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Gino e la prima guerra mondiale, una storia di sangue e di …

Gino andò in guerra, come molti, come troppi, di li a poco avrebbero fatto.

Gino e la prima guerra mondiale.

Lui era li in trincea e la guerra, la Grande Guerra, sembrava non finire mai. Su, in montagna a difendere un lembo di terra, dura, pietrosa, ostile come può esserlo solo in montagna.

I giorni passavano, lenti, nella trincea, ogni tanto uno sparo, nostro o loro, nulla più.

Ah si, anche un colpo di mortaio, a volte; l’obice ti manda un saluto, un fischio leggero, man mano più forte.

A volte passa sopra a volte no.

Gino in trincea
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Italian_trench_WWI.jpg

E gli schizzi di sassi e terra e merda e sangue, fumo, polvere, polvere da sparo bruciata, carne bruciata.

Lui, chino su se stesso, per ripararsi non si sa come e da cosa.

Gino che piange, che beve, che ascolta, che ride che sogna, che dorme e si sveglia, e…, Gino,     Gino,                        Gino,                                      G i n o. No.

Oh no! C’è qualcuno, di là.

Si alza, lo vede, anche lui lo vede, Gino lo vede prendere la mira e sparare. E’ troppo tardi per scansarsi, per tornare giù, Gino è fottuto, lo sente. Ma il pensiero è veloce, più della pallottola, e calcola e misura e pensa: “Ecco ha fatto mezza strada”. (La pallottola N.D.A), “Altrettanta ne farà e sarò spacciato”. “Dove mi colpirà? Tra gli occhi, in bocca? No! Oh No!”.

E la pallottola continua ad andare. Va verso di lui veloce come il vento, ma non come la sua mente che pensa, ragiona, calcola: “Ancora un’altra metà della distanza”. Metà percorso è quanto gli restava da vivere, prima di morire. Quanto tempo? Ancora un po. La palla di piombo correva veloce, ma non riuscì che a fare ancora una metà del tragitto rimanente. E la sua mente, come un navigatore satellitare “ricalcolò”, ancora una volta, la metà di quanto rimaneva alla meta. Via via la palla rallentava, sinché si fermò, come sospesa in mezzo senza riuscire più ad imbucarsi nella zucca di Gino. Che ancora oggi, vivo e vegeto, dopo un’infinità di”ricalcoli” si chiede: “Quanto mancherà?” E manca sempre la metà della metà.

E cosi via.

Giancarlo