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Battaglia esiziale. Battaglia pubblicitaria in TV.

In battaglia.

Battaglia pubblicitaria.

Battaglia
Heinrich Leutemann [Public domain], attraverso Wikimedia Commons
Ho visto una réclame in televisione.

Una nota softer-house pubblicizza l’ultima versione di un gioco di guerra, guerra totale, niente mai visto prima, per gli amanti del genere, della lotta, della battaglia o del conflitto totale.

In guerra contro tutti, da soli o in gruppo; e giù battaglie, sparatorie, massacri, distruzioni, di edifici, di veicoli e di cose; ecatombi a go go.

Una battaglia esiziale.

Ce ne sono molti di questi programmi, più o meno ben fatti, dal punto di vista grafico e sonoro. Ce ne sono troppi, in troppi ci giocano. Vecchi, che hanno fatto il loro tempo, e giovani che devono ancora farlo.

Amanti del genere, amatori, che strana parola per chi gioca a distruggere a uccidere a massacrare, anche nei modi più osceni e ripugnanti.

Chissà se quelli che il gioco lo hanno fatto, quelli che lo propongono, quelli che lo usano hanno mai letto la Costituzione Italiana.

All’articolo 11, recita:

«L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.»

A cui tutti dovremo attenerci a voler essere e sentirci Italiani.

Un Italiano non dovrebbe andare in battaglia, non dovrebbe promuovere l’uso delle armi. In Italia dobbiamo imparare, se non lo facciamo già, ad uniformarci al dettato Costituzionale, alle regole democratiche e pacifiche che i nostri padri ci hanno consegnato e per cui molti di loro hanno combattuto.

A giocare sembra di non uccidere realmente ma è il gesto che conta non la realtà.

Quando saremo costretti ad andare in battaglia, ci sembrerà normale farlo, chissà quante “vite” penseremo di avere. Non ne avremo più di una e potrà durare poco, troppo poco. Pensiamoci

Giancarlo