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Lettera da qua

Ho scritto una

Lettera da qua

Sono lontano, sono andato a lavorare,  ma nonostante sia lontano, penso a te mio grande amore. Rivedo i tuoi occhi mentre ti sogno, ti sogno sempre di notte e di giorno. E piango, piango piano, pensando a te che sei lontano.

Son qua perché c’è tanto lavoro, posso lavorare ed avere da mangiare, ma ora non posso più restare, dicono che non ci fan più lavorare.

Moglie mia, mia dolce moglie, qui era difficile il lavoro, duro e lungo tutto il giorno, ma io sto bene e potrei farlo, Se non ci faranno lavorare a casa, da te, potrei tornare. Ma per che fare? Vorrei tanto ritornare ma li non c’è nulla da mangiare.

Quindi è inutile che torni, resterò per fare soldi, rimarrò per molti giorni.

Lettera da qua

lettera

Questo forte sentimento, questo amore che io sento, mi tormenta ancor di più quando penso che sei giù, Vedo i tuoi occhi, poi ti sogno e piango, piango piano, pensando a te che sei lontano.

Non so se passerà ma per ora vado via, qua non vogliono che stia, andrò giù, un po più lontano, sempre troppo distante e piango piano.

Sono un povero Italiano che ti porta dentro il cuore, che pensa a te lontano, amore, che pensa a te e ti offre un fiore.

Non ci resta altro da fare se non che provare a continuare a lavorare.

Questo amore che io provo, mi tormenterà di nuovo, vedrò i tuoi occhi e ancora ti sognerò. E piangendo piano, piango per te che sei lontano.

Questo amore che è lontano lo vorrei aver con me ma se non ci sono speranze, la soluzione è nel mio cuore, che penserà sempre a te mio caro amore. Anche se la distanza non si ridurrà vorrei tanto che fossi qua.

Il tempo passa ed invecchiamo, il tempo passa piano piano.

E vorrei riabbracciarti forte forte, prima che venga la morte.

Vorrei averi qui vicino vicino, per stringerti a me, mio grande amore che sei troppo lontano dal mio cuore.

Ceppoduro

In ricordo Giorgio Gaber, un grande poeta, un grande Italiano.

Aspettando

Aveva speso la vita

Era nato, era cresciuto e andato a scuola, si era sposato ed aveva avuto un figlio, aveva lavorato ed invecchiato, era andato in pensione, senza mai decidere, senza mai decidersi, aspettando qualcosa o qualcuno.

Aspettando

Aspettando che succedesse qualcosa, qualcosa è sempre successo.

Non era voluto. Quarto di quattro figli i suoi genitori non lo avevano cercato. Ma tre o quattro da sfamare…?

Non aveva idea su come approcciare l’altro sesso, ma lei lo sapeva bene ed un figlio arrivò presto. Per fortuna che il padre di lei lo mise al lavoro, un lavoro che non gli piaceva, ma c’era un lavoro che gli piacesse? Non lo sappiamo, nemmeno lui lo sapeva ma…

Aspettando che gliene fosse offerto uno meglio, crebbe un figlio, crebbe anche la moglie, che ingrassava sempre di più. Ma non avrebbe potuto fare nulla, non lui, forse qualcuno lo avrebbe aiutato.

Che fare se non aspettare?

Anche quando si ammalò sua madre attese.

Attese un miglioramento che non ci fu. Anche suo padre, affranto andò a raggiungerla presto, ma lui neppure se ne rese conto.

Aspettando

Aspettando che qualcuno gli cambiasse la vita, la vita andò avanti. Arrivò l’età della pensione. La moglie lo lasciò, non era mai dimagrita ed il cuore non le resse. Anche il figlio partì, ma per l’Australia.

Rimase da solo, in una casa troppo grande, troppo vuota, da far rimbombare ogni parola. Ma lui non parlava, aspettando qualcuno con cui poterlo fare. Anche quando veniva il dottore, a visitarlo, lui rimaneva in silenzio, non era lui che aspettava, non era un medico che voleva, anche se aspettava chi potesse curarlo.

Quando, poi, si ammalò sul serio, si rese conto di essere solo, di aver sempre atteso qualcosa o qualcuno che non sarebbe venuto. Che non sapeva che o chi fosse. Che non sapeva dove cercarlo.

Aspettando aveva speso

Aveva speso tutta la vita nella sua attesa e ora che la vita finiva, non poteva più aspettare, come avrebbe voluto fare, ancora, ancora a lungo.

La vita passata non sarebbe tornata e ancora nessuno era arrivato.

Aspettando

La vita finiva e lui voleva vivere, come non aveva mai voluto, come non aveva mai fatto. Doveva capire il senso di quella vita, voleva dargliene uno, anche se c’era poco tempo. Avrebbe voluto decidersi, finalmente.

Proprio ora che stava vivendo forte era arrivata la morte.

Liberamente tratto da Aspettando Godot di Samuel Beckett e di Claudio Lolli.

Ceppoduro

 

 

Piove

Piove.

Stamani piove, ci siamo svegliati con la pioggia.

Dopo un periodo di gelo, con la neve che ha ricoperto ogni cosa.

Non c’era mai stato prima un gelo simile, tutto ghiacciato, anche le ossa. Ora possiamo dire che è finita. La pioggia pulirà tutto il lerciume accumulato sulla neve. Ma non piove solo acqua. Al nord piove acido. Potrebbe far più danni della neve. No! Della neve no, il ghiaccio aveva bloccato ogni cosa. Niente era cambiato da tempo, ne sembrava potesse cambiare.

Certo, nessuno sembrava interessato ad un mutamento, quasi tutti sembravano preferire il gelo ad un disgelo incontrollato, fautore di alluvioni, melma, crolli.

Certo forse andrà così, ci troveremo a lungo in mezzo al fango, in alcune zone a bacìo resterà della neve compattata, ma è solo questione di tempo, piano piano sparirà anche da li.

Resta la conta dei danni, specialmente al nord, dove la pioggia è particolarmente acida.

piove

A questo punto chi pagherà i danni?

I danni, già perché se la neve non possiamo ne prevederla ne spalarla tutta, accumularla ai bordi delle strade non è corretto. La neve si doveva spalare, toglierla dalle strade, per consentirci di andare avanti.

Invece ha avvolto ogni cosa impedendo di sentire le grida di aiuto, che pur si udivano in lontananza.

Quelle grida che avrebbero avuto il soccorso richiesto, dopo la valanga, se solo si potesse passare. Se solo le strade fossero state agibili, dopo la gelata. Ma i soldi sono stati spesi negli arredi e negli uffici, non in attrezzi e macchinari.

D’altronde da quanto tempo le buche non erano state richiuse. Da quanto tempo non si riempivano i serbatoi degli spazzaneve. Da quanto tempo non si facevano previsioni del tempo puntuali. Poi la neve, dopo il gelo. Ora, dopo tanto tempo, finalmente la pioggia.

Una pioggia liberatoria, ma ora non dobbiamo abbassare la guardia, se piove troppo potrebbe fare danni, cerchiamo di incanalare bene l’acqua.

Ceppoduro

Una notte

Una notte

Una notte mi son svegliato d’improvviso.

Fino a pochi attimi prima dormivo profondamente e sognavo. Non ricordo esattamente cosa, ma sognavo. Forse sognavo un mondo migliore? Non credo, questo è il migliore dei mondi possibili, l’unico che conosca. L’unico che possa esistere.

Si sente dire in giro degli universi paralleli. Di cosa può capitarci dentro.

Possiamo trovarci l’antimateria, che se lo visitassimo sul serio esploderebbe subito, tutto. Almeno noi materici esploderemmo. Potremmo trovarci l’opposto universo, che ha la superficie terreste interna, con le nubi e le stelle al centro della sfera. Con la luce che irradia verso l’esterno, invece di essere assorbita. Anche se l’esterno del mondo inverso corrisponde all’interno e viceversa. Ma, per non confonderci, potremmo trovarci anche il nulla ed allora sarebbe come l’aldilà, come quello che ci aspetta dopo la morte.

Una notte mi sono svegliato mentre sognavo il nulla.

Forse non sognavo.

Forse non dormivo.

Una notte

Mi sono svegliato ed ho cercato di ricordare perché mi fossi svegliato e che cosa stessi sognando.

Perché?

Potevo evitarlo, non mi sarei reso conto che dopo la morte ci attende il nulla.

Niente sarà più.

Avrei voluto continuare a pensare ad un aldilà. Immaginarlo bello, fiorito, pacifico, wireless.

Dove non c’è bisogno di niente ma hai tutto. Soprattutto il tempo, infinito.

Comunque, ora che mi sono svegliato, mi rendo conto di quanto fossi in errore.

In un posto del genere il tempo non può scorrere perché nulla cambia, mai.

Noi misuriamo il tempo con i cambiamenti. E’ passato del tempo nel frattempo che qualcosa è successo.

Quindi è facile dedurre che quel posto non esiste. In un posto dove non scorre il tempo non scorrono nemmeno gli eventi.

Saremo solo morti. Il tempo passerà sul nostro corpo disgregandolo, ma non ne avremo contezza, non potremo capirlo.

una notte

Solo un lombrico.

Si accorgerà, magari, del tempo che scorre su di noi.

Ceppoduro

 

Renzi lascia…

Renzi lascia

Renzi lascia, anzi no, resta fino all’insediamento del parlamento e poi del governo.  Ha detto.

Se quegli impenitenti dei Cinque Stelle hanno i numeri per governare governino, ha detto. “Ma sintanto che non governano io resto”.

Poi la Lega, non l’ha nominata come non ha nominato chiaramente i Cinque Stelle, ma in cuor suo spera non riesca a fare un governo, così per intanto non si dimette.

“Orfini” che si aprano le danze, ma non prima che governino bene come lo facevamo noi”.

Renzi lascia

Renzi lascia

Lascia un vuoto incolmabile, nei voti del PD, mai caduto così in basso. “Ma perché, perché, non ci hanno votato nonostante la bella campagna elettorale”. Ha gridato. “Perché ci hanno lasciato, nonostante i toni pacati della nostra campagna elettorale, mai contro, mai urlata, sempre a favore”! Del centro destra gli ha gridato qualcuno.

“Nonostante tutte le cose che abbiamo fatto, cose belle, utili per il paese, da forza di governo Europeista e responsabile”.

Renzi lascia

Renzi lascia

Lascia stare Renzi. Ma davvero vuoi prenderci ancora per il culo? Cosa cazzo hai fatto per noi, per gli Italiani?

Il Jobs Act?

La riforma costituzionale (fortunatamente bocciata dagli Italiani)?

La legge elettorale?

Le leggi elettorali perché anche quelle precedenti e indecenti come questa erano passate dai vostri voti, con i vostri voti.

Renzi lascia stare, vai a casa alla svelta, che un paese normale avrebbe bisogno di una forza di sinistra: DI SINISTRA, non quella pagliacciata in cui hai trasformato un partito che fu serio.

Renzi lascia

Renzi lascia

Che bella notizia, fosse vera e senza se e senza ma. Ma già una volta doveva andarsene e non se ne andò. Va beh! Partire è un po morire, ma non prenderlo alla lettere, vedrai che se te ne vai in pensione, senza prendere il vitalizio però, vedrai che un posto in banca te lo danno.

Ah già di quello non c’è bisogno, il posticino l’hai già trovato in Senato, ma te lo sei meritato?

Ma lascia, Renzi, lascia.

Ceppoduro

Al mattino

Al Mattino

Al mattino ascolto la radio, Radio Anch’io e anche il Giornale Radio, sulla RAI.

Radio Uno stamani ha ripreso la notizia del blocco dei treni in Italia a causa del freddo.

Il ghiaccio li ha fermati, incollando gli scambi ai binari. La neve non è stata quasi mai così alta da creare problemi, ma quella poca caduta sulla ferrovia si è subito gelata.

Ora, se ricordo bene, Trenitalia pare si sia affrettata a comunicare che i treni ad alta velocità hanno viaggiato quasi tutti regolarmente.

I disagi però ci sono stati, se i GR ed i TG non hanno esagerato la notizia a scopo propagandistico elettorale, ed i disagi sono ricaduti tutti sui treni pendolari o comunque regionali, sulla vecchia linea insomma. Quelle nuove, adatte all’alta velocità hanno retto le condizioni meteo, probabilmente sono equipaggiate adeguatamene alle condizioni esterne attuali.

Bene.

E’ un ottimo risultato pensate se, nonostante il costo della tratta, l’alta velocità non partisse o non arrivasse per il gelo.

Certo però che si compra un biglietto del treno per ottenere un servizio, il trasporto. Poi se vogliamo un trasporto molto veloce, molto comodo o con servizio bar o ristorante compriamo il biglietto per treni ad alta velocità.

al mattino

Ma il servizio principale offerto da una ferrovia resta il trasporto. Da qui a li, In tempi ragionevoli. Ma se i treni veloci vanno mentre quelli lenti no, qualcosa non funziona. Chi acquista biglietti per la linea alta velocità ha lo stesso diritto di arrivare a destinazione di uno che compra biglietti standard, anche se di seconda classe. Il delta prezzo serve a pagare i servizi aggiuntivi tra cui il minor tempo di percorrenza. Il viaggio deve essere garantito a tutti quelli muniti di biglietto, altrimenti si tradisce il mandato, o la “mission”, come molti amano chiamarla, del servizio.

Ma, ovviamente, mi direte che non ci sono abbastanza soldi per garantire la funzionalità di tutta la linea. Ma come? E cosa ne fanno dei soldi del biglietto? Come facciamo a vendere biglietti di viaggio che non possono essere spesi in un viaggio.

Ma le condizioni meteo erano eccezionali, chioserete ancora.

Eccezionali?

Noi, più prosaicamente, riteniamo che forse la scelta di avere l’alta velocità sia stata un errore.

Con i soldi, pubblici, investiti in questa follia quanti altri investimenti si potevano fare, anche contro il maltempo? Ad esempio si potevano sostituire i riscaldatori, rotti, degli scambi. I riscaldatori sono resistenze elettriche installati in molte parti della linea anni fa e mai riparati, mai sostituite le resistenze rotte.

Ma invece di andare abbiamo preferito andare veloci.

Che peccato.
Ceppoduro

Calenda

Calend-air

Calenda

Mi meraviglia il ministro Calenda.

Calenda che dice di non voler parlare con quella gentaglia. Quelli che vogliono licenziare cinquecento persone entro un mese. Nel mese elettorale. Quelli che non vogliono applicare ammortizzatori sociali. Quelli a cui piacciono gli incentivi Slovacchi, tasse e costo del lavoro compresi.

calenda

Ma Calenda non si ricorda di essere stato ministro dello sviluppo economico nel governo Renzi. Governo che ha approvato, orgogliosamente, il Jobs Act. D’accordo lo strumento legislativo è precedente alla sua responsabilità ministeriale ma in quel periodo lui era viceministro dello sviluppo economico, quindi quei provvedimenti li ha pensati e voluti chiaramente anche lui.

E non pensava, allora, che quell’infausto provvedimento che avrebbe dovuto favorire l’assunzione di lavoratori, con incentivi economici alle imprese, a scapito della sicurezza del posto di lavoro, poteva essere preso anche da altri governi Europei?

Calenda, ora che è la Slovacchia…

Ora che è la Slovacchia a dare incentivi, ora che l’Italia non se lo può più permettere, il ministro si lamenta della multinazionale che vuole licenziare qui, e lo può fare, per andare di la, a prendersi gli sgravi che qui non ci son più?

Ma dove vive il nostro ministro?

Ma veramente pensava che il capitale internazionale gli fosse riconoscente, evitandogli l’imbarazzo di licenziamenti nel periodo elettorale?

E chi sosteneva il governo Renzi e magari sostiene ancora ancora quelle idee, chi pensava l’avrebbe preso in culo alla lunga?

Certo Calenda è anche il ministro che afferma non sia corretto ridimensionare l’Alitalia in un mercato in “forte” espansione come quello del trasporto aereo in Italia.
Ma allora si metta in gioco si dimetta e rilevi lui l’azienda e fondi la sua Calendair, tanto se non va, potrà sempre licenziare tutti anche lui.

E’ il Job s Act baby!!!

Meno male che presto votiamo, almeno dopo, per un po’, non sentiremo vomitarci addosso tutte ‘ste fregnacce.

Ceppoduro

Promesse

Promesse

Promesse elettorali.

Che senso ha promettere prima delle elezioni se poi tutti sanno che non verranno mantenute le promesse?

Intanto si promette per farsi votare da più persone possibili. Si promettono cose irrealizzabili perché lo fanno anche gli altri e se qualche partito non fa promesse mirabolanti non sarà votato. Molti ragionano in maniera semplice, anche se istruiti:

Metti che lo facciano, meglio mandarli al governo, che magari ci guadagno.

Nessuno degli elettori è interessato a farsi rappresentare da chi non dica che farà il suo interesse. Cioè non è interessato a che la nazione, quindi anche lui, sia retta bene, che sia promesso di fare bene nell’interesse comune.

promesse elettorali
Promesse elettorali

Un tale partito non sarà votato.

Poi ci sono i voti ideologici, quando esistevano le ideologie li ho dati anch’io.

Chi si riconosce in un’area politica non cambierà e voterà turandosi il naso, sperando di riceverne un vantaggio comunque.

Va tenuto conto anche che ci sono gruppi e persone che nel disastro generale ci guadagnano, ci hanno guadagnato e lo faranno anche in futuro.

Non hanno nessuna voglia di mettere al governo gente competente incorrotta e incorruttibile, loro che vogliono farsi corrompere e sono corruttibili.

Poi ci sono gli altri, quelli che francamente non gli farei cibare il canarino, quelli che riempiono le trasmissioni televisive, che fanno comparsate da corrida. Quelli che dici ma è Bonolis a rimbecillirli o lo sono già da soli.

Come possiamo sperare che mandino a rappresentarli qualcuno migliore di loro. Questi catapulteranno nella scena politica tanti nuovi Razzi.

Promesse elettorali.

Tanti peones del partito tale e del segretario tal-altri.

Se non siam fatti di questa pasta

Insomma se non siamo di questa pasta possiamo solo sperare in qualcuno che ha già dimostrato di fare qualcosa. Non molto magari. Ma ha rinunciato ai soldi.

Ma non ha rubato, concusso e corrotto.

Non ha presentato leggi per lui, per gli amici e per i parenti.

Ci sono, sono pronti a dimettersi dopo poco tempo, per dare spazio ad altri e tornare ai loro mestieri.

Se non ne avevano se ne troveranno uno.

Povera Italia

Ceppoduro

Firenze

Firenze

Sono stato a Firenze.

Non mi ricordo quando, ne con chi fossi, ne perché.

Ero li, vicino al muso del porcellino a pensare in Inglese. Non che io sappia bene quella lingua, come dicono, da sognarci la notte. Però pensavo “porc”, mentre vedevo quel muso bronzeo e lucido in cima, di fronte a me.

Wild porc is called il cinghialone. Pensavo Inglese.

A dire il vero, forse non pensavo altro che “porc”, quella parola i rigirava in mente quasi come un ritornello.

Chissà se avevo bevuto? No, era anche troppo caldo per bere.

Forse il sole? No! Non c’era più il sole, oltretutto ero stato agli Uffizi tutto il pomeriggio. Poi, una volta uscito, ero passato sotto la loggia dei Lanzi, girando almeno tre volte intorno al ratto delle sabine. Affascinato. Impaurito probabilmente da Perseo, con in mano la testa di Medusa sanguinante, ero fuggito, via, via, lontano.

firenze

Avrei voluto raggiungere Ponte Vecchio, lì ci sarebbe stato qualcuno, ad aiutarmi.

Forse.

 

Allora a corsa giù per la strada, fino alla loggia del Mercato Nuovo.

Poi nulla. Finché non piove. Piove? Non è possibile. No!

No, è la fontana, l’acqua esce dalla bocca , sotto il muso lustro del porcellino. Porc, mi viene in mente. Wild porc, is called it.

Non c’è modo di pensare di più ne in Inglese, ne in Italiano.

Non riesco più a guardare, queste statue bellissime, sono nauseato. Sento i primi conti, rigurgito tutto e metto la testa sotto l’acqua che scorre e mi raffredda la testa. Mi sento meglio, libero, leggero.
Il porcellino mi guarda furbesco. MI scruta, si domanda chi sia, cosa voglia da lui.

Tutti cercano fortuna, la sua fortuna, e son disposti a lasciare un soldo fra i suoi denti, ma nessuno gli aveva mai vomitato addosso e son secoli che lui è lì.

Lo sento grugnire, non sono più certo che sia benevolo il suo sguardo.

Mi giro, mi alzo e vado via.

Ceppoduro

In treno

In treno

Quando si andava in treno per andare veloci e per andare in Europa, erano altri tempi. Tutto andava molto più lentamente.

Oggi abbiamo l’alta velocità, dobbiamo per forza spostarci veloci, pazienza se per andare alla stazione vicina, con il regionale, ci vuole più che ad andarci a piedi.

Pazienza se i treni “pendolari” sono sporchi, a volte vecchi, sempre inadeguati.

in treno

Ma abbiamo l’alta velocità, che bello.

Abbiamo treni veloci, che bello.

C’è competizione, che bello.

Le ferrovie dello stato sono rimaste infrastruttura, per i vettori si può scegliere tra Freccia Rossa e Italo Treno.

Non ho ancora capito quanto paghi la società di Italo Treno per usare i binari che ho già pagato io e tutti gli Italiani prima di me. Ma se nell’ultimo esercizio, come dicono, hanno raggiunto 400 milioni di debiti, nonostante un utile di 30 milioni in dividendi per gli azionisti, pagheranno sicuramente molto, troppo. Altrimenti non si spiega la perdita, non saranno stati quattro treni sfigati a creargli il dissesto?

in treno

Ma ora sembra tutto a posto, invece di quotarsi in borsa, vendono agli Americani. Tutto risolto.

Titola Repubblica: I soci del gruppo hanno scelto all’unanimità gli americani. Global Infrastructure Partners (Gip) pronto ad accollarsi anche 400 milioni di debiti, mentre 30 milioni di dividendi resteranno nelle tasche degli azionisti italiani.

Gli americani comprano per un milione e mezzo, debito compreso e lasciano i trenta milioni ai vecchi soci.

Per me niente? E i miei binari che rivendicavo poc’anzi. Se non c’erano, se non gli facevo posto ai treni, mica la facevano una linea alternativa per lavorare. Mica potevano fare il colpaccio della vendita oltre oceano e tenersi anche i soldi dei biglietti.

in treno

Ma vedrete, ci diranno che privato è bello. Occorreva dismettere e fare posto ai privati, lo voleva l’Europa, era la soluzione ad ogni male.

Che strana questa Europa. E che strana questa finanza da rapina, un mondo a se, che fa ciò che vuole e non deve render conto a nessuno.

Meno male che ora avremo dei vantaggi per noi, sempre stando al titolo di Repubblica, che prosegue:

Potrebbe ripartire una guerra su prezzi e qualità che avvantaggia i passeggeri.

Ma dove? Ma dove vivono questi? (quello che ha redatto l’articolo ed il suo direttore che l’ha avallato). Il vantaggio è solo dei soci, che infatti vendono a corsa, ad alta velocità.

La guerra dei prezzi ci doveva essere prima, ma i trenta milioni di utili raccontano un’altra storia.

Abbiamo dato trenta milioni ai privati e li abbiamo tolti al pubblico.

Complimenti.

Ceppoduro

 

 

 

Fonte: repubblica