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Via Paradiso

La salita verso via Paradiso

Come una gazza sei attratta da tutto ciò che brilla, più brilla e più ti piace. Sei disposta a tutto per averlo. Comprerai il biglietto per via Paradiso.

Basta chiedere e otterrai quello che stai cercando, la salita per il Paradiso.

La strada è segnata, ma ti domandi ancora se non sia tutto sbagliato, ma il canto delle sirene non può ingannare ne può restare inascoltato. Anche se ti vengono dei pensieri, anche se ti fai delle domande. Oh si! A volte dubiti di tutto.

Penso che morirai ed il mio cuore piange per la tua dipartita. Ho la mente offuscata e un incendio mi arde e mi fa dubitare, seriamente dubitare, di questo.
Ma attratti dalla pubblicità non riusciamo a sottrarci alle fiamme che divampano dentro di noi ed al calore che promanano. E tutti quelli intorno a noi, non spengono le fiamme, ma soffiano sul fuoco e ridono di noi. Ogni giorno per tutto il giorno, tutto intorno a noi non sentiamo altro che il crepitio delle fiamme ed il frastuono di queste ghigna rimbombanti.

Basta, è deciso, è ora di andare, lasciamo i dubbi al bivio e andiamo per il cammino che ci porterà direttamente in Paradiso. Potremmo ancora ripensarci ma so che non lo farai, anche se non so il perché.

Eleveremo la nostra misera vita, lasciando le incertezze fuori da via del Paradiso. Andremo dritti in prigione senza passare dal via.

Anche se rimuginiamo ancora sui rischi che corriamo, non torneremo indietro, e il dubbio non ci assale.

Che fossero solo bugie quelle che ci sussurrava il vento?

Che il Paradiso non sia li?


Il nostro umore

La paranoia è tale che nostro umore viene calpestato dalla nostre stesse ombre.

Siamo al buio e con il culo per terra.

Ma poi il buio si dirada e l’orizzonte torna a brillare. Un’eroina appare, che brilla come l’oro, bianca come la neve. E se ascolti per bene ti arriva tutta insieme. Sei uno e ti senti tutti e tutti li senti in te.

Questa esperienza ti ha impietrita, non muoverti, non collassare; hai acquisito l’esperienza della salita in Paradiso.

Giancarlo

Liberamente tratto da Starway to Heaven dei Led Zeppelin

Immagine di copertina da: Foto di ptra da Pixabay

Virus

Ai tempi del virus

Un virus ci insegnò un modo diverso di vivere.

Erano anni che solo nelle giornate ferragostane che non si vedevano strade, piazze, paesi liberi di gente come a quel tempo.

Prima, dal Lunedì al fine settimana c’era sempre gente in giro, ovunque a qualsiasi ora. Gente per strada, gente, nei negozi, gente allo stadio, gente al supermercato. Gente in coda, gente in fila, gente al bar, gente al night.

Ora che tutti hanno paura, nessuno in giro a nessuna ora. Solo qualche corriere e qualche altro lavoratore, niente ingorghi, niente code, se non nei negozi ancora aperti, quelli che vendono da mangiare, tutti in fila distanziati ben bene.

Beh, a questo proposito anche stavolta gli Italiani non impararono a far la fila. Ne iniziavano sempre almeno due. Anche se non è difficile mettersi in fila, uno dietro all’altro, tutti dietro al primo della fila. Ma, no, sarebbe stato troppo facile. Non ce la fecero neppure allora, pazienza.

Deserto

Insomma nessuno in giro e forse stare in giro a frotte non serviva neppure prima? Chissà? Ma si sa, si stava bene al bar.

Al bar, vuoi mettere al bar? Un luogo senza la moglie, con tanti amici. Ma col virus, tutti in casa con la moglie, coi figli e senza amici? Che avranno fatto gli Italiani?

Avranno letto? O avranno giocato. Avranno…

Guardavano la TV, anche se… senza calcio, che palle.

Guardavano film, vecchi, almeno coloro che non avevano Netflix o Amazon.

E tutti, tutti si flippavano sui social.
Tutti pensavano di morire presto, e non sapevano quanto avessero ragione.

Sembrava impossibile, ma il virus riuscì a resuscitare “Forza Italia”. Tutti ad incitare la nazione. Come? No! Nooo! Non il partito che era già e restò defunto. No, solo come incitamento, più qualche bandiera Italiana in più. Meno qualche ottimista in meno. Tutti avevano paura e si facevano coraggio.

Il virus aveva fatto strage di certezze.

Alla gente era tornata la fifa.

Nessuno voleva contagiarsi, ne morire e allora scappava.
Non si poteva, era proibito, ma tutti volevano scappare. Tutti al sud, per la più grande migrazione inversa mai vista.
Segno che se si sarebbe potuto fare anche prima. Se ssi poteva stare senza bar, si poteva andare anche al sud.

E proprio vero.

Come hanno scritto nei libri di storia, ai tempi del virus cambiò il mondo.
Peccato che, subito dopo, morirono tutti.

Ceppoduro

Attribuzione immagine di copertina:
Di CDC/ Alissa Eckert, MS; Dan Higgins, MAM – This media comes from the Centers for Disease Control and Prevention’s Public Health Image Library (PHIL), with identification number #23312.Note: Not all PHIL images are public domain; be sure to check copyright status and credit authors and content providers., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=86444014

Blu

Blu

Lo chiamavano Blu da tanto tempo. Da quando, ragazzetto, portava i jeans al posto di quelli di fustagno con la piega.

Lui non ci aveva mai fatto granché caso, ma se lo chiamavano, si girava automaticamente. Alla fine il suo soprannome gli piaceva, lo gasava sentirlo ne “Le mille bolle blu” di Mina o in “Volare” di Modugno, ormai era il suo nome ed anche lui si sentiva così, come un puffo. Buffo, un puffo aristocratico, con il sangue blu: “E chi, se non io”, diceva.

D’altronde” Il mondo è grigio, il mondo è blu”, come canta Battiato in Cuccurucucu, e lui il mondo lo preferiva di quel colore, decisamente.

Certamente non lo avrebbe voluto nero, perché “personalmente austero vesto in blu perché odio il nero.” da “via Paolo Fabbri 43” di F. Guccini. Non sarà stata la frase più significativa di quel disco meraviglioso dell’omonimo album, ma gli era sempre piaciuta.

Il mondo

A blu piaceva anche incontrare persone con nomi simili al suo, simili nel senso di nomi di colori.

Conobbe alcune Bianca, Rosa, Rosina, Rosetta.

Celeste lo affascinò tantissimo, anche perché era una bella ragazza, colta ed intelligente che giocava assieme a lui sui colori.

“Non farmi arrossire”.

“Sei bianco come un cencio”.

Ma non andarono avanti per molto, la vita li portò altrove l’uno dall’altra e finì tutto.

Poi conobbe lei.

Non credeva fosse vero, lei lo faceva sentire elettrico, oltremare, e quando parlava con lei si gonfiava come un pavone.

Credeva di amarla e si convinse a provarci.

“Ti amo” le disse, ma lei, dopo aver cercato di trattenerla, fece una risata, rise a lungo, poi seria:”

“Ma che dici? Scherzi? Dai?”

A lui prese una fifa blu, si rese conto che stava per perderla.

“Ma io ti amo… Azzurra”. Balbettò.

“Volevo essere il tuo principe azzurro”.

“Ma sei solo Blu, non credi anche tu?”

Ceppoduro

Perdonami

Soffro più di te

Perdonami. Perdonami, chiedo perdono per quello che ho fatto senza te.
Ma soffro ancora di più da quando non ci sei tu, da quando ci siamo lasciati e sei andata via.
Poi ho incontrato lei ed era bella. Era bella e intelligente, diceva le cose che dici tu.
Era bella, aveva gli stessi occhi che hai tu, tu che mi avevi abbandonato, senza sapere perché.


Quando ci siamo lasciati sono rimasto solo, perso nel ricordo del nostro amore ormai finito.

Ma poi

Quando mi sono ritrovato, ero tra le sue braccia che mi sembravano le tue.
Si! Mi devi perdonare. Ti chiedo perdono, perdono, perdono perché soffro ancora senza te.
Io soffro ancora più di te perché abbraccio lei e mi sembri tu.

E’ vero, sto con lei per far del male a te, ma il male l’ho fatto pure a me. Ho pianto tanto e quando piangi non sorridi più. Quando mi ha sorriso lei, lo ha fatto che sembravi tu.

Perdonami

Sai che ti sogno ancora? Finché, di notte, non mi sveglio e accendo un lumicino. Mi sembra il sole che non vedo più da quando non sei più con me.

È strano, ma da quando mi hai lasciato, il sole non mi scalda più.
Perdonami, io soffro più ancora senza te. Ho sbagliato a non cercarti, volevo farti male ma il male l’ho fatto più a me.

Di notte non riesco più a dormire, sono sempre li a pensare a quando ci siamo lasciati e non ricordo più il perché.

E’ vero, guardo lei ma mi sembri tu, ma il suo abbraccio ancora non mi scalda come mi scaldavi tu. Sono solo e abbandonato e soffro senza te.

Si, lei è bella ma perché negli occhi suoi ci vedo te.

Perdonami.

Perdonami amore se ora muoio per te.

Ceppoduro

(*) Liberamente ispirato a Perdono di Caterina Caselli

immagine di copertina: Pubblico dominio, https://it.wikipedia.org/w/index.php?curid=4677256

Di notte

E’ buio

A letto, di notte, vorrei dormire, ma non posso. Qualcosa mi rode dentro. Non riesco e distogliere la mente, vorrei cambiare pensiero, vorrei correre in una valle fiorita, in primavera. Scalzo. Anzi nudo.

Ma niente, non posso non pensarci.

E’ strano, non sono mai stato ansioso, mai prima d’ora. Ma cos’è questa se non ansia?

Dovrei immaginare il domani, un nuovo giorno bellissimo, con tutti i miei figli attorno a me, festanti per qualcosa, per un nonnulla. Ma non li vedo, non ci riesco. Che sia la luce della luna, che mi abbaglia?

No neppure con la testa sotto le lenzuola trovo pace.

Eppure sono stanco, ho guidato il camion tutto il giorno, macinando chilometri su chilometri. Chi ha fatto il camionista lo sa quanto sia duro guidare.

Di giorno la radio

Meno male che di giorno la radio mi accompagna con le sue canzoni, con le sue notizie.

Non che mi piacciano tutte le canzoni che passano, anzi… le più fanno pena.

Non che mi interessino tutti gli argomenti di attualità o di politica. Per come li raccontano poi ne farei volentieri a meno.

Ma la radio fa compagnia, ti evita di dover pensare, è quasi come avere qualcuno accanto.

Solo che di notte torno solo e non posso accendere la radio. Sveglierei mia moglie. Non posso neppure dirlo a lei, la sveglierei.

E continuo a non dormire.

Sono mesi che ci penso, ormai è un’ossessione, e con il buio non posso scacciare questi pensieri.

Dormo sempre meno, ma devo guidare sempre di più.

E’ un guaio.

Di notte è buio

E’ buio di notte.

Dovrei dormire.

Conto i chilometri fatti.

Penso ai miei figli.

Penso a mia moglie.

Forse se non penso a niente. Se libero la mente. Se mi lascio andare…

Driiiiin.

Accidenti sono le sei.

Mi devo alzare.

Ceppoduro

La vergine

E’ stato già tutto scritto (…continua)

La Vergine gli passò davanti al galoppo.

Drake bestemmiò.

Aveva corrugato le ciglia bianche cespugliose e i baffetti bianchi, a spazzolino, gli si erano rizzati.

Da una settimana aveva dato l’ordine che il crack fosse montato dal suo fantino. E, invece, sulla groppa della cavalla c’era quella scimmiettina risecchita del garzone!

Doveva essere il suo capolavoro. Nessuno la conosceva. Un soggetto di gran classe, che lui aveva acquistato in Inghilterra. (1)

È stato detto

È stato detto (da un matematico, sicuramente) che Iddio, in cielo, geometrizza; e gli uomini, aggiungo io, gli uomini, fatti a similitudine sua, geometrizzano in terra.

Il quadrilatero, l’esagono, l’ottagono, il circolo, il cono, son forme geometriche familiari al selvaggio; e queste forme egli esprime naturalmente nella casa, quando incomincia a fabbricarsene una.

Il circolo e il globo sono ancora le sue forme predilette, quando ha da foggiare il primo calice e il primo vaso di terra. Su quella stoviglia, poi, egli imprimerà i primi segni della sua arte bambina, in poche linee regolari, geometriche per conseguenza; spezzate, s’intende, ma ripetute con uniformità matematica.

Una cosa sola non saprà farvi, nè seguitare, fino a che non abbia inventate le seste: dico la linea diritta. Ma l’uomo non è nato perfetto. E poi, anche dopo l’invenzione delle seste…. non so se mi spiego. (2)

Rammentava ancora la vergine

Rammentava ancora minutamente il pomeriggio di una domenica di settembre, in cui erano seduti sotto la pergola della vite vergine dietro la casa paterna. Il sole sbucava a sprazzi, tra foglia e foglia, e disegnava forme bellissime, e li avvolgeva entrambi come una sciarpa di merletto. Alcune foglie erano d’un giallo polito, e parevano larghi fiori gialli.

Era un’atmosfera diversa da quella della sua casa, ove tutto aveva apparenze così comuni. Quando il signor Leivers, fuori, dava una voce al cavallo, che allungava il collo per mangiare i ciuffi di rose, la ragazza trasaliva, e si guardava attorno con gli occhi scuri, come se qualcosa fosse venuto a introdursi nel suo mondo.

Paolo, la vergine

Paolo aveva ventitre anni, quando mandò un suo paesaggio alla mostra invernale di pittura al Castello di Nottingham. La signorina Jordan s’era interessata grandemente a lui, e lo invitò anche a casa sua, dove egli conobbe altri artisti. Ora incominciava ad avere delle ambizioni. (3)

«Non ho mai conosciuto un missionario più ardente di mia zia; essa aveva preso dal Cristianesimo tutto ciò che può affascinare, gli inni mesti, le visite serali alle chiese immerse nell’ombra, le vite delle vergini che fanno pensare alle sacerdotesse druidiche, alle vestali, alle valchirie. Tutte le sue nipoti furono prese da tale misticismo, ed io più facilmente delle altre. (4)

Con l’andar del tempo

Con l’andar del tempo, le estasi si fecero più frequenti. La vergine canuta era colpita a quando a quando da suoni angelici, da echi lontani d’organo, da romori e voci non percettibili agli orecchi altrui. Figure luminose le si presentavano dinanzi, nel buio; odori paradisiaci la rapivano.

Intorno tutto era quieto; ogni tanto una gocciola d’acqua cadeva dall’alto in un bacile, sonando. Di fuori salivano le voci ed allettavano.

La vergine, rassicurata, guardò. Nel vicolo, sotto la pioggia il fradiciume aveva fermentato come un lievito; una melma nera copriva il lastrico, ove spoglie di frutta, residui di erbe, stracci, ciabatte marce, falde di cappello, tutto il ciarpame sfatto che la miseria gitta nella strada, si mescolavano. (5)

Pieni della desolazione

Pieni della desolazione magnifica e tremenda che s’esaltava nel cielo, i miei occhi incontrarono il volto della vergine così violentemente irradiato dal riverbero che n’ebbero una gioia quasi dolorosa.

E io provai un desiderio folle di stringere quella testa fra le mie mani di rovesciarla indietro, di accostarla al mio respiro, di investigarla sempre più da presso, d’imprimerne ogni linea nel mio pensiero, non dissimile a colui il quale abbia rinvenuto sotto le glebe sterili il frammento sublime da cui il mondo riavrà la gloria di un’idea che pareva estinta.

La vergine e il cielo

Su le nostre teste il cielo non conservava delle sue nubi se non qualche lieve traccia simile alla poca cenere bianca dei roghi consunti.

Il sole accendeva in giro i culmini delle rocce, rilevando nell’azzurro i loro lineamenti solenni. Una grande tristezza e una grande dolcezza cadevano dall’alto nella chiostra solitaria, come una bevanda magica in una coppa rude.

Quivi riposarono le tre sorelle, quivi io raccolsi la loro ultima armonia. (6)

Giancarlo

I brani sono stati tratti da:

(1)

TITOLO: Il mistero della Vergine

AUTORE: De Angelis, Augusto

CODICE ISBN E-BOOK: 9788828101796

(2)
TITOLO: Terra Vergine

AUTORE: Barrili, Anton Giulio

(3)

TITOLO: Figli e amanti

AUTORE: Lawrence, David Herbert

TRADUTTORE: Scalero, Alessandra

CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

(4)

TITOLO: La vita ardente e intrepida di Luisa Michel “la vergine rossa”

AUTORE: Planche, Fernand

TRADUTTORE: Consiglio, Umberto

CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

(5)

TITOLO: Le novelle della Pescara

AUTORE: D’Annunzio, Gabriele

CURATORE: Oliva,. Gianni

CODICE ISBN: 88-7983-752-4

(6)

TITOLO: Le vergini delle rocce

AUTORE: D’Annunzio, Gabriele

CODICE ISBN E-BOOK: non disponibile

I Bucinesi ed il gatto

Abbiamo i dati ufficiali

I Bucinesi. La metà di loro (*) vorrebbe un gatto.

Ora, per quanto strano vi possa sembrare, l’altra metà che non lo vuole predomina sui primi ed a Bucine, effettivamente, non c’è nessun gatto.

D’altra parte i Bucinesi tutti, è risaputo(**), hanno sempre mostrato comportamenti diversi rispetto agli abitanti di altri paesi, dove anche se ci sono persone che non amano i gatti, non per questo proibiscono agli altri di averne.

Ma a Bucine si.

Metà della popolazione è particolarmente soddisfatta di abitare un paese “degattizzato”, l’altra metà naturalmente non lo è.

Il gatto di Carnevale

Ora succede che questo anno sia bisestile e gli anni bisestile vanno particolarmente a genio ai gatti.

In aggiunta a questa congiuntura si approssima il periodo carnevalesco tradizionalmente gradito ai paesani.

Nulla sappiamo della relazione tra gli anni bisestili ed i gatti, ma è ben documentato come il Carnevale piace ai Bucinesi, ghiotti di cenci, bugie, chiacchiere e frittelle.

Durante quest’anno bisestile, c’è un giorno speciale di Febbraio, il 02-02-2020, un giorno dalla data magica col numero bifronte 02022020, in cui tutto poteva succedere e tutto successe.

A Bucine fu trovato un gatto.

Subito metà della popolazione si sollevò e l’altra metà fece le barricate. Chi per allontanare il felino, chi per integrarlo.

I Bucinesi ed un giudice

Ecco che dopo una mezza giornata di tumulti i contendenti si accordarono per trovare un giudice, una persona terza che potesse dire se il gatto potava stare a Bucine o meno.

Alla fine si sceglie uno di Gello Biscardo, che tutti i mercoledì viene a fare il mercato, a cui venne posto il quesito.

Il matto si tenne il capo tra le mani, come a pensarci su, poi alzò lo sguardo e disse:

“So cosa fare, ma vorrei che qualcuno mi dicesse qualcosa che non so,

altrimenti tra voi lo dividerò”.

Detto questo attese in silenzio che qualcuno lo apostrofasse per fargli cambiare idea.

Chi tace acconsente (I Bucinesi)

Silenzio.

Ancora silenzio…

Il giudice afferrò il gatto e un coltellaccio e divise il gatto in due.

“Così sarete soddisfatti”.

Esclamò.

E aggiunse: “Sapevate benissimo che se qualcuno avesse obiettato, il gatto si sarebbe salvato. Metà di voi non lo ha fatto di proposito. L’altra metà non ne ha avuto il coraggio”.

Ancora oggi non si sa perché questa triste storia carnevalesca finì così.

Giancarlo

(*) Bucinesi, abitanti ci Bucine (AR)

(**) Risaputa da e negli “sfottò” campanilistici tradizionali.

Mi scuso per l’immagine truculenta del gatto smezzato, ma qui non è reale, esso rappresenta il groppo alla gola, la biglia bollente che hai in gola e che non riesci ad ingoiare ne a sputare. L’insicurezza che non ti fa agire, o scegliere, quando invece dovresti. Le ragioni della guerra. Il denaro…

Mi chiedevo

Un giorno, diverso dagli altri

Mi chiesi se si potesse esprimere un concetto senza proferir parola. Mi chiedevo se un muto potesse parlare. E dire la verità, anzi rivelarla ad altri.

Lo stavo facendo, pensando tra me e me. Ne discutevo, parlavo a me stesso, senza che un altro fosse vicino a me. E stavo certamente percorrendo il sentiero che porta al vero. Ma se questo è vero, mi chiedo anche se si possa rispondere ad una domanda del genere con un si o un no. Forse potremmo farlo con un “ni”, ma ritengo sia meglio, più giusto e corretto farlo con un “noèèè”, strascicato.

Chi sa tace. Così, grazie a questo concetto posso illudermi di sapere dove andare. Davvero. Se ci pensate tacere sapendo è una bella cosa, in un mondo dove tutti fanno a gara a dire la loro. Anch’io saccente, nel “Blog di Bucine”, distribuisco pareri non richiesti, come se fossi esperto e sapessi tutto di tutto, anche sapendo di non sapere niente.

Mi chiedevo come fosse possibile

Un bravo asino si muove anche solo vedendo la frusta da lontano. Da buon apprendista, questo l’ho capito subito e mi sono adeguato. Mi muovo, cerco la nuova strada anche se non so dove andare, anche se non mi ricordo da dove vengo. Vedo la frusta lontana, vedo la sua ombra carezzarmi le natiche, ma non vedo chi la impugna, non c’è nessuno a guidarmi, mi devo arrangiare io. Solo io posso essere la mia guida, non seguire nessuno, guai a farsi portare da altri.

In questo modo si possono ottenere cose altrimenti impossibili.

Per camminare scalzi lungo lame taglienti o correre a perdifiato sopra laghi ghiacciati non serve seguire le orme di altri.

Devi andare sugli scogli e tenere le braccia alzate.

Segui solo la tua verità.

Ceppoduro

Basato su e liberamente interpretato da un kōan compilato nel XIII secolo.

In The Gateless Gate

Immagine di copertina di https://www.flickr.com/photos/lofa/

IO

Io sono Solo e Povero.

Mi chiamo Ceppoduro

Arriva un bel signore, si vede che può. Non ha i miei problemi per sbarcare il lunario lui.

Ho sete e non ho più una lira. Il barista non mi fa credito, non più, con tutto quello che gli devo.

Chissà se questo forestiero mi aiuterà, se vorrà aiutarmi. Sarà un tipo generoso ed altruista abbastanza da pagarmi da bere? Penso di si, in fondo non mi costa nulla provarci.

Mi aiuti amico

“Amico” esordisco dandomi coraggio, “sono Ceppoduro, sono solo a questo mondo, senza famiglia ne lavoro e sono assetato. Assetato come pochi ma povero, povero in canna. Il barista non vuole più servirmi, quella merda, con tutti i soldi che gli lascio, in cambio del suo vino acetoso; saresti cosi gentile da offrirmi da bere, te ne sarei immensamente grato”.

Lo straniero mi squadrò da cima a fondo, quasi divertito, poi mi chiese: “Ceppoduro, hai detto?” “Certo amico e crepo di sete” risposi.

“E’ strano” fece lui “qui servono un buon vino, l’ho assaggiato ieri sera, tu ne hai già bevuto tre calici e vorresti dire che fa schifo e che sei ancora assetato? Che le tue labbra sono ancora aride?”

Non avevo capito

Ma sentii uno al tavolo accanto commentare la cosa: “Ceppoduro ha alzato troppo il gomito e stavolta ha esagerato nelle richieste, quello ci vede bene, non si fa infinocchiare e lo manda a cagare”.

Il forestiero si rivolse a me con voce bassa ma con tono deciso: “Non penso di giudicarti male, lungi da me giudicarti, ma ho gli occhi per guardare e orecchi per sentire e mi pare che tu abbia bevuto troppo. Non pensi di aver bevuto troppo Ceppoduro?”

E continuò: “Però, nonostante tu sia l’uomo più povero di Bucine sei certamente anche quello più coraggioso. Non stai in piedi, per come sei ubriaco, e mi chiedi soldi per bere ancora come se io fossi ricco sfondato.

Ceppoduro

Basato su e liberamente interpretato da un kōan compilato nel XIII secolo.

Raccolto in The Gateless Gate

Fatto

E’ già stato tutto scritto

Fatto !

Più volte riandando colla mente ai periodi epici, in cui i pionieri del libero pensiero dovettero far getto della loro vita per difendere od affermare una verità, arrivavo alla logica conclusione che il genere umano non si sarebbe potuto affrancare dai dogmi religiosi e politici, se prima non venivano abbattuti i simboli che davano ai dogmi veste e riconoscimento di potenza suprema, universale. (1)

Fatto

Una domenica ai Santi Apostoli, mentre la messa era già cominciata, il Santasillia vide entrare nella chiesa, già tutta piena di gente, una giovinetta bionda, aggraziata assai, in una vesticciuola di percallina bianca, a fiori azzurri, e seguita da una donna di età, linda, composta, che pareva essere qualche cosa meno di una istitutrice, qualche cosa più di una cameriera.

La fanciulla s’era fatta in viso di fuoco, vedendo che i devoti, raccolti nel silenzio della preghiera, volgevano il capo verso di lei, disturbati dalla sua venuta in ritardo. Essa, in fretta, voleva trovare un posto ove mettersi, ma i banchi erano tutti occupati. (2)

fatto
Morandi Natura morta 1961 Olio su tela
fatto
Morandi Natura morta 1960 Olio su tela

Fatto

Allontanarsi era facile: ma le rise di quelle donne certo riempivano tutta la muta campagna, perché come io discendeva giù per il sentiero, così quelle mi seguivano, e mi pareva che dietro la bica le due procaci sapessero di essere scoperte e pure non arrossissero; ma mi venivano dietro con le loro risa, ed esse mi schernivano ed io ne aveva vergogna. Io ne aveva vergogna, non esse, e pure la loro impurità era bestiale ed orribile, orribile al punto che vinceva la ragione e incuteva un vaneggiamento di precipitarvi, come a chi contempla gli abissi.

E non v’era nessuna immagine o voce di purità e di virtù che si levasse al mio soccorso, io che le invocavo! (3)

Fatto

E se due donnicciuole toscane favellassino, non favellarebbeno altrimenti che si abbia favellato la Nanna, la Pippa, la Comare e la Balia: e se la sua patria, madre degli ingegni, se Arezzo, già capo di Toscana, fu inanzi a la città da cui si tolgono le leggi del parlare, perché non gli è lecito usare la lingua del paese? Come si sia, andate altero poiché il folgore di verità e di poesia fa ombra, con l’ali de la sua fama, a lo esser vostro; e verrà tosto il tempo che i guiderdoni aparecchiatigli dal Cielo e da la Fortuna vi felicitaranno, onde poterete vivergli gloriosamente apresso. VALETE. (4)

Giancarlo

1) titolo:

Abbattiamo il Vaticano

titolo per ordinamento:

Abbattiamo il Vaticano

autore:

Pasquale Binazzi

opera di riferimento:

Abbattiamo il Vaticano / Pasquale Binazzi. – La Spezia : Tip. La sociale, 1910. – 32 p. : ill. ; 17 cm.

licenza:

Creative Commons “Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale”

2) titolo:

Baby e i tiranni minimi

titolo per ordinamento:

Baby e i tiranni minimi

autore:

Gerolamo Rovetta

opera di riferimento:

Baby e i tiranni minimi – Baldini e Castoldi, 1913 – 226 p. ; 20 cm.

licenza:

Creative Commons “Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale”

3) titolo:

La cagna nera

titolo per ordinamento:

cagna nera (La)

autore:

Alfredo Panzini

opera di riferimento:

La cagna nera: racconto / Alfredo Panzini. – Roma : La Voce, 1921. – 148 p. ; 18 cm.

licenza:

Creative Commons “Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale”

4) titolo:

Dialogo nel quale la Nanna insegna alla Pippa

titolo per ordinamento:

Dialogo nel quale la Nanna insegna alla Pippa

autore:

Pietro Aretino

opera di riferimento:

“Sei giornate”. Grande Universale Mursia, nuova serie, 211, Milano, 1991

cura:

Angelo Romano

licenza:

Creative Commons “Attribuzione – Non commerciale – Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale”