Nel 1954 si ha il primo caso di avvistamento UFO a Cennina. Rosa Dainelli, sposata Lotti ne incontra due andando alla messa di Ognissanti a Cennina.
La signora riferisce che i Marziani, pur non parlando la nostra lingua, ma una specie di Cinese (forse il Bu-cinese), sono stati molto determinati nel prendersi due oggetti a lei appartenenti: una calza ed alcuni garofani. La calza è servita per legare in mazzetto i fiori, probabilmente per non rovinarli nella partenza da terra.
L’avvenimento è clamoroso, il racconto credibile, suffragato da molte altre testimonianze, la signora non da adito a crederla mitomane, dunque gli UFO a Cennina sono venuti? Il report ITACAT non da affidabilità all’avvenimento.
Sarebbe un peccato che i Marziani non avessero potuto apprezzare la bellezza del luogo, e della signora Lotti.
Comunque ne parlarono molti giornali. UFO a Cennina; Bucine, Cennina, da allora non furono mai più dimenticati.
Su Marte, o da dove venivano gli alieni, sono arrivate una calza e dei garofani della signora, che ora saranno conservati in un qualche reliquiario o museo della vita extra-marziana.
Bucine e il Blog di Bucine, con tutti i collaboratori, non credono negli UFO, nei Marziani ed in ogni forma di superstizione e credenza popolare. Compresi streghe, maghi, santoni e divinità varie.
Questo articolo, UFO a Cennina, non vuole ipotizzarne l’esistenza, nemmeno dimostrare alcunché collegato a questo. Non sappiamo con esattezza come si siano svolti i fatti, ne il contesto storico sociale che potrebbe averli generati.
I fatti, le dichiarazioni della nostra concittadina, sono veri, registrati in documenti ufficiali e riportati in articoli di quotidiani e in studi ufologici di tutto il mondo. La signora, purtroppo, è scomparsa nel 2006.
Nel comune ci sono state altre segnalazioni, già dal 1930, se non andiamo errati, ma molto meno spettacolari e coinvolgenti di quella che vi abbiamo raccontato, confidiamo, rallegrandovi la giornata.
Sono andato al “Roseto Fineschi”, (vedi sito) a Cavriglia.
E’ un posto eccezionale. Ci sono rose ovunque di ogni tipo, antiche e moderne e di ogni colore.
Sono andato tardi, molte erano già sfiorite. A Maggio è meglio sono tutte in fiore. Ma mi sono divertito lo stesso, ce ne sono ancora tante, tutte bellissime.
Se avete voglia guardate quelle che ho fotografato.
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Rosso
Bianco
Giallo
Altro
Comunque il posto è bello da visitare con o senza le rose fiorite.
Il ricercatore leonardesco Francesco Sordini è convinto che il ponte che si vede dietro Leda nel dipinto “Leda and the swan” (1510-1515) attualmente esposta alla Galleria Borghese di Roma ed attribuita ad un allievo di Leonardo, sia il ponte di Bucine, ponte Romano distrutto durante il secondo conflitto mondiale e mai ricostruito. Leggi qui.
Sembra che a questa conclusione lo studioso sia pervenuto studiando il paesaggio del quadro intorno al ponte, si vedrebbe con incredibile somiglianza il vallone in Pratomagno come lo si vede dal vecchio ponte di Bucine.
Sarebbe interessante pensare di ricostruire il ponte, preservando per sempre l’integrità dell’unica arcata sopravvissuta.
Il sindaco Tanzini potrebbe avviare l’iter necessario a fare in modo che ciò avvenga.
Ci sono varie ragioni per farlo:
(ri)costruire un ponte è sempre positivo, meglio di un muro al confine o di una barricata, è un’idea di pace.
Mantenere e preservare dalla completa distruzione il ricordo, ed i ruderi di un manufatto così antico dovrebbe essere il primo impegno di ogni persona civile.
Evitare che l’ingegno ed il sudore dei costruttori Romani dell’epoca vada perduto.
A pochi metri dal ponte sono nato io, dalla finestra della camera natale posso ancora vedere i resti del ponte di fronte al mio sguardo.
Non è comunque concepibile in un paese Italiano di non fare nulla per preservare questo monumento. A cosa servono le sopraintendenze? E tutti gli altri boureaux burocratique, Dislocati a destra e a manca tra comune provincia e regione? Pieni di tecnici di livello che saprebbero come fare, se solo gli dicessero di farlo, per recuperare gli antichi splendori del sito.
Ma sembra evidente che si preferisca piangerci addosso, volere i turisti a visitare il nulla quando potremmo averci delle cose.
Non abbiamo i soldi? Chiediamoli a chi il ponte l’ha devastato. Alla Germania, alla UE, agli USA. Presentiamo un progetto di recupero serio e portiamolo avanti.
Se qualcuno è d’accordo con me per favore commenti l’articolo. Vedi mai che non sia possibile riportare ai vecchi splendori un monumento che le ragioni della guerra volevano perduto.
In the very olden time there lived a semi-barbaric king, whose ideas, though somewhat polished and sharpened by the progressiveness of distant Latin neighbours,were still large, florid, and untrammelled, as became the half of him which was barbaric. He was a man of exuberant fancy, and, withal, of an authority so irresistible that, at his will, he turned his varied fancies into facts. He was greatly given to self-communing, and, when he and himself agreed upon anything, the thing was done. When every member of his domestic and political systems moved smoothly in its appointed course, his nature was bland and genial; but, whenever there was a little hitch, and some of his orbs got out of their orbits, he was blander and more genial still, for nothing pleased him so much as to make the crooked straight and crush down uneven places.
Among the borrowed notions by which his barbarism had become semified was that of the public arena, in which, by exhibitions of manly and beastly valour, the minds of his subjects were refined and cultured.
Si, a Levane c’era un re, un re barbaro. Anzi semi-barbaro per l’influenza benevola e la vicinanza del re di Bucine. Con cui assieme a lungo combatterono la barbarie delle genti vicine.
Ma torniamo a levane, al suo re ed alle sue usanze.
Egli soleva risolver le questioni, anche i più banali conflitti, come quelli d’amore o d’interesse, semplicemente gettando il presunto reo nel mezzo dello stadio. L’arena Leona. L’arena era ben recintata ed aveva due sole uscite. Le porte, che non sono semplici porte come quelle da calcio, con la rete. Sono porte di ferro, dure come l’acciaio. Colui che era oggetto di giudizio aveva l’opportunità di salvarsi come di condannarsi, uscendo da una porta o dall’altra. Una lo salva l’altra lo manda in pasto alla fiera tigre Leona, simbolo cittadino e protettrice delle terme.
Quando diciamo che il re era mezzo barbaro non lo diciamo a offesa o per dileggio. E’ che era così. A parte un ridicolo Pantheon di Dei accroccati alla meglio, egli aveva credenze e superstizioni che, a quei tempi, lo facevano apparire strano agli occhi dei suoi sudditi. Ad esempio non riteneva opportuno che alcun uomo potesse decidere della vita di un altro. Men che meno che gliela potesse togliere, uccidendolo. Per questo ideò l’ingegnosa soluzione delle due porte nell’arena Leona. Il malcapitato si sarebbe ucciso da solo se reo dell’accusa oppure si sarebbe salvato se innocente. Se il destino, o i suoi Dei, lo avessero voluto salvare. E quando fosse uscito dalla porta giusta avrebbe ottenuto un premio, come risarcimento per l’ingiusta accusa.
Il premio era una “femmina”
Il premio era una “femmina”, di solito una dolce e bella fanciulla. Che sarebbe stata sua compagna e sposa per il resto della loro vita. Non importava se il liberato avesse già moglie, figli o altri gusti di coppia, quello era il premio e doveva accettarlo. Tutto il resto, tutto il passato, veniva cancellato come l’imputazione del reato.
Dobbiamo, però, notare come il re fosse avanti nel trattamento dei delitti e delle pene. Ma, forse per la crudele fine riservata a quelli divorati dalla tigre, era considerato mezzo barbaro. Ma certamente il restante mezzo appariva più buono e più moderno di quanto non fosse. Per questo si diceva anche che se il re fosse convinto della colpevolezza dell’imputato, questi anche salvandosi non si sarebbe salvato. Il presunto reo avrebbe ricevuto in dono una fanciulla speciale che gli avrebbe creato problemi ben peggiori della morte appena scampata. E questi “problemi” sarebbero durati per tutto il resto della sua vita. Comunque, l’omaggio non poteva essere rifiutato, pena ripetere la prova dell’arena, magari con tutt’altro esito.
Ecco, l’arena Leona poteva essere una trappola senza uscita. Si racconta che qualcuno, alla vista della fanciulla in dono, abbia voluto ripetere la prova sperando nella tigre ad attenderlo dietro la porta.
Ora vi voglio raccontare quello che accadde a un bucinese. Un mio antico concittadino, che a quei tempi era scapolo e si chiamava Luzio. Era il secondo ed il più scaltro di tre fratelli, di una famiglia molto povera di Bucine.
Il re di Levane aveva una figlia.
Il re di Levane aveva una figlia, che si chiamava Utopia, già in età da marito da qualche anno. Ma nessuno l’aveva ancora reclamata in moglie, si vociferava, per non imparentarsi con il re. Ma Utopia era in realtà bellissima, come il suo nome. Luzio l’aveva notata da tempo, anche se non era mai riuscito ad incontrarla prima.
Un giorno, aiutato con una scala, dal fratello minore Nario, irruppe nelle sue stanze. Al primo pano del palazzo del re dove ella viveva. Per rapirla e portarla con se. La vide come lei lo vide. Rimasero incantati a guardarsi per un po. Poi lui le si avvicinò e l’abbracciò appena. Ma subito le guardie arrivarono togliendogli l’Utopia senza che potesse portala con se per farla sua. Bloccato dagli sbirri del re, come ho detto, fu condotto al suo cospetto. Il re lo condannò alla prova dell’arena, entro trenta giorni, per aver abbracciato Utopia, senza il suo consenso.
Il re scelse la donna che sarebbe andata in dote a Luzio, se avesse scelto la porta giusta. La scelse non senza con una certa ripicca. Infatti non scelse la bella ma preferì la Bomba. Bomba era una ragazzona rotonda. Sembrava più un macchinista ferroviere che una rappresentante del gentil sesso. Proprio l’opposto di Utopia. Anche se le due erano amiche e cresciute insieme sin da piccole.
La bella! E la bestia?
Rivo, il fratello maggiore del nostro esuberante innamorato, cercò di far arrivare dei messaggi alla figlia del re. Messaggi con cui chiedeva aiuto per il fratello Luzio. Chiedeva che gli facesse sapere quale porta aprire, per salvarlo e non farlo finire in pasto alla tigre. Bastava un cenno e lui avrebbe capito.
La bella Utopia, in qualche modo riusci a scoprire il destino celato dietro ogni porta. Quale portasse Luzio alla morte certa e quale a Bomba. Ma per i giorni a seguire fu angosciata dai dubbi e le notti passarono insonni. Notti e giorni disperati, domandandosi se per Luzio fosse meglio la morte per la tigre o per la Bomba. Alla fine in un attimo decise, lei, Utopia, le sorti del mondo. E la sorte di Luzio, di Rivo ed anche quella di Nario, e di tutti i loro futuri compaesani, me compreso.
Fine della storia
Bene credo di avervi detto tutto e non voglio tediarvi oltre, vi lascio alle parole del grande Frank Richard Stockton per sapere come la bella Utopia fu decisiva: chi verrà fuori dalla porta donna o tigre? Quale sarà il destino di Rivo, Luzio e Nario, viver con Utopia o rassegnarsi alla Bomba?
Would it not be better for him to die at once, and go to wait for her in the blessed regions of semi-barbaric futurity?
And yet, that awful tiger, those shrieks, that blood!
Her decision had been indicated in an instant, but it had been made after days and nights of anguished deliberation. She had known she would be asked, she had decided what she would answer, and, without the slightest hesitation, she had moved her hand to the right.
The question of her decision is one not to be lightly considered, and it is not for me to presume to set myself up as the one person able to answer it. And so I leave it with all of you: Which came out of the opened door,–the lady, or the tiger?
Ero alla festa del perdono a Montevarchi, mi mangiavo un panino ed osservavo il mondo.
Il mondo perché Montevarchi non è più Italia ma Mondo.
A parte i profughi, che scappano dalla guerra, ci sono tante persone da noi che scappano dalla fame, quelli del Mondo intorno a me, credo siano scappati dalla fame, dalla povertà e dall’indigenza.
Gli stranieri in Italia non sono tanti, ufficialmente nel 2012 circa il 10%, fra regolari e irregolari
Guardando il mondo alla festa sono molti di più, più che gli Italiani.
Non li ho contati, ma se sono Pakistani o Indiani, si vede. Se hanno la pelle scura e si vestono fasciati di ampi veli. Se anche solo nei capelli hanno il velo è improbabile che siano di Montevarchi. Ma ce ne sono tanti che non li riconosci in questo modo: i Balcanici non sono diversi dai Toscani e dai Polacchi, dai Rumeni, dai Macedoni e dagli Albanesi. Anche qualche Marocchino o Tunisino si vede poco di dove venga.
Insomma tra evidenti e non evidenti, siamo diventati un mondo.
Per ora non vedo problemi, sembrano tutti brava gente, che col vestito della festa, si diverte con noi e come noi. Sono noi, che continui così, altrimenti chissà che potrebbe accadere.
La ex Jugoslavia di Tito ce lo ha mostrato chiaramente. Non si possono mischiare etnie e culture come se niente fosse, le diversità, le divergenze, prima o poi vengono fuori, ed allora so’ cazzi.
Non si può nemmeno governare la cosa, ovvero, si governa bene con la pancia piena. Se ce l’hanno tutti, si sta bene ed in pace tutti, ma se qualcuno soffre e qualcuno no, son dolori.
Immigrati
Per ora la pancia di tutti sta bene, almeno sembra, ma se i flussi continuano, senza regole, chissà. Mi domando se i nostri governanti ci abbiano pensato? Credo di no. Ma se la globalizzazione è stata fatta, ora è tardi per la retromarcia, dobbiamo andare avanti.
Ma chi ha voluto questo avrà pensato alle conseguenze? Credo di no, o forse si? In un mondo come il nostro, in un continente come l’Europa nessuno vuole più fare la guerra e non dovremmo più vederla.
Ma in questa è una situazione delicata potrebbe facilmente scatenarsi un conflitto, magari dopo un periodo di tensioni sociali, o di altro tipo, causate dai mal di pancia che non auspicavo sopra.
Se vi sembro eccessivo, controllate la vostra pagina FACEBOOK, cercate i post ed i commenti contro i Tedeschi, i Francesi, gli Immigrati e chi più ne ha più ne metta, vedrete che sono solo realista.
Nessuno vuole una guerra in Europa! Penso che questa sia un’affermazione vera, poi penso al ponte di Mostar distrutto senza che nessuno abbia mosso un dito contro (come i Bussha Afghani del resto). Penso alle bombe sganciate sui Balcani (se non finivano sganciate in Adriatico, sulla via del ritorno). Tutte immagini spettacolari per l’apertura dei TG. Penso anche a cose successe vicino a noi: i bombardamenti sulla Libia, dei nostri caccia, le bombe sui treni, i missili contro gli aerei (sopra Ustica o sopra le lande Russe), più indietro nel tempo ma sempre uguali.
Che ci sia qualcuno…
Mah! Che ci sia qualcuno che veda di buon occhio un nuovo conflitto in Europa? Per azzerare tutto e partire di nuovo da capo, dalla distruzione e dalla fame? Mah!
Fame che fa accettare tutto, dalle migrazioni di massa ai lavori di merda con salari da fame. Ricominciando un ciclo, ormai troppo sbilanciato verso il benessere diffuso, che forse non piace a tutti.
Chissà?
I segni ci sono, i semi sono stati gettati, speriamo solo che trovino un terreno arido, una pietra, dove sia impossibile germinare. Noi cercheremo di non innaffiarli.
Sono arrivate le feste del perdono, i festival, che attirano sempre tanta gente.
Tante attrazioni giochi e inganni e poi si mangia.
Funziona sempre al festival.
Poi che cosa ci trovi, una persona, nel fare il giro in una giostra, non l’ho mai capito.
Un po’ come nei balli in piazza, in cui tutti si muovono in sincronia, in quasi perfetta sincronia, tanto da sembrare ballerini professionisti. Nelle attrazioni da festa paesana oggi la tendenza è di mettersi tutti in fila, ordinati, e farsi sbatacchiare qua e là, in sincronia, da una ruota in movimento o da altri marchingegni tecnologici.
Per esempio l’ultimo grido nei festival Italiani sembra essere lo SPEED DANCE
Venti posti, uno di fianco all’altro, che due bracci meccanici fanno ruotare, ti spostano di lato ti mandano su, ti tengono fermo in alto, per poi precipitare giù a capofitto, ruotando (spostandosi) ora idi qua ora di là.
Certo, immagino che le emozioni saranno forti, le accelerazioni o le decelerazioni laterali sono peggio di quelle frontali.
Bisogna dire che però l’effetto scenico di questa macchina è eccellete, centinaia, migliaia di luci. Led di ogni colore possibile che si illuminano creando effetti, animazioni ecc, uno spettacolo solo a guardare. La musica invece lasciava un po a desiderare. Ma sarà stata la scelta del signore in cabina. Comunque penso che quando sei lì sopra della musica ti importi poco.
Ma c’è anche il mitico TAGADA’
non deve essere male, anche se si vede da tempo. Beh lì sopra c’è sempre lo sfigato, quello che paga per stare nel mezzo e camminare, in moto contrario alla ruota. Ma non potrebbe camminare in piazza, alla stessa velocità, in tutta la piazza si sente la stessa musica, senza spender nulla?
Il VELIERO è ormai sulla cresta dell’onda da tanto tempo
Ma fa sempre la sua porca figura oscillando ampiamente avanti e indietro. Come sulle creste delle onde più alte, come a navigare, sempre sul punto di spiccare il volo e sparpagliarsi sulla piazza, più in là.
Poi le giostre per ragazzi, dalle più veloci, come il mitico BRUCO,
A quelli più statici e posati come il BECCASOLDI
o le MACCHININE a COZZI
dette anche autoscontro.
Alla fine il migliore è però lo SCIVOLO
ti prendi un tappeto, ti fai le scale e giù per pochi secondi, paghi e fai un altro giro.
Ma è forte, devi salire le scale, è una azione utile e necessaria, devi andare su se poi vuoi scivolare giù, e non senza senso come quella del camminatore del Tagadà.
Io, comunque, pur non capendoli, li apprezzo: giù tutti nella ressa, nel baccano infernale a strillare come matti, non si sa perché. Almeno non lo sa chi è di sotto a vedere, come me; ma strillano, oh-o se strillano, sembrano tante galline spaurite. Ma che ci salgono a fare, se gli fa paura? E’ proprio quello lo stimolo, la paura. Il brivido a poco prezzo (senza ferite nel corpo); è quello che cerchiamo nella giostra. Forse lo scivolo piace poco proprio per quello, offre solo il brivido dell’altezza. Un brividino, da poco, da meno.
Io, comunque, preferisco i negozi ambulanti
dove possiamo gustare quello che chiamano lo “street food”
Street??? Ma ormai i negozi mobili sono come quelli immobili e non è tutto cibo fatto per strada, quello che offrono.
Quindi, un bel panino con il lampredotto e via.
Altro che brividi e gridolini.
Ah-a poi voglio parlarvi dei venditori ambulanti e della composizione della popolazione, lo farò, lo farò.
Lavori nella variante della provinciale del Valdarno, strada inaugurata da pochi mesi non senza intoppivari e polemiche.
Sono alcuni giorni che stanno riasfaltando (il tratto in giallo).
Ma il fondo precedente era buono e senza buche.
Passando sembra stiano aggiungendo uno strato di asfalto al precedente e dalla terra presente sul vecchio asfalto sembra che debbano rialzare il manto per permettere all’acqua piovana di defluire dai canali laterali.
Sotto i guard-rail infatti il terreno è rialzato e l’acqua non può uscire che dagli appositi canaletti in cemento.
Naturalmente le ragioni possono essere altre e ben valide, ma stupisce che una strada nuova ed in buone condizioni debba essere riasfaltata.
A noi sembra uno spreco.
Se poi avessimo ragione, si trattasse di livelli sbagliati; chi ha sbagliato, chi pagherà per il nuovo manto?
Sarebbe interessante saperlo.
Giancarlo
PS:
Parlando, in seguito, con alcuni addetti ai lavori, sembra che la riasfaltatura sia regolare e prevista nei lavori.
Sembra sia un metodo per ottenere un superficie finale migliore.
Ma forse andava fatto prima che crescesse cosi tanto l’erba laterale, forse, chissa?