dati istat

Dati ISTAT, assieme con Ministero del Lavoro, Inps e Inail

E’ stato pubblicato i comunicato congiunto sui dati congiunturali.

sui dati ISTAT Giuliano Poletti dice:

“Sono convinto che con questo prodotto potremo assicurare, grazie a una lettura e a una valutazione coordinata dei dati, un contributo importante al miglioramento della conoscenza e delle analisi delle dinamiche del mercato del lavoro”.

Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazione

L’Istat, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’Inps e l’Inail pubblicano oggi in contemporanea sui rispettivi siti web la prima nota trimestrale congiunta sulle tendenze dell’occupazione. L’obiettivo è valorizzare la ricchezza delle diverse fonti sull’occupazione – amministrative e statistiche – per rispondere alla crescente domanda di una lettura integrata delle dinamiche del mercato del lavoro

Nota trimestrale congiunta “testo PDF”

comunicato congiunto Testo PDF

L’IDEA È BUONA, mettendo insieme le varie fonti che forniscono dati sull’occupazione l’informazione è migliore, più completa, più chiara, più sicura.

Cosa ci dice lo studio dei dati ISTAT?

  1. La crescita tendenziale dell’occupazione è stata interamente determinata dalla componente del lavoro dipendente. Sia in termini di occupati complessivi (+1,8% Istat-Forze di lavoro) sia di posizioni lavorative riferite specificamente ai settori
    dell’industria e dei servizi (+3,2% Istat-Oros).
    L’andamento tendenziale trova conferma sia nei dati relativi alle Comunicazioni obbligatorie (Ministero del lavoro e delle politiche sociali-CO) rielaborate. (+543 mila nella media del terzo trimestre 2016 rispetto al terzo trimestre 2015). Sia nei dati dell’Inps-Osservatorio sul precariato riferiti alle sole imprese private. (+473 mila posizioni lavorative al 30 settembre 2016 rispetto al 30 settembre 2015).
  2. La sostanziale stabilità congiunturale dell’occupazione totale è sintesi di una

    crescita del lavoro dipendente. (+66 mila occupati, Istat-Forze di lavoro per il complesso dei settori e +77 mila posizioni lavorative per i settori dell’industria e dei servizi, Istat-Oros). E della contestuale riduzione dell’occupazione indipendente. (-1,5%, pari a -80 mila occupati, Istat-Forze di lavoro). Che è tornata a calare anche sotto il profilo tendenziale. (-1,4%, Istat-Forze di lavoro).

  3. L’incremento congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti è confermato dai dati destagionalizzati delle Comunicazioni obbligatorie rielaborate:

    nel terzo trimestre 2016 si sono avute 2,1 milioni di attivazioni a fronte di poco più di 2 milioni di cessazioni, che determinano un saldo positivo (attivazioni meno cessazioni) di 93 mila posizioni di lavoro, dopo la crescita di 48 mila posizioni
    nel secondo trimestre 2016 e di 257 mila nel primo trimestre (Tavola 2).
  4. Con riferimento alla tipologia contrattuale, l’aumento congiunturale delle posizioni lavorative dipendenti rilevato nel terzo trimestre sulla base delle CO rielaborate è frutto di 83 mila posizioni a tempo determinato e di 10 mila posizioni a tempo indeterminato. In particolare, le posizioni di lavoro a tempo determinato sono tornate a crescere dopo il ridimensionamento del secondo trimestre 2016

    (Tavola 2).

  5.  La crescita tendenziale è invece quasi interamente ascrivibile all’incremento delle posizioni lavorative a tempo indeterminato, come evidenziato dai dati sia delle CO rielaborate (+489 mila) sia dell’Inps (+457 mila) (Tavola 1). Tale incremento, particolarmente significativo e concentrato nei trimestri a cavallo tra il 2015 e il 2016, come documentato dalla dinamica sia tendenziale sia congiunturale (Figura 1), è stato tale da indurre duraturi effetti di trascinamento anche nei trimestri successivi.
  6. La dinamica del mercato del lavoro è caratterizzata anche da una consistente riduzione tendenziale dell’inattività ( -528 mila persone), associata all’incremento degli occupati (+239 mila) e delle persone in cerca di lavoro (+132 mila) ma anche
    alla riduzione complessiva di individui nella fascia di età 15-64 anni a causa   dell’invecchiamento della popolazione (Tavola 3).
  7. Nei primi 9 mesi del 2016 i voucher venduti sono stati 109,5 milioni, il 34,6% in più rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente. I voucher riscossi per attività svolte nel 2015 (quasi 88 milioni) corrispondono a circa 47 mila lavoratori annui full-time e rappresentano solo lo 0,23% del totale del costo lavoro in Italia. Il numero mediano di voucher riscossi dal singolo lavoratore che ne ha usufruito è 29 nell’anno 2015: ciò significa che il 50% dei prestatori di lavoro accessorio ha riscosso voucher per (al massimo) 217,50 euro netti.

  8. Gli infortuni sul lavoro accaduti e denunciati all’Inail nel terzo trimestre del 2016 sono stati 137 mila (di cui 118 mila in occasione di lavoro e 19 mila in itinere) in aumento dell’1,1% (+1,5 mila denunce)rispetto al terzo trimestre del 2015. Tale incremento è in linea con la crescita dell’occupazione (e quindi dell’esposizione al rischio  infortunistico) registrata in termini tendenziali da tutte le fonti.

Cosa se può dedurre dai dati ISTAT?

Cresce il lavoro dipendente, bene!

Ma l’aumento dei dipendenti compensa solo il calo del lavoro indipendente.

Il saldo è di poco positivo ma ci sono milioni di posti persi e creati e, ci domandiamo se in questo giro di valzer i ballerini siano gli stessi? Chi ha perso il posto lo anche ritrovato? Se sono gli stessi al termine delle danze ci hanno guadagnato o rimesso? Ci vien da dire che ci hanno rimesso, chi licenzia e riassume per pagare la prestazione di più? Ci sono nuovi assunti a tempo determinato, ma non dovevano finire per effetto del Jobs act. Ma il suo effetto si è visto sono aumentate significativamente le assunzioni a tempo indeterminato a cavallo tra 205 e 2016, quando ancora c’erano gli incentivi e prima che i datori di lavoro si accorgessero che non c’erano più.

Qualcuno…

Ma qualcuno potrebbe obiettare che non sono molti i nuovi 10 mila lavoratori a tempo determinato l’aumento dei voucher del 35% dimostra, a prima vista, che ci sono circa 100-200 mila lavoratori che campano di caporalato legale, con lavori saltuari da fame. Infatti il rapporto ci dice che i voucher venduti corrispondono a circa 50 mila lavoratori a tempo pieno (che non sarebbe male avere visto i numeri di cui si parla con successo) ma che in realtà significano molti più lavoratori precari che danno prestazioni saltuarie una volta a settimana quindi, parlando di 100-200 mila persone siamo al 50% più bassi della probabile realtà.

I dati Istat ci dicono che mezzo milione di persone che lavorano in queste condizioni? Non voglio dire altro che è meglio, ma quando elimineranno i voucher sarà sempre troppo tardi.

Però…

Però si può verificare anche questo, cosa significa campare di voucher, ci danno i dati, ma non le valutazioni: 88 milioni di voucher riscossi nel 2015, con in media 29 voucher ciascuno per 217,5 Euro (il cinquanta per cento della forza lavoro accessoria). Per 52 settimane in un anno qualcuno riscuote 30 voucher cioè due voucher al mese, quindi percepisce meno di un euro al giorno.

Inoltre facendo altre semplici divisioni se di 88 milioni di voucher ne sono stati pagati in media trenta per lavoratore ci sono circa 3 milioni di persone che nel 2015 lavoravano con questo sistema, e i voucher sono aumentati del 35% nel 2016. Che significa? Confidiamo che tutti ora prendano tre voucher al mese, diventando finalmente ben pagati ed in grado di fare una vita normale, con poco più di un Euro al giorno. Oppure che 4 milioni di persone sopravvivono con poco più di nulla.

Insomma…

Il ministro del lavoro cosa aspetta a dimettersi?

Ed il presidente del consiglio?

E’ responsabile anche lui? Ah si è già dimesso? Si ma non per questo. E invece di vedere il bicchiere mezzo pieno, bicchiere che invece appare completamente vuoto, di chiedere scusa agli Italiani per lo scempio commesso, non se ne parla? Sarebbe troppo.

I dati Istat Sono risultati da presentare come normali, addirittura come successi politici e amministrativi?

Lascio al lettore la triste decisione.

Ma…

Ma la ciliegina sulla torta viene messa alla fine del comunicato congiunto perché per capire tutto si deve avere la pazienza di leggere tutto, bisogna di arrivare in fondo al libro per capire chi è l’assassino.

Ci sono stati 137 mila infortuni sul lavoro +1,1% (senza, naturalmente, specificare quanti di questi si siano trasformati in decessi o abbiano causato invalidità permanenti nell’infortunato), una strage, un fallimento totale, la resa dell’obiettivo infortuni zero, dello slogan lavoriamo in sicurezza, ora che ci sono macchine e strumenti per evitare incidenti. Ora che  i DPI, dispositivi di protezione individuale, ed i corsi di sicurezza sono obbligatori per legge, ora che c’è (???) la responsabilità penale del datore di lavoro.

Comunque appare evidente l’imbarazzo per questi risultati, ci spiegano come sia un aumento in linea con l’aumento della forza lavoro (???). Ma se sono stati assunti solo gli over 37? Quelli che dovrebbero essere più esperti, più formati sulla sicurezza. Di giovani infatti non ne sono stati assunti più, forse lavorano tutti a voucher.

E’ impensabile, anche se fosse vero, che un aumento di occupazione porti con se, in maniera naturale ed automatica un aumento degli infortuni. Dovrebbe essere il contrario i nuovi assunti dovrebbero essere meglio istruiti e più protetti, degli anziani non abituati a certe tematiche del lavoro ed ad utilizzare adeguate strategie e materiali antinfortunistici.

E…

E il presidente dell’Inail, cosa aspetta a dimettersi?

Non è ancora evidente come abbia fallito nel suo compito? O è solo un ragioniere che conta il numero di incidenti? Ma allora paghiamolo adeguatamente, risparmieremo.

A maggior giustificazione viene ribadito che, dei 137 mila infortuni, 19 mila sono avvenuti in itinere, cioè nel percorso da casa al lavoro, solo 118 mila sono realmente successi al lavoro. Non sembra un gran miglioramento, questo poteva scagionare le responsabilità se solo 19 mila erano successi al lavoro, ma non è così.

Infine…

Concludendo questa, analisi minimale, non approfondita, ne dettagliata, del comunicato congiunto sui dati aggregati e mediati tra ISTAT, MINISTERO del LAVORO, INPS e INAIL possiamo sintetizzare con:

Ce n'è di che vergognarsi.

Da nessuna parte del documento sui dati Istat si ribadisce o si afferma l’impegno a migliorare i risultati: + occupazione, + reddito, – infortuni.

Si passano i dati, neutri, come fossero normali, banali, e come nel bailamme del mercato rionale, nessuno ne capisce il senso: chi, cosa e perché. I numeri, liberi dalla loro interpretazione, confondono più che spiegare.

Ceppoduro

dati istat
Giuliano Poletti, Tito Boeri

Altre fonti dati Istat:

Il fatto quotidiano

La repubblica

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.