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Viadotti

Viadotti

Viadotti di un tempo, viadotti di oggi.

Non voglio far paragoni con il passato, neppure quello recente, ma come non farli.

Gli ingegneri sono ingegneri, gli architetti anche, sia oggi che ieri.
I soldi, tanti soldi, son gli stessi anche se son cambiate le valute.

Quando si fa un’opera architettonica deve essere funzionale, ma per esserlo deve essere, come un’opera d’arte, anche bella.

Infatti si dice costruita e regola d’arte.

Leggi qui per approfondire.

Mi sono soffermato a guardare

il viadotto dell’alta velocità, che passa sopra a Levanella, opera recente, costosa e, penso, funzionale.
Ma brutta, orrenda. Ma come può essere funzionale se è brutta? Non può.

Viadotti
Non vi fate impressionare dall’incuria, anche gli altri viadotti, quelli più antichi, sono nelle stesse condizioni. E’ la struttura ad essere brutta, con quelle grandi travi sopra enormi piloni. Il tutto squadrato e segnato dagli stampi, dalle casseforme, utilizzate.

Gli ingegneri e gli architetti che vi hanno lavorato non possono averla concepita così. Dobbiamo rifondare tutte le scuole di architettura, facendogli studiare prima, come prova di ammissione l’arte e le opere d’arte, i monumenti, i ruderi. Perché apprendano come costruire il bello.

E’ proprio brutto.

Adesso guardate altri esempi

li vicino c’è un piccolo viadotto che serve a far passare una strada di campagna sotto la vecchia linea ferroviaria.

Vedi che stile, che classe?

Subito dopo il ponte del Tricesimo.

Una cornice grandiosa ad una vista mozzafiato del Pratomagno.

E quelli ancora più vecchi, non molto lontani:

I ponti di Bucine, Quello stradale Romano, bombardato nella seconda guerra mondiale e quello ferroviario, della stessa linea del Tricesimo.

O il ponte di Pogi, ponte Romano, bellissimo.

E quindi mi chiedo cosa stiamo facendo?

Perché non vogliamo, non riusciamo, non siamo capaci, non ci interessa di fare le cose, di costruire come sapevano fare i nostri antenati, ma anche i nostri nonni e padri?

Dove vogliamo andare

Non sarebbe opportuno ripensarci? Fermarci e ripartire?

Migliorandoci?
Giancarlo

La mela, scomposizione surreale di un quadretto acrilico.

La mela.

La mela è una scusa per porre lo sguardo da una parte e piegare la testa.

La mela

 

Il Trigesimo corre via lontano e scarta di lato per chiudere l’orizzonte.

Un po di cielo, chiaro, sullo sfondo, con le nuvolette dense.

Che mela.

Non male.

Alme lame.

Giancarlo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Da Wikipedia

“Pomponio Mela (Tingentera, fl. I secolo d.C. – Roma, dopo il 43 d.C.) è stato un geografo e scrittore romano.

Biografia

Poco si sa dell’autore che, con ogni probabilità, nasce in Betica (Spagna) e che, forse, fu parente di Seneca il Vecchio. Se si accetta quest’ultima ipotesi, potrebbe essere vissuto durante il I secolo d.C. e, più precisamente, almeno fin nell’età dell’imperatore Claudio, che celebra per la conquista della Britannia del 43 d.C., non nominando il trionfo, probabilmente ancora non celebrato.

De chorographia

La mappa del mondo di Pomponio Mela secondo Petrus Bertius

Quella di Pomponio Mela è la più antica opera geografica conservata della letteratura latina. Pervenuta nei codici con vari titoli: De Chorographia (Descrizione dei luoghi). Cosmographia (Descrizione del mondo). Ovvero anche De situ orbis (La posizione della terra). L’opera, come si può già evidenziare dai suoi titoli, intende descrivere il mondo conosciuto.

Pomponio Mela, nato con molta probabilità al limite massimo del mondo conosciuto ai tempi (Colonne d’Ercole), subisce questo fascino per il mondo, i posti remoti e poco conosciuti. Infatti l’opera, secondo un gusto per le favole mitiche e per i fatti e le cose straordinarie, definisce quali possano essere i confini della terra descrivendo i luoghi più lontani: prendendo come punto di riferimento il Mediterraneo e partendo da Gibilterra segue in senso antiorario una descrizione dell’oikumene, cioè dei luoghi abitati in particolari quelli lungo le coste e tratta più sommariamente i territori interni.

L’interesse

descrittivo di Mela si pone sulla descrizione fisica dei luoghi, ma talvolta descrive anche le città. Non era certo un mondo molto grande, rispetto a come lo conosciamo oggi, quello descritto da Mela. Ma dopotutto le navi allora non erano ancora capaci di attraversare i grandi oceani e scarso era l’interesse verso l’Africa. Sicuramente anche la presenza del deserto non favoriva l’interesse ad una conquista politico militare in quei luoghi. E la geografia, nonostante la volontà ellenistica di condurla sul binario di scienza oggettiva, si poneva, in realtà, come una descrizione dello spazio sul modello degli antichi peripli.

L’opera ha uno stile caratterizzato da rapidità e concisione che fa credere che potesse essere un compendio destinato alle scuole o al grande pubblico: tuttavia, Mela si sforza di abbellire la nuda descrizione con clausole ritmiche che ne mostrano le pretese artistiche, anche se non mancano talvolta errori di stile e lessico dovuti all’incomprensione delle fonti, tra le quali si annoverano Cesare, Livio e Cornelio Nepote tra i romani, Posidonio, Eratostela mela

la mela

ne ed Erodoto (per i fatti meravigliosi). Proprio in base a Erodoto, sono inserite a volte digressioni a carattere storico o letterario o anche etnografico per spezzare l’arido tecnicismo della materia.”