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Giuditta, lo sviluppo del segno e la sua fine.

Giuditta.

Fatta Rebecca, non poteva mancare lei Giuditta.

Ma è ora di cambiare devo cambiare motivo, tecnica e colori.

Giuditta

Vedremo

Giancarlo

Poesie

di Antonio Cammisa

Per ricevere il tuo labbro
Non ho l’ombra di una rosa
Seta o petali di blu
Come il mare sul tuo viso
Senza vento o schiuma d’onda;
Non ho il cuore di un neonato;
La dolcezza di una foglia
Sopra un fiume in piena forza;
Vuote mani o mente aperta.

Per ricevere il tuo labbro
Non ho niente da donare
Solo vizio soldi e noia
Ferro pieno, laghi vuoti
Di una mente incontrollata
Cane strabico di fede
Chiesa madre di cemento
Dalle luci illuminata
Di una strada senza uscita

 

GIUDITTA E OLOFERNE poesia di Rossana Cau

Scherza col fuoco

la foglia che trema.

Imbandisci la mia tavola

tu che suoni le note

delle mie pupille.

Scaraventata nel sogno

sognato nei secoli dei secoli

festeggio l’anniversario

del nostro secondo primo bacio.

Illustrami dunque lo scopo

del nostro incontro se non

la resa imbastita e cucita

da un dio burlone e scaltro.

Schiaccio la testa del serpente

com’era in principio

ora e sempre.

Invito a Lesbia Cidonia ed altre poesie/Per Giuditta

PER GIUDITTA.

in una accademia tenuta dagli «eccitati.»

Qual novell’aura or agita
Le già riposte corde?
Come mia muta cetera,
Par che da sè s’accorde?
Sento, io ben sento l’impeto
Che, Ambiver, da te viene;
Che tu, mio vero Apolline,
M’infondi nelle vene.
Varco dell’aria i spazii,
Dietro al giocondo invito;
E miro di Betulia
Il popolo smarrito,
D’un improvviso gaudio,
Empir l’aer d’intorno;
Chè d’una gran vittoria
Lieto a lui sorse il giorno.
Fra il suo confuso fremito,
Il nome di Giuditta

.

Chiaro s’intende; e chiamasi
Grande, famosa, invitta.
Ella s’avanza, e seguono
Timpani, cetre e squille:
Il degno oggetto ed unico
Di mille sguardi e mille.
Di casta luce splendono
Le umili altere ciglia;
L’intatta guancia rosea
Il bel mattin somiglia.
Tingono l’ale i zefiri
Nel profumato crine;
E sulla fronte ondeggiano
Le gemme peregrine.
Di sè maggior, l’intrepida
I suoi trionfi ascolta.
Fra gl’innocenti folgori
Di sua bellezza, avvolta.
Non innocenti, all’empio
Indomito tiranno.
Che amò il baleno, ah misero!
Dell’ultimo suo danno.

.

Ei, nel suo sangue naufrago,
Inutil tronco giace:
Stringe l’immonda sabbia
La cruda man rapace.
Passeggia per Betulia
Il capo orrendo intanto;
La bella man sostienelo
Ch’ebbe del colpo il vanto.
Quel nero sangue livido,
Quel fosco orror di morte,
Rallegra l’alme vergini
Sulle giudaiche porte.
Miran il chiuso ciglio,
Che un ferreo sonno strinse,
Sopra cui man feminea
Tante minacce estinse.
O d’Israello gloria,
Gridano intanto, o invitta
Giuditta incomparabile,
Castissima Giuditta!
Ma tu, mia imbelle cetera,
A tenui carmi nata,
Lascia alle trombe eroiche
L’impresa alma onorata,
A quel Signor magnanimo,
Il cui favor t’adorna,
Poche umil note mormora,
È al muro tuo ritorna.