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L’università 

L’università è una bella istituzione.

Anche se insegna insegna più o meno le stesse cose che hanno insegnato le altre scuole, le insegna meglio più approfonditamente, offre maggiore conoscenza e padronanza delle materie, maggiore capacità applicative di queste conoscenze in modo che il laureato trovi un ruolo specifico e migliore in in società.

In questi giorni si completano le iscrizioni all’università e molte università hanno istituito test di ingresso ai loro corsi di laurea, i ritardatari rischiano di non trovare posto, i non ammessi di non poter frequentare l’università o almeno le facoltà che avrebbero voluto frequentare.

Ma è giusto?

Non Penso sia giusto.

 Non penso nemmeno sia costituzionale.
Certamente è una perdita di tempo per tutti.

E’ una perdita di tempo per i ragazzi gli allievi che devono dimostrare di sapere quello per cui poche settimane prima sono stati diplomati. Non penso che i test possano vertere sulle materie da studiare nei corsi a cui si vuol accedere, quindi saranno domande di cultura generale, simili a quelle per cui si è ottenuto il diploma di maturità. (Andate a leggervi qui l’atto normativo si tratta incredibilmente di

  1. La prova di ammissione consiste nella soluzione di ottanta quesiti con cinque opzioni di risposta,
    delle quali il candidato deve individuarne una soltanto, escludendo quelle errate, arbitrarie o meno
    probabili, su argomenti di:
    − teoria/pratica pertinente alle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea magistrale di
    interesse;
    − cultura generale e ragionamento logico;
    − regolamentazione dell’esercizio delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea
    magistrale di interesse e legislazione sanitaria;
    − cultura scientifico-matematica, statistica, informatica e inglese;
    − scienze umane e sociali.

Ma di cosa stiamo parlando, queste cose te le devono ancora in segnare, non puoi studiarle da te in pochi mesi, mentre la cultura generale te la devono forzatamente aver già insegnata altrimenti che ti hanno diplomato a fare?

 E’ una perdita di tempo per le università che devono organizzare i test per ridurre il numero di ingressi anche se a volte si presentano meno persone dei posti disponibili. (Va bene, va bene non a medicina).

Ma cerchiamo di capire il concetto che sta dietro il test di ammissione a l’università.

Non so se ci sia un concetto ne quale sia e non ho neppure voglia ora di verificarlo.

Ma il  concetto di fondo sembra essere quello che solo solo quelli che sono più portati debbano iniziare i corsi universitari. 

Ma come si fa a determinare con un test se sei portato e se sarai un bravo medico? Insomma sembra più ovvio pensare che il concetto sia chi non sa o chi non sa abbastanza deve rimanere ignorante. Nessuna possibilità di ottenere una maggiore istruzione, niente ascensore sociale, niente accesso alla conoscenza, niente… niente di niente.

 Chissà perché questi giovani vogliono andare all’università, provano ad andare all’università, tentano di essere ammessi?

Ritengo probabile che non sappiano abbastanza ed aspirino a sapere di più; perché se sapessero non avrebbero bisogno di studiare ancora, non avrebbero bisogno di umiliarsi ripetendo un esame appena sostenuto, del cui esito non frega evidentemente a nessuno e di cui nessuno si fida richiedendo un test di ammissione suppletivo.

Se sapessero già, perché accedere all’università? Perché farne sostenere i costi alle loro famiglie?

 Allora perché non ammetterli tutti?

La nostra Costituzione recita qualcosa sul diritto allo studio agli articoli 33 e 34:

Art. 33.

L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento.

La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.

È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale.

Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

L’articolo 33 dice che è previsto un ESAME di STATO per l’ammissione ai vari ordini e gradi di insegnamento o per la conclusione di essi.
Se abbiamo fatto quello di conclusione del ciclo precedente non si deve fare quello di ammissione a l’università, mi pare chiaro, e se non fosse chiaro c’è l’articolo successivo:

Art. 34.

La scuola è aperta a tutti.

L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.

I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.

La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Non c’è scritto che non potranno fare il medico o l’ingegnere per il numero chiuso in ingresso.

 Il test di ammissione per chi ha sostenuto con successo l’esame di maturità è un sopruso incostituzionale.
VA IMMEDIATAMENTE ABOLITO.

D’altra parte se servono ad esempio mille medici e si ammettono mille studenti, quelli li dobbiamo far diventare tutti medici altrimenti non ne avremo abbastanza, a prescindere dalle loro capacità effettive, che mai potremo valutare nel test di ammissione, prima di aver studiato medicina.

Avremo alcuni dei bravi medici che ci servivano e gli altri saranno come saranno.

Allora per non tirarla troppo alla lunga ognuno si iscriva dove vuole, poi saranno i docenti, con esami veri e non farsa a bocciare quelli impreparati ed incapaci di fare quello che serve a diventare un medico, un avvocato o quello per cui lo studente studia.
Come dite?
Solo i figli di papà andranno avanti?

Può darsi, ma ora chi credete che superi i test di ammissione iniziali? Chi credete che vada vanti?


Dobbiamo offrire, come dice il dettato costituzionale, ad ognuno la chance di raggiungere il grado di conoscenza e l’istruzione che intende raggiungere.

Ma non lo stiamo facendo.
Povera Italia.


Giancarlo

Altri articoli in questo blog che trattano l’università.

Povera Italia

Pittori

Dipingono tutti

Ci sono quelli che lo fanno bene, quelli che lo fanno così così e quelli che lo fanno male, sono tutti pittori.

Oltre ai pittori ci sono gli altri. Gli altri potrebbero/dovrebbero essere interessati ad acquistare le opere dei pittori.

Naturalmente un pittore può regalare un suo lavoro, se vuole, più difficile è che ne regali tanti o addirittura tutti. Ragionevolmente qualcuno vorrà venderlo.

Cioè vorrà una dazione di denaro in cambio dell’opera, la quantità richiesta dipende dal pittore.

Sostanzialmente quelli bravi hanno una quotazione tale che, se non sei un museo o non disponi di un bel patrimonio, può essere arduo riuscire a comprare una loro opera.

Quelli così così vendono a meno, a molto meno, di quelli bravi e di solito non è difficile disporre della cifra richiesta per acquistare qualcosa di loro.

Di quelli che dipingono male non so che dire, lasciamoli stare.

Gli altri e i pittori

Oggigiorno gli altri disposti a spendere sono sempre meno, forse ciò dipende dal fatto che i pittori sono tanti, troppi, forse dal fatto che oggi ci sono tante cose in più da comprare.

Oggi tutti hanno bisogno di una macchina, a volte di due.

Tutti hanno bisogno di un telefonino, a volte di due, e tutti vogliono cambiarlo spesso per avere sempre il top della gamma anche se non sanno usarlo.

Oggi tutti hanno un tatuaggio, a volte diversi, ed è l’unica forma di “avvicinamento all’arte” che conoscano.

Oggi tutti vogliono farsi la settimana bianca, o la crociera, o altro perché devono staccare dal lavoro e dalla vita social(e) per tuffarvisi ancora, ma in un posto diverso da dove abitano e lavorano.

E quasi tutti non possono permettersi di spendere anche in o per un dipinto.

E allora

Tutti pittori, sia chi a fatto “l’artistico” o l’accademia, sia chi è artista, sui social, a prescindere da quel che fa e quasi nessuno che riesca a vendere un quadro.

Tutti ignoranti quelli che dovrebbero fruire della pittura, sia chi ha i soldi sia chi non ce li ha e quasi nessuno che compri le opere di quelli bravi, ma poco conosciuti.

Insomma…

Siamo un paese di morti di fame che non spendono una lira per l’Arte, quella con la A maiuscola, ne per l’arte, quella minore.

Un paese diviso tra estimatori di poster e di tatuaggi, che non trovano qualche centone per appendere un bel quadro in sala.

Non un quadro che non varrà milioni alla morte del pittore ma che ci consola e ci accompagna per quei pochi giorni che ci restano ancora da vivere.

Ma c’è chi preferisce inchiostrarsi la pelle prono su un telefonino luminoso.

Giancarlo

Lo stolto

Lo stolto

Ho visto lo stolto guardare una ragazza.

Lo stolto si meravigliava, non credeva ai suoi occhi.

Ho visto che si scandalizzava delle sue scarpe rosse: così appariscenti.

Lo stolto
Thanks to the author

L’ho visto sorridere, anzi sghignazzare, l’ho visto… l’ho visto sgomitare il suo compagno e poi fare una faccia… allargando le braccia basse, come a delimitarne il corpo, come a contenerne il culo, grande.

E’ facile incontrare certa gente in giro. Lo stolto si sente superiore, giudica ad alta voce, come se intorno non capissero cosa dice. Tanto siamo all’estero, non ci sono mica Italiani in giro. Vede l’altro diverso e ne ride. Non pensa di essere lui diverso; il fenomeno è sempre quello che ha di fronte.

Lo stolto e gli altri

Lo stolto, dicevo, non interagisce, non capisce, ne cerca di farlo. Non gli importa delle intenzioni, delle azioni, delle ragioni dell’altro. Si limita a giudicarlo e sentenziare. Sono sentenze inappellabili. Terribili. Atroci e sanguinarie.

Perché esistono gli stolti? Come si sono formati? A che scuola? Con quali maestri?

E’ molto difficile saperlo, i percorsi possono essere vari. I primi maestri sono i genitori che non hanno saputo dare l’esempio, il buon esempio.

Magari non sono stolti, ma molte volte si.

Poi ci sono i compagni: di giochi, di scuola, di vita.

Figli di stolti e stolti anche loro.

Una massa di stolti

Deve essere difficile cavarsela in un mondo così? Circondati di stolti. Non ne conosco uno, che si sia salvato. Si sono ammalati tutti di stoltezza.

Lo dico perché lo so.

Lo vedo.

Si vede.

Un mondo che non si scandalizza per le prese in giro.

In un mondo che giudica l’altro come peggiore e indegno.

Una società che non tollera altro che gli intolleranti ed i bulli.

Come possono questi ragazzi deboli, impreparati ed indifesi cavarsela?

Possono diventare solo bulli o bullizzati.

Lo stolto dicevo, come nella illustrazione qui sopra, ride del culo della ragazza e non cade in estasi con lei per la bellezza del dipinto.

Guarda il dito e non vede la luna.

Ceppoduro

Cultura, cultura moderna.

ECCO

Cultura moderna.

Stavo guardando CSI il serial americano che danno in TV. Parla di come gli Americani dominano il mondo. Sono sempre avanti, anche se devono ridurre il budget di spesa hanno sempre gli strumenti diagnostici migliori a disposizione, seguono incredibilmente labili tracce, ricostruendoci la scena, il delitto, anche nei minimi dettagli e scoprendone l’esecutore, che in un modo o nell’altro sarà affidato alla giustizia.

Perché gli Americani sono fissati con la giustizia, sono disposti a fare anche cose ingiuste per giustiziare un colpevole. Comunque fan di tutto per consegnare un colpevole alla giustizia. Se consegnano un colpevole non possono sbagliare, da qui la loro incredibile bravura investigativa.

E’ una serie seria, ma buffa, se la si vede con occhio critico e stomaco di ferro, si capisce subito che è una serie comica, una buffonata insomma, che serve a mascherare tante ignoranze, tanta mancanza di cultura.

1984culturaefatica
http://giancaarrigucci.altervista.org/Pagine_03/1984faticaecultura.html

Cultura

Oggi hanno tagliato il programma: di solito danno due episodi consecutivi, oggi, dopo il primo, hanno dato un altro programma: Cultura Moderna.

L’ho visto tutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco questo era, in sostanza, il programma in onda.

Ma potrei parlarvi anche dei conduttori, dei concorrenti, del pubblico in sala, un bestiario di varia umanità che…

Cultura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Beh, mi pare tutto, spero vi sia piaciuto.

A me no.

Giancarlo

Su quel che mi piace…

Su quel che mi piace…

Vorrei scrivere qualcosa.

Ho letto la polemica sulla stupenda iniziativa di Google“Celebra anche tu l’orgoglio LGBT”, dove LGBT sta per Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender.

Ho colorato anchio la mia immagine del profilo:

Senza un perché ne un percome, Quando è necessario e giusto colorarsi ci dobbiamo colorare, si partecipa alla vita sociale ed affettiva degli altri. Non sei lesbica, non serve esserlo, per colorarti la foto del profilo, se ti colori affermi di non curarti dei comportamenti sessuali di chi ti sta intorno, essi non sono discriminanti, non danno vantaggi ne svantaggi. Mi piace non curarmi di queste cose, poi sappiamo bene che non è vero, i comportamenti sessuali sono metro di giudizio forte, di burle, ammiccamenti, avanzamenti o meno di carriera, ecc. ecc. Ma almeno coloriamoci per un momento, sentiamoci giudicati e non giudici; fa bene. Per capire che una cosa è ingiusta, per valutare quanto sia ingiusta,  bisogna subirla. Ma se la subisci poi vorresti rifarla, è la legge del nonnismo, allora bisogna arrivare a subirla, comprenderne l’ingiustizia e non usarla per il discrimine di altre persone. Ecco, forse, la discriminazione è la conseguenza, sbagliata, di ogni ingiustizia subita.

discriminazione Distinzione, diversificazione o differenziazione, operata fra persone, cose, casi o situazioni.

discriminazióne [Der. del lat. discriminatio -onis “scelta”, dal part. pass. discriminatus di discriminare

Comunque si può scegliere dove stare senza discriminare altri.

Tutti gli altri sono diversi da noi e noi siamo diversi da e per tutti gli altri.

Coloratevi, per un po.

A me piacciono i colori, anche se ne preferisco uno fra tutti.

Giancarlo

 

La borghesia, una classe sociale sparita.

La borghesia

Non c’è più la borghesia.

Non c’è più in senso Marxista, come la classe sociale che ha il controllo, non il possesso, dei mezzi di produzione e di distribuzione. La borghesia si è dissolta.

Non c’è più anche nel senso comune del termine. Riferito più in generale ai concetti di ricco e povero, di persona abbiente, alta borghesia o solo benestante, media, piccola ecc.

Come, del resto, non ci sono più tutte le altre classi sociali, svanite nel nulla, quasi d’improvviso.

Ma cosa è rimasto? Come ci distinguiamo dagli altri? A quale classe apparteniamo? Come possiamo definirci?

Ci sono ancora insiemi che possiamo usare, ma ben diversi da quelli di un tempo.

Mezzi di omologazione di massa.

A parte le omologazioni nazionali, piene di pregiudizi, se non proprio razziste, possiamo usare il tifo calcistico. Funziona bene dovunque. E’ trasversale, con molti sotto insiemi e molte contaminazioni.

Io sono Interista, e tutti gli altri a culo. Ma anche gli altri uguali, con il tifo prima di tutto, anche se ci troviamo assieme a un presidente petroliere, presidente di partito, del consiglio, armatore ecc. e noi non abbiamo niente. Per non parlare degli altri tifosi, di ogni razza, risma e retaggio, ma tutti sotto la stessa maglia, gli stessi colori, come se avessimo gli stessi interessi esistenziali.

Lo sport in generale omogeneizza gli animi, automobilismo, tennis, pallacanestro e motociclismo, sono alcuni degli altri insiemi in cui ci dividiamo, per cui soffriamo, amiamo, a volte moriamo, tutti uguali, tutti diversi.

Minimi comuni divisori.

Poi ci uniamo e dividiamo per qualsiasi cosa: amanti della montagna o del mare, utilizzatori di un prodotto, amanti di attori, emuli di cantanti o proseliti di politici e politicanti.

Non voglio prendere in considerazione le religioni che pur dividendo, a volte di brutto, dovrebbero però unire. Come vanno ripetendo sempre ad ogni incontro ecumenico, tutti uniti verso l’ecumenismo, che come il “sol dell’avvenir” non sorgerà mai.

Ma torniamo alle classi sociali che non ci sono più, in realtà solo alcune non ci sono più, hanno cambiato nome, forse non lo hanno nemmeno un nome.

Oggi, lettori, ci sono solo due tipologie sociali: ricchi e poveri.

Ricchi, ma così ricchi da non crederci, e che lo sono ogni giorno di più, che fanno di tutto per esserlo ancora più di prima, a scapito di altri, quasi tutti gli altri, che non hanno niente e a cui lasciano ancor meno:”un bel niente”.

Anche se sembra loro di avere qualcosa, i più non se ne rendono conto ma non hanno niente, hanno perso tutto, e non lo recupereranno mai. Qualsiasi passo avanti facciano, qualcuno si ingegnerà per tirarli addietro o mettere il traguardo più avanti, spostare l’asticella più in alto o semplicemente cambiare le regole del gioco, e li faranno perdere. Li faranno ancora più poveri.

Si la vita è un gioco a cui giochiamo tutti, fortuna che, bene o male, sul lungo termine, non vincerà nessuno.

La borghesia Crassica, il cimitero.
Crassica (HR).

 

La borghesia Allium rothii 1.jpg
By Gideon Pisanty (Gidip) גדעון פיזנטי (Own work) [CC-BY-3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by/3.0)], via Wikimedia Commons
Giancarlo