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I volti del mio paese

I volti del mio paese non è un’estemporanea, è una competizione pittorica a tema.
Il tema sono i volti del mio paese, riferito a Monteverdi Marittimo e le sue frazioni, Canneto ecc.

Non è un’estemporanea.

I quadri si fanno con comodo a casa (o in studio per i più professionali). Abbiamo circa un mese di tempo; ci forniscono le foto degli abitanti del paese, tra cui scegliere chi si vuol ritrarre e, se non l’ha già scelto qualcun altro, si parte a dipingere.

Come si vuole, dove si vuole, quando si vuole… ma che vogliamo di più.

Naturalmente se il soggetto, in un primo tempo prescelto, se lo è aggiudicato un altro se ne sceglie un secondo. Se siamo sfortunati che anche quello è già sotto il pennello di un altro, si va per un terzo.

Insomma se siamo più pittori che abitanti non se ne fa nulla, altrimenti ci si imbarca all’avventura.

E allora via alla pittura de i volti del mio paese

Beh del volto, e quanti ne vogliamo fare? Già farne uno è complicato e difficile.

Anzi non è complicato, è un ritratto, ma è difficile perché non si conosce il personaggio, non si sa nulla di lui tranne la foto e il nome proprio.
Io ho scelto Francesco, un bel signore allegro. Non ride ma si vede che è allegro e sicuramente sarà anche simpatico. Peccato non averlo incontrato e conosciuto in occasione della premiazione, ci ho passato tante ore assieme, che ormai ci stavo bene. Sarà per la prossima volta.

Per quest’anno mi devo accontentare di aver conosciuto Stefano, colui che ho ritratto nel 2019, durante l’ultima edizione della manifestazione prima di questa e che allora non avevo conosciuto.

Ed ora bando alle ciance vi faccio vedere cosa hanno realizzato i miei concorrenti, ed anch’io naturalmente:

E’ un peccato che tutti questi ritratti vadano dispersi e solo i premiati restino.
Tra qualche hanno sarebbero un prezioso documento storico.

Va beh, cosi è la vita.
Giancarlo

P. S. cliccate su una foto per ingrandirla o scaricarla.

Lavoro e lavoratori

Lavoro e lavoratori.

“Lavoro! Raccolgo foglie di tabacco, anzi non lo faccio, non ne ho voglia! Ma chi me lo fa fare? Sto sul divano, fumo con i 50 Euro del babbo e vivo col reddito di cittadinanza”.

In un articolo vergognoso del corriere aretino “on line”, si vaneggia di come nella Valtiberina, nella piana di Sansepolcro in particolare, non riescano a trovare personale per la raccolta delle foglie del tabacco (quello da sigari: il Kentucky). La raccolta del tabacco è un’attività stagionale di questo periodo.

Qualche imprenditore agricolo della zona sproloquia su come non si trovino giovani, ne italiani ne stranieri, per soddisfare le esigenze contingenti della filiera del tabacco. Quindi afferma perentorio, senza che l’intervistatore (un giornalista???) autore dell’articolo dica pé (in toscano ribatta, dica qualcosa di contro, osi controbattere), che i suddetti giovani preferiscono oziare sul divano e godersi i soldi di “mammà” e il reddito di cittadinanza piuttosto che andare a cogliere le foglie di tabacco.
Ma come si possono affermare, senza essere presi a calci, certe madonne?

Ma come si fa a riportarle in un articolo di giornale, seppur di provincia, seppur digitale, senza domandarsi se sia vero, senza esibire prove documentali o intervistare anche l’altra parte?

Mi viene spontaneo pensare.
Che giornale di m., che giornalista di m. che articolo di m. quante bugie di m..

Lavoro e lavoratori e letame

Il letame si sparge prima di arare il terreno dove si pianterà il tabacco, la merda evidentemente dopo, quando si deve raccogliere.

Questi imprenditori, che vorrebbero avere schiavi al posto degli operai, dovrebbero stare muti e invece berciano le loro bestemmie: possibile che nessuno li sputtani.

Quanto pensano sia attraente il salario che offrono se, veramente, gli aspiranti stagionali gli preferiscono il reddito di cittadinanza?

Ma che siano in malafede su lavoro e lavoratori, che siano tutte balle inventate per farsi compatire ed ottenere gli schifati ristori statali, si capisce immediatamente. Sappiamo che il reddito di cittadinanza è un integrazione al reddito familiare per colmare il divario tra reddito reale e livello minimo di povertà della gente, quindi immagino che i più prenderanno meno di 300 Euro per uno (per arrivare a 700 devono essere completamente privi di reddito, cioè alla fame nera). I soldi percepiti col RC sono destinati a varie voci fisse, come l’affitto, il cibo e altro e non spendibili come cazzo ci pare, ad esempio per la birra da bere sul divano mentre guardiamo divertiti la TV.
Sono in malafede perché non vogliono pagare la gente che lavora per loro occasionalmente, facendosi un culo così; più gretti di così: offrire meno dell’integrazione al reddito minimo.

Sono in malafede perché se avessero bisogno di operai li assumerebbero, così da fargli togliere quel cazzo di reddito di cittadinanza che tanto li offende e li scandalizza.

Sono in malafede perché se avessero operai stabili e laboriosi non potrebbero più chiedere contributi e sussidi a Pantalone.

Imprenditori agricoli e non solo


Imprenditori che quando viene una gelata o un virus o non vendono abbastanza prodotti vogliono i soldi dallo stato e quando va tutto bene non pagano, e vorrebbero essere giustificati a non pagare, le tasse.
Che uomini rampanti!

Che esempi per la gioventù da divano.

Ancora giornali e giornalisti su lavoro e lavoratori

Ma qualcuno tra quelli che hanno raccolto le notizie, le anno impaginate e redatte in forma di articolo ha mai raccolto il tabacco da sigari? Qualcuno lo ha mai caricato e scaricato nei carrelli e poi trasportato in tabaccaia? Lo ha mai cucito ed impilato nei seccatoi e fatto fuoco e vapore giorno e notte per settimane per curarlo? A qualcuno è mai rimasto attaccato alle mani, ai guanti, ai calzoni alle scarpe la montagna di resina e nicotina che esce dalle belle e larghe foglie mature del tabacco appena colto?

Qualcuno di voi

Qualcuno ha mai colto le olive, l’uva, le mele o i pomodori?


Allora, voi che non lo avete fatto, andate tutti aff…..o e non parlate, non scrivete, non discutete più di queste cose.
Questi sono lavori di merda, stagionali, appunto, che durano poco nel lungo periodo, ma dove non c’è orario durante il giorno, dove non c’è limite alla fatica, dove la sera sei “sderenato”, “stronco”, “sfinito”, “cotto”.
Questi lavori di merda, pericolosi perché non può essere garantita una preparazione adeguata contro gli infortuni, occorrerebbe più tempo alla formazione sulla sicurezza di quanto ce ne sia per fare il lavoro occasionale. Perdinci!

E allora come si fa? Si fa in qualche maniera, chiudendo un occhio sperando non muoia nessuno.

Dicevo, questi lavori stagionali di merda dovrebbero essere pagati almeno tre volte più di quanto viene dato ad un operaio fisso, allora potrebbe convenire farli, allora si troverebbero i giovani disposti a farli. Perché i gestori (oramai abusivi) degli stabilimenti balneari si fanno un culo così per i tre quattro mesi della stagione? Perché con quello che prendono poi campano per il resto dell’anno, ma ai dipendenti vorrebbero dargli l’osso del pollo.
Bravi!
E quelli che gli danno spago e giustificazione per queste cazzate sono delle emerite teste di cazzo.

E pure quelli che non ci trovano niente da ridire.

Diverso è il discorso per chi offre lavoro come svago, come vacanza, attività fisica e si fa giustamente pagare (e anche qui i giornalisti agricoli… fanno una figura del cazzo).

Comunque


Sarebbe bello sentire qualcuno, magari un politico italiano, che si scagli contro queste cose, che smerdi chi fa queste affermazioni del cazzo e che dica a questi avvoltoi “Basta! Avete già avuto, adesso dovete pgare di tasca vostra, pagare il giusto, pagare le tasse e non rompere i coglioni”.
Sarebbe un sogno.
Non lo sentirò mai, ma…

…è così bello sognare!


Giancarlo

Guardare un’opera d’arte

Guardare un’opera non è difficile, ci mettiamo davanti ad un dipinto, alla giusta distanza, e lo ammiriamo. Nel caso di una statua dovremo scegliere anche la posizione attorno o, meglio, cambiarla più volte. Quindi osserviamo quello che c’è e quello che non c’è. Cambiamo più volte anche la distanza dall’opera, almeno passiamo da più lontano a più vicino. Il gioco è fatto: secondo quello che ci avrà trasmesso, piacere o dispiacere, sapremo se l’opera è un’opera d’arte o meno.

In realtà non voglio insegnarvi a guardare un’opera d’arte.

Voglio insegnarvi a valutare se l’opera è arte. Per voi, certo, ma se non lo è per voi non ha senso dedicargli altro tempo, almeno non subito. Magari in futuro la situazione potrebbe cambiare, ma questo è un altro discorso.

E’ noto che un’opera d’arte si guarda con gli occhi, con il cuore e con la testa.
Voi limitatevi a guardarla con gli occhi, se volete anche con il cuore. Per osservarla con la testa bisogna conoscere tante cose: Storia dell’arte, dell’artista, del movimento artistico oltre alla situazione politico-economica e sociale del periodo in cui è stata fatta. Ma osservarla con la testa non è veramente necessario, ci può far cambiare idea come ho detto poc’anzi ma se vi sarà piaciuta con gli occhi e con il cuore lo sarà sicuramente anche con la testa.

Certo c’è il rischio che un’opera che vi piace non sia considerata arte dagli esperti, ma resta il fatto che a voi ha dato piacere e tanto deve bastare.

Lo so, mi direte che l’arte deve anche dire qualcosa, avere un messaggio, ma se di arte si tratta quei messaggi li capirete comunque, senza bisogno che voi sappiate di più di quel che vedete.

Non era forse questo il compito dei dipinti, delle pale e degli affreschi nelle chiese? Spiegare il vangelo a poveri analfabeti. Tutti potevano leggerli senza che ci fosse scritto nulla.

Bene.

Se vi chiedono un giudizio su un quadro non scusatevi dicendo che non ve ne intendete. Osservatelo dalla distanza che vi permette di vederlo nell’insieme e da vicino per capire l’autore e la sua tecnica, per osservare i dettagli.

Esprimete un giudizio estetico o sentimentale.
Così si guarda un opera d’arte.

Se poi volete saperne di più e conoscere tutti i retroscena dovete studiare o, ahimè, fidarvi di Sgarbi.

Giancarlo

P.S.

Quello appena letto è un corso per “Dummies”, cioè per principianti.
Seguendolo rischiate che vi piaccia una riproduzione dozzinale de “Il Bevitore” di Teomondo Scrofalo senza sapere nulla del “Bevitore” di Giuseppe de Curtis o ignorando completamente “Il bevitore” di Paul Cézanne.
Ma si sa, senza sforzo nulla viene.

Come mantenersi giovani

Questo articolo si propone di suggerire Come mantenersi giovani con BLENDER, un software open source.

Cosa è Blender?

Blender è una suite 3D libera con codice aperto.
Libera significa che la puoi utilizzare liberamente. Open source significa che il codice è aperto e (se vuoi e/o se puoi) puoi controllarlo migliorarlo o cambiarlo a tuo piacimento.

Blender supporta tutta la sequenza di operazioni atte a restituire e aggiornare un’immagine bitmap od un filmato, partendo dagli oggetti tridimensionali presenti nella scena.
Le operazioni sono:

Modellazione, armatura, animazione, simulazione, processo di resa grafica, messa in scena e rilevamento del movimento.
Utilizzatori avanzati usano le librerie di Blender e gli strumenti di scripting di Pyton per realizzare nuovi strumenti e funzionalità. Funzioni che poi sono rese disponibili a tutti gli utenti nelle versioni successive.

Puoi usare Blender su computer con sistemi Linux, Windows, e Macintosh.

Blender è un progetto guidato dalla comunità degli utenti sotto la GNU General Public License (GPL). Tutti sono messi in grado di fare cambiamenti o fissare bachi eventualmente presenti.

Blender non costa nulla, ma se vuoi o puoi ti da la possibilità di investire e contribuire al suo sviluppo.

Blender è il tuo software 3D.

Puoi anche aiutare a scrivere documentazione, qualsiasi cosa è benvenuta.

Perché aiuta a e come mantenersi giovani?

Blender aiuta a mantenersi giovani per molte ragioni.

Ci si mantiene giovani, con il cervello ben ossigenato, imparando sempre qualcosa di nuovo.
Blender lo devi imparare, continuamente, perché si evolve sempre e devi stargli dietro; ci sono sempre cose nuove da vedere, da capire, da trovare. E’ una miniera.

Anche praticare una seconda lingua aiuta.
Blender è in Italiano ed in altre innumerevoli lingue. Ma se lo vuoi praticare, se vuoi vederne i tutorial migliori, e seguirne i suggerimenti (su youtube ce ne sono centinaia, migliaia in lingua inglese). Allora meglio che anche il software sia in lingua inglese, perché faccia le stesse cose e per trovare i comandi nelle stesse posizioni dei menu.

Imparare a leggere, o scrivere in una terza lingua (l’inglese) aiuta ancor di più a restare giovani perché lubrifica il cervello.

Blender ha il codice aperto ed è scritto in PYTON, anch’esso a codice aperto. Puoi cercare di comprendere anche quel linguaggio e magari a scriverlo per cambiare qualcosa.

Se partecipi al suo sviluppo Blender ha anche una funzione di aggregazione sociale, motivandoti a conoscere altre persone e migliorare la tua vita.

Cosa farci?

Se hai un computer portatile o fisso, se hai voglia di conoscere qualcosa di nuovo, se… scarica Blender e decomprimi il file compresso e clicca sull’eseguibile (in Linux non c’è bisogno di installarlo, negli altri sistemi non so).

Si apre la finestra di benvenuto. Un altro clic fa sparire la finestrella centrale che ti permette di scegliere fra varie opzioni. E sei dentro Blender con un cubo già pronto da modellare per farci quel che vuoi.

Capirlo

Per capire come fare a modificare, creare o aggiungere un oggetto nella scena devi seguire delle istruzioni o un tutorial, non posso spiegartelo io. Ma con Blender puoi costruire virtualmente, in un ambiente tridimensionale, tutti gli oggetti che vuoi. Colorandoli, rivestendoli, scolpendoli come vuoi. Dei quali puoi prendere un’istantanea nelle posizioni più svariate, con i quali puoi creare un animazione o anche stamparli con una stampante 3D.
In Blender c’è la possibilità di scolpire un oggetto come partissi dal marmo. Plasmarlo come se utilizzassi plastilina o pongo. Disegnarlo con un pennello o a matita come faresti con la carta per disegnare dei manga o altri fumetti.
Ci sono due soli limiti: la tua conoscenza, ma puoi migliorarla nutrendo il tuo cervello, e la tua fantasia che è già sicuramente sviluppata abbastanza ma che abbonda di più nelle menti giovani.

Conclusioni

Tieniti in forma!

Non vuoi uscire per il caldo o per il freddo?

Non ci sono più le mezze stagioni ed è sempre troppo caldo o troppo freddo?

Usa Blender e smetti di farti seghe mentali.

Goditelo.

Giancarlo

P.S.

Datti da fare. Cerca tutorial per principianti, vai sul manuale in rete o prova a smanettare a caso.

Smanettando magari non capisci quello che fai ma stai tranquillo non puoi fare danno.

Ogni volta che riavvii il software ti ripresenterà sempre la solita finestra di benvenuto.

Certo se vuoi capirci qualcosa segui le istruzioni del manuale o di un tutorial. Senza studiare non si ottiene nulla. Ma quello che puoi fare con Blender, anche semplice semplice che sia, non riusciresti a farlo con niente altro.

Buon divertimento.

Scontato

Scontato

Lo so, è scontato.

E’ ovvio.
Non c’è nulla di scontato in un articolo scontato.

Lo sconto è sempre stato utilizzato per vendere più facilmente un prodotto o un servizio.

Un prezzo migliore, rispetto ad un concorrente, è uno sconto solo se permette di ottenere la “stessa” merce.
Ma si può valutare se lo sconto è reale?

Si, confrontando gli oggetti o i servizi offerti e ascoltando il senso delle parole.

Comunque dopo la verifica l’acquirente può accontentarsi di pagare poco per ottenere altrettanto poco, la valutazione costi/benefici potrebbe essere a favore del prodotto che costa meno.

Ma…

Occorre sempre ragionare per capire se c’è uno sconto e quanto vale.

Ma come viene scontato un prodotto?

Oggi il venditore non è quasi mai il proprietario della merce oggetto di scambio, quindi non può rimetterci di tasca propria per farci pagare meno.

Abbiamo merce prezzata e registratori di cassa automatici a lettura ottica delle etichette, quindi dei prezzi applicati, che emettono uno scontrino dettagliato della spesa effettuata.

Si paga in moneta elettronica e il fisco pretende che scontrino e ricevuta di pagamento coincidano perfettamente.

Non è possibile acquistare, ad esempio, delle scarpe e chiedere uno sconto sul prezzo al momento del pagamento, sicuramente non dopo l’emissione dello scontrino.
Si può chiedere prima ma il commesso di solito non è autorizzato a fare sconti imprevisti a richiesta.

A volte lo sconto è già sovrimpresso nel cartellino del prezzo, ad esempio negli articoli a saldo.

Inoltre esiste lo sconto extra, a prescindere, che è annunciato già in fase di pubblicizzazione del prodotto e che è la base effettiva di calcolo del prezzo. La merce viene offerta con uno sconto preimpostato, di solito molto elevato. In aggiunta al prezzo proposto si offrono anche altri beni omaggio tra cui scegliere.

Che cosa possiamo scontare da questo sistema?

I prezzi a saldo possono essere ottimi: Noi acquirenti accettiamo l’obsolescenza commerciale dell’articolo pagandolo meno. Se non ci sono stati trucchi nel “prezzare” il prodotto è un sistema di sconto da “apprezzare”. Anche se presuppone che chi acquista un prodotto di moda lo paghi molto più del dovuto ed il giusto accontentandosi degli avanzi di magazzino solo l’anno successivo.

Lo sconto extra è in genere una fregatura (tende a farci credere di essere maggiore del reale), in pratica ci danno del cretino.
Quando propongono, ad esempio, un mobile con il 50% di sconto e poi ci aggiungono uno sconto ulteriore fino al 40% di getto possiamo pensare di avere il 90% di sconto, in realtà si tratta al massimo del 70% (che il 40% aggiuntivo è applicato sull’importo già scontato).

Ma è uno sconto del tutto virtuale perché anche il valore commerciale è del tutto ipotetico. Infatti quel prodotto non può che valere meno del prezzo realmente praticato (dopo tutti gli sconti applicati) altrimenti come farebbe l’organizzazione che lo vende a continuare l’attività. Consideriamo anche che, in aggiunta al grande sconto ed al prezzo basso, vengono spesso offerti omaggi e regali che confermano il reale minor valore dell’oggetto venduto.

Alla fine quindi non si può avere lo sconto?

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Per me è scontato, la bionda non è vera, è una fregatura.


Si possiamo avere e chiedere lo sconto, ma non illudiamoci che sia uno sconto reale.
Possiamo ottenere solo il miglior prezzo a parità di qualità, ma per sapere se è realmente il miglior prezzo dobbiamo avere un’idea precisa del valore del bene o del servizio che vogliamo acquistare, in altre parole dobbiamo acquistarlo già regolarmente, meglio se da più di un fornitore.

Certo se vogliamo qualcosa pagandola poco o niente possiamo:

Rapinarla, estorcerla, minacciare o ricattare il venditore, acquistarlo nella filiera del lavoro nero o del caporalato.

Insomma tutti modi brutti, illegali o che calpestano la dignità e/o i diritti dei lavoratori.

Vorresti veramente uno ottenere sconto del genere?

Lo sconto reale è un’utopia, in genere lo sconto è una fregatura, uno specchietto per le allodole, stanne lontano.

Altrimenti è scontato che sei fregato.

Ceppoduro

PS: questo post non pretende di essere preciso nelle definizioni ne nei calcoli, è semplicemente uno sfogo per la maniera becera e volgare con cui vorrebbero invogliarmi a comprare roba di cui non ho bisogno, con il pretesto della occasione unica ed irripetibile di acquisto per via dello sconto.
Io non voglio sconti, voglio pagare quello che devo e voglio in cambio quello che chiedo o quello che mi è stato offerto. Io non sono finto e non voglio finzioni altrui.
Vorrei che mi si dicesse questa cosa costa tot per questo, questo e questo.
E vorrei che fosse vero.
Basta, non mi serve altro, è così semplice… ma non scontato.

Ugo

Un giorno Ugo si svegliò e qualcosa gli sembrò strano.
La camera gli apparve come di consueto, ma egli sentì che qualcosa non andava.
Sentì come un fastidio, ma non sembrava fisico.
Allora si affacciò alla finestra e guardò fuori.
Sembrava una splendida giornata il sole si è già levato e irradiava la campagna.

Ugo è abbastanza abitudinario, alla sera cena leggera, poi uno sguardo alle notifiche di YouTube, magari guarda un dibattito politico o, più volentieri, un How to su GIMP.
Apre blender , fa qualcosa ma non arriva ogni volta al rendering, si modifica quelle due o tre mesh per creare la scena e poi la pianta li. Anche perché è bello riprendere il filo (o file) la sera dopo e continuare a lavorarci.

Quando arriva ad animare allora si diverte di più perché deve scegliere la musica e questo gli porta via una mezzora su Jamendoo o su liber liber.
E poi se realizza il filmato lo deve anche pubblicare sui social per valutarne il riscontro il giorno od i giorni successivi.

Ma Ugo non si preoccupa dei like, li considera solo per vedere se ci sono stati spettatori che hanno apprezzato il suo passatempo.

Ugo quella mattina però

Quella mattina c’era qualcosa di distonico e non riusciva a capire cosa.

Volle misurarsi la febbre, di solito non lo faceva anche se il mondo in quel periodo sembrava completamente assuefatto a quella pratica. Che veniva fatta non solo a casa ma in tanti uffici e negozi dove volevano esser certi che chi arrivava non fosse febbricitante. D’altronde con una pandemia in atto come dargli torto. Pensò di avere la febbre, anzi pensò di aver preso il virus e che il malessere che provava ne fosse un sintomo. Il termometro avrebbe confermato.

Ma non fu così.
Rincuorato da una parte ma preoccupato di non saper ancora cosa gli stesse accadendo dall’altra, decise di scendere a far colazione.
Si preparò il suo caffè con la moka mettendo prima una base di orzo e poi , sopra, il caffè.

Mentre lo sorseggiava, rigorosamente senza zucchero, uscì un attimo nell’aia. Il tempo era veramente bello, come aveva visto dalla finestra, la temperatura, fresca ma già mite, faceva capire che ormai la Primavera era alle porte.

Dopo il caffè si rese conto che il malessere non accennava a diminuire.
Dopo il caffè si rese conto che non si era trasformato in scarafaggio come il protagonista di un romanzo di Kafka.

Il caffè però gli fece capire che il malessere era sicuramente fisico e non mentale.
Allora si decise, prese il sudoku, andò in bagno e trovò la soluzione.

Giancarlo

Immagine di Copertina:
Ugo, olio su cartone 26x26cm
2021 Giancarlo Arrigucci

Difendono la terra

Difendono la terra, la loro terra

Dagli sciacalli e dagli invasori difendono la loro terra.

Assieme alla terra difendono la loro, la nostra gente

Siamo pronti a difendere la terra, la terra è il nostro paese, tu scapperesti o resteresti con le armi in pugno, a difendere il tuo paese? Sono sicuro che sei contro le armi ma se si tratta di difenderti, se dovrai salvare il tuo paese, non avrai dubbi, non avrai esitazioni.
Non possiamo rinunciare alla terra, anche se l’artiglieria la sta massacrando. La terra è la nostra storia è il nostro paese.

Difendono la terra

Loro difendono la terra e noi con loro, noi siamo tutti con loro, noi siamo con quelli che difendono il paese. Contro un vile invasore che respingeremo nei suoi confini, anche senza l’aiuto di altri.

I malvagi resteranno malvagi ma non ci faremo coinvolgere nella loro decadenza i nostri principi sono saldi, resteremo con le armi in pugno a difendere il nostro paese la nostra terra.

E’ stato sempre così, anche altrove, quando arriva un invasore la gente si ribella e noi non non saremo da meno.

Se ti vogliono allontanare

Se ti vogliono allontanare, se ti spingono sempre più lontano tu resisti, opponiti, noi saremo con te, contro l’invasore.

Noi proteggiamo la nostra storia, proteggiamo la terra, chi non resterebbe a combattere per la sua storia e la sua terra?

Si, resteremo assieme a loro a difenderla e a proteggerla.

Noi non amiamo le armi ma l’artiglieria pesante sta massacrando il paese, la gente non può scappare. Non c’è un posto dove fuggire, dove sfuggire alle bombe ed alla nostra coscienza.

Loro continueranno a difendere il paese, loro sono i difensori, noi lo difenderemo con loro, contro gli invasori. Contro quelli che vogliono cancellare la nostra storia, le nostre conquiste. Loro difendono noi, noi ci difenderemo con loro.

Stiamo già difendendo, siamo partigiani.

Ceppoduro

Liberamente tratto da:

Protect the land dei System Of A Down, pubblicato dopo 15 anni di silenzio il 6 novembre del 2020 i cui proventi vanno in beneficenza all’organizzazione Armenia Fund per fornire aiuti alle persone colpite dalla guerra nell’Artsakh.

Sono un sentimentale

Sono un sentimentale.

Sono un sentimentale lo so, lo sono sempre stato.

Non mi sono mai arrabbiato, nemmeno con i bulli a scuola, neppure con loro.
Non pensate che io sia pavido, non evito l’ira per pavidità, no davvero.

E’ che non mi sembra giusto prendersela con gli altri. Non posso farlo, mi comporterei come loro. Allora penso che quello che vuole ferirmi non ha realizzato il male che intende fare.

E penso che devo reprimere la mia rabbia, calmarmi, distendere i nervi e fare in modo che la conflittualità svanisca.

Non sono un guerrafondaio, sono un pacifista romantico, che è convinto che le azioni delle persone portino delle reazioni simili nelle altre persone. Ci relazioniamo così, da sempre.
La legge del taglione è questo, occhio per occhio e dente perdente significa che io ti faccio quello che tu fai a me.

L’ho detto sono un sentimentale

Ritengo che facendo del bene si possa riceverlo in cambio.

Anche se non tutti sono così.

I politici vogliono sempre decidere loro, i militari vogliono sempre comandare loro, gli uomini d’affari vogliono sempre mangiare loro, i prelati vogliono sempre moralizzare loro e per farlo non possono mai essere d’accordo con gli altri, devono trovarsi un avversario, un nemico, un concorrente, un infedele o un falso Dio e farlo combattere, da voi.

E’ per questo che sono finito in trincea, io non avrei mai voluto questa guerra, ma Dio, la Patria, l’onore e qualcos’altro non potevano farne a meno.
E nemmeno di me potevano fare a meno.

Mi hanno dato un’uniforme, un fucile e qualche ragione per andare a provare ad uccidere un nemico.

Sono andato soldato

Sono andato soldato, mi ci hanno mandato sennò non sarei mai andato.
Non so chi sia il nemico, non ho nemici io, ve l’ho raccontato, io non mi incazzo mai. Perché dovrei se non rispondo finisce sempre ogni scontro.

E’ freddo quassù nella trincea, freddo nelle ossa e freddo nel cuore, dovrò combattere anche se non vorrei.

Intanto il tempo passa e noi si passa pensando che fare. Tanto passa che ti abitui ad attendere e pensi che passando le stagioni passeranno anche i guai.

Non pensi veramente che combatterai mai, oramai.

Poi mentre mastico tabacco e lo sputo per terra ecco che appare, la in fondo, il nemico anche se non sembra diverso da me se non per il colore dei panni che indossa.

Non so cosa fare, anche se dovrei sparare, Sparare veloce, finché non mi vede che non si accorgerà nemmeno di morire. Lui no ma io si.

Io ancora non ho sparato ma lui l’ha già fatto per primo, centrandomi in pieno.

Sono morto, per aver esitato, per aver evitato lo scontro.

Sono morto

Sono morto e ora mi rendo conto che per salvarsi la vita non serve essere sentimentale.

Ma per salvarsi l’onore si.

Ninetta mia amata oggi termina la mia vita, ma non il mio amore, il mio cuore continua a battere per te. Ora che è maggio trovo anche il coraggio di dirlo anche a te. Sono certo che un giorno verrai a trovarmi in questo campo di grano dove domani verrò seppellito, ma però non portarmi dei fiori perché ci son già mille papaveri rossi a vegliare su me.

Giancarlo

Ispirata e liberamente tratta da

La guerra di Piero

Fabrizio de André

1964

Estemporanea di Impruneta 2020

Il 27 Settembre 2020 si è svolta la seconda edizione dell’estemporanea di Impruneta.

Ecco i quadri prodotti:


Spero che vi piacciano.
Giancarlo

A proposito di estemporanea di Impruneta 2020

Wikipedia dice:

Impruneta (detta comunemente L’Imprunéta, con l’articolo; è un comune italiano di 14 550 abitanti della città metropolitana di Firenze, in Toscana, celebre soprattutto per l’industria della terracotta (il cosiddetto cotto di Impruneta), per la tradizionale Fiera di S. Luca, che si svolge ogni anno alla metà di ottobre, e per la Festa dell’Uva, che si svolge ogni ultima domenica di settembre.

Le sue tradizioni risalgono all’epoca etrusca, successivamente la posizione geografica, le potenzialità del suolo e la relativa vicinanza da Firenze favorirono la nascita di un agglomerato romano.

Il santuario mariano che vi si trova è sicuramente uno dei fattori che hanno reso noto il comune. Notevole anche la piazza Buondelmonti che con i suoi loggiati della fine del Cinquecento ospita le principali feste cittadine. Il turismo svolge una parte importante nell’economia del comune.

Origini del nome

Sebbene la forma attuale lasci intendere una derivazione dal latino prūnus (ed esistono in Toscana località chiamate Impruneta con questa probabile origine, per esempio nel pisano), le attestazioni storiche dimostrano come il toponimo derivi invece da pīnus, «in pineta»: «S. Maria in Pineta» (1040, 1074) «S. Maria in Poneta» (1299).

Cucina

  • Si racconta che il famoso Peposo alla fornacina, ovvero uno stracotto abbondantemente pepato e piatto tipico della cucina fiorentina, sia nato proprio ad Impruneta. Gli operai, al mattino, accendevano le fornaci e mettevano a cuocere per ore ed ore un bel pezzo di manzo, la lunga cottura conferiva (e conferisce) una straordinaria morbidezza. Si dice che venisse offerto al Brunelleschi, quando soventemente si recava alle fornaci per seguire le realizzazioni del cotto da lui commissionato.

Non è tutto, ma potete anche andare a vedere da voi.

Il bello dell’arte

Il bello

Cos’è interessante nell’arte? Il bello dell’arte è la ricerca, il percorso. L’arrivo, poi, è noioso, ripetitivo, sempre quello. Bello, per carità, bellissimo ma noioso.
Anzi, direi che è bello per chi ne usufruisce, per lo spettatore, ma mortalmente palloso per l’autore.
Sarebbe meglio non arrivare mai, rimanere sospesi nel limbo della ricerca, cambiare sempre segno, colore… essere irriconoscibili.

Nel dipingere, come in tante altre cose della vita, ci si appassiona nel cercare, non nel trovare. Ovvero è bello trovare, che è lo scopo della ricerca, ma abbiamo più emozioni e più a lungo durante la ricerca che al momento in cui raggiungiamo il risultato. Una volta coronato il sogno non resta più nulla mentre il percorso, con i suoi successi ed insuccessi parziali, le sue illuminazioni ed i suoi vuoti, le idee, i tentativi e le continue delusioni disegna un grafo adrenalinico che ci mantiene vivi.

Raggiunto lo scopo si perde subito l’interesse e quello che era un piacere o un rovello, finisce e diventa mestiere, obbligo… routine.

Il brutto dell’arte

Una volta trovati e definiti i canoni di uno stile che permettono di realizzare qualcosa di bello e riconoscibile, qualcosa che piace a noi ed agli altri, questi stessi canoni ci strangolano perché vanno seguiti, diventano ostacolo, impedimento, costrizione.

Non che questo ci intralci a realizzare capolavori, anzi le opere della maturità artistica sono di solito le più belle. Il tratto si affina, gli sfondi si perfezionano, la composizione si intensifica si raggiunge, finalmente, la perfezione.

Anche nella musica succede lo stesso una volta al top si migliora sempre, magari più lentamente, ma con continuità, finché…

Finché il bello

Non tracolla nel nulla nella scolastica ripetizione del nulla, nella banalità che non dice niente nel verso insipido, la ripetizione pletorica dei segni scontati e stra-conosciuti o delle note trite e ritrite, per tornare al parallelo musicale.

Insomma il bello dell’arte per la critica e per il pubblico è l’arrivo. L’artista arrivato è conosciuto, riconosciuto. E’ apprezzato perché sappiamo cosa troveremo ed anche se nonostante lo sappiamo ogni volta spalanchiamo la bocca meravigliati domandandoci: “ Ma come avrà fatto a farlo?” estasiati.

Ma per l’artista il bello della condizione di autore affermato è il tragitto compiuto, gli sbagli, gli errori, le delusioni, le speranze.
Insomma il percorso è coma la vita, è la vita.

Il traguardo è la morte.

Artisti affermati

riposate in pace.

Giancarlo