Archivi categoria: Rovereto

Il divano rosso

Il divano rosso era li, in mezzo alla stanza, indifferente.

Il rosso non era sgargiante, ne volgare, era rosso, sì, ma poteva essere anche di un altro colore.

L’uomo attraversò la stanza con passi lenti ma decisi, guardando innanzi a se, preso nei suoi pensieri, quasi sognante. Quasi inciampò nel divano rosso, si ravvide appena in tempo e lo scansò, ma senza distogliere lo sguardo dalla parete opposta, a cui continuò ad avvicinarsi.
Dopo averlo superato l’uomo si fermò a circa metà strada dalla parete per un tempo che sembrava non finire mai. I movimenti, quasi impercettibili, della sua bocca lo facevano apparire, a chi in quel momento gli fosse stato vicino per guardarlo, ora sorridente, ora angosciato. Come se il suo umore variasse al movimento dei suoi occhi, movimento molto più ampio ma meno frequente di quello della bocca.

Ma insomma

Quasi ansimava come un pesce fuor d’acqua che si avvicinò ancora e più si avvicinava più appariva meravigliato, estasiato, beato.
Quasi inebetito dalla vicinanza con quella parete anonima che, in apparenza non aveva nulla di strano, nulla di diverso dalle altre della sala con al centro il divano rosso.
D’improvviso accelerò, quasi fino a sbattere sul muro, ma senza farlo.
Era così vicino che poteva vedere ogni particolare, ogni forma, ogni segno.
Avrebbe voluto toccare quella superficie ma non lo fece, indietreggiò invece. A più riprese.
Deglutì alcune volte, sentiva la gola secca ardere, se avesse avuto dell’acqua avrebbe bevuto in maniera indecorosa, rumorosamente a garganella. Sembrava sudato, forse lo era, certamente non stava più bene come quando si era avvicinato alla parete. Forse adesso era preso da tachicardia, il suo cure batteva e batteva e batteva, forte, sempre più forte.
Si sentì svenire, come stesse cadendo; cadde.

Fortuna che c’erra il divano rosso

Cadde sul divano rosso, che nel frattempo gli era sopraggiunto ai polpacci.

Quel signore ero io.

In una sala del MART di Rovereto ammirando “La sera romagnola” di Ubaldo Oppi.

E le gambe mi mancarono come a Stendhal.

Giancarlo

PS
In copertina

Due figure mitologiche Giorgio De Chirico 1927