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Prendono Trump per populista incompetente protezionista.

Prendono Trump per…

Prendono

Prendono Trump per populista.

Perché promette, promette e non fa niente.

Mi! Mi par di vederli, questi populisti, governarci negli ultimi trent’anni. E, mi! Mi sembra che oggi siano ancora lì, al governo.

Prendono Trump per incompetente.

PrendonoPerché non sa nulla di politica.

Mi! Gli incompetenti mi sembra di vederli qua. Ma magari è vero. Mi! Magari fosse vero anche qui. Voi dite che è vero anche da noi? Mi! Se lo dite voi.

Prendono Trump per protezionista.

PrendonoPerché vuole metter dazi in un mondo globalizzato. Mi! Che senza dazi la fabbrichetta, o la fabbricona, l’han portata in Romania, Polonia e Bulgaria. Che poi se si va a vedere ben bene, son già arrivati anche in Bielorussia e tutt’attorno.

Qualunque cosa ne pensino i nostri eroi della finanza, coi dazi in entrata le fabbriche restavan qui, sicuro.  Però domandandoci a chi giovino i dazi rispondono: “Non ai  ticoon finanziari”. E allora giù a globalizzare, che è bello. Bello, bello, bello! Soldi che girano, vorticosamente. Soldi che vanno, soldi che vengono, impacchettati discretamente. In buste, bustine e bustarelle.

Soldi, tanti soldi, un fiume vorticoso, un fiume in piena. Soldi di tutti, che tutti stan bene, anche tu. Sinché non ti ti accorgi che i soldi son finiti. Soldi non hai. Soldi non fai! Chi ha un laghetto, di liquidità, continua a pescare e prendere pesci. Chi è al verde si può solo sparare.

Il risultato di questa liberalizzazione, globalizzazione e plutodemocrazia è la ghettizzazione della società. O stai nel ghetto dei ricchi o in quello dei poveri.

Nel ghetto dei ricchi si sta bene, tra i poveri c’è gara alla sopravvivenza.

I più poveri lavorano a meno ed impoveriscono di più.

I più poveri comprano a meno ma spendono tutto per comprare quel poco a meno.

La merce a meno si produce dove il lavoro costa meno (gli uomini che lavorano costano meno) e si consuma dove gli uomini che hanno meno sono di più e guadagnano sempre meno. E si continua così finché i sempre più numerosi poveri se lo potranno permettere. Mentre i dazi, che non ci sono, non riaggiusteranno mai il tiro. Mentre il lavoro si sposterà ancora ad est per scansare le richieste dei poveri e creare nuovi poveri. Sempre più in là.

Prendono Trump per il culo

Perché definisce il campo di gioco, le regole e le squadre a modo suo, senza sentire il parere dei politici.

Quando i politici dovrebbero imparare da lui.

Le fabbriche delocalizzate in Messico tornano in Texas, gli Statunitensi troveranno lavoro a casa e non all’estero, se vuoi investire ti conviene investire negli Stati Uniti per non pagare il dazio, i prodotti senza dazio, fatti in USA si venderanno meglio, a prezzi inferiori e ci si guadagnerà di più.

Bravo Trump, non credo che tu sia un benefattore, ma almeno dici le cose come stanno, prendendo a schiaffi questi signori, servi di chiunque, ma grandi maestri di vita.

Ceppoduro

Tasse

Tasse: la costituzione non ne parla, se non indirettamente negli articoli:
Articolo 2 e 53.

TASSE e COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 53.
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività

Questo sembra tutto, a parte altri cenni sul pareggio di bilancio, nessuna menzione a tasse e gabelle.

Quindi contribuire economicamente alle spese della Repubblica è richiesto inderogabilmente a tutti in ragione della capacità contributiva (della disponibilità personale).

Bene, bene, bene.

Si devono pagare le tasse, o almeno si deve contribuire alla ricchezza pubblica e deve concorrere di più chi ha di più.

Ma chi paga le tasse?

Sicuramente i cosiddetti “consumatori”. Sono i migliori pagatori. Ci sono tasse come l’IVA che non sono “evitabili”, loro le devono pagare. In molti casi il balzello è del 22% del valore della merce, non poco direi, ma accettabile se tutto gira bene donare un quinto del valore acquistato è ragionevole e possibile.

Però questa è una tassa ingiusta, colpisce allo stesso modo, per lo stesso importo, sia chi ha tanto che chi ha poco. Qualcuno cerca una giustificazione nel fatto che il ricco spenderà molto ed il povero meno, il che riequilibra la tassa ma non le differenze sociali. Differenze, d’altronde, che non mi sembra vogliano essere riequilibrate da nessuno, ma forse sbagliamo.

Le tasse più giuste, anche se molto salate, sembrano essere quelle sul reddito, se tutti lavorano (sic), tutti contribuiscono, ed in proporzione al guadagno.

Peccato che non tutti paghino: Qualcuno legalmente con gli sgravi fiscali, che altri invece non hanno. Qualche “contribuente” non paga perché non è conosciuto o si nasconde al fisco. Questi “non contribuenti”, confidiamo, saranno ricercati, trovati e perseguiti. Ricercati sicuramente. Trovati raramente. Perseguiti mai.

Questa sembra una forte sperequazione. Ma non è la sola. Abbiamo tasse sugli immobili, sulle automobili, sui mobili, sui fermi e sugli infermi e chi più ne ha più ne metta, che anche loro non sono ne eque ne solidali. Per questo… possiamo dire che…

Le tasse ci sono.

Ma a pagare sembrano sempre i soliti, soprattutto senza proporzionalità.

E’ una questione di cultura, di etica: si cerca di pagar meno nascondendo l’importo versato e, contemporaneamente, si sfoggia ricchezza mostrando di avere più di quanto sia possegga veramente.

Dovremmo insegnare ai nostri giovani ad essere orgogliosi di contribuire più di altri alla vita comune, orgogliosi di mostrare non quello che si ha ma quello che si paga di tasse.

Questo non precluderebbe di possedere più di altri, perché ci verrebbe chiesto in proporzione a quanto abbiamo, a tutti.

Ma prima dovremmo far piazza pulita dei ladri, dei corrotti e di tutti gli approfittatori che girano intorno a noi. Non sarà facile ma possiamo vincerli se non li invidiamo, se non li consideriamo furbi, se non lo faremmo anche noi se potessimo. La sfida è solo culturale. L’etica si insegna, prima, in famiglia con l’esempio e poi a scuola con le parole.

tasse

Invertiamo la rotta.

Insegniamo ai nostri figli.

Pretendiamo una scuola migliore.

Denunciamo pubblicamente che imbroglia.

E speriamo bene perché la vedo dura.

Ceppoduro

 

 

Elogio dell’incompetenza.

 

Ancora elogio dell’incompetenza.

Oggidì sento un gran vociare .

In strada gente che bercia per farsi notare, strilloni davanti all’edicola che mantrano: “iiiooo, …saprei come fare!”, “iiiooo, …ho la soluzione ai problemi!”, “iiiooo, …che ho tanta esperienza…”, “iiiooo, …che da vent’anni…”, “iiiooo, che ho gli amici giusti….”,  “Lasciatemi fare a me, che conosco com’è”, “iiiooo… “.

E sento altri urlare contro: “Non siete capaci di nulla”, “Siete tutti Imbranati, senza nessuna esperienza”, “Non sapete nemmeno quello che fate”, “Non fate nulla, combinate solo disastri perché non conoscete la macchina che vorreste guidare”, “Li avete messi li, ma combineranno disastri, vedrete, vedrete…”, “Anzi, non combineranno niente, non sanno comandare”.

“E Roma non è orma d’amor, ne ramo di mora, ne Livorno, ne Parma ne Torino”.

“Voi vorreste fare cosa?”

“E’ giunta disgiunta la giunta di Roma che aroma d’arrosto c’è giunto or or”

Elogio

E io… resto attonito. Io… non capisco che succede. Io… non capisco cosa non va e nemmeno capisco perché dovrebbe andare meglio in altro modo.

“C’han provato tutti da dritta da manca, e per questo ch’arranca di Roma l’onor”.

Io… sono esterrefatto. Eppure il cambiamento l’ho voluto anch’io: “Togliamo di mezzo tutti i parrucconi, i vecchi, i baroni, aggrappati alle loro laide cattedre. Largo ai giovani. Largo al cambiamento, di facce, di teste, di paradigma. Facciamo le cose  per il bene comune, non per interesse personale, fermiamo il sistema ormai marcio e mafioso”.

Poi d’incanto qualcosa

Poi d’incanto qualcosa simile a quel che pensavo accade, ed invece di elogi sento il fervore di inquisizione, i ferri e le gogne per il nuovo e di molti l’accanirsi sui pochi, vedo forche e forconi levarsi in alto contro i giusti, vedo pestare l’acqua della riva per intorbidire lo stagno.

Mi rendo conto che anche prima c’erano berciatori di strada, mestatori di acque, affumigatori di gente ed accaniti censori.

Ma non son più gli stessi. Quelli che ora si stracciano ora le vesti, sono i benpensanti di prima, chi ora si rivolta e s’indigna, prima, allegramente, leccava il culo ai potenti.

Elogio

Ma che cosa è cambiato?

Di chi è la ragione?

Perché succede tutto questo?

Cui prodest?

Elogio

Certo chi ora non detiene il potere è logorato dalla sua mancanza, ma finora sembrava che la perdita dello stesso potere non lasciasse scontenti i perdenti.

Un po’ di riciclo, un cambio casacca, di qua e di la, a manca e manritta, l’un con l’altra girandosi intorno come in un valzer Viennese, lo scambio a distanza tanto ravvicinata da non distinguere differenze.

Anzi

Anzi abbiamo visto, subito semmai, le uguaglianze e un certo vanto, becero, a dir di far meglio (peggio) dell’altra parte avversa, sicché molte volte (sempre) non siamo riusciti a percepire il cambiamento. A parole, negli scopi dichiarati magari sì, ma nella sostanza no, mai.

Poi sono arrivati gli altri, i terzi, i terzi esclusi, alla spicciolata, alieni, si sono seduti sullo scranno ed hanno cominciato a guardarsi intorno, e, contando le stelle, hanno cominciato a dir di no. Respingendo i cani famelici, li attorno abbrancati all’osso, hanno tolto l’osso e smesso di smembrare la preda, cercando di rianimarla, dove non fosse già morta.

Hanno, non miracolosamente, ma scientificamente fatto risorgere le città che hanno preso, a volte velocemente, a volte le han dovute assediare, ma sempre han detto di volerne la rinascita, la resurrezione.

Io credo in questa gente, onesta e disinteressata, che non bercia e si lascia insultare con orgoglio, perché crede in quello che fa e crede che anche gli altri ci credano.

Vogliono un domani possibile, vogliono consegnare qualcosa ai nostri figli.

Dobbiamo credergli, dargli fiducia. Se non saranno “alti” (all’altezza) gli tireremo le pietre, se saranno “brutti” (faranno male) gli tireremo le pietre, se saranno “belli” (faranno per se) gli tireremo le pietre, ma se saranno e faranno quel che dicono di voler essere e fare, li ringrazieremo e gli chiederemo di chiamarne altri con se, che portino avanti le loro idee e proseguano nel loro percorso, dopo di loro, dopo di noi, per loro e per noi.

Credono all’occasione che fa l’uomo ladro, per questo si spogliano come Francesco dei loro averi. Per questo non vogliono onori e dopo un po’ non vogliono neppure mantenere gli oneri del loro lavoro (Come Menenio).

E’ una grande ricchezza dell’Italia di oggi.

Elogio loro.

Elogio la loro idea.

Ancora elogio la loro onestà.

E pure elogio la loro incompetenza.

 

Ceppoduro.

Equo, OXFAM ci spiega cosa è equo e cosa no.

Equo

Equo significa per il Treccani

èquo agg. [dal lat. aequus]. 
– Che è conforme a equità, cioè alla giustizia nel suo ampio significato morale: 
pretendere un’e. distribuzione delle ricchezze; non sarebbe e. dar tutto a lui; di persona, 
che ha equità: un giudice equo. In senso più materiale, giusto, umano, 
debitamente proporzionato: condizioni e., un e. compenso; per e. affitto, 
e. canone, v. canone, n. 4. ◆ Avv. equaménte, con equità, con giustizia, 
con giusta proporzione: giudicare equamente; ripartire equamente gli utili o gli oneri.

Icona sinonimi.png Sinonimi

Fairytale right blue.pngFairytale left blue.png Contrari

Oggi è stato pubblicato il rapporto OXFAM e possiamo capire qualcosa in più sul termine equo.

EquoPossiamo dire subito che il mondo non è equo.

I poveri sono sempre di più e più poveri mentre i ricchi sono sempre di meno e più ricchi.

La metà più povera del pianeta è oggi più povera di quanto calcolato in precedenza, mentre i ricchi accrescono la loro ricchezza vertiginosamente, vedremo poi perché. Sapete chi detiene pari ricchezza della metà più povera del mondo? Otto persone, otto super ricchi posseggono tanto quanto la metà più povera del mondo.

Scandaloso!

Ma, comunque, l’uno per cento della popolazione planetaria, i più ricchi, detengono la stessa ricchezza del restante 99% della popolazione.

Scandaloso!

Ma leggetevi il reportage, ne troverete delle belle.

In Italia l’uno per cento dei nostri connazionali, i nostri Paperoni, possiede il venticinque per cento (un quarto) della ricchezza nazionale netta.

Scandaloso!

Ma come fanno?

“Oxfam ha calcolato che 1/3 della ricchezza dei miliardari è dovuta a eredità, mentre il 43% a relazioni clientelari. A chiudere il cerchio c’è l’uso di denaro e relazioni da parte dei ricchissimi per influenzare le decisioni politiche a loro favore. Ovunque nel mondo i governi continuano a tagliare le tasse su corporation e individui abbienti“.

Insomma ereditano, rubano, corrompono e non pagano tasse.

Equo

Ma  noi che possiamo fare?

Poco, penso, se non indignarci e non riverire i potenti, ma ricordargli che ci stanno sottraendo il futuro, a noi ma, soprattutto ai nostri figli.

Tutti, banca mondiale in testa, volevano eradicare la povertà, per evitare problemi sociali, rivolte, immagino, terrorismo, suppongo, vergogna, spero.

Ma non è successo nulla.

Anche Francesco, a parte scegliersi un nome in empatia con i poveri, non ha fatto gran che, non è vero Franci?

Ma poteva far di più?

Non credo. Se non spogliarsi dei beni materiali del papato. Ma allora… Benedetto…

Solo mi chiedo cosa se ne facciano questi signori di tutti questi soldi, di questa ricchezza, di questo potere? Utilizzato per sottomettere altri uomini e donne, per renderli servi, per affamarli, mutilarli, per piegarli e/o per piagarli.

Penseranno di sopravvivere a se stessi?

Aveva ragione Totò ne “A livella” a raccomandare al gran signore, marchese e tante altre cose, sepolto accanto a lui, di non scacciarlo via, lontano dalla sua tomba” ‘ste fesserie le fanno solo i vivi, noi siamo persone serie, apparteniamo alla morte”.

Confidiamo.

Ceppoduro

 

Numeri, amare considerazioni

Numeri.

Considerazioni, amare, sui Numeri.

Numeri.

Numeri ovunque, continuamente, sempre e comunque, veri, meno veri, non veri. Ci arrivano così tanti numeri che non se ne capisce il senso.

Numeri in pubblicità:

Come per il prezzo e le caratteristiche delle cose al megaristore o all’ipertroop: telefono con processore  a 100 megahertz, 10 megawatt, 2,4,5 mega di RAM, ROM, RUM, fino ad ubriacarti. Tutto a 499€ o 49,99€ prima rata, 29,90€ al mese fino a fine anno, a soli 9,99€, 99 centesimi… alla fine chissà cosa costa quanto? Gli sconti oramai non sono mai inferiori al 50%, meglio se, oltre al primo -50% aggiungo un altro -20%, anzi -40%. Numeri vomitati su di noi a getto continuo.

Numeri in statistica:

Ogni mese nuove statistiche che parlano del trend a fine anno, basandosi su quanto rilevato nei due o tre mesi precedenti. “Ridotta la disoccupazione dello 0,3%; 0,9 su base annua, per il secondo trimestre consecutivo, ma il numero dei cercalavoro aumenta anche se la disoccupazione giovanile cresce l’occupazione è stabile con un +0,1 medio. Statistiche con previsioni mai verificate: nessuno che ti dica tre mesi fa avevamo detto che sarebbe andata così, e ci abbiamo preso in pieno o, più realisticamente, non ci abbiamo preso per niente.

Numeri nelle tasse:

Boom delle entrate +4% ma il gettito è a rischio per le gelate di questa stagione. L’IVA cresce per l’annuncio della riduzione del cuneo fiscale, che sarà fatta quando il PIL sarà finalmente a due cifre, dopo la virgola. Numeri sempre e solo numeri.
Le cifre sono sempre interpretate a favore del governo in carica senza però, mai rinfacciarle a quello precedente, perché è pur vero che a volte ritornano e non vorrete mica parlar male di uno che oggi è nella polvere ma domani potrebbe essere ancora al balcone?

Numeri in politica:

Quello che succede o succederà per le decisioni prese viene spiegato con numeri semplici, + e – significano bene e male (o male bene a secondo dell’argomento)

– tasse = bene, + gettito = bene, – costi = bene + sconto = bene,

– disoccupazione = bene, + in cerca di lavoro = bene.

Ma anche + rifugiati = male – calcio = male.

Nessuno che dica: + trasparenza = – corruzione= bene, + corruzione = – servizi = male,

– stato = + mafia = male, – pubblico = + privato = male.

Numeri e parole:

E giù numeri in fila come se piovesse, tanto prima che ci si possa ragionar sopra ce ne danno in pasto altri che dicono il contrario ma che non smentiscono mai i precedenti. Poi se qualcosa è andato storto e va proprio detto che qualcosa è andato male, si tirano in ballo la congiuntura economica, la crisi finanziaria, le torri gemelle, l’ISIS e Saddam e Putin o la concorrenza Cinese.
Tanto che il servizio sui dati statistici sembra più un bollettino di guerra che realtà numerale. E il servizio alla radio, che dovrebbe farci capire, ci disinforma.

Parole , non numeri:

A proposito della radio, di tutte le radio, parlate, gridate, sghignazzate, di quasi tutte  insomma, i loro conduttori, speaker, giornalisti, imbonitori non solo non ci spiegano più i numeri che danno, ma non sanno più nemmeno l’Italiano, non sanno coniugare i verbi, non li mettono nemmeno correttamente al plurale.
Ma se non sanno nemmeno parlare, che volete che ci raccontino oltre le favole?
Beh secondo me sanno far bene il loro mestiere che oggi non è più di informare gli ascoltatori, ma di intrattenerli e dargli compiti leggeri da fare, calcoli e ragionamenti semplici, per tenerli occupati senza stancarli, per tenergli occupata la mente e non farli pensare, che pensare fa male e pensare male è peccato.

Numeri

Conclusione (amara) sui numeri:

Ci propinano tutti dei numeri, tanti numeri, che ci frullano in testa e non li capiamo:

Non li capiamo un po per pigrizia, nostra, un po per malafede, di chi ce li fornisce.

Poi non c’è nessuno che li spieghi, che ne spieghi il significato in fatti reali, su come cambiano la, o dipendono dalla, nostra vita.

Smettiamo di prenderli per buoni, critichiamoli, scopriamone il significato.

Vedremo che un PIL da dieci anni negativo o al massimo allo zero virgola non è un dato positivo, significa che i governi che si sono succeduti hanno fallito o ci hanno ingannato, lo 0, non è un risultato negativo dovuto alla congiuntura è un disastro e, probabilmente, qualcuno ci ha lucrato e ne ha mangiato o sperperato una parte che ora non c’è più e sarà sempre più difficile da recuperare.

Che vuol dire…

Quando ci dicono che la disoccupazione è calata dello 0, nell’ultimo trimestre non è migliorato nulla, siamo nella merda proprio come prima.

Quando ci dicono che c’è stato un boom di gettito fiscale, vuol dire che ci hanno tassato di più, abbiamo pagato di più, chi paga ha pagato di più.

Quando ci raccontano che hanno recuperato miliardi di evasione non hanno incassato un soldo di quelli evasi, perché gli evasori non pagheranno una lira a meno che non ci siano sconti e vantaggi per loro, e totale impunità, ovviamente, hanno scoperto un’evasione ma non troveranno mai i soldi.

E quando ti dicono che hanno salvato la tua banca, significa che la tua banca ti ha rubato i tuoi soldi e, non contenti, anche lo stato ti ha rubato dei soldi per salvarla.

Quando si scopre uno scandalo politico economico ti hanno fottuto un casino di soldi o di libertà.

Oppure quando piangono gli hai bocciato una legge costituzionale incostituzionale, significa che ti sei preso una piccola rivincita.

Goditela.

Ceppoduro

Verità, cosa sarà mai?

La verità.

Oggi mi domandavo cosa sia la verità, guardando in ½ora su RAI3.

In verità parlavano di giornalismo, delle mezze verità delle mezze bugie, delle bufale inventate per orientare il pubblico, l’opinione pubblica, raccontate da giornalisti, da politici e da altri. Credo fosse in risposta ad un post di Beppe Grillo a proposito delle balle raccontate dai mezzi di informazione italiani, che Grillo vorrebbe, ironicamente, sottoposte al giudizio del popolo, del tribunale del popolo.

Quindi cos’è?

verità rosa

Tutto quello che corrisponde alla realtà delle cose o dell’essere è vero e quindi lo è. Una rappresentazione oggettiva del mondo lo è, una sua rappresentazione non oggettiva non lo è. Quando abbiamo coincidenza tra pensiero ed essere stiamo esprimendo qualcosa di vero. Un’idea che rappresenta la realtà è vera.

Ma come sappiamo che questi concetti rappresentano fedelmente l’essere e non ne sono semplicemente una interpretazione soggettiva, e quindi falsa?

Per Parmenide il primo a discuterne semplicemente l’«essere è», e il «non-essere non è». Poco cambia in seguito con l’idea di Platone. La caratteristica del vero in un discorso consiste nel «dire gli enti come sono», mentre la proprietà del falso è quella di «dire come non sono». Aristotele ne diede una definizione simile: «dire di ciò che è che non è, o di ciò che non è che è, è falso; dire di ciò che è che è, o di ciò che non è che non è, è vero».

Ma se un fatto o un idea, come nelle bufale di cui discutevano in trasmissione, possono essere, ragionevolmente, descritti in due modi opposti entrambi veri, per chi li propone e per chi vi si oppone, il dilemma su cosa sia vero resta.

la verità

Possiamo analizzare il problema con la logica per arrivare a stabilire quale sia il criterio che è necessario seguire per trovarla (la verità). Cartesio pensava che il pensiero fosse la chiave del metodo per scoprire il vero, pensiero che io traduco in dubbio. Dubitare aiuta a valutare lo stato di veridicità di qualcosa, idea, concetto, (interpretazione di un) fatto. Karl Popper ci ha detto che la verità possiamo trovarla, anche per caso, ma la certezza di averla non possiamo mai averla.

Penso

che sia chiaro che quando si parla di vero si finisce per relazionarla direttamente con una teoria, un idea, un concetto. Cioè non parliamo del vero in se, ma della verità del nostro pensiero, della nostra idea del mondo. Insomma si finisce o a dire che il vero è banale: 1+1=2 e non ci sarebbe nemmeno bisogno di parlarne se non in casi particolari quali i paradossi. In questo caso non è facile verificare la coerenza tra affermazione e realtà. Ma come verifichiamo questa coerenza? Ad esempio possiamo confrontarci  con altri e se anche gli altri concordano, stiamo affermando il vero.

Ma questo

non risolve il quesito delle due versioni contrastanti della stessa verità. Se gli esperti non concordano nell’interpretazione quale è quella vera?

Già gli antichi greci ne discutevano e loro possono aiutarci.

La verità in greco antico si diceva disvelamento, togliere il velo che oscura la vista all’essere. Quindi il vero va ricercato e scoperto dalle ombre che ne privano la vista.

Cioè dobbiamo darci da fare per capire quello che è vero, che non è evidente ma normalmente occultato. Quindi occorre pensare per distinguere quello che è. Pensare è difficile e per evitarlo intervennero le religioni religioni con la fede, una verità rivelata a priori, senza problemi.

Ma nemmeno loro ci risolvono la questione, anche le fedi (differenti) possono sostenere verità diverse dello stesso fatto, della stessa idea.

la verità

Kurt Gödel ci può aiutare,

egli ha affermato che non sempre sia possibile dimostrare ciò che è vero. Perché ogni sistema viene valutato su degli assiomi e questi sono verità date che servono a spiegare il resto ma non possono spiegare se stesse. Le verità fondamentali non sono dimostrabili. Dobbiamo distinguere tra le verità di ragione e quelle di fatto nel primo caso non possono esserci divergenze nella valutazione nel secondo sì. Per una contingente (non necessaria) può avere un opposto anch’esso vero. Se analizziamo logicamente le due possibilità possiamo arrivare alla verità primitiva che sottostà ad esse.

Alla domanda

iniziale su cosa sia la verità possiamo rispondere che ce ne sono due: una oggettiva, che si basa sulla realtà dei fatti, e una soggettiva, che si appoggia alla nostra esperienza e visione del mondo. La soggettiva può avere due versioni contrapposte.

Allora se non possiamo esprimere il concetto con verità primitive e condivise, non riusciremo mai a mettere d’accordo i due partiti, ed è quello che succede sempre ognuno si convince della sua verità soggettiva, molto spesso senza curarsi nemmeno di verificare se ce ne siano altre oggettive a sostegno di questa, e contesta falsità all’altra visione soggettiva del mondo che ha la controparte.

E così ogni verità crea i presupposti per giustificare guerre (che qualcuno chiama anche peace keeping), uccisioni, ruberie, sfruttamenti, liti, scazzottate, lancio di pietre, di invettive, di macumbe, maledizioni vudù e amenità varie.

Così va il mondo ognuno ha la sua verità che diventa questione di fede, per cui si può giustificare di tutto.

Cogito ergo pugno.

Giancarlo

 

Dati ISTAT, assieme con Ministero del Lavoro, Inps e Inail

E’ stato pubblicato i comunicato congiunto sui dati congiunturali.

sui dati ISTAT Giuliano Poletti dice:

“Sono convinto che con questo prodotto potremo assicurare, grazie a una lettura e a una valutazione coordinata dei dati, un contributo importante al miglioramento della conoscenza e delle analisi delle dinamiche del mercato del lavoro”.

Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione

L’Istat, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’Inps e l’Inail pubblicano oggi in contemporanea sui rispettivi siti web la prima nota trimestrale congiunta sulle tendenze dell’occupazione. L’obiettivo è valorizzare la ricchezza delle diverse fonti sull’occupazione – amministrative e statistiche – per rispondere alla crescente domanda di una lettura integrata delle dinamiche del mercato del lavoro

Nota trimestrale congiunta “testo PDF”

comunicato congiunto Testo PDF

L’IDEA È BUONA, mettendo insieme le varie fonti che forniscono dati sull’occupazione l’informazione è migliore, più completa, più chiara, più sicura.

Cosa ci dice lo studio dei dati ISTAT?

  1. La crescita tendenziale dell’occupazione è stata interamente determinata dalla componente del lavoro dipendente. Sia in termini di occupati complessivi (+1,8% Istat-Forze di lavoro) sia di posizioni lavorative riferite specificamente ai settori
    dell’industria e dei servizi (+3,2% Istat-Oros).
    L’andamento tendenziale trova conferma sia nei dati relativi alle Comunicazioni obbligatorie (Ministero del lavoro e delle politiche sociali-CO) rielaborate. (+543 mila nella media del terzo trimestre 2016 rispetto al terzo trimestre 2015). Sia nei dati dell’Inps-Osservatorio sul precariato riferiti alle sole imprese private. (+473 mila posizioni lavorative al 30 settembre 2016 rispetto al 30 settembre 2015).
  2. La sostanziale stabilità congiunturale dell’occupazione totale è sintesi di una

    crescita del lavoro dipendente. (+66 mila occupati, Istat-Forze di lavoro per il complesso dei settori e +77 mila posizioni lavorative per i settori dell’industria e dei servizi, Istat-Oros). E della contestuale riduzione dell’occupazione indipendente. (-1,5%, pari a -80 mila occupati, Istat-Forze di lavoro). Che è tornata a calare anche sotto il profilo tendenziale. (-1,4%, Istat-Forze di lavoro).

  3. L’incremento congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti è confermato dai dati destagionalizzati delle Comunicazioni obbligatorie rielaborate:

    nel terzo trimestre 2016 si sono avute 2,1 milioni di attivazioni a fronte di poco più di 2 milioni di cessazioni, che determinano un saldo positivo (attivazioni meno cessazioni) di 93 mila posizioni di lavoro, dopo la crescita di 48 mila posizioni
    nel secondo trimestre 2016 e di 257 mila nel primo trimestre (Tavola 2).
  4. Con riferimento alla tipologia contrattuale, l’aumento congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti rilevato nel terzo trimestre sulla base delle CO rielaborate è frutto di 83 mila posizioni a tempo determinato e di 10 mila posizioni a tempo indeterminato. In particolare, le posizioni di lavoro a tempo determinato sono tornate a crescere dopo il ridimensionamento del secondo trimestre 2016

    (Tavola 2).

  5.  La crescita tendenziale è invece quasi interamente ascrivibile all’incremento delle posizioni lavorative a tempo indeterminato, come evidenziato dai dati sia delle CO rielaborate (+489 mila) sia dell’Inps (+457 mila) (Tavola 1). Tale incremento, particolarmente significativo e concentrato nei trimestri a cavallo tra il 2015 e il 2016, come documentato dalla dinamica sia tendenziale sia congiunturale (Figura 1), è stato tale da indurre duraturi effetti di trascinamento anche nei trimestri successivi.
  6. La dinamica del mercato del lavoro è caratterizzata anche da una consistente riduzione tendenziale dell’inattività ( -528 mila persone), associata all’incremento degli occupati (+239 mila) e delle persone in cerca di lavoro (+132 mila) ma anche
    alla riduzione complessiva di individui nella fascia di età 15-64 anni a causa   dell’invecchiamento della popolazione (Tavola 3).
  7. Nei primi 9 mesi del 2016 i voucher venduti sono stati 109,5 milioni, il 34,6% in più rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. I voucher riscossi per attività svolte nel 2015 (quasi 88 milioni) corrispondono a circa 47 mila lavoratori annui full-time e rappresentano solo lo 0,23% del totale del costo lavoro in Italia. Il numero mediano di voucher riscossi dal singolo lavoratore che ne ha usufruito è 29 nell’anno 2015: ciò significa che il 50% dei prestatori di lavoro accessorio ha riscosso voucher per (al massimo) 217,50 euro netti.

  8. Gli infortuni sul lavoro accaduti e denunciati all’Inail nel terzo trimestre del 2016 sono stati 137 mila (di cui 118 mila in occasione di lavoro e 19 mila in itinere) in aumento dell’1,1% (+1,5 mila denunce)rispetto al terzo trimestre del 2015. Tale incremento è in linea con la crescita dell’occupazione (e quindi dell’esposizione al rischio  infortunistico) registrata in termini tendenziali da tutte le fonti.

Cosa se può dedurre dai dati ISTAT?

Cresce il lavoro dipendente, bene!

Ma l’aumento dei dipendenti compensa solo il calo del lavoro indipendente.

Il saldo è di poco positivo ma ci sono milioni di posti persi e creati e, ci domandiamo se in questo giro di valzer i ballerini siano gli stessi? Chi ha perso il posto lo anche ritrovato? Se sono gli stessi al termine delle danze ci hanno guadagnato o rimesso? Ci vien da dire che ci hanno rimesso, chi licenzia e riassume per pagare la prestazione di più? Ci sono nuovi assunti a tempo determinato, ma non dovevano finire per effetto del Jobs act. Ma il suo effetto si è visto sono aumentate significativamente le assunzioni a tempo indeterminato a cavallo tra 205 e 2016, quando ancora c’erano gli incentivi e prima che i datori di lavoro si accorgessero che non c’erano più.

Qualcuno…

Ma qualcuno potrebbe obiettare che non sono molti i nuovi 10 mila lavoratori a tempo determinato l’aumento dei voucher del 35% dimostra, a prima vista, che ci sono circa 100-200 mila lavoratori che campano di caporalato legale, con lavori saltuari da fame. Infatti il rapporto ci dice che i voucher venduti corrispondono a circa 50 mila lavoratori a tempo pieno (che non sarebbe male avere visto i numeri di cui si parla con successo) ma che in realtà significano molti più lavoratori precari che danno prestazioni saltuarie una volta a settimana quindi, parlando di 100-200 mila persone siamo al 50% più bassi della probabile realtà.

I dati Istat ci dicono che mezzo milione di persone che lavorano in queste condizioni? Non voglio dire altro che è meglio, ma quando elimineranno i voucher sarà sempre troppo tardi.

Però…

Però si può verificare anche questo, cosa significa campare di voucher, ci danno i dati, ma non le valutazioni: 88 milioni di voucher riscossi nel 2015, con in media 29 voucher ciascuno per 217,5 Euro (il cinquanta per cento della forza lavoro accessoria). Per 52 settimane in un anno qualcuno riscuote 30 voucher cioè due voucher al mese, quindi percepisce meno di un euro al giorno.

Inoltre facendo altre semplici divisioni se di 88 milioni di voucher ne sono stati pagati in media trenta per lavoratore ci sono circa 3 milioni di persone che nel 2015 lavoravano con questo sistema, e i voucher sono aumentati del 35% nel 2016. Che significa? Confidiamo che tutti ora prendano tre voucher al mese, diventando finalmente ben pagati ed in grado di fare una vita normale, con poco più di un Euro al giorno. Oppure che 4 milioni di persone sopravvivono con poco più di nulla.

Insomma…

Il ministro del lavoro cosa aspetta a dimettersi?

Ed il presidente del consiglio?

E’ responsabile anche lui? Ah si è già dimesso? Si ma non per questo. E invece di vedere il bicchiere mezzo pieno, bicchiere che invece appare completamente vuoto, di chiedere scusa agli Italiani per lo scempio commesso, non se ne parla? Sarebbe troppo.

I dati Istat Sono risultati da presentare come normali, addirittura come successi politici e amministrativi?

Lascio al lettore la triste decisione.

Ma…

Ma la ciliegina sulla torta viene messa alla fine del comunicato congiunto perché per capire tutto si deve avere la pazienza di leggere tutto, bisogna di arrivare in fondo al libro per capire chi è l’assassino.

Ci sono stati 137 mila infortuni sul lavoro +1,1% (senza, naturalmente, specificare quanti di questi si siano trasformati in decessi o abbiano causato invalidità permanenti nell’infortunato), una strage, un fallimento totale, la resa dell’obiettivo infortuni zero, dello slogan lavoriamo in sicurezza, ora che ci sono macchine e strumenti per evitare incidenti. Ora che  i DPI, dispositivi di protezione individuale, ed i corsi di sicurezza sono obbligatori per legge, ora che c’è (???) la responsabilità penale del datore di lavoro.

Comunque appare evidente l’imbarazzo per questi risultati, ci spiegano come sia un aumento in linea con l’aumento della forza lavoro (???). Ma se sono stati assunti solo gli over 37? Quelli che dovrebbero essere più esperti, più formati sulla sicurezza. Di giovani infatti non ne sono stati assunti più, forse lavorano tutti a voucher.

E’ impensabile, anche se fosse vero, che un aumento di occupazione porti con se, in maniera naturale ed automatica un aumento degli infortuni. Dovrebbe essere il contrario i nuovi assunti dovrebbero essere meglio istruiti e più protetti, degli anziani non abituati a certe tematiche del lavoro ed ad utilizzare adeguate strategie e materiali antinfortunistici.

E…

E il presidente dell’Inail, cosa aspetta a dimettersi?

Non è ancora evidente come abbia fallito nel suo compito? O è solo un ragioniere che conta il numero di incidenti? Ma allora paghiamolo adeguatamente, risparmieremo.

A maggior giustificazione viene ribadito che, dei 137 mila infortuni, 19 mila sono avvenuti in itinere, cioè nel percorso da casa al lavoro, solo 118 mila sono realmente successi al lavoro. Non sembra un gran miglioramento, questo poteva scagionare le responsabilità se solo 19 mila erano successi al lavoro, ma non è così.

Infine…

Concludendo questa, analisi minimale, non approfondita, ne dettagliata, del comunicato congiunto sui dati aggregati e mediati tra ISTAT, MINISTERO del LAVORO, INPS e INAIL possiamo sintetizzare con:

Ce n'è di che vergognarsi.

Da nessuna parte del documento sui dati Istat si ribadisce o si afferma l’impegno a migliorare i risultati: + occupazione, + reddito, – infortuni.

Si passano i dati, neutri, come fossero normali, banali, e come nel bailamme del mercato rionale, nessuno ne capisce il senso: chi, cosa e perché. I numeri, liberi dalla loro interpretazione, confondono più che spiegare.

Ceppoduro

dati istat
Giuliano Poletti, Tito Boeri

Altre fonti dati Istat:

Il fatto quotidiano

La repubblica

 

Bufale.

Parliamo di bufale

Ci sono bufale e bufale.

Ci sono le bufale che danno il latte per fare la mozzarella di bufala Campana e le bufale via WEB.

Le prime bufale ci piacciono, meritano un “like” grosso grosso con il ditone all’insù. Oramai protetta dal DOP non ci dovrebbero essere sorprese nel consumare la mozzarella di Bufala Campana, magari è discutibile come possano dirsi, anche semplicemente “mozzarelle” le altre. Spesso sono dei pezzi di plastica duri e gommosi che non hanno neppure il sapore della busta in cui sono confezionati. Buste che contengono un siero, almeno qualcosa che dovrebbe assomigliargli, che è così limpido e trasparente da poter essere acqua distillata. Va beh, non polemizziamo troppo sulle mozzarelle, se qualcuno le compra e continua a comprarle dopo il primo assaggio, appare evidente che anche la plastica gommosa ha i suoi estimatori.

Anche le bufale via web hanno una pletora di estimatori, altrimenti non se ne comprenderebbe la vasta diffusione. La definizione di bufala via web deriva direttamente da quella di bufala. che descrive la pratica di truffare i consumatori offrendo mozzarelle dette di bufala che il latte della stessa non hanno visto neppure passare per il caseificio accanto.

Quindi bufala è sinonimo di affermazione falsa, più o meno inverosimile ma che, contrariamente alla evidenza, è ritenuta vera da tanti (quelli che cadono nella truffa e/o quelli che vogliono continuarla). Questi, convinti per incompetenza o malafede, rilanciano la notizia, l’affermazione, la foto sul web creando disinformazione e/o calunniando altre persone.

Oggi c’è un gran dibattito sopra le bufale, tutti indignati, tutti che vogliono sanzioni, per chi le scrive, per chi le rilancia, per il sito o per la piattaforma che le ospita, una vera crociata, una caccia alle streghe.

Puttanate.

Colpire chi le immette in rete è difficile, le bufale sono tante. I bufalari sono tanti. A volte i bufalari sono amici dei bufalati. Altre volte sono la stressa persona che si bufalano per innescare reazioni, pulsioni e meccanismi di difesa inconsci nei lettori.

La bufale sono truffe o diffamazioni  sofisticate ma possono essere anche stupide e puerili. Insomma una giungla difficilmente penetrabile, sicuramente inestricabile. Per questo dico “puttanate”. Per alcuni questa è l’occasione, la scusa, il “casus belli” per mettere un bavaglio al web. Perché la furia censoria deve essere appagata. Perché di tutte le storie che girano non tutte sono bufale, non tutte sono false. Ci sono anche notizie vere ad essere condivise e, guarda caso, queste sono notizie sgradite ai censori, agli inquisitori, ai tenutari della verità. E quando sono invise, sgradite, sfottenti, ma vere, nulla di meglio che fare tutta l’erba un fascio. Nulla di meglio che chiudere la bocca a tutti.

Le bufale si riconoscono subito, se uno non è ebete,

Bufale
La fronte ampia del buffone, lo sguardo strabico, la posa per terra sbilenca (dovuta a qualche malfermità), ed il sorriso ebete quasi privo di ragione, ne fanno uno dei più affascinanti ritratti di Velazquez, ma anche una delle sue più inquietanti letture della realtà, accentuate anche dalla preziosa e raffinatissima tecnica e l’illuminazione usate per la realizzazione.

ci sono dei siti apposta per smontarle il prima possibile (bufale.net o Bufale Un Tanto Al Chilo BUTAC. Ma anche una semplice ricerca su Google può essere sufficiente  a farci capire il grado di attendibilità di una notizia in rete. Poi se abbiamo i paraocchi gli crederemo sempre ed incondizionatamente.

Poi, se una volta sbagliamo e diamo credito a qualcosa di falso, non succederà nulla lo stesso, non andremo per questo all’inferno, credetemi. Non diamo fiato alle trombe dei tromboni che vogliono mettere a tacere il web.

In realtà non dovrei, secondo una linea di pensiero corrente, occuparmi di bufale. Non conoscendole bene non dovrei giudicarle, lasciando questo compito ad altri, più istruiti di me. Che magari le bufale le scrivono e, per questo, le conoscono meglio. Ricordo che nella passata campagna referendaria, bufale madornali giravano a favore e contro i due schieramenti.

Ma io non voglio far parte del coro, non faccio nemmeno il controcanto, io canto da tenore e non rinuncerò a cantare.
Leggo, penso, verifico ed esprimo opinioni cantando.

Sono e voglio continuare ad essere un uomo libero.

Sono e voglio continuare ad essere contro la censura.

Io sono Ceppoduro.

Ceppoduro

Ergastolo

Ergastolo

A che serve l’ergastolo?

Ero in auto.

Tornavo a casa.

Radio 1.

Sotto inchiesta, la conduttrice cinguetta con un ospite che aveva ipotizzato l’ergastolo per quanto fatto dai due amanti, medico ed infermiera, in questi giorni alla ribalta nella cronaca di molti media e quotidiani cartacei ed on line.

Lei dice:” siii, ergastolo, che poi non è mai ergastolo, poi riduzione delle pene per buona condotta ecc. ecc. ”

E lui:

“beh, se ci sono i presupposti…”

E lei:

“temevo questa risposta”

E lui:

“Bhe allora se la mettiamo su questo piano diciamo che sono tutti colpevoli e li condanniamo tutti alla massima pena…”

E poi non ricordo se sono le parole esatte, potete andare a scaricare la trasmissione in Podcast se volete saperlo esattamente, ma il concetto è li, il pensiero è tutto li. Nel giorno che si festeggia la Toscana ed il suo Granduca che abolì oggi la pena di morte.

Oramai, in questi tempi depravati, non viene più imprigionato a vita nessuno, massimo gli danno trent’anni, quasi certamente meno.

Come se trent’anni fossero pochi.

Ma a cosa serve l’ergastolo?

Il reo potrà mai essere recuperato alla società in galera a vita. E quale speranza ha il detenuto, di morire presto per ridursi la pena?

Ergastolo
http://giancaarrigucci.altervista.org/Pagine_03/1983lagabbia.html

Comprendo bene i sentimenti di chi è stato vittima di un reato, ma i sentimenti dell’offeso non possono guidare il giudizio del giudice, del legislatore, del popolo, ancor meno del conduttore del programma radiofonico della radio pubblica.

La comunità deve fare di tutto per perseguire il reo ma non vendicarsi, quel sentimento posso capirlo, a caldo, dalle vittime o dai parenti delle vittime, che comunque non possono cercare vendette, iniziare faide, innescare ulteriori tragedie.

Signora Falcetti, si controlli in certe esternazioni che è solita avere, la seguo ed ho avuto modo di sentirla altre volte, lei sembra molto accanita, vendicativa quasi, ma forse è solo l’euforia, l’ebbrezza di chi chiede giustizia a gran voce e vuole enfatizzare questa richiesta, per il consenso che ne viene. Ma stia attenta, che i forcaioli non finiscano appesi.

Dobbiamo misurare le nostre reazioni.

Meglio indignarsi per cause migliori, per cose peggiori, che per un assassino o un criminale, volontario o meno, presunto o meno.
Indigniamoci per chi corrompe e per chi si lascia corrompere.

Facciamolo per chi non paga le tasse e per chi permette che qualcuno non le paghi.

Forse sarebbe meglio fermare chi sta rubando il futuro ai nostri figli disoccupati, a noi sottopagati a loro nullatenenti?

Senza imprigionarlo, però, ma mandandolo al lavoro, quello vero, mettendolo alla manovia ad applicare il mastice alle suole delle scarpe, che può causare malattie degenerative terribili. Oppure gli potremmo far pulire le stive e le cisterne delle navi da trasporto in porto, che esalano miasmi velenosi. O anche spostare i blocchi di marmo in cava per metterli nei camion e portarli via, che ogni tanto cadono addosso a qualcuno.

Non è chi uccide in un incidente o in una rissa il criminale, il criminale fa intossicare per anni i suoi operai facendoli ammalare tutti e tutti i discendenti ed i vicini di casa di mesotelioma o di qualche altro cancro maligno.

Il criminale fa pagare il fallimento della banca ai correntisti ed assolve in tribunale i top manager della stessa, perché devono prendersi la buonuscita.

Manuela, perché non sento tutta questa indignazione, la stessa indignazione che ho sentito per un povero disgraziato che non conosco e che non so nemmeno chi sia, che pare si credesse Dio e di conseguenza sterminava gli uomini?

Manuela?

Oh! Manuela.

Manu.

Ceppoduro

Forme di Governo. Quale sarà in futuro la nostra?

  • Repubblica semipresidenziale
  • Repubblica Socialista
  • Governo

    Qual’è la migliore tra le forme di governo?

    Vediamo, prima di tutto, quali sono le forme di governo attuali.

    Storicamente se ne sono sperimentate molte, quelle che voglio ricordare sono: Monarchia, Repubblica e Dittatura.  La monarchia e la dittatura sono ancora presenti in alcuni paesi del mondo ma la maggior parte degli altri si è evoluta verso la democrazia, preferendo la repubblica che può essere di tipo parlamentare (anche la monarchia può essere di questo tipo e in questo caso è molto simile ad una repubblica, solo che il capo di stato, re o regina, non viene eletto ma si tramanda per via genetica) o presidenziale nonché  semipresidenziale.

    Nei governi di tipo presidenziale il capo di stato o il capo del governo sono eletti direttamente dai cittadini e non hanno bisogno della fiducia dei parlamenti, mentre nel semipresidenzialismo il capo del governo si, essendo nominato indirettamente, ad esempio dal capo di stato.

    Wikipedia sancisce che

    “La forma di governo, da non confondere con la forma di Stato, è il modello organizzativo che uno Stato assume per esercitare il potere sovrano. Più in generale può intendersi come la modalità con cui viene allocato il potere tra gli organi portanti dello Stato: Parlamento, Governo e Capo di Stato; la forma di governo quindi attiene ai rapporti che si vengono a instaurare fra di essi e alle modalità con cui vengono ripartite e condivise le rispettive competenze”.

    In Italia, secondo la Costituzione il potere sovrano appartiene al popolo, infatti lo cita nei principi fondamentali all’articolo 1:

    Art. 1.
    L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
    La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

    Tutti gli altri sono al servizio del volere del popolo, dei cittadini.

    Può allora un governo democratico togliere i diritti ai cittadini?

    NO! Non può, e se lo fa l’atto è illegittimo.

    Vediamo cosa ha fatto questo governo.

    A- Con il Jobs Act ha eliminato l’articolo 18 dallo statuto dei lavoratori, che sanciva dei diritti dei lavoratori stessi, di tutti i cittadini, perché la repubblica Italiana, sempre secondo la Costituzione, è fondata sul lavoro, sempre scritto nei principi fondamentali, sempre nell’articolo1:

    Art. 1.
    L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
    La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

    B- Con la modifica alla seconda parte della Costituzione toglie agli elettori il diritto di votare i propri Senatori, che saranno scelti, non sappiamo da chi, tra i sindaci ed altri consiglieri, non sappiamo come.

    Se questa riforma avesse eliminato il Senato, non ci sarebbe problema ma con un senato sempre attivo, sempre con le stesse funzioni, avere Senatori nominati anziché eletti per fare quel mestiere è un’alienazione grave del diritto.Tra l’altro il potere del Senato come rappresentante delle istanze locali, come dicono lo avrebbero trasformato, non potrà essere esercitato in quanto sappiamo già che la decisione sulle questioni locali sarà prioritaria del governo con la “clausola di supremazia statale”. In caso di difformità di giudizio ha ragione il governo che decide autonomamente. Il governo si aumenta i poteri da solo.

    Inaccettabile.

    Questi sono solo due esempi di come si sta evolvendo la forma di governo in Italia, da Repubblica Democratica a…

    Ma dove andremo a finire? Chissà!!!

    Non fatevi infinocchiare, nessuno si è opposto al Jobs Act, perché sotto ricatto della crisi e dell’emergenza lavoro. Stavolta non facciamoci ricattare più, non confermiamo questa porcata, passata al vaglio parlamentare di un parlamento prono e  servizievole ai voleri del governo, eletto con una legge elettorale incostituzionale e che pretende di cambiare la Costituzione stessa. Forzata nei contenuti, nei tempi e nell’interpretazione.

    Ma possiamo rimediare, fortunatamente il governo, il promotore, il fautore di questa modifica costituzionale deve chiederci il permesso, almeno finché vige la costituzione attuale deve farlo, perché continui a chiedercelo, perché non decida autonomamente anche questo, al referendum confermativo diciamo di no.

    NON SIAMO PIÙ DISPOSTI A CEDERE I NOSTRI DIRITTI.

    Andate a votare e votate NO.

    Ceppoduro

    Alcuni altri motivi per votare no.

    Altre informazioni aggiuntive sulle forme di governo:

    Di seguito è riportata è una lista alfabetica non esaustiva. È da notare che è possibile combinare tra di loro più forme di governo.

  • Anarchia
  • Androcrazia
  • Aristocrazia
  • Autocrazia e dittatura
  • Cleptocrazia
  • Demagogia
  • Diarchia
  • Dispotismo illuminato
  • Dispotismo e tirannia
  • Dittatura militare
  • Democrazia
  • Democrazia deliberativa
  • Democrazia diretta
  • Democrazia partecipativa
  • Democrazia rappresentativa
  • Elitismo
  • Fascismo
  • Federazione
  • Gerontocrazia
  • Meritocrazia
  • Monarchia
  • Monarchia assoluta
  • Monarchia elettiva
  • Monarchia ereditaria
  • Monarchia costituzionale
  • Monarchia costituzionale pura
  • Monarchia parlamentare
  • Nazismo
  • Oclocrazia
  • Oligarchia
  • Partitocrazia
  • Paternalismo
  • Plutocrazia
  • Polisinodia
  • Premierato
  • Repubblica
  • Repubblica direttoriale
  • Repubblica Islamica
  • Repubblica parlamentare
  • Repubblica presidenziale
  • Sistema WestminsterStratocrazia
  • Tecnocrazia
  • Teocrazia

Queste forme di governo danno uno schema generale della variabilità della struttura di potere racchiusa all’interno del governo di una nazione. Comunque, ogni governo è unico, così come ogni nazione e la sua costituzione – le leggi fondamentali che descrivono la forma di governo dello Stato