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Gioiello (detto Joy)

Nascere poveri è brutto (*)

Gioiello, Joy come lo chiamavano gli amici, era nato povero, i suoi genitori erano contadini smessi, che nel ‘70 lasciarono il casolare per trasferirsi in paese, per trovare la felicità.

Contrariamente agli altri vicini, i suoi non avevano rubato niente al padrone della fattoria dove erano a mezzadria, ne gli rubarono qualcosa al momento di lasciare il podere, ne chiesero niente o fecero causa a lui o a chicchessia, come tanti a quel tempo.

Insomma da poveri contadini tristi divennero poveri operai, ma felici. Felici di poter garantire un avvenire al figlio.

Il padre che faceva il manovale in una ditta edile, la madre restò a casa ad accudire Gioiello. Allora non c’erano gli asili nido ne altre comodità odierne.

Comunque il babbo si ammazzò di lavoro per farlo crescere felice, che stesse meglio di lui, almeno.

Si ammazzò nel vero senso della parola quando, un giorno, cadde dal ponte che stava montando ed andò a battere la testa sulla betoniera, 7 o otto metri più sotto.

Gioiello di mamma

La mamma, disperata, superò a stento il dramma di quanto successo. Quando andò a servizio, la vita ricominciò a sorriderle. Riuscì anche a far studiare Joy, in modo che potesse trovar lavoro in banca ed essere felice.

Joy studiò sodo, voleva far contento la madre e poi voleva emergere, voleva lasciare quella condizione economica precaria.

Fu felice quando entrò in Banca, come cassiere, i soldi cominciarono ad arrivare e la miseria era ormai un ricordo.

Fu triste quando morì mamma ma la vita deve continuare come lo spettacolo.

Cominciò la sua carriera: tanti i cambi di ufficio, tanti quelli di mansione, tante automobili nel frattempo. Si sentì appagato e felice solo quando le fecero direttore generale, riuscendo a farsi una bella macchina, una casa grande in collina, una bella moglie giovane ed anche dei figli, che erano un amore: Belli ed intelligenti anche loro. Era finalmente felice, ricco e felice, non avrebbe desiderato altro, se non che anche i figli si sistemassero; in prospettiva, meglio di lui.

Ma un giorno, la mazzata. I figli erano stati arrestati per droga, non solo consumo ma anche spaccio. Droga pesante, di quella che si inietta.

Quando riuscì ad incontrarlo chiese al figlio maschio perché? E lui facendo spallucce “Oh babbo, per noia”.

Joy, Ohi.

A Joy crollò il mondo, sentì che nonostante tutti i soldi che aveva, e che aveva dato alla famiglia, che non aveva reso felice nessuno, nemmeno se stesso. Nepure conosceva i suoi figli, sua moglie, non aveva amici se non quelli interessati agli affari o che interessavano a lui per i suoi affari.

Non conosceva nessuno, veramente.

Non era nessuno, realmente.

Non era felice come non lo era nessuno intorno a lui, con lui.

Giancarlo

(*) Racconto basato sul paradosso di Easterlin.

Sono un matematico

Sono un matematico

Ma non perché lo faccia di professione, sono un matematico, perché voglio conoscere il mondo. Sono curioso.

Non è che abbia mai imparato molto, dalle mie curiosità, non sono nemmeno costante nell’applicarmi allo studio, lo faccio solo finché regge la curiosità, poi mi dimentico.

Ma non mi bastano le spiegazioni esoteriche ne quelle essoteriche sulle cose del mondo. Voglio capire, ci deve essere una spiegazione razionale. Dimostrabile.

sono un matematico
La Scuola di Atene. D.R.

Se la matematica è ritenuta la regina delle scienze, sono un matematico perché voglio essere re degli scienziati. Insomma gli strumenti offerti dalla matematica, per definire, calcolare e comprendere il mondo e le cose del mondo sono utili in tutte la attività umane, quindi voglio esserne padrone.

Pensate alla logica, i suoi strumenti ci permettono di capire, di decidere, senza affidarci ad altri.

La logica ci libera dalle catene della religione, della politica e di chiunque voglia sottometterci. Il pensiero logico e matematico ci libera.

Sono un matematico convinto.

In tal senso mi sento anche filosofo. Questi sbaglia più facilmente del matematico, ragionando sull’uomo e sul mondo, può divenire a conclusioni scorrette. Ma anche il filosofo ha il merito di ragionare con la propria testa, solo che gli strumenti che gli mette a disposizione la filosofia sono pochi. E allora deve usare quelli della matematica.

sono un matematico

Come ho già detto, deve usare la logica. Per non cadere nei tranelli del linguaggio, della grammatica delle relazioni interpersonali che possono mistificare la realtà. I numeri non ingannano. Le operazioni sui numeri, oltreché bellissime non permettono partigianerie, tutti possono controllare, verificare, confutare. Ma nessuno può riprenderti se sei nel giusto.

Se provassimo a confutare un pensiero teologico con una seconda teologia, di cosa staremmo parlando? D’aria fritta.

I numeri, e le operazioni tra loro, non sono mai ambigui.

Sono un matematico perché voglio conoscere il mondo, lo voglio capire e voglio capire la ragione della nostra vita breve.

Giancarlo

immagini

Di Pietro della Vecchia – http://www.gallerie-estensi.beniculturali.it/ricerca-nel-database-museale/id/35193, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=66882041

Di Raffaello Sanzio – The Yorck Project (2002) 10.000 Meisterwerke der Malerei (DVD-ROM), distributed by DIRECTMEDIA Publishing GmbH. ISBN: 3936122202., Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=157721

Di Rodin (1840-1917)User:Hansjorn (Hans Andersen) – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=288180

Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=656166

Il sistema di numerazione Romano

Il sistema di numerazione Romano

Tra i tanti metodi di numerazione, il sistema di numerazione Romano merita qualche considerazione particolare.

Per prima cosa gli antichi Romani ce ne hanno lasciato ampia traccia nelle arti e nei mestieri, oltre che nella vita di tutti i giorni.

Naturalmente, come in tutti i sistemi, ci sono dei simboli che rappresentano i numeri, diversi da quelli che attualmente utilizziamo.

I simboli si sommano o si sottraggono a vicenda ed il numero rappresentato è il risultato di queste operazioni. Il sistema è quindi di tipo additivo/sottrattivo.

I simboli

Gli antichi Romani non avevano un simbolo per esprimere lo zero. Gli altri numeri espressi con un simbolo erano pochi:

I = 1

V = 5

X = 10

L = 50

C = 100

D = 500

M = 1000

Veramente pochi, sommando questi simboli non avrebbero potuto ottenere facilmente grandi numeri.

Sono dovuti ricorrere a trucchi.
Ad esempio, ponendo una linea sopra i simboli precedenti, ogni simbolo esprimeva un valore mille volte maggiore.

Centomila volte il valore si otteneva aggiungendo alla linea sopra, altre due linee ai bordi laterali del simbolo, mentre un milione di volte era espresso con una doppia linea sopra al simbolo numerico.

Come si enumera con questi simboli

Il sistema di numerazione romano

Ogni numero è rappresentato da una stringa di simboli che rispetta le seguenti regole:

in ogni numero romano solo i simboli I, X, C e M possono essere ripetuti consecutivamente al massimo tre volte (a parte qualche numerazione Etrusca dove l’uno è ripetuto fino a quattro volte), mentre i simboli V, L e D possono essere inseriti solo una volta.

In una stringa di simboli senza valori crescenti il numero viene espresso sommando i valori dei simboli presenti: II = 2, III = 3, VI = 6, XIII = 13, CCXVI = 216, DCLVII = 657, ML = 1500.

Se invece un simbolo è seguito da un secondo di valore maggiore questo si deve sottrarre al successivo: IV = 4, IX = 9, XL = 40, XC = 90, CD = 400, CM = 900.

Naturalmente, per i numeri superiori al nove, i simboli successivi alla coppia sottrattiva devono avere valore inferiore.

Si possono sottrarre solo i simboli I, X e C.

Qualora un numero possa esprimersi con stringhe differenti si preferisce utilizzare quella più concisa, che è più facile da leggere e calcolare.

Numeri

La prima decina di numeri è:

I, II, II, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X

Premettendo a questi il simbolo X si ottengono i successivi numeri da 11 a 20:

XI, XII, XII, XIV, XV, XVI, XVII, XVII, XIX, XX

Premettendo a questi un altro simbolo X si ottengono numeri da 21 a 30.

Ancora una X per ottenere dal 31 al 39, il quaranta non possiamo scriverlo con quattro X, quindi diviene XL.

Se a questo si fanno seguire i primi nove numeri della prima decina otteniamo da 41 a 49. Il cinquanta è L.

Naturalmente esistono anche le frazioni di numeri in numeri romani ma se volete potrete approfondirla da soli.

I calcoli con in numeri romani sono complessi e per questo si usava l’abaco.

La congettura di Goldbach

La congettura di Goldbach

La congettura di Goldbach non è stata ancora dimostrata, quindi non è mai diventata un teorema.

Goldbach stava studiando mezza matematica, nel senso che stava analizzando i numeri pari.

Non è cosa da poco, visto che sono sì la metà dei numeri naturali esistenti, ma sono pur sempre infiniti.

Verso la metà del diciottesimo secolo disse che tutti i numeri pari meno il primo (il due) si potevano scrivere (scomporre) come somma di due numeri primi, intendendo che il numero primo poteva anche essere ripetuto come nei primi due casi della lista che riporto qui sotto.

4=2+2

6=3+3

8=3+5

10=3+7

12=5+7

14=3+11

L’affermazione

è stata verificata negli anni per numeri sempre maggiori, fino ai giorni nostri in cui si è superato il traguardo dei duemila miliardi.

La congettura di Goldbach
In questa immagine sono rappresentati gli interi pari da 4 a 28 come somme di due numeri primi: anche gli interi corrispondono alle linee orizzontali. Per ogni primo, ci sono due linee oblique, una rossa e una blu. Le somme di due numeri primi sono le intersezioni di una linea rossa e una linea blu, contrassegnate da un cerchio. Quindi i cerchi su una determinata linea orizzontale danno tutte le partizioni del numero intero corrispondente nella somma di due numeri primi. Apri il file originale su: https://en.wikipedia.org/wiki/File:Goldbach_partitions_of_the_even_integers_from_4_to_50_rev4b.svg

Tanti ci hanno provato, ma ancora senza successo, a dimostrare la verità della congettura.

Meriteresti un premio per la congettura di Goldbach

Se riuscissi a dimostrare la congettura meriteresti un premio. In effetti un premio a chi la risolve è stato già promesso e mai riscosso.

E’ stato offerto all’inizio di questo millennio, con la pubblicazione di un libro che si intitola “Lo zio Petros e la congettura di Goldbach”, romanzo scritto da Apostolos Doxiadis. E’ un racconto interessante in cui questo Petros, per non fare iscrivere suo nipote alla facoltà di matematica ed indirizzarlo verso studi migliori, gli propone di tentare la soluzione del problema.

Se riuscirà dimostrerà di essere ferrato in matematica e potrà seguire i suoi desideri, altrimenti accontenterà lo zio e si iscriverà a Diritto per diventare giudice o avvocato, o magari un politico. Naturalmente, nonostante gli sforzi di tutta un’estate il ragazzo non riuscirà nell’intento e si avvierà ad altri studi.

Ma il premio per la congettura di Goldbach?

Le case editrici del libro (Bloomsbury USA negli stati uniti e Faber and Faber in Gran Bretagna) offrirono, per lancio pubblicitario del volume, un milione di dollari a chi avesse dimostrato la congettura. Si doveva farlo prima dell’uscita del libro in libreria, due anni dopo.

Il libro ha avuto grande successo ma il premio è rimasto in tasca all’editore.

Giancarlo

Immagine base di copertina:

By Christian Goldbach – http://www.mscs.dal.ca/~joerg/pic/g-letter.jpg, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1721422

I numeri di Fermat

I numeri di Fermat

I numeri di Fermat

Il grande matematico Pierre de Fermat ha dato molto alla matematica.

Molte delle sue intuizioni sono state poi confermate dal tempo, ma oggi voglio parlarvi di una congettura che è stata invece smentita.

I numeri di Fermat
By http://www-groups.dcs.st-and.ac.uk/~history/PictDisplay/Fermat.html, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=36804

Fermat scoprì una relazione tra numeri che lo portò ad individuare una serie particolare che lui riteneva essere composta solo da numeri primi.

La forma è la seguente:

In effetti calcolando1 i primi cinque numeri si trovano solo numeri primi:

F0 = 3

F1 = 5

F2 = 17

F3 = 257

F4 = 65 537

Per F5 F6… ecc. era, a quel tempo, difficile controllare la primalità.

Solo Eulero, decine di anni dopo riuscì a dimostrare che il sesto numero di Fermat non era primo falsificando così la sua congettura.

Per ora, siamo alla fattorizzazione 15, non è stato trovato nessun altro numero di Fermat che sia primo.

Si ritiene che i numeri di Fermat primi siano in numero finito, forse solo i cinque da lui trovati.

Proprietà

Nonostante la smentita della congettura i numeri di Fermat hanno delle proprietà molto interessanti.

Sono tutti interi dispari, (perché al numero naturale, sempre pari per l’elevazione a potenza di due) si aggiunge uno).

Sono infiniti (perché al numero naturale si aggiunge sempre uno).

Poiché sono infiniti anche i numeri primi sono infiniti (ogni numero primo divide al massimo un numero di Fermat, quindi devono esistere infiniti primi).

A coppie sono coprimi (cioè numeri consecutivi che non hanno nessun divisore che divida entrambi, vedi congettura di Goldbach).

Nessun numero di Fermat può essere espresso come somma di due numeri primi (ad eccezione di F1=5=2+3 poiché, oltre il numero 2, tutti i primi sono tutti dispari e la somma di due dispari, due primi, da pari).

Sperando di aver stimolato in voi qualche curiosità.

Giancarlo

1Ricordo che qualunque numero elevato allo zero vale 1

Immagine di copertina tratta da:

By Anonymous, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=71399865

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Medaglia Fields ad un Italiano

Questa volta è toccato a noi.

Medaglia Fields ad un Italiano, si chiama Alessio Figalli, ha studiato alla Normale di Pisa ma lavora all’estero.

Trovate tutte le informazioni nella sua pagina personale del politecnico di Zurigo, dove insegna.

Oppure trovate altre informazioni su di lui su wikipedia.

Ma non voglio parlarvi di lui, utilizzo questa notizia per parlarvi di noi, di noi Italiani.

La medaglia Fields è il maggiore riconoscimento pubblico scientifico con cui possa essere insignito un matematico. Si riceve da giovani, perché superati i 40 anni non viene più conferita, anche se , ammesso che sia possibile, qualcuno mostri eccellenti doti matematiche oltre quella età. Ed è già successo.

Solo ad un altro Italiano era riuscita l’impresa, Enrico Bombieri, anche lui aveva studiato a Pisa ed anche lui lavorava all’estero Institute for Advanced Study, US.

La fuga dei cervelli e la medaglia Fields

Medaglia Fields

Tutte le nostre menti migliori lavorano od insegnano all’estero.

Non riusciamo e non vogliamo trattenerli.

Non abbiamo niente da offrire ai nostri geni, ma anche a tutti gli altri giovani Italiani che vorrebbero lavorare, qui, ora, non offriamo niente. Tutti i posti sono presi, occupati, bloccati.
In pensione non andiamo più.

Morire non moriamo più.

Il ricambio generazionale non c’è più.

Se uno è bravo va a prendersi lavoro e medaglie all’estero, se è meno bravo muore di fame in casa.
Distraendosi, nel frattempo, sui socia col telefonino, a meno che non decida di fare il barman nella City.

Dovremmo cambiare atteggiamento

Pretendere che in Italia ci siano le condizioni per lavorare, per tutti, per i cervelloni e per gli zucconi.

Medaglia Fields
Cultura e Fatica, 1984 by Giancarlo Arrigucci Olio su tela

Ma le passate classi dirigenti, che tanto hanno detto e stra-detto contro i nuovi barbari, gli incompetenti al potere, dove erano quando il potere lo gestivano loro? Che competenze avevano?

Cosa hanno fatto per migliorare la situazione quando potevano, dovevano, farlo?

Hanno stilato il Jobs Act e la legge Fornero, creando posti di lavoro precari e malpagati.

Ponendo le basi per la fuga di capitali, economici ed umani, per la delocalizzazione economica ed intellettuale.

Creando cariatidi lavoranti e trentenni “mammoni” capaci solo di usare video lottery.

Come può, la piccola Svizzera dare impiego al Figalli e la grande Italia lasciarlo andare?

La “Politica” torni a far lavorare i nostri giovani in Italia, tutti.

Basta Alessio Figalli professore in Svizzera, basta Mario Rossi barista a Londra.

Giancarlo

 

Un numero sbagliato

Un numero sbagliato.

Ma può esistere un numero sbagliato?

Noooo! I numeri sono giusti per definizione. Se non fossero giusti non esisterebbero.

Uno più uno fa due, uno più due fa tre, tre più uno quattro e così via. Non c’è errore, non c’è inganno.

Ma possiamo anche contare in un altro modo, aggiungendo il numero precedente all’ultimo sommato, così: uno, uno (0+1), due (1+1), tre (1+2), cinque (2+3), otto (3+5) ecc. come fece Fibonacci.

A qualcun piace giocare con i quadrati: uno, quattro, nove, sedici, venticinque, trentasei, quarantanove e sessantaquattro come nel gioco degli scacchi.

Possiamo anche, solo, raddoppiare: uno, due, quattro, otto, sedici, trentadue, sessantaquattro, come i bit degli informatici.

E non scordiamoci i cubi: uno, otto, ventisette, sessantaquattro, centoventicinque e avanti fino a quando vogliamo.

Si, continuiamo finché si vuole. Si può fare perché meno male che i numeri sono infiniti e così le loro infinite combinazioni.

Come la lista dei numeri primi, quella seguente:

A una cifra

  • 2
  • 3
  • 5
  • 7

A due cifre

  • 11
  • 13
  • 17
  • 19
  • 23
  • 29
  • 31
  • 37
  • 41
  • 43
  • 47
  • 53
  • 59
  • 61
  • 67
  • 71
  • 73
  • 79
  • 83
  • 89
  • 97

Ora poiché di numeri ne esistono molti, possiamo anche classificarli, se ci fa comodo:

Allora ecco la lista dei numeri

 

  1. Naturali 
  2. Interi relativi 
  3. Razionali 
  4. Algebrici
  5. Reali 
  6. Complessi 

Possiamo notare che i numeri complessi sono compresi nei numeri reali. Mentre questi ultimi sono entro gli algebrici. Che compongono i razionali. I quali a loro volta si trovano negli interi relativi. Che, infine, sono nell’insieme dei numeri naturali. Insomma sono tutti connessi, strettamente connessi.

Una bellezza. E in tutta questa bellezza pensate seriamente che ci sia qualcosa di sbagliato?

No! Eppure “mi hai dato il numero sbagliato”.

Certo se nel tuo numero manca una cifra non torna più niente. Il numero, come dire, non funziona. Certo se la sequenza è completa ma il numero è abbinato ad un utente diverso da quello che cercavo, allora di certo il numero “è sbagliato”, almeno rispetto a chi volevo chiamare. E non riuscirò a parlarci.

Dai!

Un numero sbagliato

Ecco, l’unico numero sbagliato non poteva che essere un numero di telefono.

Giancarlo

 

Numeri perfetti

Numeri perfetti

Cosa esprime perfezione nei cosiddetti numeri perfetti?

Non è la bellezza estetica ma la perfezione ideale.

Un numero è perfetto se la somma dei suoi divisori rende il numero stesso.

Non è stato sempre così, per Speusippo, un filosofo Greco nipote di Platone, un numero perfetto diceva che per i Pitagorici 10 era il (solo) numero perfetto. Esso aveva un numero pari di numeri primi (2, 3, 5 e 7)e non primi (4, 6,8 e 9) nella sequenza da 1 al numero stesso.

I Pitagorici hanno poi allargato la loro idea di perfezione includendo i numeri amicali e quelli socievoli (Nicomaco).

I numeri con la somma dei divisori diversa dal numero stesso si definiscono abbondanti o difettivi.

Ma vediamo i numeri perfetti

Il primo è il 6.

I divisori di 6 sono 1, 2 e 3, sommandoli si ottiene ancora 6.

Il secondo perfetto è 28, i cui divisori sono 1, 2, 4, 7 e 14.

Il terzo non è così vicino ai primi due: 496: diviso da 1, 2, 4, 8, 16, 31, 62, 124 e 248.

La formula dei numeri perfetti è la seguente: 2n1∗(2n 1) dove (2n 1) è un numero primo di Mersenne.

6 si ottiene con la potenza di 2:

22-1 * (22-1) = 21 * (4-1) = 2*3=6.

Ogni numero perfetto pari è anche:

un numero triangolare

un numero esagonale

è anche un numero pratico.

Non si sa se i numeri perfetti continuino all’infinito né se esistono numeri perfetti dispari, però tutti i numeri perfetti pari terminano con un 6 oppure con un 8.

Infatti, da 2n-1 × (2n − 1) si ha che: 2n-1 è pari e termina per 2, 4, 8, 6;

(2n − 1) è dispari e termina per 3, 7, 5, 1.

La cifra finale ‘5’ va scartata perché sappiamo che (2n − 1) dev’essere primo, quindi le coppie che rimangono sono (2,3), (4,7) e (6,1), i cui prodotti danno le cifre 6 e 8 come finali di ogni numero perfetto pari.

Numeri perfetti

Giancarlo

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La strada

Era solo,

camminava lungo la strada.

La stradaDario Persici, classe 75. Si diplomò nel 93 come geometra, ma non trovò nulla da fare. L’università non lo attirava, avrebbe voluto lavorare come geometra, ma non trovò occasione. Si sarebbe accontentato anche solo di lavorare, ma non aveva amici, o conoscenti, che potessero aiutarlo. Nessuno che lavorasse in uno studio tecnico. Nessuno che potesse dargli una spinta per entrare alle poste o in ferrovia. Poi non assumevano più nemmeno lì, oramai.

Per fortuna, trovò da vendemmiare, in agricoltura si guadagnava bene, stava all’aperto e in compagnia, Si scherzava, si rideva. Forse era meglio coltivarla, la terra, che misurarla. Nell’azienda vicina si raccoglievano le mele. Un’altra aveva le mucche da accudire.

Un anno passò veloce, quell’anno fu il più bello della sua vita. Trovò anche una ragazza. Una tipa strana, che parlava poco, ma anche lui non era di molte parole.

Maria, si chiamava Maria Nicastro. Un paio d’anni  più giovane di lui, molto carina.

Era stato fortunato, Dario, aveva incontrato Maria lungo la strada. Mentre lei guardava la vetrina di un negozio di scarpe, le si era avvicinato e le aveva chiesto indicazioni per un indirizzo. Si erano conosciuti così, si erano trovati. Si erano rivisti. Quando era assieme a Maria ne era preso completamente. Quando non era con lei la pensava. Lei studiava, al liceo classico, lui lavorava un po’ di qua e un po’ di la. Maria gli  fece scoprire il mondo. Lo portò al cinema, a teatro, per la prima volta nella sua vita, ed ai concerti. Con lei cominciò ad interessarsi ed a discutere di Filosofia. A leggere, leggere Romanzi.

Nessuno lo aveva mai eccitato così.

La strada

La strada

Arrivò anche l’estate.

In Agosto, tutti gli Agosti,  la famiglia Nicastro andava al mare, come ogni famiglia benestante. Dario, invece, non aveva mai visto il mare, al massimo era stato al lago, a pescare. I suoi non si erano mai concessi la villeggiatura. I Nicastro, invece, affittavano una casa, grande, che c’era sempre qualche parente o amico da ospitare. La zia, vedova, era un ospite fisso. I nipoti. I compagni di scuola e chissà chi altro ancora.

A lei venne naturale chiedergli di seguirla al mare, in Agosto.

Lui accettò , non senza esitazione, non aveva mai pensato di conoscere i suoi genitori.

Non fu facile ma, insomma, lo fecero.

I genitori generalmente hanno grandi aspettative per i figli. Si sa. Le aspettative tradite  diventano, delusioni,  a volte rancori.

Questo è quello che deve esser successo.

Si capisce:  lui non aveva un mestiere sicuro, ma era molto bello e forte, accidenti se era bello. Si capisce anche che: lei era stupenda, una dea, ma con la puzza sotto il naso.

Forse aveva studiato troppo, sicuramente lo aveva stregato, lo avrebbe plagiato, lo aveva già plagiato. Questo pensarono i genitori di lui.

Lui l’aveva stregata, lui l’aveva plagiata, questo pensarono i genitori di lei.

Ma nessuno lo disse apertamente, fecero solo grandi sorrisi ipocriti, ipocriti sorrisi di cortesia.

Dario era figlio unico, forse per questo Maria non fu ben accetta, non piacque. Voleva portarlo via.

I Persici non avevano niente, forse per questo la madre di Maria restò indifferente, distante da lui.

Solo il padre di lei tifava per Dario. Forse gli ricordava se stesso, da giovane.

Al mare

Comunque andarono al mare assieme.

Le giornate passarono lente come solo in Agosto, al mare, lo fanno. Le ritualità giornaliere scandirono il tempo, come in un mantra: Colazione, mare, pranzo, pennichella sulla spiaggia. Passeggiata in centro, cena, passeggiata in centro da soli o in giro con vecchi e nuovi amici. Che nessuno conosceva, che nessuno avrebbe mai conosciuto, che non erano, ne sarebbero mai stati, amici di nessuno.

Qualche notte passata sulla spiaggia, qualcun’altra in discoteca. Sempre la solita storia.

Meno male che dall’alba a colazione e poi sotto l’ombrellone, Dario poteva fare quello che voleva. Gli altri dormivano ancora e lui leggeva. Gli altri prendevano il sole e lui continuava a leggere. Divorava i libri. Libri interessanti, di filosofia, di matematica e di Storia. Idee e concetti gli frullavano in testa alleviandogli la prigionia. Sì, quel rapporto si era trasformato da esplosione di libertà, da anarchia, in prigionia, in dittatura.  Anche Maria, piano piano, cambiò atteggiamento. Lui sembrava assomigliare sempre di più a suo padre, ci andava troppo d’accordo, e continuava a non piacere a sua madre, cominciava a non piacere neppure a lei.

Quell’estate finì con la fine di Agosto. A Settembre cominciarono le piogge autunnali, piogge che lavano la polvere estiva.

Lei si preparava all’ultimo anno di liceo.  Rivide i vecchi amici di scuola. Erano amici che la volevano per loro. Maria era troppo bella, l’ho già detto. La presero.

la strada

Lui decise di lasciare il paese, andare in città ed iscriversi all’università, a “Lettere e Filosofia“.

Non si rividero più.

Io non li ho più rivisti. Solo Dario, una volta.

Era primavera, di mattina, presto. Dario era solo ed a piedi percorreva una strada. L’ho visto felice, con un ampio sorriso sulle labbra, forse perché non era in una strada qualsiasi.

Era una nuova strada, quel la strada, era la sua strada. L’aveva scelta lui.

Ceppoduro

 

Il gioco del cento, un bel gioco matematico

Il gioco del cento.

Il gioco del cento è un giochetto matematico interessante.

La versione base è molto semplice, altri tipi sono più complessi ma la logica è sempre la stessa.

Gioco del cento

Si gioca in due, non serve niente altro per giocare.

A turno i giocatori dicono un numero, vince chi dice cento.

Naturalmente il primo giocatore non può dire cento, non ci sarebbe gioco. Il secondo giocatore deve dire un numero superiore al primo ma di non più di dieci numeri, le giocate successive rispettano la stessa regola. Solo il primo giocatore con la prima mossa può dire un numero da 1 a 10, non essendoci state giocate precedenti.

E’ un gioco finito ad informazione perfetta, che permette di adottare una strategia vincente.

Soddisfa il teorema di Kuhn, per cui andando a ritroso si può scoprire quale sia la strategia vincente.

Come si fa? Andando a ritroso scopriamo quale possa essere il penultimo numero del primo giocatore:

100-1-10= 89

Se il primo giocatore arriva a dire 89 il secondo deve aggiungere almeno 1 ed il primo può dire 100 e vincere. Togliendo 11 ad ogni mossa precedente si arriva a 1.

89-11=78

78-11=67

67-11=56

56-11=45

45-11=34

34-11=23

23-11=12

12-11=1

Quindi 1 è la strategia vincente del primo giocatore, se dice 1 e successivamente, indipendentemente dal numero pronunciato dal secondo giocatore, dirà 12, poi 23 ecc. fino a 100, vincerà sicuramente.

Il primo giocatore vince sempre.

Cento

Se diamo come limite 99, cioè decidiamo che vince chi si avvicina di più a cento, senza dirlo, cento perde, basterà dire 11 per vincere, siccome il primo giocatore non può dirlo vince il secondo con: 11, 22, 33, 44, 55, 66, 77,88, 99.

Il secondo giocatore vince sempre,

Bello vero?

Le altre varianti sono lunghe da spiegare e vi annoierei.

Giancarlo