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Contro la guerra

lo sapete, io sono contro la guerra, contro tutte le guerre.

In Italia e in quasi tutta l’Europa siamo stati bravi viviamo in pace da quasi ottant’anni.

In quasi tutta l’Europa perché dal disfacimento del comunismo abbiamo assistito a guerre e guerriglie nell’area balcanica, ma insomma piccole cose rispetto al passato.

Noi Italiani, ma penso sia comune anche in altri paesi europei, non ci rendiamo neppure conto di cosa significhi vivere in pace da così tanto tempo.

Forse ci siamo assuefatti e non pensiamo meriti rifletterci sopra.

Visto il successo di certi giochi elettronici, sembra addirittura che molti soffrano di non poter andare in guerra. A sfogarsi a uccidere tutti, confidando per loro di non morire mai.

Ma forse anche queste son piccole cose.

Ecco, però, che se vogliamo dirla tutta sulle piccole cose, con esse abbiamo dei problemi con la pace.

Non facciamo la guerra, ma nemmeno la pace.
Continuiamo ad essere esportatori di armamenti che, nonostante li definiamo difensivi, difensivi non lo sono per nulla.

L’opinione pubblica, a parte qualche conato di repulsione contro le mine antiuomo o le bombe a grappolo, non si indigna più per l’esportazione delle armi.
Che facciano qualche guerra nei paesi arabi o in Africa oppure che si armino fino ai denti in Sud America non gli importa nulla. Beh, no! Si indigna quando arrivano i profughi dalla Siria, che dobbiamo prenderceli sempre noi mentre l’Europa su tura il naso, si tappa le orecchie e li lascia gestire all’Italia, alla Grecia ed alla Turchia; o anche la Libia e, dove possiamo, paghiamo per farlo per noi.

Contro la guerra dovremmo vivere in pace

Contro la guerra dovremmo vivere in pace ed essere tolleranti verso gli altri, ma non ci riusciamo.

D’altronde siamo competitivi. Ci educano si da piccoli ad esserlo. Ci comprano giocattoli adatti allo scopo. Compriamo libri e fumetti, guardiamo film e programmi che esaltano competizione, prevaricazione, stupro e guerra.

Sogniamo di “arrivare”, di avere più degli altri, anche se in realtà viviamo con le “pezze al culo”.
E se proprio non ce la facciamo a possedere qualcosa, se proprio non ce la facciamo ad essere qualcuno, allora vogliamo sembrare. Vogliamo apparire.

Giovani, pieni di soldi, sani, di successo, anche se non è così.

Insomma anche li dobbiamo prevaricare qualcuno, combattere con qualcuno, umiliare gli altri per apparire “migliori” degli altri.
E anche in questo ci incoraggiano in tutti i modi a dare la colpa a qualcuno per i nostri insuccessi, a procurarci un nemico.

Ma un nemico terzo, che non è mai quello che ha mentito, rubato o ucciso a noi o più di noi.

Quando finalmente abbiamo trovato un nemico giustifichiamo la vendita delle armi, l’evasione delle tasse, l’accumulo della ricchezza, la menzogna politica e la guerra perché altri possano mantenere saldo il guinzaglio che ci tiene stretti alle miserie della nostra misera vita.

Giancarlo

Base di copertina

2014 – Giancarlo Arrigucci – Gian Franz Marc Fighting Forms – Acrilico su tavola XLIV (cm 101,5 x 61) (Collezione privata)

Ehi Gringo (Hey Joe)

Ehi Gringo, dove stai andando con quella pistola in mano?
Ehi Gringo, ti ho detto: dove stai andando con quella pistola in mano?
Sto andando a uccidere la mia ex moglie.
Sai, l’ho trovata a spassarsela con un altro uomo.
Già, sto andando a sparare alla mia signora.
Sai, l’ho trovata a farsi un altro uomo.
Uh! E questo non va.
Uh… ehi Gringo, ho sentito che hai ucciso la tua ex. Le hai sparato adesso?
Ehi Gringo, ho sentito che hai sparato alla tua vecchia moglie. Le hai sparato, l’hai stesa?
Si!
Si, l’ho fatto, le ho sparato!
Sai, l’ho trovata in città a farsi un altro uomo.
Uh… si l’ho fatto; le ho sparato.
Sai, la signora l’ho beccata in città.
E l’ho pagata con la pistola. Le ho sparato.
Bene.
Sparale ancora, ragazzo.
Si!
Oh, bene.
Giusto.

Ehi Gringo. Dove fuggirai adesso? Dove scapperai?
Ehi Gringo, ho chiesto: Dove fuggirai adesso? Dove? Dove andrai?

Va bene; andrò verso sud, verso il Messico.
Si!

Andrò molto a sud, dove potrò essere libero.

Dove non mi troverà nemmeno il boia, per mettermi il cappio al collo.
Credimi.
Ora devo andare.
Ehi Gringo, sbrigati.
Un saluto a tutti.
Ehi, ehi Gringo.

Ehy Gringo è liberamente tradotto da Hey Joe, di Jimi Hendrix

“Hey Joe” dicevano i filippini quando vedevano un americano, io per questo ho tradotto Ehi Gringo.

Questa canzone parla di cose serie, di violenza, violenza sulle donne. Una piaga ancora purulenta in Italia, ma come si legge nel testo, lo è stata e forse lo è ancora anche in altri paesi e presso altre culture.

Un uomo, per il solo fatto di essere stato accompagnato, fidanzato, sposato, o in relazione con una donna si considera padrone, padrone dei suoi sentimenti, delle sue azioni, del suo destino: fino a togliergli la vita sparandogli con la pistola.

Per poi scappare vigliaccamente e non affrontarne neppure le conseguenze.

La canzone, con liriche molto belle, ci racconta la pochezza del genere maschile, la sua incapacità di liberarsi dei condizionamenti sociali, descritti nelle domande che gli vengono rivolte a cui risponde con la violenza di genere.

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Hey Joe è un brano blues attribuito inizialmente a Dino Valenti e, dal 1962, riconosciuto a Billy Roberts.

La celeberrima versione di Jimi Hendrix trova spunto in quella, più lenta, elaborata dal cantante folk Tim Rose, registrata nel 1966 la quale era stata accreditata come traditional.

Negli anni seguenti molte versioni e cover di questa canzone sono state fatte ed eseguite da artisti internazionali, anche in altre lingue: Francese, Portoghese ed in Italiano.

Sperando che la mia traduzione vi sia piaciuta.

Grazie
Giancarlo

Alcuni link utili:

Versione di Jimi Hendrix:

Magari vi piace di più questa, sempre di Jimi:

Versione originale di Billy Roberts

La versione di Carmen Consoli:

La versione di Martò (45 giri EMI 1967):

Francesco Di Giacomo feat. Sam Moore:

Mostra di Massimo Bigazzi

Mostra di Massimo Bigazzi alla galleria Magiotti a Montevarchi (Ar) organizzata dall’associazione culturale Montevarchi Arte.

Massimo Bigazzi Nato a Montevarchi ed ora residente a Terranuova Bracciolini (AR), torna al paese natio con una mostra molto bella, inaugurata oggi sabato otto Gennaio 2022.
Come potrete vedere dalle foto che seguono nel post, ma che potrete apprezzare meglio dal vivo se visitate la mostra, Massimo Bigazzi è un paesaggista apprezzato. Ma la sua capacità di riprodurre paesaggi ameni non toglie nulla alle sue superbe doti di ritrattista e di copista di opere antiche.


Cosa mostra di Massimo Bigazzi?

C’è in mostra una pregevole riproduzione della monna Lisa di Leonardo da Vinci che solo quella merita la visita in galleria.

Dove la mostra di Massimo Bigazzi?

Rimarrà aperta dall’otto Gennaio 2022 al venti Gennaio 2022.

L’orario di apertura nel pomeriggio ma sono possibili visite fuori orario contattando Massimo Bigazzi al 338 8696589 o Montevarchi Arte tramite il negozio Eliotecnica la Bottega dell’arte di Montevarchi.

Accorrete numerosi.

Giancarlo

Lasciavo una calza sul camino

Da piccolo la sera del 5 gennaio lasciavo una calza sul camino per la befana.

Il giorno dopo avrei voluto trovarla piena di dolci. Ma mi sarei accontentato di noci, nocciole e mandarini, ma niente, non succedeva mai. Dovrei dire che non succedeva più, perché in passato era successo e ne ero stato felice. Ma ora è tanto che non succede ed io mi domando perché. Non trovo spiegazioni.

Continuo ad attaccare una calza vuota al camino e la mattina successiva è ancora vuota, desolatamente vuota.

Ho pensato, qualche volta, di comperarmi quelle belle calze colorate e già piene di dolciumi che si trovano in questo periodo in tutti i supermercati, ma ho desistito. Io voglio essere premiato per il mio comportamento, non barare comprando la calza già piena. Ne va della mia autostima. Che senso ha premiarsi da soli, sembrare realizzati, almeno agli occhi dei vicini che vedendo tutta quella meraviglia appesa al focolare penserebbero: “ma guarda come è stato bravo il nostro vicino, guarda quanto ben di Dio” gli ha portato la Befana.

Per la Befana lasciavo una calza sul camino.

LII – 52 – 2018- Giancarlo Arrigucci – A spasso in piazza Santa Croce e a Fighille – Tempera grassa all’uovo (100 x 70 cm)  

Ma no, no, no! Non voglio barare, io sono io e mi comporto bene senza nemmeno pensarci. Aiuto le persone come e per quello che posso, senza chiedere nulla in cambio. Non sporco per strada con l’involucro delle caramelle e neppure ci sputo per terra, figuriamoci.

Non voglio niente, ritengo che un comportamento educato sia un prerequisito della vita sociale, nessuno mi deve qualcosa per questo.

Ma la Befana… accidenti, vorrei si fosse ricordata di me come faceva tempo fa, quando era ancora viva la mamma. ma ormai ne è passata di acqua sotto i ponti. Anche qui sotto il ponte della diga ne passa molta.

Mi arrivano in faccia gli spruzzi freddi di piccole goccioline portate dal vento. Hanno appena aperto gli scarichi, l’acqua è bianca e tumultuosa. Bella ed attraente.


La calza è ancora sul camino e chissà se l’anno prossimo la Befana…

Giancarlo

Mostra concorso

A Montevarchi, Montevarchi Arte ha organizzato una mostra concorso dal titolo:
Sensazioni, colori e fantasia festività di fine anno.

I quadri, realizzati con qualsiasi tecnica e su qualsiasi supporto dovevano avere due soli requisiti:
essere privi di cornice e misurare 50 cm per 50 cm.
Per evitare il riconoscimento delle opere esposta, che saranno votate da una giuria tecnica, dagli artisti in concorso e dai visitatori della mostra, nei quadri in cui era presente la firma questa è stata coperta con un cartellino bianco.

Mostra concorso

Ogni votante, delle varie giurie esprimerà un a serie di cinque preferenze che conteggiate alla fine ci permetteranno di determinare il venditore.

Della giuria tecnica faranno parte pittori e scultori affermati ed altri autorevoli membri della comunità locale.

I pittori partecipanti sceglieranno i migliori fra i concorrenti.
I visitatori sceglieranno i cinque a loro più graditi.

Insomma, bando alle ciance ecco i dipinti.

Se verrete a vederli in Galleria Magiotti in via Roma 43 a Montevarchi (AR), proprio di fronte a piazza Magiotti) l’ingresso è gratuito, potrete decidere i migliori e votarli e vedrete dal vivo queste belle opere, che dal vivo devono essere viste per apprezzarne appieno forme e colori.

La mostra aperta il 23 Dicembre resterà aperta fino a 6 di Gennaio.
Compatibilmente con la disponibilità dei soci di Montevarchi Arte l’apertura avverrà tutti i giorni dalle 10 a mezzogiorno e dalle 16 alle 18.

In galleria sono presenti opere di scultura, quadri ed altri manufatti di associati a Montevarchi Arte che possono essere acquistati dai visitatori.

Montevarchi Arte

Associazione Culturale dedicata alla divulgazione dell’arte.

Montevarchi Arte è una associazione culturale dedicata alla promozione e divulgazione dell’arte contemporanea nella zona del Valdarno. Favorisce rapporti e collaborazioni di artisti italiani e non…

L’associazione culturale Montevarchi Arte specifica che per quanto riguarda la Mostra Concorso – Collettiva di Pittura a Tema “Sensazioni, Colori e Fantasia – Festività di Fine Anno” la Cerimonia di Premiazione è fissata per il giorno 6 gennaio 2022 come riportato nella locandina in allegato. Cordiali saluti e buone feste

Aggiornamento del 6 Gennaio 2022

Ecco i risultati delle votazioni delle tre giurie:

1° classificata Francesca Gaisina

2° classificata Daniela Dragoni
3° classificata Ulisse Mladenova

I premi sono stati al primo classificato un coppa offerta dal comune di montevarchi ed una personale di 10 giorni alla galleria Magiotti in data da concordarsi.

Al secondo classificato una targa offerta dal comune di Montevarchi e una recensione critica della critica d’arte professoressa Lia Bronzi sulla rivista di arte poesia Luogos delle edizioni Setteponti.

Al terzo classificato una targa offerta dal comune di Montevarchi e un buono acquisto da spendere nel negozio Eliotecnica – La bottega dell’arte di Montevarchi.

Da parte di Montevarchi Arte va il plauso ai vincitori ed un sincero ringraziamento a tutti i partecipanti.

Giancarlo

Monteroni d’Arbia

Monteroni d’Arbia è un comune italiano di 9 114 abitanti della Provincia di Siena in Toscana. Sorge a circa 13 km da Siena.

Monteroni d’Arbia sorge a sud di Siena. All’esterno del paese scorre il torrente chiamato Arbia, che dà il nome al paese e alla valle, val d’Arbia.

Ora, sinceramente, a Monteroni non c’è moltissimo da visitare, anche se qualche luogo od edificio del paese è particolarmente bello.

Comunque c’è sempre una bellissima campagna tutta intorno.

Poi ci sono da provare le specialità eno-gastronomiche del territorio ed molto facile fare conoscenza ed amicizia con gli abitanti del posto.
Ora, con ancor maggiore sincerità, devo dire che in realtà di belle cose da fare e da vedere in questo paese ce ne dovrebbero essere eccome.

Siccome però molte di queste non ho avuto occasione di sperimentarle personalmente non posso parlarvene se non per sentito dire.

Ma cosa possiamo fare a Monteroni d’Arbia?

Se volete un esempio visitate questo link per scoprire un agriturismo, il San Fabiano del conte e contessa Fiorentini, un’eccellenza locale, dove potrete trascorrere giornate di vacanza meravigliose immersi nella bellezza delle terre e delle crete senesi.

Se volete un altro esempio, questo però lo conosco molto bene, fino al 19 Dicembre potete visitare la mostra di arte contemporanea organizzata da “L’arte in valle” dislocata in quattro locali posti nella via principale di Monteroni (via Roma).

Vi sono esposte opere di Maria Pia Ricciardi, Iryna Syrotyuk, Daniela Marchetti, Monica Giovannoni e Giancarlo Arrigucci.

Vi aspettiamo

In uno dei locali adibiti per la mostra trovano posto i dipinti realizzati per l’ultima estemporanea realizzata dall’associazione “l’arte in valle”

Si è svolta durante il periodo di chiusura pandemica, quindi era una estemporanea di pittura “Virtuale”.

Ma in questo modo diviene tangibile, quindi le opere si possono vedere e toccare fisicamente.

Negli altri siti, tutti molto vicini, si possono vedere selezioni di lavori degli altri espositori.

Vi invito a venire, i dipinti sono tanti e di buona qualità, ma potrete giudicarli da soli e confermarlo o smentirlo nei commenti.

Mostra collettiva

Mostra collettiva di pittura di Mauro Marri, Licio Casini e Giancarlo Arrigucci a Montevarchi.


L’evento è programmato presso la galleria Magiotti, in via Roma, di fronte a piazza Magiotti. Partirà il prossimo mercoledì 14 Ottobre 2021 e si concluderà sabato 30 Ottobre 2021.


Vi saranno esposte oltre ottanta opere dei tre autori con ingresso gratuito.
Per gli abitanti del Valdarno e delle zone limitrofe è un’occasione da non perdere, siete tutti caldamente invitati a visitarla.

Di seguito la carrellata dei quadri esposti, ma garantisco che dal vivo meritano molto di più. Queste opere vanno viste in loco per apprezzarne colori e dettali, comunque intanto…

Opere di Mauro Marri alla mostra collettiva

Mauro Marri è un pittore e scultore di Montevarchi dallo stile personale e marcato. Le sue opere sono gioielli di rara bellezza.
Mauro è rinomato anche per le sue pietre, incise e colorate con figure iconiche e/o tribali decisamente interessanti.

Altra parte della mostra è dedicata a Licio Casini, mitico pittore e scultore montevarchino, nonché storico presidente dell’associazione culturale Montevarchi arte.

Opere di Licio Casini

Opere di Giancarlo Arrigucci

Per ultimo Giancarlo Arrigucci (l’autore di questo articolo. NDR). Giancarlo è conosciuto per i suoi quadri in quattro dimensioni ed i suoi taglieri, complementi di arredo in varie essenze di legno massello, che realizza nel suo laboratorio di Bucine (AR).

Ecco i suoi dipinti:

L’associazione Montevarchi arte è una associazione culturale a cui possono aderire pittori, scultori e simpatizzanti tali.

Opera in stretto contatto con Luogos, Luogo di Incontro, di Arte e Cultura che si occupa maggiormente di letteratura e poesia, potete aderire anche a questa associazione se siete più interessati alla poesia.

Montevarchi è un comune italiano della provincia di Arezzo in Toscana.

Il comune di Montevarchi si trova nel Valdarno superiore, sulla riva sinistra dell’Arno. Il territorio, parte di un antico bacino lacustre preistorico, comprende il fondovalle, dove si trova il capoluogo, e una parte delle colline che si trovano fra l’Arno e il Chianti senese.

Enjoy.

Giancarlo

A Foiano

A Foiano della Chiana, oggi Domenica 26 Settembre 2021, si è svolta un’estemporanea di pittura. Vi mostrerò i quadri realizzati.

Da Wikipedia, l’enciclopedia libera.

Foiano della Chiana è un comune italiano della provincia di Arezzo in Toscana.

Territorio

Il centro abitato di Foiano della Chiana sorge su di un basso colle della Val di Chiana, a 318 m s.l.m. e dista da Arezzo 28 km in direzione sud.

Il territorio comunale tende di fatto ad assumere una conformazione a bassa collina, e mentre a nord il declivio sporge verso l’area delle colmate, a sud si spinge verso la Val di Chiana senese.

Attraversato da un tratto del torrente Esse, affluente del Canale Maestro della Chiana, il territorio comunale vede una popolazione concentrata, oltre che nel capoluogo, nella maggiore delle frazioni, Pozzo della Chiana.

È un vivace centro agricolo (cereali, vino, tabacco) e commerciale.

Storia

Mongolo1984, CC BY-SA 4.0 https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0, via Wikimedia Commons

La Torre Civica di Foiano della Chiana.

L’area dell’attuale comune di Foiano della Chiana fu popolata fin dal VI secolo a.C., quando tutta la Val di Chiana assistette al proliferare della civiltà etrusca.


Dopo la lunga dominazione romana (III secolo a.C. – V secolo), sopravvenne l’età buia delle invasioni barbariche, con la palude che iniziò a desolare le fertili terre chianine.

In età medievale la comunità di Foiano fu la prima, in Valdichiana, a dotarsi di uno statuto cittadino e a proclamarsi comune libero e indipendente, nel 1084.

Foiano cadde per un breve periodo (XII secolo) sotto il governo di Siena.

Ai senesi subentarono di lì a poco gli aretini, che mantennero il dominio del borgo fino al 1336.

Quell’anno Firenze espugnò Foiano, che fu praticamente rasa al suolo, ma a breve riedificata.

I fiorentini ne ricostruirono soprattutto la cinta muraria, di fronte ai ripetuti tentativi aretini di riconquistarla.

A dimostrazione dell’avanzare della palude chianina, i fiorentini vi edificarono anche un porto (come si evince da statutari cortonesi del 1325)

Solo con delle imbarcazioni, infatti, era possibile comunicare con i pur vicini borghi di Castiglion Aretino (oggi Castiglion Fiorentino) e Cortona.

Dotatasi di un nuovo statuto nel 1387, Foiano acquistò nuovamente lo status di comune, seppure ormai dipendente dal dominio fiorentino.

E pose sotto la propria giurisdizione il vicino centro di Pozzo della Chiana (oggi frazione foianese), fulcro di continue rivolte da parte degli abitanti locali.

nei secoli seguenti a Foiano

Proprio presso quest’ultima località, il 2 agosto 1554, ebbe luogo la battaglia di Scannagallo, nella quale le truppe fiorentine sbaragliarono quelle senesi, aprendosi la strada verso la presa di Siena.

Da quel momento Foiano avrebbe legato indissolubilmente la propria storia a quella di Firenze. Al governo mediceo seguì il Granducato dei Lorena (1737), dinastia che produsse sostanziali cambiamenti al territorio chianino, ormai messo a dura prova dalla palude.

Nel 1788 Pietro Leopoldo I di Lorena incaricò l’aretino Vittorio Fossombroni di procedere alla bonifica della Val di Chiana.

L’eminente ingegnere idraulico, tra le altre cose pure matematico e ministro degli esteri del granducato, lavorò intensamente alla bonifica per un quarantennio.

Giovan Battista Del Corto ricorda nella sua “Storia della Valdichiana” (1898) come quando si ritirò, nel 1828.

Fossombroni poté ammirare compiaciuto i progressi del lavoro eseguito e «segnalava nella purificata aria la prima apparizione dei rondoni in Foiano e altrove».

Caduta per un breve periodo (1800-1814) sotto il dominio napoleonico, Foiano tornò sotto il Granducato con la Restaurazione.

Con la palude ormai prosciugata, la vita si avviava verso la normalità per i foianesi, che nel frattempo parteciparono al plebiscito a seguito del quale il Granducato di Toscana fu annesso al Regno di Sardegna (1860) e successivamente al Regno d’Italia.


Ecco le foto dei quadri dell’estemporanea.

Ecco le foto della premiazione

Giancarlo

A Castiglion Fibocchi

A Castiglion Fibocchi si è aperta una mostra, una mostra di pittura.Una mostra bella, bella davvero. Una mostra da vedere. Una mostra che vi consiglio di visitare.

Castiglion Fibocchi è un comune italiano della provincia di Arezzo in Toscana.

Andate in piazza delle Fiere al numero 1, li, da una parte, c’è il palazzo delle Stigmatine, lo vedrete subito. La mostra è all’interno. Quattro stanze sono arredate con le opere di quattro pittori:


Elda Lenzi Pittrice di Arezzo
www.artmajeur.com/elda-lenzi-1


Matteo Benetazzo Pittore di Pieve a Presciano (AR)
www.matteobenetazzo.com


Paolo Bisighin Pittore del Friuli Venezia Giulia
http://www.paintingoil.eu/


Giancarlo Arrigucci Pittore di Bucine (AR)
www.giancaarrigucci.altervista.org
www.bucine.altervista.org

Storia di Castiglion Fibocchi

(Da wikipedia l’enciclopedia libera)

Il paese di Castiglion Fibocchi sorge sulle ultimi propaggini del massiccio del Pratomagno che degradano verso la piana di Arezzo, lungo l’antica Via Clodia (o Cassia Vetus).

Il territorio comunale già abitato nella tarda età repubblicana (I secolo a.C.), attorno all’anno mille fu castello dei Conti Guidi a guardia della strada che collegava il Valdarno al Casentino.

Nel 1385, con la vittoria di Firenze su Arezzo cadde anch’esso sotto il dominio della Repubblica di Firenze.

LXXVIII – 2020 – Giancarlo Arrigucci – Casa turrita Leopoldina – Olio su tavola – 18×30 cm (Collezione privata)

Lungo l’attuale strada dei Setteponti si possono osservare alcuni esempi della tipica edilizia rurale: le Case Leopoldine, con la colombaia, la loggia e il portico, fra le più belle della zona.

A monte del capoluogo si trova la piccola frazione di Gello Biscardo con il suo borgo antico splendidamente conservato.

Sulla collina si possono osservare i ruderi di San Quirico, la pieve paleocristiana di cui si hanno testimonianze già dal II secolo.

Il marchesato

Il marchesato di Castiglion Fibocchi, San Giustino e Castiglion Fibocchi fu concesso dal granduca Ferdinando II al suo valoroso generale Alessandro del Borro di Girolamo, vincitore dei Turchi, il 10 ottobre 1644.

La sua abilità militare – combatté vittoriosamente nella Guerra dei trent’anni per conto del granduca, cognato dell’imperatore – gli fece guadagnare il titolo di barone boemo e a 35 anni divenne nobile aretino, poi dal 1642 di primo grado.

Uomo di cultura e erudito di matematica e fisica, elaborò col Torricelli un progetto per prosciugare la Val di Chiana.

Dopo la sua morte a Corfù (1656) ne ereditò il titolo il figlio Niccolò (-1690) e i suoi eredi che lo mantennero fino alla legge di abolizione dei feudi granducali del 1749.

A Niccolò, privo di eredi maschi, successe nel feudo il fratellastro generale Marco, che divenne governatore di Livorno (1677-1701) e morì privo di eredi maschi.

Ancora

I del Borro, patrizi aretini, furono già signori del castello del Borro dal 1254, da cui presero il nome presso Loro Ciuffenna, quale ultimo territorio del distretto aretino in Valdarno.

I marchesi incrementarono la produzione agricola del feudo con il conseguente aumento della popolazione.

Al plebiscito organizzato per l’annessione della Toscana al Regno di Sardegna, Castiglion Fibocchi si espresse con schiacciante maggioranza a favore del mantenimento del regno separato (su 293 aventi diritto, 169 votanti, il regno separato ebbe 106 voti contro 46 che andarono all’annessione e 17 nulle).

Qualcuno dice che questo risultato si ebbe perché fu l’unico posto in cui furono organizzate votazioni libere.

Il nome

Da qui l’appellativo di “re di Castiglion Fibocchi” dato a Ferdinando IV di Toscana, succeduto all’ultimo sovrano regnante di Toscana, Leopoldo II di Toscana.

Il paese deriva il suo nome Da Bocca o Bocco de’ Pazzi di Valdarno, che non hanno niente a che vedere con i Pazzi della famosa congiura contro i Medici.

Il nome è riportato in antichi documenti come Castilium Filiorum Bocchi (Fi.Bocchi) e la sua cinta muraria era guarnita con sette torri.

Di queste ne rimane solo una, però due porte sono ancora in piedi: Porta Fredda e Porta San Clemente.

La fiera (del bestiame) era ed è tuttora la prima domenica di ottobre.

Di seguito le opere esposte a Castiglion Fibocchi

(Cliccateci sopra per ingrandirle)

Conclusioni

Non mi resta che consigliarvi vivamente di andare a vederla, ci sono delle belle opere.
Buon divertimento.

Giancarlo

Il divano rosso

Il divano rosso era li, in mezzo alla stanza, indifferente.

Il rosso non era sgargiante, ne volgare, era rosso, sì, ma poteva essere anche di un altro colore.

L’uomo attraversò la stanza con passi lenti ma decisi, guardando innanzi a se, preso nei suoi pensieri, quasi sognante. Quasi inciampò nel divano rosso, si ravvide appena in tempo e lo scansò, ma senza distogliere lo sguardo dalla parete opposta, a cui continuò ad avvicinarsi.
Dopo averlo superato l’uomo si fermò a circa metà strada dalla parete per un tempo che sembrava non finire mai. I movimenti, quasi impercettibili, della sua bocca lo facevano apparire, a chi in quel momento gli fosse stato vicino per guardarlo, ora sorridente, ora angosciato. Come se il suo umore variasse al movimento dei suoi occhi, movimento molto più ampio ma meno frequente di quello della bocca.

Ma insomma

Quasi ansimava come un pesce fuor d’acqua che si avvicinò ancora e più si avvicinava più appariva meravigliato, estasiato, beato.
Quasi inebetito dalla vicinanza con quella parete anonima che, in apparenza non aveva nulla di strano, nulla di diverso dalle altre della sala con al centro il divano rosso.
D’improvviso accelerò, quasi fino a sbattere sul muro, ma senza farlo.
Era così vicino che poteva vedere ogni particolare, ogni forma, ogni segno.
Avrebbe voluto toccare quella superficie ma non lo fece, indietreggiò invece. A più riprese.
Deglutì alcune volte, sentiva la gola secca ardere, se avesse avuto dell’acqua avrebbe bevuto in maniera indecorosa, rumorosamente a garganella. Sembrava sudato, forse lo era, certamente non stava più bene come quando si era avvicinato alla parete. Forse adesso era preso da tachicardia, il suo cure batteva e batteva e batteva, forte, sempre più forte.
Si sentì svenire, come stesse cadendo; cadde.

Fortuna che c’erra il divano rosso

Cadde sul divano rosso, che nel frattempo gli era sopraggiunto ai polpacci.

Quel signore ero io.

In una sala del MART di Rovereto ammirando “La sera romagnola” di Ubaldo Oppi.

E le gambe mi mancarono come a Stendhal.

Giancarlo

PS
In copertina

Due figure mitologiche Giorgio De Chirico 1927