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Perché?

Perché? Anzi, come?

Perché?

Vi siete mai chiesti “perché”, delle cose che vi accadono intorno? E’ un approccio metafisico. Chiedersi perché permette di rispondersi come meglio ci aggrada. Ad esempio alla domanda perché esistiamo? Posso rispondere voi esistete perché fate parte di un mio sogno. Io sto dormendo e vi sto sognando. Quando  mi risveglierò voi sparirete dal mondo ed anche dai miei ricordi. Ma se preferite possiamo esistere anche solo perché così piace a Dio. Sono risposte che non servono a molto, se non ad evitare di dire: “non lo so”.

Dio, Perché?

Sarebbe meglio domandarsi “come”, come funziona qualcosa? E’ un approccio più scientifico e può portare a delle risposte sensate. Non che le risposte siano più facili, è solo che: o sono semplici, chiare e verificabili o si deve dire non so e basta. Alla domanda come funziona l’esistenza possiamo rispondere fisiologicamente, fisicamente, meccanicamente, chimicamente oppure anche “non lo so”, ma non possiamo inventarci un perché di comodo, ad esempio “perché siamo un popolo eletto che deve guidare il mondo”.

“Io penso”.

Come faccio a pensare?  Cosa significa pensare? Penso (e dubito *) dunque vivo. Vivere! Come funziona la vita? Come la morte? Non c’è spazio per dei Dei o Dei demoni. La fisiologia ha già le risposte per le ragioni della vita. Sulla morte nessuno sa niente oltre la decomposizione del corpo che, in assenza di pratiche di mummificazione, avviene in pochissimo tempo dalla cessazione della vita, anzi inizia con la cessazione della vita stessa.

Se ci domandassimo il perché della vita saremmo fritti, o bolliti, anche la scienza non risponde semplicemente a questa domanda se non che la vita serve a mantenere la vita stessa nel tempo. Anche sul perché della morte c’è casino, se non volete accettare semplicemente il fatto che la morte individuale serve a mantenere la vita collettiva.

Meglio domandarsi “come”.

Le risposte possono essere solo serie.

Domandarsi “perché” è ingannevole e pericoloso.

Scritto. Perché?

Infatti potete facilmente spiegarvi come ho scritto questo post, ma non altrettanto perché.

Ceppoduro

(* in omaggio ad una polemica serrata avuta tempo addietro con un caro amico)

Impara l’arte e mettila da parte

Impara l’arte e mettila da parte.

Un buon proverbio, pieno di buon senso.

Per questo esistono le soprintendenze ai beni culturali. Per discernere l’arte e cercare di conservarla. Anche se a volte non siamo d’accordo sul fatto che si tratti di arte o che si debba conservarla. Se, primo fra tutti, il Granduca di Toscana non avesse istiituito quei comitati di esperti, che decidevano quali oggetti meritassero l’appellativo di opere d’arte. Che poi sono diventate le nostre soprintndenze. Non saremmo lo Stato con il più grande patrimonio artistico pubblico. Non avremmo i palazzi. Non avremmo le statue. Non avremmo i quadri, i tappeti, i mobili. Non avremmo nulla. Si stabilì allora che sulle opere d’arte prevale la proprietà collettiva inalienabile. Disgiunta dalla proprietà materiale del singolo. La nuda proprietà di fa possedere e godere dell’opera, Opera che però non può essere in alcun modo alienta dal pubblico dominio.

Senonché Franceschini la pensa diversamente ed un emendamento al ddl sul mercato e la concorrenza potrebbe permettere l’esportazione delle opere degli ultimi settant’anni semplicemente con un’auto-dichiarazione che il bene vale poco.

fontana

Ma sì. Dai Dario diamoci un taglio.

A cultura e arte.

Ma che ci volete fare
non vi sembrerò normale
ma è l’istinto che mi fa volare
non c’è gioco ne finzione
perché l’unica illusione
è quella della realtà, della ragione
però a quelli in malafede
sempre a caccia delle streghe
dico: no! non è una cosa seria
e così e se vi pare
ma lasciatemi sfogare
non mettetemi alle strette
e con quanto fiato ho in gola
vi urlerò: non c’è paura!
ma che politica, che cultura,
sono solo canzonette.

Ceppoduro

Fonti

la Repubblica

Il Giornale

Ancora la Repubblica

 

La bella e la bestia

Una storia vera che si racconta su Levane

La bella e la bestia:

In the very olden time there lived a semi-barbaric king, whose ideas, though somewhat polished and sharpened by the progressiveness of distant Latin neighbours,were still large, florid, and untrammelled, as became the half of him which was barbaric. He was a man of exuberant fancy, and, withal, of an authority so irresistible that, at his will, he turned his varied fancies into facts. He was greatly given to self-communing, and, when he and himself agreed upon anything, the thing was done.  When every member of his domestic and political systems moved smoothly in its appointed course, his nature was bland and genial; but, whenever there was a little hitch, and some of his orbs got out of their orbits, he was blander and more genial still, for nothing pleased him so much as to make the crooked straight and crush down uneven places.

Among the borrowed notions by which his barbarism had become semified was that of the public arena, in which, by exhibitions of manly and beastly valour, the minds of his subjects were refined and cultured.

Si, a Levane c’era un re, un re barbaro. Anzi semi-barbaro per l’influenza benevola e la vicinanza del re di Bucine. Con cui assieme a lungo combatterono la barbarie delle genti vicine.

Ma torniamo a levane, al suo re ed alle sue usanze.

La bella Levane
L’agglomerato urbano di Levane sul fondovalle
Elio Rossi – Opera propria

Egli soleva risolver le questioni, anche i più banali conflitti, come quelli d’amore o d’interesse, semplicemente gettando il presunto reo nel mezzo dello stadio. L’arena Leona. L’arena era ben recintata ed aveva due sole uscite. Le porte, che non sono semplici porte come quelle da calcio, con la rete. Sono porte di ferro, dure come l’acciaio. Colui che era oggetto di giudizio aveva l’opportunità di salvarsi come di condannarsi, uscendo da una porta o dall’altra. Una lo salva l’altra lo manda in pasto alla fiera tigre Leona, simbolo cittadino e protettrice delle terme.

Quando diciamo che il re era mezzo barbaro non lo diciamo a offesa o per dileggio. E’ che era così. A parte un ridicolo Pantheon di Dei accroccati alla meglio, egli aveva credenze e superstizioni che, a quei tempi, lo facevano apparire strano agli occhi dei suoi sudditi. Ad esempio non riteneva opportuno che alcun uomo potesse decidere della vita di un altro. Men che meno che gliela potesse togliere, uccidendolo. Per questo ideò l’ingegnosa soluzione delle due porte nell’arena Leona. Il malcapitato si sarebbe ucciso da solo se reo dell’accusa oppure si sarebbe salvato se innocente. Se il destino, o i suoi Dei, lo avessero voluto salvare. E quando fosse uscito dalla porta giusta avrebbe ottenuto un premio, come risarcimento per l’ingiusta accusa.

Il premio era una “femmina”

Il premio era una “femmina”, di solito una dolce e bella fanciulla. Che sarebbe stata sua compagna e sposa per il resto della loro vita. Non importava se il liberato avesse già moglie, figli o altri gusti di coppia, quello era il premio e doveva accettarlo. Tutto il resto, tutto il passato, veniva cancellato come l’imputazione del reato.

Dobbiamo, però, notare come il re fosse avanti nel trattamento dei delitti e delle pene. Ma, forse per la crudele fine riservata a quelli divorati dalla tigre, era considerato mezzo barbaro. Ma certamente il restante mezzo appariva più buono e più moderno di quanto non fosse. Per questo si diceva anche che se il re fosse convinto della colpevolezza dell’imputato, questi anche salvandosi non si sarebbe salvato. Il presunto reo avrebbe ricevuto in dono una fanciulla speciale che gli avrebbe creato problemi ben peggiori della morte appena scampata. E questi “problemi” sarebbero durati per tutto il resto della sua vita. Comunque, l’omaggio non poteva essere rifiutato, pena ripetere la prova dell’arena, magari con tutt’altro esito.

Ecco, l’arena Leona poteva essere una trappola senza uscita. Si racconta che qualcuno, alla vista  della fanciulla in dono, abbia voluto ripetere la prova sperando nella tigre ad attenderlo dietro la porta.

La bella DSC_5603_lzn

Ora vi voglio raccontare quello che accadde a un bucinese. Un mio antico concittadino, che a quei tempi era scapolo e si chiamava Luzio. Era il secondo ed il più scaltro di tre fratelli, di una famiglia molto povera di Bucine.

Il re di Levane aveva una figlia.

Il re di Levane aveva una figlia, che si chiamava Utopia, già in età da marito da qualche anno. Ma nessuno l’aveva ancora reclamata in moglie, si vociferava, per non imparentarsi con il re. Ma Utopia era in realtà bellissima, come il suo nome. Luzio l’aveva notata da tempo, anche se non era mai riuscito ad incontrarla prima.

Un giorno, aiutato con una scala, dal fratello minore Nario, irruppe nelle sue stanze. Al primo pano del palazzo del re dove ella viveva. Per rapirla e portarla con se. La vide come lei lo vide. Rimasero incantati a guardarsi per un po. Poi lui le si avvicinò e l’abbracciò appena. Ma subito le guardie arrivarono togliendogli l’Utopia senza che potesse portala con se per farla sua. Bloccato dagli sbirri del re, come ho detto, fu condotto al suo cospetto. Il re lo condannò alla prova dell’arena, entro trenta giorni, per aver abbracciato Utopia, senza il suo consenso.

Il re scelse la donna che sarebbe andata in dote a Luzio, se avesse scelto la porta giusta. La scelse non senza con una certa ripicca. Infatti non scelse la bella ma preferì la Bomba. Bomba era una ragazzona rotonda. Sembrava più un macchinista ferroviere che una rappresentante del gentil sesso. Proprio l’opposto di Utopia. Anche se le due erano amiche e cresciute insieme sin da piccole.

La bella! E la bestia?

Rivo, il fratello maggiore del nostro esuberante innamorato, cercò di far arrivare dei messaggi alla figlia del re. Messaggi con cui chiedeva aiuto per il fratello Luzio. Chiedeva che gli facesse sapere quale porta aprire, per salvarlo e non farlo finire in pasto alla tigre. Bastava un cenno e lui avrebbe capito.

La bella Utopia, in qualche modo riusci a scoprire il destino celato dietro ogni porta. Quale portasse Luzio alla morte certa e quale a Bomba. Ma per i giorni a seguire fu angosciata dai dubbi e le notti passarono insonni. Notti e giorni disperati, domandandosi se per Luzio fosse meglio la morte per la tigre o per la Bomba. Alla fine in un attimo decise, lei, Utopia, le sorti del mondo. E la sorte di Luzio, di Rivo ed anche quella di Nario, e di tutti i loro futuri compaesani, me compreso.

La bella locomotivaFine della storia

Bene credo di avervi detto tutto e non voglio tediarvi oltre, vi lascio alle parole del grande Frank Richard Stockton per sapere come la bella Utopia fu decisiva: chi verrà fuori dalla porta donna o tigre? Quale sarà il destino di Rivo, Luzio e Nario, viver con Utopia o rassegnarsi alla Bomba?

Would it not be better for him to die at once, and go to wait for her in the blessed regions of semi-barbaric futurity?

And yet, that awful tiger, those shrieks, that blood!

Her decision had been indicated in an instant, but it had been made after days and nights of anguished deliberation. She had known she would be asked, she had decided what she would answer, and, without the slightest hesitation, she had moved her hand to the right.

The question of her decision is one not to be lightly considered, and it is not for me to presume to set myself up as the one person able to answer it. And so I leave it with all of you: Which came out of the opened door,–the lady, or the tiger?

Giancarlo

Liberamente tratto da.

The Lady, or the Tiger? by Frank Richard Stockton

Da me rinominato la bella e la bestia, Per scaricarlo liberamente clicca qui.

Uso open source, perché? Perché mi rendono libero. Siate liberi anche voi.

Perché?

Mi domandano perché uso open source, programmi open source?

la risposta è semplice: open source è libertà, libertà di fare, libertà di condividere, libertà.

L’informatica ha rivoluzionato il nostro mondo, in tutti i suoi aspetti. Senza l’informatica non sarei stato in grado di comunicare con voi, condividere testi ed idee come sto facendo adesso. Dagli anni bui del medio evo, quando gli amanuensi copiavano i testi a mano, per poterli preservare, diffondere e rendere disponibili ad altri lettori, si è passati al torchio da stampa, con un incredibile aumento di copie e di fruitori. Ma una condivisione maggiore si è avuto recentemente con l’invenzione del ciclostile, che permette di copiare innumerevoli volte un testo dattiloscritto, in maniera semplice ed economica, anche se la qualità della copia lascia molto a desiderare.

Con l’invenzione dei computer, invece, e poi di tutti i dispositivi connessi, adesso posso scrivere quello che penso e renderlo disponibile con una velocità ed una qualità incredibile, praticamente ovunque, praticamente senza costi.

Ma i programmi disponibili per computer possono costare molto, anche troppo, ed allora come posso affrontare questa spesa e potermi esprimere come voglio? Questo blog non è una fonte di reddito, non è una testata giornalistica, non cerca proseliti per una religione, un partito o altro. Faccio delle riflessioni con voi, invento storie per voi mi intrattengo in buona compagnia con voi, tutto qua.

Dovrei essere ricco o farvi pagare per poter realizzare il Blog di Bucine.

Purtroppo o per fortuna non sono ricco.

Ma per fortuna esistono i software open source.

Per fortuna esistono i programmatori open source.

Per fortuna è gente tosta, che vuole condividere con altri il frutto delle sue idee, come le condivido io con voi.

Perché uso programmi open source?

Il software è libero, si può usare liberamente ed anche i computer possono costare meno, o anche nulla. Un qualsiasi vecchio modello funziona molto bene con LINUX anche se datato. Ecco che, come per magia, è possibile utilizzare computer senza costi, eccetto macchina e connessione. Per condividere immagini ed idee liberamente e gratuitamente non è necessario comprare il software per elaborarle, esiste ed è libero.

Uso open source Perché uso GNOME 2.20 desktop L'utente che ha caricato in origine il file è stato Ermey di Wikipedia in catalano - Trasferito da ca.wikipedia su Commons. Captura de pantalla de GNOME 2.20 GPL File:Gnome-2.20-screenshot.png Creato: 22 settembre 2007
GNOME 2.20 desktop
L’utente che ha caricato in origine il file è stato Ermey di Wikipedia in catalano – Trasferito da ca.wikipedia su Commons. Captura de pantalla de GNOME 2.20
GPL File:Gnome-2.20-screenshot.png
Creato: 22 settembre 2007

Abbiamo LINUX, abbiamo LIBRE OFFICE, abbiamo GIMP, abbiamo LIGHT ZONE, abbiamo CINELERRA, abbiamo BLENDER, eccetera,  meno male.
Tutti programmi eccellenti, ben fatti e funzionali. Meno male che c’è anche ALTERVISTA una piattaforma web gratuita, dove anche il Blog di Bucine può stare liberamente.

Perché uso programmi open source?

Io uso Sistemi Operativi, Programmi e Piattaforme liberi, tutti possiamo e dobbiamo usare programmi OPEN SOURCE. Così daremo soddisfazione e renderemo merito  ai programmatori che ce li offrono, liberamente e gratuitamente. Poi se in qualche modo possiamo contribuire, non solo con i soldi, anche con il lavoro, le idee ecc, facciamolo, saremo senz’altro apprezzati.

Grazie a tutti quelli che condividono qualcosa assieme, è un grande regalo che fate, che mi fate, che vi fate, che apprezzo e che ricambio per quello che posso.

Giancarlo

Il mucchio. Parti di noi che vanno e che vengono

Mucchio

Il Mucchio. Oggi mi è caduto un pezzo di pelle. Sotto mi ero fatto una vescica qualche tempo fa, poi si è rotta ed asciugata, ora la pelle, ormai disseccata e non più unita allo strato inferiore si è staccata, è caduta per terra, dondolando un po per un po, poi, quando si è fermata, l’ho raccolta e gettata nel secchio, con la spazzatura.

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Una scultura di Carmelo Librizzi Parco d’arte Bum Bum Gà Montevarchi

Ma era una parte di me, certo, non troppo definita, forse irriconoscibile, ma pur sempre mia. Quanti pezzi avrò perso nella mia vita? Unghie, capelli, pelle, cellule, molecole ed atomi. E quanti pezzi avrò messo nel mio mucchio? Tutti i chili che mi son preso. E prima ancora, crescendo, tutte le volte che son raddoppiato. Di peso, di altezza e, poi, anche di larghezza. Mi chiedo se sono sempre io? Si sono io, ma potrei essere un altro. Se lo fossi, un altro io intendo, quando sarei passato da essere me a essere me 2.0. Non me ne sono accorto, neanche i miei amici, mia moglie e i miei figli, tutti continuano a chiamarmi Giancarlo o babbo, solo la macchina fotografica e lo specchio hanno intuito qualcosa, infatti mi vedono simile a prima ma diverso, a volte molto diverso.

Il mucchio finisce.

E quando sarò morto forse non sarò io a morire ma solo il me secondario.

2 il mucchio

Quindi o vado via per l’immortalità o sono già morto e vivo in un avatar nemmeno troppo somigliante.

Pezzo dopo pezzo, ho rimpiazzato me stesso nel mucchio, negli anni ed ora sono un altro mucchio o, chissà, addirittura potrei essere già un terzo.

Però questa è la vita, che scorre come il tempo, togliendo un granello ad ogni attimo, mettendolo altrove, sostituendolo con altri o meno, finché il mio mucchio non è più ed un altro si forma da qualche altra parte nell’universo.

12799330_839714379490336_7649054944063669643_n il mucchio
Un mucchio di bottiglie di Carmelo Librizzi Parco d’arte Bum Bum Gà Montevarchi

Ma allora la morte è solo un mucchio disfatto, che non cambia più, qualcosa come un paradiso, luogo utopico e sereno e non soggetto al trascorrere del tempo, o un inferno, luogo di “punizione” e di “disperazione” per l’eternità. Ma senza mucchio, senza cambiamenti, la morte non sarà più “viva”, non sarà nulla. Forse sarà  il nirvana statico, con la sua imperturbabile consapevolezza ed immobilità, ad interpretare meglio la fine del mucchio.

12002128_759739400821168_4223561328943656089_n il mucchio
Un mucchio di Carmelo Librizzi Parco d’arte Bum Bum Gà Montevarchi

 

 

 

 

1 il mucchioCome in un’auto o in una barca sostituiamo i pezzi rovinati così facciamo con noi e a forza di cambiare restiamo vivi anche se siamo diversi. E quando non ci sono più cambiamenti? Quando non c’è più mucchio?

E’ la fine della vita.

La morte arriva quando il mucchio a cui togli un granello non è più mucchio.

Giancarlo

Paura dei Levanesi. Sarà vero che a Bucine abbiamo paura di loro?

Paura dei Levanesi

Sappiamo tutti della storica rivalità tra Bucine e Levane, anche il Blog di Bucine ne ha parlato più volte (qui e qui). Oggigiorno la rivalità è solo una scusa per giocare, giocare con le parole e divertirsi, meglio se a spese dei Levanesi, comunque. Ma qualcosa sembra cambiare, che vogliano rifarsi di tante batoste? Perché ho ascoltato in giro voci che dicono che i Bucinesi abbiano paura dei Levanesi. Ma è completamente falso, ancorché paradossale, che i Bucinesi abbiano la Levanensisfobia.

2015_022_Il_ponte_di_Bucine_l_AmbraIl_Mulino_e_la_Rimessa_lzn Paura dei Levanesi
Il ponte di Bucine, l’Ambra, il mulino e la rimessa

Falso perché non esiste che un Bucinese abbia paura, specialmente di un Levanese. Falso perché non esiste la Levanensisfobia, infatti  non ho trovato nessun dizionario che la riporti.

E falso ma paradossale perché il fatto che ci sia un Bucinese a negare la Levanensisfobia, fa pensare che in realtà la paura esista veramente, in altri termini abbia paura di aver paura dei Levanesi. Questo la fa esistere davvero.

Se non c’è Levanensisfobia allora c’è paura dei Levanesi, quindi c’è Levanensisfobia.

Possiamo analizzare la cosa alla luce della logica proposizionale, cercando innanzitutto di tirarne fuori delle espressioni che abbiano senso e non siano ambigue; ponendo L = “C’è Levanensisfobia”, la frase precedente si formalizza così.

(¬L → L)→L

Questa implicazione è sempre vera, infatti se assumiamo una argomentazione come falsa allora dovrà essere falso anche il suo conseguente (L) e conseguentemente vero il suo antecedente (¬L → L); ma quest’ultimo non può essere vero avendo definito come falso il suo antecedente (¬L) e falso il suo conseguente (L).

Siete d’accordo?

In genere, quando si portano questo tipo di argomentazioni, chi ne fruisce rimane perplesso, dipende dal fatto che ho usato l’argomentazione logica che sottende la cosiddetta consequentia mirabilis, in cui la validità di un’affermazione viene fatta scaturire dalla constatazione di inconsistenza logica della sua negazione, detta anche dimostrazione per assurdo.

Leggete cosa scrive in proposito Il matematico Gabriele Lolli:

« Si pensi alle dimostrazioni per assurdo. Già accostare “dimostrazione” e “assurdo” è ardito ossimoro; tra le forme dell’assurdo, il primo posto spetta alla consequentia mirabilis, che è un trucco di magia, e come i trucchi di magia, per quanto la si veda all’opera e la si esamini, resta sempre incomprensibile: “se A implica nonA, allora nonA” o, per dirla con gli Stoici: “se il primo allora non il primo, dunque non il primo”. La consequentia mirabilis sembra pericolosamente vicina alla fallacia dell’affermazione del conseguente, e ancor più ai paradossi dei sofisti. Chi la ascolta non riesce a togliersi l’impressione di essere stato gabbato. Ma la dimostrazione per assurdo è la regola principale per derivare una conclusione senza alcuna assunzione. »
2015_029_A_Bucine_di_notte_con_la_luna_e_la_mia_moto_lzn-1 Paura dei Levanesi
A Bucine di notte con la luna e la mia moto (particolare)

Giancarlo

 

UFO

UFO

UFO, Unidentified Flying Object o Unknown Flying Object:

Oggetto volante sconosciuto o non identificato.  Termine che ha rimpiazzato il precedente “disco volante”, speciale astronave di alieni, molte volte marziani, dalle velocità prossime a quella della luce, che potevano anche restare sospese in aria emettendo luci fantasmagoriche, che potevano avere chissà quali altre capacità. Gli avvistamenti UFO si sono susseguiti negli anni e, sembra, se ne trovino tracce anche nell’antichità, dipinti su quadri, nascosti tra reperti eccetera.

Io non ci credevo, ero scettico, come lo sono di molte cose, specialmente i fenomeni paranormali. Non è che abbia cambiato idea, ma mi è successo qualcosa che mi ha fatto riflettere, sorgere un dubbio.

Accadde che…

Ecco! Ieri sera ero  a casa tranquillo, appena rientrato dalla mia lezione di fotografia, i ragazzi erano a letto, il più grande è tornato a casa subito dopo di me, ed anche lui si è coricato, sono rimasto solo, mia moglie non c’era, ho deciso di portare dentro casa qualche pezzo di legna per il caminetto, prima di coricarmi anch’io.

Il cielo era stellato, gli astri incorniciati in un nero profondo verso nord, meno scuro verso est dove si intravede la via lattea. Ed è da questa parte del cielo che il chiarore si è manifestato, con intensità sempre maggiore, come procedesse verso di me.

Sono rimasto bloccato, affascinato, a bocca aperta, la luce, abbagliante mi ha avvolto da sopra e ne sono stato risucchiato, come fossi in un turbine di vento. Il tutto illuminato a giorno, con un riverbero accecante.

UFO Immagine che ricostruisce il rapimento del taglialegna Travis Walton nel 1975, la cui vicenda ispirò il film Bagliori nel buio.
Immagine che ricostruisce il rapimento del taglialegna Travis Walton nel 1975, la cui vicenda ispirò il film Bagliori nel buio.

Rapito da un cielo stellato

Credo di essermi addormentato o di essere svenuto, insomma non ricordo niente fino a che mi sono reso conto di essere desto, posizionato più o meno dove mi ricordavo di essermi soffermato a guardar le stelle. Ma il posto non sembrava proprio lo stesso, mi mancavano alcuni riferimenti. Non c’erano più i tralicci dell’alta tensione, una buona metà della casa non era stata costruita. Non si vedevano le luci a San Leolino. Ma solo dei fuochi nei campi vicini con il crepitio del legno verde degli alberi che bruciavano e le grida di genti, che sembravano ferite. E lo erano veramente, c’era stata una battaglia, feroce, sanguinaria, anche i civili erano rimasti coinvolti, anzi travolti, non so da cosa, molti sembravano macellati, squartati, come i maiali, e lasciati li.

Agnese.

Di fronte a me una giovane donna cercava di soccorrere quello che doveva essere suo marito, il suo compagno, trafitto nel petto, ormai agonizzante in un lago di sangue. “Siamo in guerra” mi dico. Mi avvicino e per poco non svengo. Non per la vista del sangue ma per la faccia di lui. Lui ero io. Insomma lui mi somigliava così tanto che sembrava essere me. Lo soccorsi ma invano, lo scossi violentemente, provando a rianimarlo ma niente, un cencio. Lei, disperata mi si aggrappò al collo, confondendomi oramai per il suo uomo, e baciandomi mi disse: “grazie, grazie … sei vivo… morire oggi no… il giorno delle nozze, nooooo!” Gridò. “Ti amo, ti amo, ti amo. Non puoi morire così”. E giù pianti e singhiozzi e risate isteriche e ancora pianti disperati e risa e singhiozzi.

UFO Aviazione nella seconda guerra mondiale - Wikipedia it.wikipedia.org4786 × 4236Ricerca tramite immagine Offensiva alleata in Africa e in Europa
Aviazione nella seconda guerra mondiale – Wikipedia
it.wikipedia.org4786 × 4236Ricerca tramite immagine
Offensiva alleata in Africa e in Europa

L’amore e la morte.

L’amore e l’amorte. Lei in questo trance isterico mi afferra il capo con le mani  e mi bacia, mi bacia ripetutamente, con passione, facendomi male. Finiamo a far l’amore, e lei, ormai all’orgasmo, mi chiama, mi grida, forte: “Gino!, Gino! Oh, Giinooooo!” Lasciandosi andare spossata. La guardo, alla luce del sole che sta nascendo dietro Montozzi. E’ bellissima, è una donna meravigliosa. Mi sembra di conoscerla da sempre, si me ne sono innamorato, immediatamente, in un attimo. La guardo e ne ricordo anche il nome, Agnese, si si chiama Agnese. Un nome bellissimo e dolcissimo per una donna bellissima dolcissima. Proprio come quello di mia nonna Agnese, la moglie di nonno Gino.

UFO 6

“No!” Ora la riconosco e mi rendo conto di quel che ho fatto: Ho fatto l’amore con mia nonna. Non è possibile. “Che è successo, che succederà, ora”. Mi chiedo.

Non lo so.

Ma non mi ricordo altro.

Mi sono svegliato stamani, seduto nella panca di legno della veranda, con le mani che mi tenevano la faccia, come se stessi pensando, piangendo sommessamente.

Ancora penso a lei, a quello che abbiamo fatto. A mio nonno, morto. A me. E a noi. Poi mi sono calmato, e ho ragionato. Ho capito. Ora mi piace pensare che se questo non fosse successo ora non ci sarei. Se non fossi nonno di me stesso si sarebbe interrotto tutto anni prima. Se non avessi incontrato un UFO. E se non mi avesse portato indietro nel tempo. Mia nonna Agnese non avrebbe mai avuto un figlio, mio padre Angelo. Ed io non sarei mai nato.

Come è paradossale, a volte, la vita.

Giancarlo

 

 

uno vale uno

uno vale uno

Se affermo 1=1 (uno vale uno) oppure 0,5+0,5=1 che è 1/2+1/2=1 oppure 1/3+1/3+1/3=1 siamo tutti d’accordo, è evidente, è logico, è risaputo.

Ma se dicessi 0,999…=1 o 0,333…+0,333…+0,333…=1 sareste sempre d’accordo con me?

I tre puntini dopo l’ultima cifra indicano la periodicità della cifra stessa, cioè il suo ripetersi all’infinito. 0,999… è un numero scritto nel sistema di numerazione decimale che, per quanto possa sembrare assurdo, è uguale a uno.

uno vale uno 0333 0333 0333.

La prova è che sommando tre terzi si ha l’intero ed un terzo altro non è che 0,333… per cui 0,333…x3=0,999…=1

Naturalmente se il decimale non fosse infinito, esempio 0,333…3 l’equazione non sarebbe più vera ed il risultato poco minore di uno.

Ancora più facile:

1= 9/9=9×1/9=9×0,111…=0,999… che per la proprietà transitiva deve essere uguale a 1.

Vediamo se riesco a farvelo vedere meglio in un altro modo:

c=0,999…

10c=9,999…

10c-c=9,999…-0,999…

9c=9

c=1

0,999…=1

Vi torna?

Ma tutto questo a che serve?

Sono spiegazioni e dimostrazioni semplici ed intuitive di un concetto complicato che comunque ha molte altre dimostrazioni più difficili o più complesse.

Alla fine, comunque, serve a presentarvi la bellezza della matematica e dei numeri.

uno vale uno Scrittura occidentale, araba e indiana delle cifre da 0 a 9 Vincent Ramos di Wikipedia in francese - work by Vincent Ramos
Scrittura occidentale, araba e indiana delle cifre da 0 a 9
Vincent Ramos di Wikipedia in francese – work by Vincent Ramos

 

Giancarlo

Da wikipedia

Tipi di numeri

Diagramma di Venn di alcuni insiemi numerici notevoli

Un numero che esprime la dimensione di un insieme di elementi, così come un numero che identifica la posizione in una successione di oggetti, è detto numero naturale. La necessità di esprimere una grandezza in relazione ad un’altra grandezza ha reso necessaria l’introduzione di altre classi di numeri, come i numeri razionali ed i numeri reali. L’esigenza di rappresentare il numero ottenuto attraverso un’operazione matematica, infine, ha giustificato l’utilizzo di ulteriori classi di numeri come, ad esempio, i numeri algebrici.

Elogio dell onnipotenza

Elogio

Elogio dell onnipotenza

Oggi mi sento in forma, sono sicuro di riuscire a fare qualcosa che non avevo mai neppure osato pensare. Voglio creare qualcosa che mi faccia ricordare per sempre. Una statua, ma così grande, così pesante, cosi durevole che non sia possibile spostarla, ne fonderla, ne distruggerla nemmeno da parte mia, io che posso fare ogni cosa.

Elogio dell onnipotenza LIBRIZZI

Quando l’avrò fatta, immutabile, come voglio, nemmeno io potrò scalfirla. Ma se sono onnipotente devo poterlo fare. Poterlo disfare. Se non riesco a plasmarla di nuovo in altro modo perderò la mia onnipotenza. Ma se non riuscissi a fare qualcosa di immutabile non sarei onnipotente, come pure sono e fui. Questo è terribile, come posso impedirlo?

Mi vien da dire che non esiste onnipotenza, l’onnipotenza è una contraddizione. Logicamente non può essere vero qualcosa ed il suo contrario, non posso creare una statua inamovibile e spostarla.

Ma secondo Cartesio, ci sarebbe un ente che può creare l’indistruttibile e, semplicemente, distruggerlo per sua volontà; ma allora se si abbandona la logica non ha senso ragionarci sopra, parlare di paradossi e definire verità e falsità.

Potremmo anche non far seguire all’ente le leggi della logica, ma essendone fuori non sarebbe possibile valutarlo e quindi conoscerne l’esistenza o semplicemente parlarne.

E se semplicemente non volessi più fare il monumento inamovibile, il paradosso non sarebbe risolto perché discutiamo di possibilità non di volontà, non lo voglio fare ma posso?

Elogio dell onnipotenza del libero arbitrio.

Alla fine se chi può tutto si limita, esso, ente o persona onnipotente che sia, mostra di avere il libero arbitrio.

Questo libero arbitrio, manco a dirlo mi piace più dell’onnipotenza, preferisco aver la possibilità di scegliere che dover aggirare le leggi della logica per fare cose illogiche e senza senso.

Signore, signori, che dirvi, usatelo, tenetelo di conto, difendetelo se necessario, pensateci, pensate, pensa. E dubita.*

Cogito ergo sum.

Ceppoduro

* La postilla dubitativa mi è stata suggerita da un amico sul cogito interpretabile non come pensiero ma come dubbio.

E’ giusto Cartesio ha espresso l’idea di pensiero critico, penso dunque metto in discussione.

Se penso dubito se dubito penso.

Quindi sono.

Vorrei precisare, inoltre, che con il paradosso dell’onnipotenza, di cui tratta questo post, si può facilmente mettere in dubbio l’esistenza di Dio, paradosso a cui poi, molti filosofi hanno provato a rispondere o a confutarlo, senza successo.

 

Omicidio stradale.

Omicidio stradale

Siamo sicuri di risolvere la questione inasprendo le pene?

Non credo.

Omicidio stradale

Forse bastava applicare quelle precedenti.

Le pene servono a correggere errori non a creare carcerati ed emarginati, ce ne sono già troppi. Il recupero alla società non è agevolato da pene maggiori.

Negli USA, negli stati dove vige la pena di morte non mancano gli omicidi. La pena non è un deterrente, deve essere un mezzo terapeutico.

omicidio stradaleAbbiamo perso un’altra occasione di diventare un paese normale.

Che pena,

Meriteremmo legislatori migliori, forse anche stradini migliori, una viabilità migliore, autostrade migliori, più treni, più autobus, più taxi, più testa, teste con tanti neuroni, tutti accesi e collegati, un sistema neurale.

Ma siamo in Italia, che è bella non per merito nostro, qualcun altro l’ha fatta bella. Peccato quelli sian tutti morti e quelli di oggi la stiano imbruttendo.

Ceppoduro,

Contro tutte le guerre, anche quelle ideologiche.

Chi vince non ha sempre ragione.

 

Fonte

PD