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Gioiello (detto Joy)

Nascere poveri è brutto (*)

Gioiello, Joy come lo chiamavano gli amici, era nato povero, i suoi genitori erano contadini smessi, che nel ‘70 lasciarono il casolare per trasferirsi in paese, per trovare la felicità.

Contrariamente agli altri vicini, i suoi non avevano rubato niente al padrone della fattoria dove erano a mezzadria, ne gli rubarono qualcosa al momento di lasciare il podere, ne chiesero niente o fecero causa a lui o a chicchessia, come tanti a quel tempo.

Insomma da poveri contadini tristi divennero poveri operai, ma felici. Felici di poter garantire un avvenire al figlio.

Il padre che faceva il manovale in una ditta edile, la madre restò a casa ad accudire Gioiello. Allora non c’erano gli asili nido ne altre comodità odierne.

Comunque il babbo si ammazzò di lavoro per farlo crescere felice, che stesse meglio di lui, almeno.

Si ammazzò nel vero senso della parola quando, un giorno, cadde dal ponte che stava montando ed andò a battere la testa sulla betoniera, 7 o otto metri più sotto.

Gioiello di mamma

La mamma, disperata, superò a stento il dramma di quanto successo. Quando andò a servizio, la vita ricominciò a sorriderle. Riuscì anche a far studiare Joy, in modo che potesse trovar lavoro in banca ed essere felice.

Joy studiò sodo, voleva far contento la madre e poi voleva emergere, voleva lasciare quella condizione economica precaria.

Fu felice quando entrò in Banca, come cassiere, i soldi cominciarono ad arrivare e la miseria era ormai un ricordo.

Fu triste quando morì mamma ma la vita deve continuare come lo spettacolo.

Cominciò la sua carriera: tanti i cambi di ufficio, tanti quelli di mansione, tante automobili nel frattempo. Si sentì appagato e felice solo quando le fecero direttore generale, riuscendo a farsi una bella macchina, una casa grande in collina, una bella moglie giovane ed anche dei figli, che erano un amore: Belli ed intelligenti anche loro. Era finalmente felice, ricco e felice, non avrebbe desiderato altro, se non che anche i figli si sistemassero; in prospettiva, meglio di lui.

Ma un giorno, la mazzata. I figli erano stati arrestati per droga, non solo consumo ma anche spaccio. Droga pesante, di quella che si inietta.

Quando riuscì ad incontrarlo chiese al figlio maschio perché? E lui facendo spallucce “Oh babbo, per noia”.

Joy, Ohi.

A Joy crollò il mondo, sentì che nonostante tutti i soldi che aveva, e che aveva dato alla famiglia, che non aveva reso felice nessuno, nemmeno se stesso. Nepure conosceva i suoi figli, sua moglie, non aveva amici se non quelli interessati agli affari o che interessavano a lui per i suoi affari.

Non conosceva nessuno, veramente.

Non era nessuno, realmente.

Non era felice come non lo era nessuno intorno a lui, con lui.

Giancarlo

(*) Racconto basato sul paradosso di Easterlin.

Verità, cosa sarà mai?

La verità.

Oggi mi domandavo cosa sia la verità, guardando in ½ora su RAI3.

In verità parlavano di giornalismo, delle mezze verità delle mezze bugie, delle bufale inventate per orientare il pubblico, l’opinione pubblica, raccontate da giornalisti, da politici e da altri. Credo fosse in risposta ad un post di Beppe Grillo a proposito delle balle raccontate dai mezzi di informazione italiani, che Grillo vorrebbe, ironicamente, sottoposte al giudizio del popolo, del tribunale del popolo.

Quindi cos’è?

verità rosa

Tutto quello che corrisponde alla realtà delle cose o dell’essere è vero e quindi lo è. Una rappresentazione oggettiva del mondo lo è, una sua rappresentazione non oggettiva non lo è. Quando abbiamo coincidenza tra pensiero ed essere stiamo esprimendo qualcosa di vero. Un’idea che rappresenta la realtà è vera.

Ma come sappiamo che questi concetti rappresentano fedelmente l’essere e non ne sono semplicemente una interpretazione soggettiva, e quindi falsa?

Per Parmenide il primo a discuterne semplicemente l’«essere è», e il «non-essere non è». Poco cambia in seguito con l’idea di Platone. La caratteristica del vero in un discorso consiste nel «dire gli enti come sono», mentre la proprietà del falso è quella di «dire come non sono». Aristotele ne diede una definizione simile: «dire di ciò che è che non è, o di ciò che non è che è, è falso; dire di ciò che è che è, o di ciò che non è che non è, è vero».

Ma se un fatto o un idea, come nelle bufale di cui discutevano in trasmissione, possono essere, ragionevolmente, descritti in due modi opposti entrambi veri, per chi li propone e per chi vi si oppone, il dilemma su cosa sia vero resta.

la verità

Possiamo analizzare il problema con la logica per arrivare a stabilire quale sia il criterio che è necessario seguire per trovarla (la verità). Cartesio pensava che il pensiero fosse la chiave del metodo per scoprire il vero, pensiero che io traduco in dubbio. Dubitare aiuta a valutare lo stato di veridicità di qualcosa, idea, concetto, (interpretazione di un) fatto. Karl Popper ci ha detto che la verità possiamo trovarla, anche per caso, ma la certezza di averla non possiamo mai averla.

Penso

che sia chiaro che quando si parla di vero si finisce per relazionarla direttamente con una teoria, un idea, un concetto. Cioè non parliamo del vero in se, ma della verità del nostro pensiero, della nostra idea del mondo. Insomma si finisce o a dire che il vero è banale: 1+1=2 e non ci sarebbe nemmeno bisogno di parlarne se non in casi particolari quali i paradossi. In questo caso non è facile verificare la coerenza tra affermazione e realtà. Ma come verifichiamo questa coerenza? Ad esempio possiamo confrontarci  con altri e se anche gli altri concordano, stiamo affermando il vero.

Ma questo

non risolve il quesito delle due versioni contrastanti della stessa verità. Se gli esperti non concordano nell’interpretazione quale è quella vera?

Già gli antichi greci ne discutevano e loro possono aiutarci.

La verità in greco antico si diceva disvelamento, togliere il velo che oscura la vista all’essere. Quindi il vero va ricercato e scoperto dalle ombre che ne privano la vista.

Cioè dobbiamo darci da fare per capire quello che è vero, che non è evidente ma normalmente occultato. Quindi occorre pensare per distinguere quello che è. Pensare è difficile e per evitarlo intervennero le religioni religioni con la fede, una verità rivelata a priori, senza problemi.

Ma nemmeno loro ci risolvono la questione, anche le fedi (differenti) possono sostenere verità diverse dello stesso fatto, della stessa idea.

la verità

Kurt Gödel ci può aiutare,

egli ha affermato che non sempre sia possibile dimostrare ciò che è vero. Perché ogni sistema viene valutato su degli assiomi e questi sono verità date che servono a spiegare il resto ma non possono spiegare se stesse. Le verità fondamentali non sono dimostrabili. Dobbiamo distinguere tra le verità di ragione e quelle di fatto nel primo caso non possono esserci divergenze nella valutazione nel secondo sì. Per una contingente (non necessaria) può avere un opposto anch’esso vero. Se analizziamo logicamente le due possibilità possiamo arrivare alla verità primitiva che sottostà ad esse.

Alla domanda

iniziale su cosa sia la verità possiamo rispondere che ce ne sono due: una oggettiva, che si basa sulla realtà dei fatti, e una soggettiva, che si appoggia alla nostra esperienza e visione del mondo. La soggettiva può avere due versioni contrapposte.

Allora se non possiamo esprimere il concetto con verità primitive e condivise, non riusciremo mai a mettere d’accordo i due partiti, ed è quello che succede sempre ognuno si convince della sua verità soggettiva, molto spesso senza curarsi nemmeno di verificare se ce ne siano altre oggettive a sostegno di questa, e contesta falsità all’altra visione soggettiva del mondo che ha la controparte.

E così ogni verità crea i presupposti per giustificare guerre (che qualcuno chiama anche peace keeping), uccisioni, ruberie, sfruttamenti, liti, scazzottate, lancio di pietre, di invettive, di macumbe, maledizioni vudù e amenità varie.

Così va il mondo ognuno ha la sua verità che diventa questione di fede, per cui si può giustificare di tutto.

Cogito ergo pugno.

Giancarlo

 

Metagramma, un semplice gioco di parole.

Metagramma

Molti lo giocano, nessuno sa che il metagramma, o scala di parole, fu inventato da Lewis Carroll, l’autore di Alice nel Paese delle Meraviglie.

Per giocare a questo gioco serve solo carta e penna, si può fare anche a memoria ma occorre essere bravi. Partendo da una parola data si deve arrivare ad una seconda con alcuni passaggi intermedi. Ogni parola, le due date e quelle intermedie devono essere parole di senso compiuto presenti nel dizionario della lingua scelta. Naturalmente il gioco è più interessante se il passaggio è in qualche modo sorprendente o strano.

Carroll propose nel suo primo metagramma di passare da testa a coda (HEAD –> TAIL) per trasformare la prima parola nella seconda si devono seguire alcune regole:

  1. aggiungere una lettera
  2. togliere una lettera
  3. cambiare una lettera
  4. usare le stesse lettere in ordine diverso (anagramma)

Esistono varie versioni del gioco.

Le più comuni utilizzano solo la regola numero 3, come faceva il primo rompicapo proposto da Carroll.

H  E  A  D
h  e  a  l
T  e  a  l
T  e  l  l
T  a  l  l
T  A  I  L

Altre non permettono l’uso della regola numero 4, l’anagramma.

Il gioco, con tutte le regole applicate permette di utilizzare parole di lunghezza diversa.

Vediamo come faccia Maria ad essere in forma:

MARIA
moria (Regola 3)
mora  (regola 2)
orma  (regola 3)
FORMA (regola 1)

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Sarà possibile andare da VELIERO a ROMEO? Magari passando prima dal VOMERO!

Uno semplice, inventato da me, che non so se rientra nei canoni.

Trasformare un orso bianco in uno bruno:

Bianco

fianco

franco

branco

brano

bruno.

Si potrebbe anche fare meglio passando da rosso a nero, senza bisogno dell’orso.

Rosso

roso

reso

peso

pero

nero.

 

Mah! Forse dovrei ammettere che certi giochini non sono per me e cercare di fare altro.

Sì, farò altro.

 

Giancarlo

 

 

Fonte

Wikipedia

Il gioco del cento, un bel gioco matematico

Il gioco del cento.

Il gioco del cento è un giochetto matematico interessante.

La versione base è molto semplice, altri tipi sono più complessi ma la logica è sempre la stessa.

Gioco del cento

Si gioca in due, non serve niente altro per giocare.

A turno i giocatori dicono un numero, vince chi dice cento.

Naturalmente il primo giocatore non può dire cento, non ci sarebbe gioco. Il secondo giocatore deve dire un numero superiore al primo ma di non più di dieci numeri, le giocate successive rispettano la stessa regola. Solo il primo giocatore con la prima mossa può dire un numero da 1 a 10, non essendoci state giocate precedenti.

E’ un gioco finito ad informazione perfetta, che permette di adottare una strategia vincente.

Soddisfa il teorema di Kuhn, per cui andando a ritroso si può scoprire quale sia la strategia vincente.

Come si fa? Andando a ritroso scopriamo quale possa essere il penultimo numero del primo giocatore:

100-1-10= 89

Se il primo giocatore arriva a dire 89 il secondo deve aggiungere almeno 1 ed il primo può dire 100 e vincere. Togliendo 11 ad ogni mossa precedente si arriva a 1.

89-11=78

78-11=67

67-11=56

56-11=45

45-11=34

34-11=23

23-11=12

12-11=1

Quindi 1 è la strategia vincente del primo giocatore, se dice 1 e successivamente, indipendentemente dal numero pronunciato dal secondo giocatore, dirà 12, poi 23 ecc. fino a 100, vincerà sicuramente.

Il primo giocatore vince sempre.

Cento

Se diamo come limite 99, cioè decidiamo che vince chi si avvicina di più a cento, senza dirlo, cento perde, basterà dire 11 per vincere, siccome il primo giocatore non può dirlo vince il secondo con: 11, 22, 33, 44, 55, 66, 77,88, 99.

Il secondo giocatore vince sempre,

Bello vero?

Le altre varianti sono lunghe da spiegare e vi annoierei.

Giancarlo

 

 

 

UFO

UFO

UFO, Unidentified Flying Object o Unknown Flying Object:

Oggetto volante sconosciuto o non identificato.  Termine che ha rimpiazzato il precedente “disco volante”, speciale astronave di alieni, molte volte marziani, dalle velocità prossime a quella della luce, che potevano anche restare sospese in aria emettendo luci fantasmagoriche, che potevano avere chissà quali altre capacità. Gli avvistamenti UFO si sono susseguiti negli anni e, sembra, se ne trovino tracce anche nell’antichità, dipinti su quadri, nascosti tra reperti eccetera.

Io non ci credevo, ero scettico, come lo sono di molte cose, specialmente i fenomeni paranormali. Non è che abbia cambiato idea, ma mi è successo qualcosa che mi ha fatto riflettere, sorgere un dubbio.

Accadde che…

Ecco! Ieri sera ero  a casa tranquillo, appena rientrato dalla mia lezione di fotografia, i ragazzi erano a letto, il più grande è tornato a casa subito dopo di me, ed anche lui si è coricato, sono rimasto solo, mia moglie non c’era, ho deciso di portare dentro casa qualche pezzo di legna per il caminetto, prima di coricarmi anch’io.

Il cielo era stellato, gli astri incorniciati in un nero profondo verso nord, meno scuro verso est dove si intravede la via lattea. Ed è da questa parte del cielo che il chiarore si è manifestato, con intensità sempre maggiore, come procedesse verso di me.

Sono rimasto bloccato, affascinato, a bocca aperta, la luce, abbagliante mi ha avvolto da sopra e ne sono stato risucchiato, come fossi in un turbine di vento. Il tutto illuminato a giorno, con un riverbero accecante.

UFO Immagine che ricostruisce il rapimento del taglialegna Travis Walton nel 1975, la cui vicenda ispirò il film Bagliori nel buio.
Immagine che ricostruisce il rapimento del taglialegna Travis Walton nel 1975, la cui vicenda ispirò il film Bagliori nel buio.

Rapito da un cielo stellato

Credo di essermi addormentato o di essere svenuto, insomma non ricordo niente fino a che mi sono reso conto di essere desto, posizionato più o meno dove mi ricordavo di essermi soffermato a guardar le stelle. Ma il posto non sembrava proprio lo stesso, mi mancavano alcuni riferimenti. Non c’erano più i tralicci dell’alta tensione, una buona metà della casa non era stata costruita. Non si vedevano le luci a San Leolino. Ma solo dei fuochi nei campi vicini con il crepitio del legno verde degli alberi che bruciavano e le grida di genti, che sembravano ferite. E lo erano veramente, c’era stata una battaglia, feroce, sanguinaria, anche i civili erano rimasti coinvolti, anzi travolti, non so da cosa, molti sembravano macellati, squartati, come i maiali, e lasciati li.

Agnese.

Di fronte a me una giovane donna cercava di soccorrere quello che doveva essere suo marito, il suo compagno, trafitto nel petto, ormai agonizzante in un lago di sangue. “Siamo in guerra” mi dico. Mi avvicino e per poco non svengo. Non per la vista del sangue ma per la faccia di lui. Lui ero io. Insomma lui mi somigliava così tanto che sembrava essere me. Lo soccorsi ma invano, lo scossi violentemente, provando a rianimarlo ma niente, un cencio. Lei, disperata mi si aggrappò al collo, confondendomi oramai per il suo uomo, e baciandomi mi disse: “grazie, grazie … sei vivo… morire oggi no… il giorno delle nozze, nooooo!” Gridò. “Ti amo, ti amo, ti amo. Non puoi morire così”. E giù pianti e singhiozzi e risate isteriche e ancora pianti disperati e risa e singhiozzi.

UFO Aviazione nella seconda guerra mondiale - Wikipedia it.wikipedia.org4786 × 4236Ricerca tramite immagine Offensiva alleata in Africa e in Europa
Aviazione nella seconda guerra mondiale – Wikipedia
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Offensiva alleata in Africa e in Europa

L’amore e la morte.

L’amore e l’amorte. Lei in questo trance isterico mi afferra il capo con le mani  e mi bacia, mi bacia ripetutamente, con passione, facendomi male. Finiamo a far l’amore, e lei, ormai all’orgasmo, mi chiama, mi grida, forte: “Gino!, Gino! Oh, Giinooooo!” Lasciandosi andare spossata. La guardo, alla luce del sole che sta nascendo dietro Montozzi. E’ bellissima, è una donna meravigliosa. Mi sembra di conoscerla da sempre, si me ne sono innamorato, immediatamente, in un attimo. La guardo e ne ricordo anche il nome, Agnese, si si chiama Agnese. Un nome bellissimo e dolcissimo per una donna bellissima dolcissima. Proprio come quello di mia nonna Agnese, la moglie di nonno Gino.

UFO 6

“No!” Ora la riconosco e mi rendo conto di quel che ho fatto: Ho fatto l’amore con mia nonna. Non è possibile. “Che è successo, che succederà, ora”. Mi chiedo.

Non lo so.

Ma non mi ricordo altro.

Mi sono svegliato stamani, seduto nella panca di legno della veranda, con le mani che mi tenevano la faccia, come se stessi pensando, piangendo sommessamente.

Ancora penso a lei, a quello che abbiamo fatto. A mio nonno, morto. A me. E a noi. Poi mi sono calmato, e ho ragionato. Ho capito. Ora mi piace pensare che se questo non fosse successo ora non ci sarei. Se non fossi nonno di me stesso si sarebbe interrotto tutto anni prima. Se non avessi incontrato un UFO. E se non mi avesse portato indietro nel tempo. Mia nonna Agnese non avrebbe mai avuto un figlio, mio padre Angelo. Ed io non sarei mai nato.

Come è paradossale, a volte, la vita.

Giancarlo

 

 

Elogio dell onnipotenza

Elogio

Elogio dell onnipotenza

Oggi mi sento in forma, sono sicuro di riuscire a fare qualcosa che non avevo mai neppure osato pensare. Voglio creare qualcosa che mi faccia ricordare per sempre. Una statua, ma così grande, così pesante, cosi durevole che non sia possibile spostarla, ne fonderla, ne distruggerla nemmeno da parte mia, io che posso fare ogni cosa.

Elogio dell onnipotenza LIBRIZZI

Quando l’avrò fatta, immutabile, come voglio, nemmeno io potrò scalfirla. Ma se sono onnipotente devo poterlo fare. Poterlo disfare. Se non riesco a plasmarla di nuovo in altro modo perderò la mia onnipotenza. Ma se non riuscissi a fare qualcosa di immutabile non sarei onnipotente, come pure sono e fui. Questo è terribile, come posso impedirlo?

Mi vien da dire che non esiste onnipotenza, l’onnipotenza è una contraddizione. Logicamente non può essere vero qualcosa ed il suo contrario, non posso creare una statua inamovibile e spostarla.

Ma secondo Cartesio, ci sarebbe un ente che può creare l’indistruttibile e, semplicemente, distruggerlo per sua volontà; ma allora se si abbandona la logica non ha senso ragionarci sopra, parlare di paradossi e definire verità e falsità.

Potremmo anche non far seguire all’ente le leggi della logica, ma essendone fuori non sarebbe possibile valutarlo e quindi conoscerne l’esistenza o semplicemente parlarne.

E se semplicemente non volessi più fare il monumento inamovibile, il paradosso non sarebbe risolto perché discutiamo di possibilità non di volontà, non lo voglio fare ma posso?

Elogio dell onnipotenza del libero arbitrio.

Alla fine se chi può tutto si limita, esso, ente o persona onnipotente che sia, mostra di avere il libero arbitrio.

Questo libero arbitrio, manco a dirlo mi piace più dell’onnipotenza, preferisco aver la possibilità di scegliere che dover aggirare le leggi della logica per fare cose illogiche e senza senso.

Signore, signori, che dirvi, usatelo, tenetelo di conto, difendetelo se necessario, pensateci, pensate, pensa. E dubita.*

Cogito ergo sum.

Ceppoduro

* La postilla dubitativa mi è stata suggerita da un amico sul cogito interpretabile non come pensiero ma come dubbio.

E’ giusto Cartesio ha espresso l’idea di pensiero critico, penso dunque metto in discussione.

Se penso dubito se dubito penso.

Quindi sono.

Vorrei precisare, inoltre, che con il paradosso dell’onnipotenza, di cui tratta questo post, si può facilmente mettere in dubbio l’esistenza di Dio, paradosso a cui poi, molti filosofi hanno provato a rispondere o a confutarlo, senza successo.

 

Mentire

Quando

Quando è necessario mentire?

Non è una domanda frequente, tutti mentiamo, quando è necessario, senza pensarci su, senza domandarci perché. Ma vediamo quando mentire.

Intrecci di verità e menzogne Mentire

Molti mentono perché sono bugiardi, ed è loro natura mentire altrimenti sarebbero onesti. Per loro non è solo necessario, è anche logico mentire. A volte si arrampicano sugli specchi per seguire il filo delle loro menzogne e non sputtanarsi alla prossima affermazione od al prossimo avvenimento. Un bugiardo che dice la verità sarebbe un mezzo bugiardo, un bugiardino? Allora è vero che i farmaci, che hanno il bugiardino, fanno più male che bene? Ma senza farmaci come vivremmo? Meglio non pensarci.

Mentire per non morire.

La menzogna cambia le prospettive della realtà, la verità mente sulla realtà. Mentire L'albero della vita si fonda su verità o menzogne? Mentire Verità brilla in alto MentireSi dice che è necessario mentire a fin di bene. Ora questo fin di bene è discutibile: bene nostro o di colui/lei a cui mentiamo? Negare l’evidenza ci toglie dall’imbarazzo di dire quello che pensiamo, ma quello che pensiamo potrebbe non essere la verità, solo una nostra idea, una nostra visione del mondo. Ad una persona brutta non ci rivolgiamo con “Ehi, mostro…”, a volte neppure parlandone con un’altra persona ci riferiamo ai suoi attributi ancorché evidenti ed inconfutabili. La bellezza è soggettiva, se non piace a me non per questo non piace ad altri o almeno a tutti, quindi, in questo caso, non evitiamo di dire la verità, semplicemente, evitiamo di esprimere i nostri gusti e le nostre convinzioni.

A volte è bene mentire.

Sempre nel merito del “fin di bene” evitiamo di parlare apertamente dello stato di un malato terminale o comunque grave, a volte negando la malattia stessa, dando altre spiegazioni ai sintomi, ma sono solo palliativi per non affrontare la realtà e non parlare di argomenti che evidentemente ci sconvolgono. Però queste non possiamo chiamarle menzogne, evitiamo di riportare diagnosi di altri, che potrebbero anche derivare da analisi sbagliate e non essere corrette. Sono verità che non condividiamo, che non ci piacciono, riflettono sempre nostre opinioni, le nostre ossessioni e quindi dire la verità passa in secondo piano rispetto alle nostre convinzioni. Insomma non diciamo mezze verità o mezze menzogne, solo non ci esprimiamo sull’argomento.

A volte è assolutamente necessario mentire.

E’ assolutamente necessario mentire quando potremmo subire danni fisici, mentiremo senz’altro per evitare condanne e punizioni anche se salvando quella fisica perdiamo l’integrità morale. Mentire per salvarci significa ammettere di aver sbagliato e meritare la punizione. Allora è moralmente disdicevole mentire per evitare le conseguenze della verità ma nei punti precedenti non abbiamo mentito proprio per questo? Beh! Se il danno fisico, la punizione, non è meritato/a e mentire ci salva, perché non dovremmo farlo? Come possiamo determinare se le conseguenze da pagare sono giuste, meritate o immeritate?

Verità combatte menzogn Mentire

Mentiamo anche per evitare che gli altri ci controllino. La nostra vita sociale si basa sulle menzogne, le nostre conversazioni non riflettono quello che pensiamo ma quello che pensiamo pensino gli altri, o anche quello che pensiamo gli altri pensino che noi pensiamo. Anche se così facendo nessuno sa quello che pensa veramente il suo interlocutore, neppure noi, che mentiamo pensando di compiacere l’altro.

Logicamente.

Forse dovremmo sistematicamente applicare una negazione logica a tutte le affermazioni o negazioni dei nostri interlocutori ed avremmo un’idea, sempre imprecisa, ma più vicina alla realtà del pensiero degli altri. Ad esempio:

“Sono felice di vederti” –> “NON” sono felice di vederti.

“Non ti preoccupare, ci penso io” –> “NON” non ti preoccupare, “NON” ci penso io –> Preoccupati, che a me non me ne frega niente.

“Che bel bambino, tutto sua madre” –> Che brutto rospo, tutto sua madre.

“Ti amo” –> “NON” ti amo.

“Che testa di cazzo” –> Come lo invidio, vorrei essere come lui.

Va bene, credo di essermi spiegato, finiamola qui.

Ricordate: Dobbiamo assolutamente evitare le menzogne, e dire sempre e solo la verità, anche se è un vero peccato che non possa seguire il mio stesso consiglio; io sono bugiardo.

Giancarlo

Tutti i Levanesi

Tutti i Levanesi sono castani

Ma sarà vero?

Sono stato molte volte a Levane, un paesone del Valdarno superiore sud situato tra Arezzo e Firenze, lungo la Statale 69 del Valdarno. Non ci avevo fatto caso, ma poi mi hanno fatto notare che tutti i Levanesi (gli abitanti di Levane) sono castani. Oh sembra sia proprio vero, ogni volta che vedo un levanese, questi ha i capelli castani, immancabilmente, quindi, induttivamente, mi viene naturale affermare che tutti i Levanesi sono castani.

Tutti i levanesi

Personalmente sono portato verso il pensiero scientifico, logico o matematico, purché sostenuto da prove chiare.

Certo per essere sicuro che tutti i levanesi sono castani dovrei incontrarli uno ad uno e verificare, troppo difficile anche appostandomi al bar o all’incrocio.

Tutti

Potrei, più comodamente, usare la logica, usando altre prove. Se è vero che tutti i levanesi sono castani deve essere vero anche il suo contrario logico. Cioè che tutti i non Levanesi sono non castani. Infatti, io che sono di Bucine, sono moro. Cioè io non Levanese sono non castano. Conosco anche uno di Montevarchi biondo, altra prova a sostegno della tesi induttiva che siccome un Montevarchino è biondo un non levanese è non Castano quindi tutti i Levanesi sono castani.Tutti i Non Levanesi

Non farebbe una piega, se non avessi incontrato uno di Laterina con una bella chioma castana, allora se un non Levanese è castano almeno un Levanese è non castano.

Ma perché ho sbagliato così clamorosamente le mie conclusioni? Il processo di induzione, derivare regole generali da una singola prova è un metodo usato da tutti, ogni giorno, per stabilire cosa fare. Se al mattino scendiamo dal letto e poggiamo i piedi nel pavimento senza sprofondare al piano inferiore. Significa che ci aspettiamo, correttamente, che ogni mattina successiva possiamo alzarci nello stesso modo senza preoccuparci della presenza o solidità del pavimento.

Ragioniamoci bene

Beh, a volte il nostro ragionamento è troppo affrettato e ci fidiamo troppo delle poche prove che il metodo induttivo ci da. Infatti non basta che si rompa l’auto partendo il martedì mattina per le vacanze, per confermare il detto che “Di Venere e di Marte, ne si torna ne si parte”.

Comunque senza il metodo induttivo molte cose non riusciremmo a farle. Infatti dopo un primo insuccesso generalizzeremo che l’azione connessa è impossibile o pericolosa. Meglio non farla. Allora conviene sempre valutare quanto sia probabile che un accadimento si ripeta. Se valuteremo bene, come quasi tutte le persone sono in grado di fare le nostre previsioni saranno mediamente corrette e non avremo problemi.

Tutti brilliA

Ma se il Montevarchino è biondo significa che tutti i non Montevarchini sono non biondi? Il fatto che tutti i non Levanesi siano non castani ne è un conferma, una plateale conferma direi?

Voi che ne pensate?

Giancarlo

Metti una sera a cena, in Svizzera, a Lucerna

Sono andato in Svizzera per lavoro.

Metti una sera a cena

Metti una sera a cena Panorama-Luzern
Veduta di Lucerna col ponte in legno (Kapellbrücke), la Torre dell’Acqua (Wasserturm), la torre e il tetto del municipio. Due torri (Museggtürme) delle mura (Museggmauer) si sporgono sopra i tetti della città vecchia ed oltre la torre di controllo. Olliwalli da de.wikipedia.org

Mi sono fermato a Lucerna, ho visto il ponte di legno, ricostruito dopo l’incendio, ho cenato sul lago dei quattro Cantoni. Ho mangiato leggero, dopo un antipastino un piatto di verdure con uova sode, un piatto semplice, ma appetitoso. Solo che, anche se buono, non riempiva molto la pancia, e chi  mi conosce sa che pancia abbia. Ho chiesto del formaggio, per finire, e mi hanno portato del gruviera.

Metti una sera a cena Gruyère cheese. Photo by Dominik Hundhammer.
Gruyère cheese. Photo by Dominik Hundhammer.

Metti che una sera il formaggio coi buchi non ti riempia tanto.

Non ci crederete nemmeno con questo ho calmato il mio appetito, ecco perché.

Il cameriere, molto gentile, mi a servito un bel piatto con una grossa fetta di gruviera circondata di verdure fresche. Ho osservato la fetta, bella! Bellissima! Con tanti buchi, piccoli e rotondi, fitti fitti.

Ero li che miravo e rimiravo la mia porzione di formaggio che mi sono ricordato un proverbio cantonale sul gruviera:

“Più formaggio, più buchi”

No, no, mi sono detto vogliono fregarmi ed ho subito chiesto un pezzo con più buchi, mi sono raccomandato appellandomi alle specifiche del formaggio di servirmi una porzione di emmentaler, che ha buchi giganteschi nella sua forma.

Metti una sera a cena Emmentaler Switzerland PDO Cheese, image by myself (Dominik Hundhammer - User:Zerohund, 25. May 2004)
Emmentaler Switzerland PDO Cheese, image by myself (Dominik Hundhammer – User:Zerohund, 25. May 2004)

Devo ammettere che il cameriere è stato paziente e cortese e mi ha cambiato portata senza protestare. Solo dopo mi sono reso conto che forse avevo fatto un errore, infatti mi è venuta in mente la conseguenza del proverbio, ovvero:

“più buchi ci sono, meno formaggio c’è”.

Ho deciso di mangiare tacendo, ho pagato e sono andato in albergo  per coricarmi, solo che non ho dormito affatto, tutta la notte a rimuginare sul mio errore.

Infatti, se è vero che più formaggio ha più buchi è anche vero anche che più buchi lascian posto a meno formaggio,  allora sarà pur vero che più formaggio corrisponde a meno formaggio.

  • Più formaggio c’è, più buchi ci sono;
  • ovvero più buchi ci sono, meno formaggio c’è;
  • quindi più formaggio c’è, meno formaggio c’è.

Metti che chiedendo più formaggio ne ho ricevuto meno.

Accidenti ai sillogismi ed ai paradossi logici.

Giancarlo

Per saperne di più

 

Questo post contiene almeno un errore

Questo post contiene almeno un errore

Questo è quanto.

Se fossi riuscito a scrivere un post, quello che state leggendo, completamente corretto; quanto, falsamente, affermato nel titolo del post sarebbe stato vero, perché l’errore sarebbe insito nel titolo stesso, cioè l’affermazione falsa sarebbe vera.

Questo Levaggi
La scalinata di 3vi. Che illustra molto bene il concetto del falso prospettico che guarda il mondo reale. Bidimensionamento della trirealtà.

rene
Cielo a pecorelle pioggia a catinelle. Con riferimenti alla leggerezza dell’essere e la pesantezza del non essere.

Questo Magritte
Nella pasta e ceci va usata la pasta lunga, pasta lunga spezzata o pasta corta? Dilemma ad oggi tuttora irrisolto.

Escher Questo post contiene almeno un errore
Estrinseca l’intrinseco che è in te. Il paradosso delle palle in mano.

Per evitare ogni possibile confusione non c’è errore nel testo qui sopra e ciò potrebbe voler dire che l’errore è nell’affermazione “non c’è errore nel testo qui sopra”. Quindi non prendete per oro colato quanto scritto nei blog, a meno che l’errore non sia quest’ultimo consiglio che vi ho dato.

Il titolo del post evidenzia il paradosso dell’introduzione di David Makinson.

Mentre le immagini si riferiscono a paradossi di altro tipo.

Giancarlo

Un post paradossale già nel titolo, ma che di paradossale ha ben altro nel contenuto.

Se vi riuscisse di risolverlo sareste bravi a caso.

Nota a piè di pagina:

Questo è, invece, un post perfetto:

Questo post non contiene alcun errore

Questo è molto di più di quanto sopra.

Ecco la dimostrazione che si può, ed anch’io lo posso fare, scrivere un post , quello che state leggendo come nota a piè pagina, senza alcun errore, completamente corretto. Per questo quanto, giustamente, affermato nel titolo del post sarebbe è vero, perché privo d’errore già nel titolo stesso. L’affermazione del titolo sarebbe vera.

Ma se realmente fosse vero che non c’è errore nel testo qui sopra, che cosa l’ho scritto a fare tutto ‘sto robo?