Nel centenario della rivolta giovanile del sessantotto, quando in molti volevano la pace, sembra che oggi, quelli stessi giovani, siano più portati alla guerra.
Forse dipende dal fatto che, come me, son diventati vecchi anche loro. Ma i giovani di domani come saranno? Che faranno? Cosa vorranno? Creeranno qualcosa di nuovo o distruggeranno soltanto quel che è rimasto? Roma sarà rovinata o capitale di un nuovo mondo? E il mondo sarà abitato o vuoto come cantavano i Nomadi, in noi non ci saremo?
Noi, ci saremo? Come saremo? I nostri figli come saranno?
Domande vuote, mi diranno loro, non sapremo mai prima come girerà il fumo.
Per ricevere il tuo labbro
Non ho l’ombra di una rosa
Seta o petali di blu
Come il mare sul tuo viso
Senza vento o schiuma d’onda;
Non ho il cuore di un neonato;
La dolcezza di una foglia
Sopra un fiume in piena forza;
Vuote mani o mente aperta.
Per ricevere il tuo labbro
Non ho niente da donare
Solo vizio soldi e noia
Ferro pieno, laghi vuoti
Di una mente incontrollata
Cane strabico di fede
Chiesa madre di cemento
Dalle luci illuminata
Di una strada senza uscita
GIUDITTA E OLOFERNE poesia di Rossana Cau
Scherza col fuoco
la foglia che trema.
Imbandisci la mia tavola
tu che suoni le note
delle mie pupille.
Scaraventata nel sogno
sognato nei secoli dei secoli
festeggio l’anniversario
del nostro secondo primo bacio.
Illustrami dunque lo scopo
del nostro incontro se non
la resa imbastita e cucita
da un dio burlone e scaltro.
Schiaccio la testa del serpente
com’era in principio
ora e sempre.
Invito a Lesbia Cidonia ed altre poesie/Per Giuditta
PER GIUDITTA.
in una accademia tenuta dagli «eccitati.»
Qual novell’aura or agita
Le già riposte corde?
Come mia muta cetera,
Par che da sè s’accorde? Sento, io ben sento l’impeto
Che, Ambiver, da te viene;
Che tu, mio vero Apolline,
M’infondi nelle vene. Varco dell’aria i spazii,
Dietro al giocondo invito;
E miro di Betulia
Il popolo smarrito, D’un improvviso gaudio,
Empir l’aer d’intorno;
Chè d’una gran vittoria
Lieto a lui sorse il giorno. Fra il suo confuso fremito,
Il nome di Giuditta
.
Chiaro s’intende; e chiamasi
Grande, famosa, invitta. Ella s’avanza, e seguono
Timpani, cetre e squille:
Il degno oggetto ed unico
Di mille sguardi e mille. Di casta luce splendono
Le umili altere ciglia;
L’intatta guancia rosea
Il bel mattin somiglia. Tingono l’ale i zefiri
Nel profumato crine;
E sulla fronte ondeggiano
Le gemme peregrine. Di sè maggior, l’intrepida
I suoi trionfi ascolta.
Fra gl’innocenti folgori
Di sua bellezza, avvolta. Non innocenti, all’empio
Indomito tiranno.
Che amò il baleno, ah misero!
Dell’ultimo suo danno.
.
Ei, nel suo sangue naufrago,
Inutil tronco giace:
Stringe l’immonda sabbia
La cruda man rapace. Passeggia per Betulia
Il capo orrendo intanto;
La bella man sostienelo
Ch’ebbe del colpo il vanto. Quel nero sangue livido,
Quel fosco orror di morte,
Rallegra l’alme vergini
Sulle giudaiche porte. Miran il chiuso ciglio,
Che un ferreo sonno strinse,
Sopra cui man feminea
Tante minacce estinse. O d’Israello gloria,
Gridano intanto, o invitta
Giuditta incomparabile,
Castissima Giuditta! Ma tu, mia imbelle cetera,
A tenui carmi nata,
Lascia alle trombe eroiche
L’impresa alma onorata, A quel Signor magnanimo,
Il cui favor t’adorna,
Poche umil note mormora,
È al muro tuo ritorna.
Ogni giorno di più mi scopro difettivo:
manca il totale.
Gli addendi sono a posto, ineccepibili,
Rebecca abbeverava i suoi cammelli
e anche se stessa.
Io attendo alla penna e alla gamella
per me e per altri.
Rebecca era assetata, io famelico,
ma non saremo assolti.
Non c’era molt’acqua nell’uadi, forse qualche pozzanghera,
e nella mia cucina poca legna da ardere.
Eppure abbiamo tentato per noi, per tutti, nel fumo,
nel fango con qualche vivente bipede o anche quadrupede.
O mansueta Rebecca che non ho mai incontrata!
Appena una manciata di secoli ci dividono,
un batter d’occhio per chi comprende la tua lezione.
Solo il divino è totale nel sorso e nella briciola,
Solo la morte lo vince se chiede l’intera porzione.
di Antonio Ciavolino
A lungo attesi Rebecca.
Non venne e mi addormentai.
Sognai i suoi gemiti in una casupola
ai margini del parco, dopo
mi feci silenzio e attesi
scorgendo le catene invisibili,
quelle che non si infrangono,
quelle che legano ogni uomo a un altro,
ogni uomo a tutto, così
dissi fra me, quale altro fine è nobile
quanto scrutare un mistero?
Pensai che i demoni
avessero incantato gli attimi
che burlai con l’agio minimo
di un cabalista zingaro, cantando.
Le donne, intanto, con le loro nacchere
donavano echi alla casa,
danzando al ritmo lieto
delle canzoni del capraio.
Furono bei tempi, poi
mi feci silenzio e attesi.
A lungo. Attesi Rebecca
ma non venne e mi addormentai.
ho fatto i dipinti del post precedente, ho fatto questa ragazza, la figlia, di una bella famiglia, ma, devo dire non mi è venuta troppo bene. E’ il personaggio che ci ha rimesso di più nella mia rappresentazione.
Non conosco personalmente la ragazza, ne so se mai la conoscerò, ma volevo farla più bella.
Una ragazza
Non bellissima, che non mi riesce, ma più bella si.
Ho provato ad immaginarla tra qualche anno, nel fiore degli anni, e l’ho ritratta.
Anna come sono tante, Anna permalosa, Anna bello sguardo…
Mentre parlano
si guardano e si scambiano la pelle
e cominciano a volare…
Auguri.
Giancarlo
Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.
Lucio Dalla
Artista
Lucio Dalla
Tipo album
Studio
Pubblicazione
1979
Durata
37:19
Dischi
1
Tracce
9
Genere
Pop rock
Etichetta
RCA Italiana, PL 31424
Produttore
Alessandro Colombini
Certificazioni originali
Dischi di platino
Italia
(vendite: 500 000+)
Certificazioni FIMI (dal 2009)
Dischi d’oro
Italia
(vendite: 25 000+)
Lucio Dalla – cronologia
Album precedente
Come è profondo il mare
(1977)
Album successivo
Banana Republic
(1979)
Lucio Dalla, pubblicato nel 1979, è l’ottavo album in studio del cantautore italiano Lucio Dalla.
Il disco Anna e MArco
Prodotto da Alessandro Colombini e Renzo Cremonini, l’album è stato registrato negli Stone Castle Studios di Carimate (tecnico del suono: Ezio De Rosa).
Assieme al precedente Come è profondo il mare e al successivo Dalla, il disco è considerato da gran parte della critica musicale un capitolo del trittico della maturità di Lucio Dalla: a partire dal primo, infatti, Dalla diviene autore sia dei testi che delle musiche dopo la fondamentale e formativa esperienza con Roberto Roversi, riversando in questi tre lavori gran parte dei suoi maggiori successi, riconosciuti capolavori della musica leggera italiana: grazie ad essi, per molti, viene a determinarsi un punto di svolta nella canzone d’autore nostrana. Tutto il trittico avrà in effetti un importante riscontro sia di critica che di pubblico e segnerà tutta la successiva opera dell’ormai cantautore bolognese. L’album vende 500.000 copie in sei mesi.
Fra le tracce
Fra le tracce avrebbe dovuto essere ricompreso anche il brano Angeli, che racconta una storia bislacca di emigrazione in una Svizzera italiana severa e bigotta, da risvegliare con un sabba, una strega, una fattura. Angeli fu interpretata da Dalla proprio in Svizzera, alla televisione italiana RTSI, e sarà edita solo nel 2001: in quell’occasione, promozionale e anteriore all’uscita di Lucio Dalla, il cantautore si esibì dal vivo anche con alcuni brani, allora inediti, del disco. A differenza di altre canzoni, Angeli non fu poi inserita nell’album; l’unica sua registrazione in studio fu affidata all’interpretazione di Bruno Lauzi, accompagnato da Dalla nel ritornello.
L’ultima luna è stata reinterpretata da Jovanotti nel 2019 ed inserita nell’album Lorenzo sulla luna.
L’album è inoltre presente nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre secondo Rolling Stone Italia alla posizione numero 40.
Tracce
Testi e musiche di Lucio Dalla, eccetto Cosa sarà (testo di Lucio Dalla; musica di Rosalino Cellamare).
Fino al prossimo anno niente carri, niente ciacce fritte, niente bomboloni e niente Re del Carnevale che è finito in fumo.
Il Re ci sarà l’anno prossimo rigenerato dai bambini dell’Alveare: l’asilo di Bucine.
(Clicca qui o sull’immagine per vedere il video su youtube).
Il re è morto, è stato bruciato, ci siamo vendicati del potere. Il potere ci perseguita trecentosessantaquattro giorni all’anno euno, questo giorno, l’ultimo di carnevale, ci rifacciamo e gli diamo fuoco.
Ma è veramente utile bruciare il Re?
Secondo me no! Non mi sembra neppure educativo. Poi sentendo i commenti dei bambini, che incitavano a bruciarlo, mi sembra di rivedere altri fuochi, i roghi delle streghe, gli incitamenti a bruciarle. Il fuoco taumaturgico e terapeutico. Un fuoco purificatore, pacificatore, gratificante.
Cosa resta?
coriandoli, grigi al vento.
Un gran magone, per aver scoperto come siamo, come siamo sempre stati e sempre saremo, fin tanto che ci saremo.
Confidiamo che dopo la pioggia (di cenere) qualcosa migliori.
Giancarlo
PS.
Quest’anno, 2017, mi hanno detto che è stato bruciato un re di carta, quindi niente inquinamento selvaggio e fiamme a tutto fuoco che venivano dalla gomma e dal poliuretano del fantoccio reale.
Bene, il miglioramento non penso sia dovuto a questo mio articolo, ma dimostra che avevo delle buone ragioni per lamentare la cosa.
Per ora abbiamo un rogo ecologico, speriamo che domani non sia accenda più neppure quel rogo.
Bucine has his own carnival. It’s a tradition, since when? Who knows. It’s a nice festival, I agreed, especially for children. It’s small, that’s good for parents, to avoid missing their children.
It’s ECO, since our major stopped chemical sprays.
It’s clean, just after it ends, workers come to leave confetti and streamers laying on the street. An amazing place to visit for families, it is free, no entrance fee. Confetti costs between one to few Euro, depending on their packaging size. In the middle of float parade, floats stops and you and children may buy schiacciata or bomboloni caldi for 1 Euro each. In a couple of hours all ends and you can come back home, or do what you like to do next.
So this is nice, this is a part of paradise?.
It’s close to it, if it’s not too cold you stay well and you may worm yourself following the float where your daughter or your son is in.
But there is something not positive, and like in a thriller it comes at the end.
The king of the carnival as tradition ask, when carnival ends, is burned.
This king, pleasant to me, is going to be killed, burning in a fire and I don’t understand why.
Why we must kill him, burning him.
Why we must kill.
How we can.
How…
OK, OK I cannot be moralist, I’m not that, to live space for some new one, old one has to disappear. To reappear next year to be burned once again.
It’s life cycle, space to youth, I agree, but in reality, old people stay there forever, all stay still there, glued to their chair, to their armchair to their throne and so on.
Probably burning them is the only way.
Anyway I cannot accept to “fire” someone. A pyre is cruel, people looking at flames, hypnotized, is crueler.
Then consider the king, he was created by children, from the kind-garden, just to be burned, at carnival end. Carnival king is in plastic foam, polyurethane, maybe, not sure, but it burns with onrush, leaving tears of fire dropping down on the asphalt of the street and the smoke, acrid and black fill the upper air.
Some fool of wind try to burn also hairs of the nearest irresponsible heroic watchers.
All finish in a paddle of melt plastic flaming and in liters (hectoliters or more) of black smoke, surely toxic, at least dirty.
It’s that good?
It’s that useful?
Is that instructive?
It’s that OK?
It is the pantomime: kill the symbol of power to maintain the real one.
Let them laugh for one day to cry the rest of the year.
It’s not OK.
Not for me, don’t do it in my name.
Don’t do it.
Free the king, leave him alive. You might not fight him.
Leave him free, leave air fresh.