto poc’anzi ma se vi sarà piaciuta con gli occhi e con il cuore lo sarà sicuramente anche con la testa.

Certo c’è il rischio che un’opera che vi piace non sia considerata arte dagli esperti, ma resta il fatto che a voi ha dato piacere e tanto deve bastare.

Lo so, mi direte che l’arte deve anche dire qualcosa, avere un messaggio, ma se di arte si tratta quei messaggi li capirete comunque, senza bisogno che voi sappiate di più di quel che vedete.

Non era forse questo il compito dei dipinti, delle pale e degli affreschi nelle chiese? Spiegare il vangelo a poveri analfabeti. Tutti potevano leggerli senza che ci fosse scritto nulla.

Bene.

Se vi chiedono un giudizio su un quadro non scusatevi dicendo che non ve ne intendete. Osservatelo dalla distanza che vi permette di vederlo nell’insieme e da vicino per capire l’autore e la sua tecnica, per osservare i dettagli.

Esprimete un giudizio estetico o sentimentale.
Così si guarda un opera d’arte.

Se poi volete saperne di più e conoscere tutti i retroscena dovete studiare o, ahimè, fidarvi di Sgarbi.

Giancarlo

P.S.

Quello appena letto è un corso per “Dummies”, cioè per principianti.
Seguendolo rischiate che vi piaccia una riproduzione dozzinale de “Il Bevitore” di Teomondo Scrofalo senza sapere nulla del “Bevitore” di Giuseppe de Curtis o ignorando completamente “Il bevitore” di Paul Cézanne.
Ma si sa, senza sforzo nulla viene.

Come mantenersi giovani

Questo articolo si propone di suggerire Come mantenersi giovani con BLENDER, un software open source.

Cosa è Blender?

Blender è una suite 3D libera con codice aperto.
Libera significa che la puoi utilizzare liberamente. Open source significa che il codice è aperto e (se vuoi e/o se puoi) puoi controllarlo migliorarlo o cambiarlo a tuo piacimento.

Blender supporta tutta la sequenza di operazioni atte a restituire e aggiornare un’immagine bitmap od un filmato, partendo dagli oggetti tridimensionali presenti nella scena.
Le operazioni sono:

Modellazione, armatura, animazione, simulazione, processo di resa grafica, messa in scena e rilevamento del movimento.
Utilizzatori avanzati usano le librerie di Blender e gli strumenti di scripting di Pyton per realizzare nuovi strumenti e funzionalità. Funzioni che poi sono rese disponibili a tutti gli utenti nelle versioni successive.

Puoi usare Blender su computer con sistemi Linux, Windows, e Macintosh.

Blender è un progetto guidato dalla comunità degli utenti sotto la GNU General Public License (GPL). Tutti sono messi in grado di fare cambiamenti o fissare bachi eventualmente presenti.

Blender non costa nulla, ma se vuoi o puoi ti da la possibilità di investire e contribuire al suo sviluppo.

Blender è il tuo software 3D.

Puoi anche aiutare a scrivere documentazione, qualsiasi cosa è benvenuta.

Perché aiuta a e come mantenersi giovani?

Blender aiuta a mantenersi giovani per molte ragioni.

Ci si mantiene giovani, con il cervello ben ossigenato, imparando sempre qualcosa di nuovo.
Blender lo devi imparare, continuamente, perché si evolve sempre e devi stargli dietro; ci sono sempre cose nuove da vedere, da capire, da trovare. E’ una miniera.

Anche praticare una seconda lingua aiuta.
Blender è in Italiano ed in altre innumerevoli lingue. Ma se lo vuoi praticare, se vuoi vederne i tutorial migliori, e seguirne i suggerimenti (su youtube ce ne sono centinaia, migliaia in lingua inglese). Allora meglio che anche il software sia in lingua inglese, perché faccia le stesse cose e per trovare i comandi nelle stesse posizioni dei menu.

Imparare a leggere, o scrivere in una terza lingua (l’inglese) aiuta ancor di più a restare giovani perché lubrifica il cervello.

Blender ha il codice aperto ed è scritto in PYTON, anch’esso a codice aperto. Puoi cercare di comprendere anche quel linguaggio e magari a scriverlo per cambiare qualcosa.

Se partecipi al suo sviluppo Blender ha anche una funzione di aggregazione sociale, motivandoti a conoscere altre persone e migliorare la tua vita.

Cosa farci?

Se hai un computer portatile o fisso, se hai voglia di conoscere qualcosa di nuovo, se… scarica Blender e decomprimi il file compresso e clicca sull’eseguibile (in Linux non c’è bisogno di installarlo, negli altri sistemi non so).

Si apre la finestra di benvenuto. Un altro clic fa sparire la finestrella centrale che ti permette di scegliere fra varie opzioni. E sei dentro Blender con un cubo già pronto da modellare per farci quel che vuoi.

Capirlo

Per capire come fare a modificare, creare o aggiungere un oggetto nella scena devi seguire delle istruzioni o un tutorial, non posso spiegartelo io. Ma con Blender puoi costruire virtualmente, in un ambiente tridimensionale, tutti gli oggetti che vuoi. Colorandoli, rivestendoli, scolpendoli come vuoi. Dei quali puoi prendere un’istantanea nelle posizioni più svariate, con i quali puoi creare un animazione o anche stamparli con una stampante 3D.
In Blender c’è la possibilità di scolpire un oggetto come partissi dal marmo. Plasmarlo come se utilizzassi plastilina o pongo. Disegnarlo con un pennello o a matita come faresti con la carta per disegnare dei manga o altri fumetti.
Ci sono due soli limiti: la tua conoscenza, ma puoi migliorarla nutrendo il tuo cervello, e la tua fantasia che è già sicuramente sviluppata abbastanza ma che abbonda di più nelle menti giovani.

Conclusioni

Tieniti in forma!

Non vuoi uscire per il caldo o per il freddo?

Non ci sono più le mezze stagioni ed è sempre troppo caldo o troppo freddo?

Usa Blender e smetti di farti seghe mentali.

Goditelo.

Giancarlo

P.S.

Datti da fare. Cerca tutorial per principianti, vai sul manuale in rete o prova a smanettare a caso.

Smanettando magari non capisci quello che fai ma stai tranquillo non puoi fare danno.

Ogni volta che riavvii il software ti ripresenterà sempre la solita finestra di benvenuto.

Certo se vuoi capirci qualcosa segui le istruzioni del manuale o di un tutorial. Senza studiare non si ottiene nulla. Ma quello che puoi fare con Blender, anche semplice semplice che sia, non riusciresti a farlo con niente altro.

Buon divertimento.

Oggi vorremmo tornare a parlare di guerra

Oggi vorremmo tornare a parlare di guerra, anzi non vorremmo proprio farlo ma forse dobbiamo.

Lo abbiamo già fatto varie volte in questo blog, e lo faremo ancora se sarà necessario. Se riterremo che il sentimento comune sia più incline alla guerra, alla sua giustificazione, che alla pace e alla sua difesa.

Non che oggi ci si senta più guerrafondai di ieri, ma sono successe cose che vanno stigmatizzate, vanno denunciate, vanno semplicemente dette e quindi torniamo a parlare di guerra.

In un articolo precedente scrivemmo: “Quando si abbatte un ponte, come fecero a Mostar, quando si prendono a cannonate statue di Budda, come in Afghanistan, quando si mitraglia una scuola, come nella striscia di Gaza, siamo caduti nella trappola siamo diventati o ritornati belve, belve umane, fiere della nostra potenza, tronfie delle nostre certezze.”

Oggi vorremmo tornare

Anzi siamo tornati a parlare di Afghanistan, come tutti i media del mondo, da dove gli americani e tutti i loro pseudo alleati portatori e difensori di niente stanno fuggendo.
L’abbandono della missione internazionale era stato annunciato da tempo, ma come sempre il momento di andarsene arriva all’improvviso e, come a Mostar crollano i ponti. Si tratta dei ponti aerei di evacuazione, dove non c’è posto, non per tutti i collaboratori locali che rischiano le rappresaglie talebane. Rappresaglie che saranno come le rappresaglie tedesche di Civitella, San Pancrazio, Marzabotto e via elencando, con in gioco la vita.

Ponti aerei mancanti che rivelando l’ipocrisia che ci contraddistingue; imbarchiamo tutti finché siamo li e ci servono aiuti logistici, collaboratori, traduttori, guide, e tutti gli altri mestieri necessari, e poi “chissenefrega”, non li imbarchiamo per fuggire per portarli in Italia con noi, tanto sono loro che restano li, “cazzi loro”.
Le cannonate di quelli che chiamiamo talebani sono rivolte solo verso altri afghani, poi riprenderanno anche verso di noi, verso le idee e la cultura, contro l’autodeterminazione dei popoli (pur essendo esse stesse oggetto, o almeno conseguenza, dell’autodeterminazione del “popolo” Afghano). Ma tanto allora saremo già a casa, al sicuro, magari a cercare un altro scopo per la nostra vita.

Che fare? Che dire?

Fare non possiamo fare niente, dire dobbiamo dirlo, ripetendolo e ribadendolo fino alla noia.
Quello che lasciamo in Afghanistan è la guerra. La guerra non serve! Quanti anni siamo rimasti li ad esportare la libertà e la democrazia? Quanta libertà gli abbiamo dato? Quanta democrazia abbiamo esportato? Quali risultati abbiamo raggiunto?

Per tutte queste domande la risposta è ZERO!
Abbiamo fatto e lasciato solo GUERRA.

Ma con un costo enorme umano (le nostre e le loro vittime) ed economico (i soldi spesi per l’intervento).

Non si potevano usare meglio i quasi 10 miliardi che abbiamo speso?

E cosa ci siamo andati a fare in missione di guerra in Afghanistan noi italiani, noi che la guerra la dovremmo aborrire?
Per che cosa abbiamo forzato, ignorato, vilipeso la nostra Costituzione ed il suo articolo 11?

Perché non siamo intervenuti con l’esercito prima che prendessero a cannonate le statue di Budda nella parete della montagna. In difesa della cultura della civiltà del patrimonio artistico mondiale dell’umanità? E ricordate che passarono giorni dalle dichiarazioni alla messa in pratica del cannoneggiamento del sito. L’unico intervento afgano giusto da fare non siamo stati capaci di farlo, forse nemmeno di pensarlo.
E allora a cosa serve il nostro apparato militare, professionista, se non è capace di difendere, di difenderci, di difendere gli altri (ad esempio i collaboratori afghani che lasceremo a Kabul in aeroporto, in attesa di un volo italiano che non partirà)?

Cosa aspettiamo a liberarci di un apparato militare inutile, inefficace e costoso?

Povera Italia!

Che vergogna!

Giancarlo

Scontato

Scontato

Lo so, è scontato.

E’ ovvio.
Non c’è nulla di scontato in un articolo scontato.

Lo sconto è sempre stato utilizzato per vendere più facilmente un prodotto o un servizio.

Un prezzo migliore, rispetto ad un concorrente, è uno sconto solo se permette di ottenere la “stessa” merce.
Ma si può valutare se lo sconto è reale?

Si, confrontando gli oggetti o i servizi offerti e ascoltando il senso delle parole.

Comunque dopo la verifica l’acquirente può accontentarsi di pagare poco per ottenere altrettanto poco, la valutazione costi/benefici potrebbe essere a favore del prodotto che costa meno.

Ma…

Occorre sempre ragionare per capire se c’è uno sconto e quanto vale.

Ma come viene scontato un prodotto?

Oggi il venditore non è quasi mai il proprietario della merce oggetto di scambio, quindi non può rimetterci di tasca propria per farci pagare meno.

Abbiamo merce prezzata e registratori di cassa automatici a lettura ottica delle etichette, quindi dei prezzi applicati, che emettono uno scontrino dettagliato della spesa effettuata.

Si paga in moneta elettronica e il fisco pretende che scontrino e ricevuta di pagamento coincidano perfettamente.

Non è possibile acquistare, ad esempio, delle scarpe e chiedere uno sconto sul prezzo al momento del pagamento, sicuramente non dopo l’emissione dello scontrino.
Si può chiedere prima ma il commesso di solito non è autorizzato a fare sconti imprevisti a richiesta.

A volte lo sconto è già sovrimpresso nel cartellino del prezzo, ad esempio negli articoli a saldo.

Inoltre esiste lo sconto extra, a prescindere, che è annunciato già in fase di pubblicizzazione del prodotto e che è la base effettiva di calcolo del prezzo. La merce viene offerta con uno sconto preimpostato, di solito molto elevato. In aggiunta al prezzo proposto si offrono anche altri beni omaggio tra cui scegliere.

Che cosa possiamo scontare da questo sistema?

I prezzi a saldo possono essere ottimi: Noi acquirenti accettiamo l’obsolescenza commerciale dell’articolo pagandolo meno. Se non ci sono stati trucchi nel “prezzare” il prodotto è un sistema di sconto da “apprezzare”. Anche se presuppone che chi acquista un prodotto di moda lo paghi molto più del dovuto ed il giusto accontentandosi degli avanzi di magazzino solo l’anno successivo.

Lo sconto extra è in genere una fregatura (tende a farci credere di essere maggiore del reale), in pratica ci danno del cretino.
Quando propongono, ad esempio, un mobile con il 50% di sconto e poi ci aggiungono uno sconto ulteriore fino al 40% di getto possiamo pensare di avere il 90% di sconto, in realtà si tratta al massimo del 70% (che il 40% aggiuntivo è applicato sull’importo già scontato).

Ma è uno sconto del tutto virtuale perché anche il valore commerciale è del tutto ipotetico. Infatti quel prodotto non può che valere meno del prezzo realmente praticato (dopo tutti gli sconti applicati) altrimenti come farebbe l’organizzazione che lo vende a continuare l’attività. Consideriamo anche che, in aggiunta al grande sconto ed al prezzo basso, vengono spesso offerti omaggi e regali che confermano il reale minor valore dell’oggetto venduto.

Alla fine quindi non si può avere lo sconto?

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Per me è scontato, la bionda non è vera, è una fregatura.


Si possiamo avere e chiedere lo sconto, ma non illudiamoci che sia uno sconto reale.
Possiamo ottenere solo il miglior prezzo a parità di qualità, ma per sapere se è realmente il miglior prezzo dobbiamo avere un’idea precisa del valore del bene o del servizio che vogliamo acquistare, in altre parole dobbiamo acquistarlo già regolarmente, meglio se da più di un fornitore.

Certo se vogliamo qualcosa pagandola poco o niente possiamo:

Rapinarla, estorcerla, minacciare o ricattare il venditore, acquistarlo nella filiera del lavoro nero o del caporalato.

Insomma tutti modi brutti, illegali o che calpestano la dignità e/o i diritti dei lavoratori.

Vorresti veramente uno ottenere sconto del genere?

Lo sconto reale è un’utopia, in genere lo sconto è una fregatura, uno specchietto per le allodole, stanne lontano.

Altrimenti è scontato che sei fregato.

Ceppoduro

PS: questo post non pretende di essere preciso nelle definizioni ne nei calcoli, è semplicemente uno sfogo per la maniera becera e volgare con cui vorrebbero invogliarmi a comprare roba di cui non ho bisogno, con il pretesto della occasione unica ed irripetibile di acquisto per via dello sconto.
Io non voglio sconti, voglio pagare quello che devo e voglio in cambio quello che chiedo o quello che mi è stato offerto. Io non sono finto e non voglio finzioni altrui.
Vorrei che mi si dicesse questa cosa costa tot per questo, questo e questo.
E vorrei che fosse vero.
Basta, non mi serve altro, è così semplice… ma non scontato.